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Cod Art 0508 | Rev 00 | Data 02 Mag 2012 | Autore: Pierfederici Giovanni & Luonii Ottavio

 

   

 

CRISI BIOLOGICHE: L'ESTINZIONE DELL'ORDOVICIANO

PRIMA PARTE

Molte sono le cose terribili, ma nulla è più terribile dell’uomo
Sofocle

Da quando la vita ebbe inizio sulla Terra, il numero delle specie animali e vegetali è continuamente aumentato e, ancora oggi, non sappiamo quante specie popolano il nostro pianeta (se ne stimano 40 milioni), probabilmente sono molte di più di quelle sino ad oggi censite. Se aggiungiamo ai viventi le specie fossili, arriviamo a decine e decine di milioni di specie per cui, è facile affermare, che oltre il 99% delle specie che hanno popolato la Terra sono oggi estinte.
Infatti, la vita sulla Terra è stata accompagnata da eventi più o meno catastrofici, oppure da altri meno evidenti e difficili da individuare, che hanno avuto come conseguenza evidente la scomparsa di una o spesso più specie animali e vegetali; in alcuni casi sono scomparsi interi generi e intere famiglie.
Dunque, accanto a periodi che possiamo definire favorevoli per la vita, vi sono stati anche periodi di declino, ove molte specie si sono estinte. I periodi di declino non sono uniformemente distribuiti nel corso delle ere geologiche, molte estinzioni infatti, si sono verificate in un arco di tempo assai breve in termini geologici; tali periodi sono spesso intervallati da decine di milioni di anni.
L'estinzione più imponente, dopo quella Permo-Triassica e dell'ordoviciano, è quella che si è verificata alla fine del Cretaceo (nota anche come estinzione k/t), quando i continenti, precedentemente riuniti nel supercontinente Pangea, continuarono ad allontanarsi. Il clima, uniforme sino ad allora, divenne eterogeneo, si affermarono le angiosperme, comparvero vaste praterie e le steppe. In sintesi, ogni ecosistema allora esistente andò in crisi: scomparvero i dinosauri e circa il 50% degli uccelli mesozoici, scomparvero le ammoniti ma non i nautiloidei molto più antichi, scomparvero molti bivalvi, ma non i brachiopodi, pur essendo questi ultimi in declino da molto tempo. Ebbene, questi pochi esempi sono comunque gia molto indicativi; se alcune specie, meno adatte, sono scomparse, mentre altre, più adatte ai cambiamenti, sono rimaste, allora significa che la comprensione dei fenomeni e dei fattori responsabili dei processi di estinzione è molto più complessa della più semplicistica ipotesi dell'asteroide che si vuole abbia causato l’estinzione dei dinosauri in un istante, risparmiando alcune specie come i coccodrilli e molti altri animali. Cerchiamo allora di analizzare il fenomeno delle estinzioni, che è parte integrante della vita sulla terra, a cui l'uomo, purtroppo, sta contribuendo (torneremo sulle estinzioni dei grandi mammiferi del nord america del quaternario e della ultima grande estinzione dell'era moderna), a cominciare sin dalla sua comparsa, un giorno, in qualche remoto luogo della Rift Valley.

ALL’ORIGINE DELLE ESTINZIONI
È noto che in tempi diversi, si sono verificati differenti episodi di estinzioni di massa, che hanno coinvolto sia specie terrestri che specie marine. Queste ultime, per le quali si dispone di una maggior mole di dati, sono state sicuramente le più colpite, anche se non in modo omogeneo in ogni parte del globo, all’interno di ogni singolo evento catastrofico.
In genere, la letteratura scientifica riporta cinque grandi eventi, detti Big Five, all’interno dei quali oltre la metà delle specie animali note, sono andate perdute; sono scomparse forme piccole e grandi, semplici e complesse, si sono estinti intere famiglie, generi e specie, a volte a seguito di un declino graduale e progressivo, anche se alcuni taxa (gruppi tassonomici) sembrano essere scomparsi in tempi relativamente brevi, quando ancora prosperavano numerosi e, in molti casi, senza alcun motivo apparente. Accanto ai Big Five, vi sono altri eventi meno noti, ma non meno importanti. In realtà i Big Five, secondo alcuni, dovrebbero essere riconsiderati e aumentati. Nella tabella qui sotto riportiamo i principali eventi di estinzione dei 23 attualmente noti:

Estinzioni

Età mln

Specie estinte

Precambriano
Tardo Precambriano (fine Vendiano)
Inizio Cambriano (limite Botomiano-Toyoniano)
Tardo Cambriano
Tardo Ordoviciano (limite Ordoviciano-Siluriano O-S)
Tardo Devoniano (limite Frasniano-Frammeniano F-F)

Permiano medio superiore (Capitaniano-Wuchiapingiano C-W)
Fine Permiano (limite Permiano-Triassico P-T)
Fine Triassico (limite Triassico-Giurassico T-J)

Fine Cretaceo (limite Cretaceo-Terziario K-T)

650
610
510-530
490-510
444
365
265
250
200
65

70%
incerta
incerta
incerta
85%
72%
incerta
90%
80%
62%

Sopra, riassunto dei principali eventi di estinzione sulla terra (su 12 totali conosciuti, 23 se si considerano eventi che hanno coinvolto solo microrganismi). In neretto quelle note e meglio descritte dalla letteratura scientifica.

Cominciamo allora ad analizzare brevemente l’evento più antico, quello del Proterozoico, per poi passare ad un evento ben più famoso, quello dell'era Paleozoica o Primaria, verificatosi alla fine del periodo Ordoviciano, circa 444 milioni di anni fa. Durante il Proterozoico, precisamente nel Vendiano, avvenne la più antica estinzione di massa della quale si ha testimonianza. Parliamo di un evento avvenuto 650 milioni di anni fa, documentato sia attraverso la notevole riduzione di alcune rocce organogene, le stromatoliti, sia attraverso la riduzione degli acritarchi fitoplanctonici e della fauna di Ediacra; quest'ultima, che prende il nome da un noto giacimento australiano, raccoglie le più antiche testimonianze fossili pluricellulari note sino ad ora.
Secondo alcuni autori, la riduzione delle stromatoliti avrebbe avuto a che fare con la comparsa di predatori, precisamente di batteri pascolatori, i quali avrebbero avuto un ruolo determinante nel ridurre la loro presenza. Su questo antichissimo evento non si hanno purtroppo molte notizie, la documentazione fossile è scarsa e risulta estremamente difficile stabilire la severità dell’evento, per cui malvolentieri, siamo costretti a fermarci qui.

Gli acritarchi

Il termine acritarchi deriva dal greco ákritos che significa acritico (nel senso di confuso), e arch che significa arcaico, antico. Gli acritarchi sono microfossili unicellulari eterogenei e molto interessantii, perchè hanno permesso di retrodatare l'origine della cellula eucariotica e perchè dimostrano la grande complessità di organismi unicellulari così antichi. Spesso sono caratterizzati infatti da complesse ornamentazione e da lunghi processi della parete cellulare. Fossili ben preservati sono stati scoperti presso la Roper Formation australiana, descritti da Javaux et al. (2001, 2003), risalenti a 1,5 miliardi di anni fa. Tappania, il taxon descritto, è stato rinvenuto in rocce sedimentarie di un antico ambiente di transizione; si tratta di microfossili di 160 micro, dalla forma oblunga e con processi cilindrici della parete cellulare. Altre abbondanti testimonianze fossili arrivano dalla Changzhougou Formation, nel nord della Cina. Dal Ruyang Group, giungono due gruppi di acritarchi, Tappania e Shuiyousphaeridium. Secondo Meng et al. (2005), Shuiyousphaeridium sarebbe un antico progenitore degli attuali dinoflagellati. Evitt, ipotizzò gia nel 1961 che gli acritarchi fossero tutti antichi progenotori dei dinoflagellati; attualmente, molti autori pensano possa trattarsi di forme di incistamento di antichi protisti, anche se non mancano ipotesi interessanti che accostano gli acritarchi a forme pluricellulari di alghe verdi fotosintetiche (Butterfield, 2004; Stanevich et al., 2007).

Passiamo dunque al periodo successivo, l’Ordoviciano, durante il quale i mari del globo registrarono la maggiore trasgressione marina mai avvenuta. Questi antichi mari pullulavano di forme di vita, quali trilobiti, briozoi, pesci corazzati, brachiopodi, graptoliti, echinodermi, conodonti, stomatopori ecc... L'estinzione che si verificò in questo periodo, colpì molti di questi organismi; scomparvero circa il 20% delle famiglie e il 57% dei generi di invertebrati marini (Sepkoski, 1989) e, il tutto, in meno di un milione di anni. Dunque, se il periodo stesso cominciò con una importante anche se meno nota radiazione adattativa (comparsa di nuove specie), nota in lingua anglosassone come Great Ordovician Biodiversification Event, che portò il numero dei taxa marini a quadruplicare, si concluse con una importante estinzione di massa.

Durante l'Ordoviciano, il clima continuò, secondo gli attuali modelli, a mantenersi mite in tutto il globo; il supercontinente Godwana era posizionato a latitudini tropicali e solo al termine dello stesso periodo il clima mutò, favorendo glaciazioni molto estese. Il clima iniziale dunque, mite a livello globale, contribuì sicuramente alla straordinaria diversificazione dei taxa allora esistenti, che sono stati studiati attraverso tre differenti aspetti:

  1. la diversità tassonomica, che risulta tale attraverso lo studio dei reperti fossili;
  2. la diversità ecologica, gli organismi fossili e le comunità a cui appartenevano, sono stati studiati in relazione alle nicchie ecologiche occupate;
  3. la diversità morfologica, o disparità, che emerge dallo studio dei diversi gruppi che si sono succeduti nel corso dell’Ordoviciano.

Per avere un’idea dell’alto numero di famiglie che hanno fatto la loro comparsa durante la Grande Radiazione dell’Ordoviciano, poi improvvisamente scomparsi al termine dello stesso periodo, basta osservare il grafico sottostante, tratto da Sepkoski, 1995:

Grafico Sepkoski

Il maggior contributo allo studio delle faune dell’Ordoviciano, arriva sicuramente dai numerosi lavori di Sepkoski, pubblicati tra il 1978 e il 1997. Ma come mai comparvero così tante nuove specie? Quale fu l’origine di questo grande evento di speciazione?
Ebbene, l’inizio del Paleozoico, durante il Cambriano, vide sicuramente avanzare una notevole biodiversità, tuttavia essa crebbe molto lentamente rispetto al periodo successivo, ovvero all’inizio dell’Ordoviciano; ai trilobiti e ai brachiopodi non articolati, seguirono specie come i brachiopodi articolati, che rimpiazzarono i trilobiti nelle comunità di piattaforma continentale. Il loro successo è esemplificativo della grande crescita registratasi nell'Ordoviciano, da tutti gli organismi in grado di secernere una conchiglia di natura carbonatica (wikipedia). Comparvero sospensivori, detrivori e carnivori e, nel complesso, oltre 350 nuove famiglie, dando origine al più grande turnover di specie marine mai registrato negli oceani.
Zhuravlev (2000), afferma che tutte le (nuove) famiglie che fecero la loro comparsa in modo massivo durante la grande radiazione dell’Ordoviciano, erano gia presenti, eccetto i briozoi, gia nel Cambriano (come i precursori dei cordati, le spugne, le graptoliti e poi trilobiti, brachipodi, cefalpodi, gasteropodi, monoplacofori, conodonti ed echinodermi), tuttavia erano confinati in nicchie limitate, per poi esplodere, in termini di diffusione e biodiversità, solo successivamente. Tuttavia spesso, queste 'affermazioni' possono sembrare delle speculazioni, poiché molti degli organismi dell’Ordoviciano e dei periodi precedenti sono ancora poco noti e difficili da classificare dal punto di vista tassonomico.

A livello globale, l’Ordoviciano fu caratterizzato da un notevole incremento dell’attività tettonica e, in particolare, durante la fase iniziale dello stesso periodo, videro la luce estese piattaforme carbonatiche. Il vulcanismo e l’orogenesi Taconica (che interessò il continente nord americano), furono particolarmente attivi, tanto da portare l’oceano Giapeto, che si estendeva tra Laurentia e Baltica, alla parziale chiusura, che si completò poi nel Devoniano.
Secondo alcune teorie (Miller & Mao, 1995), orogenesi, vulcanismo e attività tettonica, furono all’origine della radiazione Ordoviciana, poiché responsabili, in diversa misura, della formazione di nuovi ambienti, come bacini deposizionali, ambienti di transizione e nuovi substrati da colonizzare. Per esempio, la radiazione delle spugne, sembra abbia interessato esclusivamente aree caratterizzate da intensa attività tettonica e orogenetica, con la sola esclusione del Baltica, ove le specie identificate sono associate a piattaforme carbonatiche.

Periodo Ordoviciano 488 - 444 milioni di anni fa. Suddivisione:

Ordociviano superiore, con due periodi Tremadochiano e Arenigiano;
Ordoviciano medio, con due periodi Llanvirniano e Darriwilliano;
Ordoviciano inferiore, con tre periodi Caradochiano, Ashgilliano e Hirnantiano.

L'ESTINZIONE DELL'ORDOVICIANO
Una breve premessa: in paleontologia si parla di estinzioni di massa quando scompaiono o non rimane traccia alcuna, di un gran numero di taxa animali e vegetali. Nel corso della lunga storia che ha caratterizzato il pianeta Terra, come gia scritto sopra, sono state individuate una dozzina di episodi di estinzioni di massa (23 se si considerano eventi associati alla scomparsa di soli microrganismi) e, di queste, cinque, sono considerate veramente imponenti.
Alcuni ricercatori preferiscono parlare di pseudoestinzioni, ovvero di false estinzioni. Il fatto che in certi periodi non si ha traccia di specie un tempo abbondanti, potrebbe in altri termini significare che, o non vi sono state le condizioni adatte ai processi di fossilizzazione, per i motivi più svariati oppure, le tracce fossili sono state smantellate da imponenti fenomeni erosivi associati alle trasgressioni marine. Quest’ultima è l’ipotesi di Gale e colleghi dell’Università di Greenwich. Secondo Gale, le grandi interruzioni nella registrazione dei fossili, sono state spesso citate come prove delle estinzioni di massa, ma tale mancanza è spiegabile anche in un altro modo. Per esempio, durante il Cretaceo (da 146 a 65 milioni di anni fa), dominato dai dinosauri, vi furono periodi di intenso riscaldamento globale che fecero salire drasticamente il livello dei mari, tanto che gli oceani inondarono l'Europa, trasformandola in un arcipelago di piccole isole. Questo forzò le specie marine, che vivevano nelle acque poco profonde e quelle terrestri, ad abbandonare i rispettivi habitat. Una volta che il livello dei mari scese di nuovo, queste specie tornarono indietro. L'abbassamento dei mari, espose però le rocce sedimentarie formatesi nel frattempo, che contenevano i fossili dei periodi caldi, all'erosione da parte dei venti, della pioggia e del ghiaccio. Questo spiegherebbe la presenza discontinua nei sedimenti marini di alcune specie, che compaiono, scompaiono e ricompaiono in strati più 'giovani' di molti milioni di anni, come testimoniano per esempio le scogliere di Dover.

Tra le varie ipotesi formulate, la più probabile spiegazione relativa all’evento di estinzione di fine Ordoviciano è quella che riguarda eventi di glaciazione (regionali o più estesi) avvenuti durante il periodo Hirnantiano. Precisamente, gli impulsi glaciali furono almeno due, separati da 500.000 - 1 milione di anni, responsabili di un primo abbassamento del livello marino, seguito da una rapida risalita e infine da una nuova regressione. Depositi glaciali risalenti all’Ordoviciano sono stati scoperti anche nel deserto del Sahara.
Un’altra ipotesi, decisamente esotica e difficile da dimostrare, è quella avanzata da Mellot & Co. della Kansas University, secondo cui un lampo di raggi gamma (Gamma-Ray Bursts), nelle vicinanze del sistema solare, potrebbe aver contribuito all'estinzione di gran parte della vita durante l’Ordoviciano. I fossili delle oltre 100 famiglie di invertebrati marini scomparsi, in particolare quelli dei trilobiti, sarebbero consistenti con alterazioni prodotte nell'ambiente, da un'esplosione cosmica (distruzione dello strato di ozono, produzione in atmosfera di NOx).
Delle due ipotesi, per problemi di spazio, affrontiamo solo la prima, ovvero quella delle glaciazioni, avanzata per la prima volta da Berry e Boucot nel 1973. Per evitare di essere eccessivamente prolissi, consideriamo come esempi, solamente un gruppo di artropodi massivamente presenti nei mari del globo sin dal Cambriano, i trilobiti, e un gruppo di animali poco noti, chiamati graptoliti.
Comparse oltre 530 milioni di anni fa, i trilobiti, subirono una serie di estinzioni di massa tra cui appunto, quella nota come crisi dell’Ordoviciano. Scomparvero soprattutto le specie di acque tropicali, mentre sopravvissero quelle di acque profonde e dunque più fredde. Un tale evento, è associabile, secondo molti ricercatori, solamente a radicali cambiamenti, a livello regionale o addirittura globale, di tipo climatico. Il fattore clima e in particolare la temperatura delle acque, nonché lo spazio fisico e vitale sul fondo dell’oceano, sono i fattori limitanti la distribuzione e l’abbondanza delle specie (Stanley, S. M.). Gli animali attuali, è noto, possono vivere solamente in dato range di temperatura dell’acqua e, una discontinuità termica, segna spesso, in modo netto, il limite dell’areale di distribuzione di una specie.
Dunque, una drastica variazione di temperatura, potrebbe portare una specie alla completa scomparsa se essa non fosse adattabile alle nuove condizioni o non avesse tempo e spazio per spostarsi in un ambiente adatto. Il raffreddamento climatico, spiegherebbe dunque la maggior parte degli eventi di estinzione di massa che hanno coinvolto numerosi taxa marini. Per cui sembra plausibile l’ipotesi della glaciazione, che appunto, alla fine dell’Ordoviciano, ha portato alla scomparsa di numerose specie di triliobiti, quasi tutte di acque calde tropicali, risparmiando le specie di acque fredde che, successivamente, attraverso un evento o più eventi di speciazione, hanno nuovamente colmato le nicchie lasciate vuote dai loro parenti di acque tropicali.
Anche per i graptoliti esistono simili evidenze. Si tratta di curiosi organismi che vivevano in colonie galleggianti uniti a grappolo, da qui il loro nome, attaccati l’un l’altro mediante peduncoli. Diverse specie di graptoliti vivevano lungo fasce climatiche diverse, parallele all’equatore e, alla fine dell’Ordoviciano, si estinsero tutte le specie eccetto alcune dell’equatore, che sopravvissero, secondo l’ipotesi di Stanley, poiché la regione fu risparmiata dalla imponente glaciazione che interessò, come accennato, pure l’Africa, coperta da estese calotte glaciali, dalla Mauritania alla Arabia Saudita, dalla attuale Spagna all’Oman, passando per la Libia, Marocco e Turchia (Beuf eta al., 1971).

Graptoliti

I graptoliti, termine che deriva da graphòs = dipinto e lithos = roccia, hanno questo nome poiché hanno lasciato impronte fossili simili a delle incisioni. Dall’aspetto assai variabile, sono tipicamente suddivisi in forme dendroidi e graptoloidi. I primi erano simili ad un cespuglio molto intricato, i secondi a striscioline seghettate da un lato, più o meno ramificate.

Quali le cause di questa antica ma breve e intensa glaciazione? Tante sono le ipotesi e tra queste esaminiamo la più probabile o meglio, quella maggiormente accreditata dalla comunità scientifica.

L'IPOTESI GLACIAZIONI DI BERRY E BOUCOT
L'ipotesi di un raffredamento globale come causa dell’estinzione ordoviciana, promossa da Berry e Boucot, fu supportata anche da Sheenhan. Grazie a studi sulle faune a brachipodi del Nord America, esso evidenziò una variazione del livello marino alla fine dell’ordoviciano di circa 70 metri. Prima della glaciazione dunque, la piattaforma continentale americana era invasa dalle acque ed emergevano molte isole e isolotti, tra i quali proliferavano, in ambiente insulare, numerosi brachiopodi. Con il ritiro delle acque, questi ambienti insulari scomparvero, portandosi via con se numerose specie di brachiopodi, che vennero a trovarsi in ambienti molto più freddi e profondi, non adatti ai loro canoni vitali. Tuttavia come gia detto, questo gruppo di animali non sparì del tutto, perchè le specie simili europee erano probabilmente meglio adatte agli ambienti di acque profonde, per cui colonizzarono tutte le nicchie rimaste vuote al di la dell’oceano che, ricordiamo, non era l'Atlantico di oggi.
Certamente, negli anni ’70 del '900, non era semplice dimostrare questa ipotesi, ma hanno provveduto successivamente, un ventennio dopo, Brenchley et al. (1994). Essi analizzarono la presenza dell’isotopo dell' ossigeno 18O nelle conchiglie fossili dei brachiopodi; le oscillazioni del rapporto isotopico 18O / 16O hanno rilevanza planetaria, in quanto dovute al cambiamento di volume delle masse glaciali, per cui un alto picco del isotopo più pesante 18O costituirebbe una prova delle ipotesi di Berry, Bouco e Sheehan.
Ebbene, il picco massimo dell’isotopo 18O corrisponde al periodo Ashgilliano, ed è la prova ulteriore a sostegno dell’ipotesi di Berry et al. (per approfondire questo aspetto, rimandiamo all'articolo citato in bibliografia). Ma quale fu la causa della glaciazione Ordoviciana? L’ipotesi al momento più accreditata è relativa alla diminuzione della CO2 atmosferica. Prima dell’evento glaciale, la concentrazione di CO2 era molto più alta, ma poi cominciò a diminuire costantemente. Tale diminuzione è stata dunque messa in relazione alla diffusione delle prime piante, che avrebbero accelerato l'alterazione delle rocce - che sono serbatoi di anidride carbonica - e dalla aumentata produttività degli oceani. Inoltre, la migrazione alle alte latitudini del Godwana, permise l'accumulo di ghiaccio e neve e conseguente aumento dell’albedo, il che significa un ulteriore calo delle temperature medie a livello globale.
Quest'ultima ipotesi, che vede le prime piante come concausa della grande estinzione, è stata ripresa in uno studio recentemente pubblicato su Nature Geoscience; secondo lo studio, la comparsa e la colonizzazione della terraferma da parte delle prime piante, 470 milioni anni fa, sarebbe stata all'origine del progressivo raffreddamento del clima che caratterizzò il periodo Ordoviciano, culminando infine in una serie di ere glaciali.

BIBLIOGRAFIA

SITOGRAFIA

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