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Cod Art 0280 | Rev 00 | Data 19 Apr 2010 | Autore Pierfederici Giovanni

 

   

 

IL FIUME LAMBRO, INQUINAMENTO E DISINFORMAZIONE

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Noi di Biologiamarina.eu ci sentiamo in obbligo di tornare ancora sull’argomento "fiume Lambro", perchè riteniamo che la disinformazione che circola sull’argomento abbia ormai raggiunto livelli record, complice soprattutto la televisione che invece di informare, fa esattamente il contrario. Praticamente da quando è accaduto l’incidente a Colorno, lo scorso 23 febbraio, si è detto di tutto e di più. Ma procediamo per ordine.

Quel giorno circa 3.000 metri cubi di olio combustibile e gasolio della Lombarda Petroli, fuoriescono da una cisterna manomessa e finiscono nel Lambro. Nei giorni a seguire arrivano sino al fiume Po. Dai dati ufficiali, emerge che sono stati sversati appunto 3.000 metri cubi di idrocarburi, equivalenti a 2.600 tonnellate, di cui 1.800 (1.600 secondo altre fonti) di gasolio e 800 di oli combustibili. Gli interventi di contenimento hanno fatto sì che 1.250 tonnellate venissero bloccate dal depuratore di Monza, 300 nel piazzale della Lombarda Petroli, 200 lungo il Lambro e 450 arrestate dalla diga di Isola Serafini. Delle 400 tonnellate che mancano all’appello, una quantità imprecisate sono evaporate o si sono depositate sulle sponde, e dunque solo una piccola frazione, sicuramente inferiore al 10% dello sversamento, ha raggiunto il delta e da qui l’Adriatico. Questi sono i dati ufficiali diffusi. Ebbene leggendoli emerge subito che neanche un grammo di olio combustibile possa essersi depositato sul fondo, tra i sedimenti del Lambro o del Po. Dai più tale possibilità non viene neanche presa in considerazione, ma in realtà è proprio così e vediamo di capirne le motivazioni.

INQUINAMENTO DA OLI COMBUSTIBILI

Gli oli combustibili o nafte non sono altro che dei distillati pesanti ottenuti dal petrolio. Si tratta di miscele di idrocarburi molto eterogenee poiché la loro composizione dipende dalla complessità della raffinazione e dalla materia prima di partenza. L’alta densità dipende dalla maggior presenza di atomi di carbonio. Sono classificati in base alla fluidità, per cui si hanno oli fluidissimi, fluidi, semifluidi e densi (come riportato in tabella), e in base al contenuto di zolfo. Gli oli BTZ sono quelli a basso tenore di zolfo, gli oli ATZ quelli a maggior tenore di zolfo.

Distribuzione acqua

viscosità  a 50 °C

oli fluidissimi
oli fluidi
oli semifluidi
oli densi

< 3 °E (< 21.2 centistokes)
compresa tra 3 °E e 5.1 °E (da 21.2 a 37 centistokes)
compresa tra 5.1 °E e 12 °E (da 37 a 91 centistokes)
> 12 °E (> 91 centistokes)

Sulla base del volume distillato a 300°C, sono ulteriormente classificati come oli combustibili "speciali" e "diversi da quelli speciali". Ricordiamo che le alte temperature di distillazione attivano anche il processo di pirolisi, per cui non tutta la frazione degli oli combustibili è il risultato di un processo di distillazione. Ricordiamo anche che negli oli combustibili il rapporto tra idrocarburi aromatici e alifatici è a favore dei primi, per cui sono composti altamente tossici.
Sono utilizzati soprattutto per alimentare le centrali termiche e un tempo erano ampliamente utilizzati per i motori delle imbarcazioni. Appaiono scuri, densi e hanno un potere calorifico attorno alle 10.000 Kcal/Kg. Essendo densi, per evitare sprechi sono usati in bruciatori a polverizzazione, sia ad aria che meccanici, con l’esclusione degli oli fluidissimi.
Gli oli combustibili quando finiscono in acqua sono difficilmente trattabili a causa della loro alta densità e viscosità. Una volta finiti in mare affondano sino ad arrivare al sedimento. Per cui, dopo un incidente come quello di Colorno, sul fiume Lambro, neanche un occhio esperto sarà in grado di scorgerli sul fondo. Le acque dolci, inoltre, favoriscono rispetto a quelle salate, la deposizione e la sedimentazione. Il processo di deposizione è inoltre dipendente da altri fattori, come la temperatura e la dinamica delle correnti.

Il tempo di permanenza sul fondo è lunghissimo, l’assenza di luce ne impedisce la fotossidazione e, se il sedimento è anossico, viene meno l’ossidazione per la mancanza di ossigeno. Si formeranno così aggregati stabili nel tempo che permarranno nei sedimenti. Possono essere rimossi dalle spiagge o dai letti dei fiumi solamente mediante operazioni di pulizia meccanica. Quindi la prevenzione degli incidenti è fondamentale. La loro presenza sul fondo viene evidenziata attraverso strumenti sofisticati, come fluorometri, sonar o camere subacquee.

Determinare la tossicità degli oli combustibili è alquanto complesso. Spesso non si conosce neanche la loro esatta composizione chimica, perchè le analisi di miscele ad alto peso molecolare sono difficoltose. La loro tossicità dipende da molti fattori, per esempio dal tempo di persistenza, dal tempo di esposizione, dalla vastità dell’area interessata da eventuali sversamenti. E’ noto che gli oli combustibili a medio peso molecolare, pur essendo poco tossici sono comunque pericolosi perchè persistono a lungo nell’ambiente e quindi entrano nella rete trofica, raggiungendo l’apice della rete alimentare.

Video Guarda il video su InfoPo (clicca sull'immagine)

LA TOSSICITÀ DEI SEDIMENTI

Negli ecosistemi acquatici il sedimento svolge un ruolo fondamentale, tuttavia la sua importanza per determinare e caratterizzare la qualità di un qualsiasi corpo idrico è quasi sempre volutamente trascurata. Il sedimento è il principale comparto di accumulo e di biotrasformazione delle sostanze chimiche non solubili, come gli idrocarburi e in particolare gli oli combustibili. Se è vero che la maggior parte delle sostanze tossiche vengono rilevate in tracce nella colonna d’acqua (e quelle eseguite in tutta fretta sul Lambro e su Po, hanno evidenziato ciò che ci si aspettava), è altrettanto vero che le stesse sostanze tossiche si ritrovano nel sedimento in concentrazioni ben maggiori, sino a 1000 volte in più nel caso degli oli combustibili.

Le condizioni delle acque sono altamente dinamiche, soprattutto quelle di un fiume, mentre il sedimento fornisce informazioni sicuramente rappresentative della qualità dell’intero ecosistema acquatico. Paradossalmente, se il sedimento è il “deposito” degli inquinanti insolubili, nel tempo e per anni (vedere il caso della Exxon Valdez) sarà pure la “fonte” degli stessi contaminanti che inevitabilmente entreranno nella catena alimentare (Burton & Mc Pherson, 1995). Ovviamente saranno maggiormente colpiti gli organismi bentonici, ovvero la maggior parte degli invertebrati, ma anche i pesci di fondo e che spesso sono consumati anche dall’uomo. Per esempio le carpe, non rare nel Lambro, che hanno un rapporto continuativo con il fondo e i sedimenti.

L’approccio messo in atto dalle strutture di sorveglianza per valutare i livelli di contaminazione dei sedimenti è inoltre basato solo sulle analisi chimiche, il che presenta delle limitazioni ben conosciute da tempo. Secondo Forstner (1990) i limiti sono essenzialmente tre:

Gia dai primi anni ’80 si suggeriva (Chapman e Long, 1983) di coniugare l’analisi chimica agli effetti delle sostanze tossiche sul biota, approccio poi ulteriormente confermato negli anni successivi. Quindi, nel caso del fiume Lambro e del Po, verificare la qualità delle acque è quasi superfluo, poiché sarebbero da analizzare i sedimenti, e soprattutto sarebbe estremamente utile mettere a punto sin da ora un piano di monitoraggio a medio e lungo termine per valutare l’evolversi della situazione.

Ma che fine hanno fatto le tonnellate di olio combustibile raccolte dal Lambro e dal Pò? Circa 600 tonnellate sono state raccolte e portate presso l’inceneritore di Piacenza (a quanto ci risulta, autorizzato solo per il trattamento dei rifiuti urbani) e ivi bruciate. Il resto non si vede ma è sul fondo dei due fiumi, ove purtroppo rimarrà per molti e molti anni. Con dispiacere constatiamo che tali emergenze vengono gestite sempre in funzione di “ciò che si vede”, per questo quando in mare si hanno perdite di petrolio si usano solventi e disperdenti, per far sedimentare sul fondo le finissime goccioline di greggio, per la pace del turista, spesso non ignaro, semplicemente non vuol ne vedere, ne sapere.

BIBLIOGRAFIA