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07 MAGGIO 2014

ALLUVIONE NELLE MARCHE, DISASTRO ANNUNCIATO
Piero Farabollini, consigliere nazionale dei Geologi, sottolinea che ancora una volta, nelle Marche, la pioggia sta facendo danni incalcolabili. Ma dopo gli ultimi eventi del novembre e del dicembre 2013, dal febbraio 2014, cosa è stato fatto? Nelle Marche il dissesto idrogeologico si attiva appena dopo poche gocce di pioggia. Stiamo pagando perché non si sta facendo nulla di serio e programmatico, nulla che favorisca la qualità e l'efficacia degli interventi di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico e come al solito non si parla mai di prevenzione".
Luigino Quarchioni e Francesca Pulcini, rispettivamente presidente e vice presidente di Legambiente Marche, commentano con amarezza: "Uscire dall'emergenza e programmare la messa in sicurezza del territorio: sono questi gli obiettivi urgenti per il nostro territorio che amministratori, cittadini e forze sociali devono raggiungere insieme. Nonostante questi eventi siano sempre più frequenti, al momento di decidere dove e come investire le principali risorse per questa Regione, vincono sempre le grandi infrastrutture che invece di rendere più sicuro, forte e competitivo il nostro territorio, lo indeboliscono e lo rendono più fragile, allontanando sempre la vera grande opera di cui le Marche hanno bisogno, cioè la messa in sicurezza".
Secondo i dati del Ministero dell'Ambiente, i Comuni marchigiani classificati a rischio idrogeologico sono 236, di cui 124 a rischio frana, 1 a rischio alluvione e 111 a rischio frana e alluvione. Secondo lo studio sul consumo di sullo nella costa marchigiana, realizzato da Legambiente, "Il paesaggio costiero marchigiano ha conosciuto negli ultimi decenni una forte urbanizzazione che oggi vede circa il 60% della fascia litoranea scomparsa sotto il cemento". Con questi dati alla mano, Quarchioni e Pulcini concludono: "È necessario e urgente cambiare passo nella gestione e governo del territorio, fermando il consumo di suolo e pianificando interventi strutturali per la messa in sicurezza delle nostre città e delle aree più a rischio. Accanto a questo è necessario rimettere al centro il ruolo strategico dell'agricoltura e della manutenzione dei corsi d'acqua e lavorare con i cittadini e le forze sociali affinché la corretta gestione del territorio e l'attività di prevenzione dal rischio siano l'obiettivo di tutta la comunità".
Anche secondo Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, candidati di Green Italia Verdi Europei alle elezioni europee "gli smottamenti e le frane causate dalla pioggia caduta negli ultimi giorni nelle Marche confermano la fragilità del territorio italiano, con l'82% dei comuni in situazioni a rischio e oltre la metà della popolazione che vive in aree soggette a frane ed alluvioni. Il dramma della persona morta per l'allagamento della strada che ne ha impedito il soccorso è l'ennesimo tragico tributo all'incuria del territorio e alla mancata prevenzione. Lo Stato spende ben 2 miliardi di euro ogni anno per tamponare i danni dopo un incidente o l'ennesima emergenza maltempo.
Negli ultimi 80 anni in Italia ci sono state 5.400 alluvioni e ben 11 mila frane, e occorre superare l’approccio emergenziale ai danni causati del maltempo e approntare piuttosto un piano organico di interventi per la messa in sicurezza del territorio: dal contenimento delle frane, alla sistemazione delle pendici, alla regolazione di torrenti e corsi d'acqua, alla bonifica idraulica, al definitivo no ad ogni ipotesi di condono di immobili costruiti in zone a rischio. Per cominciare da subito a rendere più sicuro il nostro Paese, attivando un ciclo occupazionale positivo, occorre mettere mano ai 1.6 miliardi di euro già disponibili, e reperire nuove risorse per la riduzione del rischio idrogeologico, utilizzando i fondi europei e il fondo sviluppo e coesione del 2014-2020. Occorre infine prevedere l’esclusione degli investimenti per la prevenzione dal Patto di stabilità interno degli enti territoriali".
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Farabollini conclude tracciando un quadro degli interessi che stanno soffocando ed annegando il nostro Paese: "Alla fragilità naturale del territorio, si sono sommati: urbanizzazione selvaggia, scellerato consumo del suolo, disboscamenti senza programmazione, quartieri costruiti negli alvei, disprezzo e violazione di ogni norma di pianificazione. La manutenzione ordinaria e straordinaria, permette, in prima battuta, di mantenere il corso d’acqua in grado far defluire le piene ordinarie; nel caso in cui, come in questi giorni, gli eventi meteorici siano concentrati in poche ore, la sola manutenzione ordinaria non è più sufficiente, date le caratteristiche morfologiche dei fiumi e degli alvei, notevolmente trasformate rispetto al passato. Ecco quindi che bisogna ragionare in termini di "ripristino degli spazi di pertinenza fluviale" e di "programmazione territoriale" in funzione dei tanto conclamati "cambiamenti climatici". Il territorio è la più grande infrastruttura, la sua salvaguardia non può più aspettare, non è possibile prescindere dall’attuazione di misure rigide e ragionate finalizzate a garantire ad ampio raggio adeguati interventi nell’ottica di un concreto cambio di rotta. Solo quando la cultura della emergenza sarà radicalmente sostituita da quella della prevenzione potremo ritenerci soddisfatti. L'abusivismo e l'illegalità sono stati tra le cause principali dello scempio del nostro territorio, con i conseguenti conteggi di danni, distruzioni e lutti. L'emergenza permette di gestire una gran mole di fondi che vanno in deroga a qualsiasi norma sugli appalti pubblici e, soprattutto, che altrimenti non sarebbero disponibili". Leggi tutto su GreenReport.


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