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Cod Art 227a | Rev 00 | Data 15 Nov 09 | Autore Castronuovo M. Nicola

GLI ANTICHI NAVIGATORI ALLA SCOPERTA DI NUOVE TERRE - prima parte -

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Vorrei descrivere alcune imprese epiche vissute in mare e che hanno introdotto alla navigazione moderna. Passeremo in rassegna i momenti salienti di questo importante periodo storico, dove gli uomini come impavidi esploratori, spinti dalla fama e dalla gloria, navigavano alla scoperta del mondo, un mondo che allora era per lo più sconosciuto. Sono i protagonisti di avvincenti e temerarie spedizioni, portate a termine con strumenti impossibili che avvalorano ancora di più le loro epiche gesta.

L’avventura e l’esplorazione fanno da sempre parte della natura umana. In Europa intorno al XV secolo rinasce il gusto dell’esplorazione e della conquista di nuovi mercati. Il planisfero sopra ci mostra come vedevano il mondo gli europei, tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI secolo. Le zone tratteggiate in nero indicano i territori di cui nessun occidentale conosceva l’esistenza (come l’America e l’Australia) Le zone tratteggiate in rosso, sono quelle terre “intuite” (come l’Africa centro-meridionale) o poco conosciute (come la Siberia) perchè inesplorate. In questo periodo l’Europa si sentiva minacciata dall’Impero Turco, un popolo nemico e temuto per la sua diversa religione (l’Islàm) che aveva preso il posto degli Arabi, ma aveva anche conquistato i territori bizantini nel continente europeo e minacciando da vicino l’Ungheria, l’Austria e i commerci con Venezia.

Foto2I popoli islamici della costa mediterranea dell’Africa avevano attraversato il Sahara commerciando con i “regni neri” a sud del deserto convertendoli all’Islàm. Nel Planisfero sopra con le frecce nere, osserviamo come i portoghesi e gli spagnoli, partirono per la conquista e la colonizzazione di nuove terre, i portoghesi verso il Brasile, il Sud Africa e l’India, gli spagnoli verso le americhe. Come sappiamo, la fine del Medioevo è segnato con la scoperta da parte di Cristoforo Colombo dell’America nel 1492. Inizia in modo simbolico l’Età moderna. Nel 1550 si può considerare finita la prima fase della conquista dell’America, anche se gran parte del continente resta sconosciuto. In Perù la Spagna ha ormai scoperto le miniere d’oro che cercava e per una breve stagione diventa la potenza dominante in Europa.
Dalla parte opposta i Portoghesi, hanno scoperto il Brasile con la ricchezza dei suoi sconfinati territori.

Le date che riportiamo di seguito ci mostrano come l’inizio di questa importante fase, darà luogo alla “navigazione moderna” nei decenni a seguire.

Nel giro di un secolo dunque, importanti scoperte ed esplorazioni hanno segnato la storia della navigazione. Vediamo nel dettaglio le fasi salienti di questi anni.

Foto3Siamo nella prima metà del quattrocento, uno stato il Portogallo lontano dalle rotte dei grandi commerci con l’oriente, medita sul suo futuro, sotto lo scettro di un unico Re. La grande tradizione marinara e l’abilità dei suoi marinai la rendono celebre, da quando essi hanno imparato a costeggiare l’Oceano Atlantico, studiandone i venti, i cicli delle maree, e delle correnti, inoltre la lunga convivenza con gli Arabi e con gli Ebrei, ha prodotto una schiera di “Dotti” che sanno di medicina, astrologia, filosofia, geografia in particolar modo la scienza che in quel periodo interessa gli intellettuali dell’epoca.

Uno dei figli del Re del Portogallo, Enrico, Gran Maestro dell’Ordine di Cristo,un’associazione cavalleresca nata con le Crociate, nelle sue innumerevoli battaglie compiute contro i pirati barbareschi sequestrando le loro riserve d’oro provenienti dall’Africa Nera. Egli acquisisce da questi sequestri una serie di documenti che rivelano che in Africa si trova l’Etipoia, un regno “nero” ma cristiano, da qui Enrico inizia ad interrogarsi sulla possibile circumnavigazione dell'Africa per arrivare alle Indie (un nome con cui si indicava la Cina, l’India e il Giappone). Il Portogallo avrebbe in tal modo acquisito immense ricchezze con l’aiuto di prodi esploratori e navigatori. Enrico meditava tutto questo per poter magari riconquistare Gerusalemme con una nuova Crociata, e preparare l’esplorazione della “rotta orientale per le Indie” arrivando in quel tratto di mare, che è l’Oceano Indiano e contrastare il dominio turco su quel mare.

Foto6 Croce dell’Ordine di Cristo, sarà poi utilizzata per decorare le vele delle imbarcazioniFoto5

Per questo scopo Enrico si stabilisce al Capo di Sagres, che divenne da quel momento un laboratorio nautico in cui elaborare carte geografiche e oceanografiche, strumenti per poter studiare la rotta in alto mare sulle “mappe  Portolani” che rappresentavano nel dettaglio le coste, indicando porti, approdi e tutto quello che serviva per una facile e precisa navigazione. Da quel momento a Sagres, affluiscono esploratori e navigatori, fra tutti spagnoli e genovesi, che si erano avventurati oltre lo Stretto di Gibilterra, e avevano osato affrontare il “Mare Tenebroso” ovvero l’Oceano Atlantico. I marinai d' ora in poi potevano contare su un tipo di nave innovativa: la Caravella, studiata per affrontare i venti oceanici con vele quadrate, e non come le galee del Mediterraneo che dovevano dipendere dalle braccia dei vogatori. Con questo cominciarono le prime spedizioni atlantiche lungo le coste dell’Africa.  Molti, durante queste spedizioni, si spinsero fino al Capo Bojador, e non vollero proseguire oltre, perché secondo la cognizione dell’epoca, il mare sicuro, dove finiva l’Africa, era proprio in quel tratto, oltrepassare quel mare, significava avventurarsi nella “Terra Torrida”, una terra che bruciava gli uomini e li rendeva neri. Il Mare Tenebroso, oltretutto nascondeva insidie inimmaginabili (forse il frutto di deliranti visioni dei marinai?) con mostri marini che avvolgevano le navi e le ingoiavano, oltrepassare quel limite significava non fare ritorno a casa.

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BOX: I MOSTRI MARINI

Le storie dei mostri marini acquisirono una popolarità tangibile con l'intensificarsi delle esplorazioni marine del XV e XVI secolo e con un libro in particolare, Historia de gentibus septentrionalibus. Pubblicato del 1555 dall' ex vescovo di Uppsala, Olao Magnus, il volume conteneva immagini e descrizioni di molti dei mostri che poi entrarono nel folklore. Il mitico Kraken scandinavo assomigliava ad una piovra o gigantesco calamaro ed era ritenuto capace di imbrigliare con i suoi tentacoli navi enormi, trascinandole in fondo al mare. Nel libro comparivano anche capidogli, trichechi ed elefanti marini, tutti con forme fantastiche. Il dugongo, la cui pelle è spesso color carne, veniva dipinto come una creatura con la coda di pesce, apparentemente femminile in ogni sua parte. La figura si rifaceva alle Sirene dell'antichità. Nate in Egitto come esseri metà donne e metà uccelli, nella mitologia Greca persero le piume e assunsero la coda di pesce dopo essere state sconfitte dalle Muse in una gara musicale, migrando sulle coste per ammaliare i marinai con il loro canto.

Altri mostri derivano invece dalla scoperta di fossili dell'ittiosauro, un rettile simile ad una focena scomparso 66 milioni di anni fa. Apparve in un libro scritto nel 1669 dall'inglese Edward Lhuyd, il quale lo ritrasse come un drago marino fatto di pietra, totalmente privo di carne e di sangue.

Fonte: Animali e spiritualità. La convivenza con l'uomo, Sacrifici rituali e miti di Nicholas J. Saunders.

 
Pierre Denys Incisioni dell’epoca, mostrano i mostri marini avvolgere ed inghiottire le navi

Naturalmente dopo poco tempo, il mistero fu svelato, i mostri marini non erano altro che i venti alisei, che con il loro moto rotatorio, “imprigionavano” le navi non facendole avvicinare alla costa rigettandole verso il largo, e nel 1433, un audace capitano portoghese, inventò una manovra per eludere questo vento, e grazie a questa scoperta, le navi poterono continuare a sud la loro esplorazione, superando il “Mare Tenebroso” che allora sulle carte era segnato oltre le Isole Canarie, ma fu sconvolgente scoprire che la costa africana era più lunga del previsto e non corrispondeva affatto alle stime dei cartografi. I portoghesi erano arrivati soltanto alle Isole di Capo Verde, poco oltre la linea del Mare Tenebroso, ma nel 1487 l’ammiraglio Bartolomeo Diaz raggiunse finalmente il Capo di Buona Speranza, l’estrema punta meridionale dell’Africa, ma non poté doppiare il Capo, perché i suoi marinai esausti dalle infinite giornate trascorse in mare, si ammutinarono.

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La mappa sopra ci mostra il tragitto compiuto dall’impavido navigatore

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