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Cod Art 0139 | Rev 01 del 02 Mag 2013 | Data 08 Apr 2008 | Autore Pierfederici Giovanni

 

   

 

ADDIO AMICO TONNO

Il 28 aprile 2005 usciva, sulla prestigiosa rivista Nature, un articolo in cui si asseriva l'assoluta necessità di introdurre cambiamenti immediati nella gestione della pesca del tonno rosso (Thunnus thynnus). L'autrice dello studio, Barbara A. Block, sottolineava il fatto che in pochi decenni abbiamo portato sull'orlo dell'estinzione ecologica il tonno rosso nell'Atlantico Nord Occidentale. Block e colleghi hanno seguito le migrazioni dei pesci per un periodo di nove anni. Hanno dimostrato che i tonni hanno un ciclo di vita migratoria molto complesso, che varia a seconda delle stagioni oltre che dall'età e dalle dimensioni del pesce. Lo studio ha confermato anche che l'Atlantico del Nord ospita almeno due popolazioni di tonno rosso: un gruppo occidentale che si riproduce principalmente nel Golfo del Messico e uno orientale che procrea a migliaia di chilometri di distanza, nel Mar Mediterraneo.

Il tonno rosso è una specie pelagica, ed è diffuso negli oceani Indiano, Pacifico, Atlantico e nel Mar Mediterraneo. È una specie perfettamente adatta al nuoto, a sangue caldo, che può raggiungere velocità di crociera sorprendenti. Le lunghissime migrazioni che compie, furono cmprese solo nel 1929 ad opera di uno studioso triestino, Massimo Sella. Basandosi sulla fattura degli ami trovati nello stomaco degli animali catturati, riuscì a ricostruire le rotte e gli spostamenti nel Mediterraneo. Altri ricercatori erano riusciti a dimostrare che i tonni mediterranei erano in grado di compiere migrazioni transoceaniche, osservando che molti esemplari presentavano delle ferite sui fianchi, imputabili al morso inconfondibile di uno squalo (Isistius brasiliensis) che vive nelle acque del Brasile e del Messico.

I grandi banchi che a maggio si avvicinano alle nostre coste per deporre le uova arrivano quindi da mari lontani. Il tonno rosso arriva dall'Atlantico, ed è suddiviso in due sottopopolazioni. Una popolazione orientale, che vive nei mari che vanno dalla Norvegia al Marocco e che si riproduce nel Mediterraneo; una popolazione occidentale, che vive nei mari che vanno dal canada al Brasile e che si riproduce nel Golfo del Messico. In realtà grazie a studi recenti sulle due sottopopolazioni, si è dimostrato che esse in realtà non sono distinte bensì strettamente imparentate. In particolare famosi gli studi di Barbara Block che hanno dimostrato, grazie all'utilizzo di tags elettronici satellitari chiamati POP UP (leggono profondità e posizione dei tonni), come in realtà le due popolazioni fossero in contatto. Il 45° meridiano, che fungeva un tempo da linea di demarcazione tra le due popolazioni, viene mediamente superato, nella stagione riproduttiva, da circa il 30% degli individui marcati.

Questo significa praticamente che la vecchia gestione della pesca del tonno rosso era completamente errata, poiché basata sulla presenza di due popolazioni (quella che dal Golfo del Messico, si dirige poi nel Pacifico, verso il Giappone, per compiere ben 10.000 Km e l'altra che, dal Golfo del Messico, passava poi all'altra sponda dell'Atlantico; un viaggio di ben 119 giorni per 9.000 Km, con tempi di percorrennza di 40 miglia nautiche al giorno). In altre parole e come pensare di avere due conti correnti da 10.000 euro l'uno, senza però accorgersi che si attinge in realtà da un unico conto conteggiato il doppio per un banale errore (cit. modificata da: Guarda che Mare, di Silvio Greco e Cinzia Scaffidi). Ma nulla si è mosso da allora e la sorte del tonno rosso sembra segnata, il numero di individui rimasti è talmente basso che esistono seri problemi legati alla riproduzione e alla deriva genetica.

Uno studio pubblicato sul numero del 15 maggio 2003 della rivista Nature rivela che negli oceani è rimasto soltanto il 10% di tutti i pesci di grandi dimensioni. "Dal gigantesco marlin azzurro al tonno, dalle cernie tropicali ai merluzzi dell’Antartico, la pesca industriale ha ripulito tutti gli oceani del mondo - afferma Ransom Myers, biologo della Dalhousie University in Canada e autore dello studio. Quindi non solo il tonno rosso è in pericolo, ma lo sono moltissime altre specie, il che richiede azioni immediate poiché sino ad ora nulla è sttao fatto per la salvaguardia dei grandi pesci.

La Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo (in italiano vedere qui) ha adottato solo poco tempo fa le raccomandazioni dall'ICCAT relative ad un piano di ricostruzione delle popolazioni del tonno in Mediterraneo. Il piano prevede il fermo pesca fino a 6 mesi all'anno per 15 anni, vieta l'utilizzo delle piattaforme aeree, il trasbordo in mare e eleva a 30 Kg il peso minimo pescabile per esemplare. Prevista la resenza di osservatori terzi a bordo. Se si continua con l'attuale gestione delle risorse ittiche, le popolazioni di tonni potrebbero presto seguire lo stesso destino dei merluzzi, il cui numero ha subito negli ultimi anni un collasso che risulta difficilmente recuperabile.

IL MERCATO DEL TONNO ROSSO

La storia commerciale del tonno rosso è complessa. Non sempre è facile reperire dati e fonti, poiché spesso risultano contrastanti. Per questo questo breve scritto, abbiamo tenuto conto di dati ufficiali e confermati, facilmente verificabili, tralasciando quelle informazioni che ci sono sembrate speculative e aleatorie. Il tonno rosso prima del 1960 era esclusivamene utilizzato dall'industria conserviera, le classiche scatolette di tonno, peraltro spesso di scarsa qualità. Era più facilmente reperibile rispetto al tonno pinnagialla e al tonnetto striato (Demounge, 1999). Poi nei primissimi anni '60 comincia a diffondersi la moda del sushi e del sashimi, così tra il 1965 e il 1980 il mercato del tonno rosso triplica. Dal 1981 al 1993 il mercato raddoppia ulteriormente (Demounge, 1999). Il Giappone assorbe ben il 40% del mercato mondiale di tonno e, di questa quota, la metà risulta essere di importazione. All'epoca i prezzi pagati erano molto bassi, circa 24 dollari al Kg nel 1986. Ma poi la risorsa comincia a scarseggiare e gli esemplari di buona qualità arrivano, nel 1994 a ben 160 dollari al Kg. Tutti cominciano a pescare tonni e in Adriatico si assistette ad una vera mattanza da parte dei pescatori sportivi, che ritornano in porto con esemplari maestosi subito venduti ai giapponesi. I tonni pescati in Italia nel dicembre del 1997 erano pagati 3800 - 12.000 Yen/Kg (circa 28- 88 dollari). I prodotti di acquacoltura italiani, decisamente di minor qualità erano pagati, nello stesso periodo circa 30 dollari al Kg. Quindi i prezzi che il mercato Giapponese offre sono abbastanza instabili nel corso dell'anno. Questo dipende essenzialmente dall'attività delle flotte locali. Tra aprile, maggio e giugno il pescato locale è di ottima qualità e tanto da saturare il mercato, per cui gli importantori spuntano prezzi molto bassi, mentre nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio accade il contrario e gli esemplari importati di ottima qualità arrivano a prezzi esorbitanti.

Il tonno rosso non è l'unica specie che il mercato giapponese richiede (oltre al Thunnus thynnus e al Thunnus orientalis, sono importate le specie Thunnus maccoyii, Thunnus obesus e Thunnus albacares), ma è comunque la più richiesta. Thunnus thynnus e Thunnus thynnus orientalis sono indicati con l'acronimo BFT (BlueFin Tuna); Thunnus maccoyii è il tonno rosso australe e viene indicato con l'acronimo SBF (Souther BlueFin); proviene quasi sempre da allevamenti australiani; Thunnus obesus è noto come BigEye, acronimo BET; infine Thunnus alalunga, cosmopolita, acronimo YFT. Non solo l'Australia rifornisce di tonni il Giappone, ma anche la Spagna, l'Italia, la Grecia, la Croazia, gli Stati Uniti e la Tunisia. Questo accade soprattutto nel periodo invernale, poiché nel periodo primaverile il Giappone provvede quasi da se al proprio mercato, catturando i pesci sottocosta con i palangari, oppure in alto mare con reti di ciruizione e Long Line. Per la descrizione delle specie commerciali vedere la bibliografia.

I DISPOSITIVI POP UP

I dispositivi POP UP sono registratori in grado di leggere posizione e profondità degli animali marcati, in genere quelli di maggiori dimensioni. Al termine delle registrazioni, i dispositivi si staccano e tornano in superficie grazie a dispositivi di galleggiamento e, giunti in superficie, trasmettono i dati acquisiti fino a quel momento alla rete satellitare Argos, la quale poi trasferisce a terra i dati ai ricercatiori che gli elaborano. Il tutto permette così agli scienziati di tracciare rotte e stabilire distanze e tempi di percorrenza delle popolazioni animali oggette di studio.

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BIBLIOGRAFIA