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Cod Art 0039 | Rev 00 | Data 20 Set 2007 | Autore Pierfederici Giovanni

 

DEFINIZIONE DI BEACH LITTER

Letteralmente il termine "beach litter" è traducibile come "immondizia della spiaggia", si tratta quindi di cosa ben nota poiché abbonda sulle nostre coste. Il problema contribuisce certamente ad aggravare una situazione gia precaria, poiché sulle nostre spiagge gravano gia da tempo altre emergenze come l'edificazione incontrollata, gli stabilimenti balneari (il cui impatto in termini ecologici è notevole e ancora sottovalutato), le scogliere emerse o soffolte, la presenza sempre maggiore di infrastruttre per il ricovero dei natanti (porti turistici prima di tutto), e più in generale, grava una sorta di indifferenza verso un'ambiente delicato, instabile ed ecologicamente complesso come quello delle spiagge.

l Beach Litter è costituito dall'insieme dei detriti, di varia varia natura, prodotti dalle attività umane. Si tratta quindi di materiali plastici, metallici, cartacei, tessuti di varia natura, oggetti in vetro o in legno, tar ball e oli. Da ricordare che il legname trasportato in mare dai fiumi e poi in parte riversato sulle spiagge costituisce un substrato per la crescita di molti organismi decompositori (funghi sopratutto, ma anche molluschi). Quindi il detrito naturale ha un'importante ruolo ecologico. Per esempio i molluschi teredinidi sono noti come perforatori del legno. Famoso l'esperimento della biologa marina Ruth Turner che piantò tavole di pino sul fondale oceanico a quasi 2000 metri di profondità. Dopo tre mesi, al recupero, le tavole si disintegrarono appena entrarono in contatto con il braccio meccanico utilizzato per il recupero. Le tavole erano piene di minutissimi fori, e ne uscirono migliaia di molluschi della familia degli xilofagini. Questi organismi hanno cicli vitali particolari, poichè dipendono dalle enormi quantità di legno morto trasportate in mare dai fiumi soprattutto a primavera. Quando la Turner recuperò il legno sul fondale, notò che le gonadi degli xilofagini erano quasi mature, di li a poco avrebbero procreato. Ma come fanno questi organismi a trovare un frammento di legno su cui passano tutta la vita? Questi bivalvi sono incapaci di nuotare, solo la progenie lascia il luogo di origine. A riguardo esistono delle teorie (per esempio il "larval ecological supply") ma torneremo su questo in uno dei prossimi articoli.

Ma torniamo alla problematica del beach litter. In mare questi detriti sono responsabili direttamente o indirettamente della morte di molti organismi. Alcuni rilasciano sostanze tossiche (le plastiche, le gomme, i materiali polimerici, la vetroresina ecc) che poi vengono biomagnificate all'interno della rete alimentare, altre contribuiscono al gosth fishing. Direttamente sono pericolose per ingestione, sono molti i cetacei soffocati da plastica, reti e oggetti vari. I fogli in plastica utilizzati per gli imballaggi delle lattine, che hanno dei fori con diametro identico a quello della stessa lattina, sono trappole mortali per uccelli marini, foche e altri mammiferi marini. Molte foche e leoni di mare in nord Europa sono morti a causa degli imballaggi in plastica avvolti attorno al collo, tartarughe marine e pinguini risultano spesso mutilati a causa di cinghie, cappi e altri materiali in nylon. I tassi di mortalità dovuti al beach litter non sono noti. Esistono comunque delle zone ove i detriti di origine antropogenica si accumulano in maggior quantità. E' del 18 maggio 2007 l'articolo pubblicato sulla Stampa dal titolo "Il navigatore verde e l'amaro naufragio nel mare di plastica". Si tratta di una zona dell'OceanoPacifico, tra la california e le Hawai, scoperta nel 1997, nota agli oceanografi come North Pacific subtropical Gyre, dove grazie al gioco delle correnti il pattume prodotto dall'uomo "si concentra e si accumula formando un'area di immondizia galleggiante talmente grande, che per per essere attraversata richiede almeno sei giorni". Secondo Charles Moore ora dell'Algalita Marine Research Foundation, solo il 3% della plastica è sottratta all'ambiente, il 97% è libera di rilasciare nello stesso ambiente le componenti tossiche con cui è stata prodotta. Attualmente si producono 185 tipi diversi di plastica.

Quindi, quando si parla del litter occorre considerare non solo la quantità o il danno estetico sulle nostre coste (che comunque è considerato come tale dalle amministrazioni esclusivamente durante la stagione che precede l'arrivo dei turisti), ma anche la composizione e la fonte (entità sorgente), nonché gli effetti indiretti e diretti che causano alla fauna e alla flora del mare e delle spiagge.

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BIBLIOGRAFIA