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Cod Art 0498 | Rev 00 | Data 12 Mar 2012 | Autore: Pierfederici Giovanni

 

   

 

ANNEGAMENTO: CAUSE E FISIOPATOLOGIA

Ogni anno, più di 500.000 persone, muoiono annegate.......

Lo scorso anno pubblicammo un articolo dal titolo QUANTO TEMPO SI SOPRAVVIVE IN ACQUE FREDDE?, che ebbe un discreto successo tra i naviganti. Molti utenti, ci scrivono ancora oggi per chiederci approfondimenti e nozioni sui temi correlati, soprattutto quello relativo al problema, per utilizzare un eufemismo, dell’annegamento che, purtroppo e drammaticamente, ritorna in auge ogni qualvolta comincia la stagione estiva. La maggioranza delle questioni che ci sono state poste, riguardano le cause e le modalità relative all’annegamento e alla prevenzione.
Pur non avendo statistiche aggiornate all’anno in corso, nella maggioranza dei casi gli incidenti avvengono entro poche decine di metri dalla linea di costa. In molti di questi casi, il termine incidente è forse improprio, infatti spesso si tratta di imprudenza e comunque di atteggiamenti superficiali e poco consoni al contesto meteo marino dei luoghi. Entrare in acqua con mare molto mosso, e vi assicuro che si tratta di comportamenti molto comuni, può risultare davvero pericoloso.
In questa sede analizzeremo brevemente eventi ed alterazioni organiche che possono essere associati all’annegamento. Si tratta dunque non della causa primaria dell’annegamento, ma di concause o eventi secondari associati, per passare poi ad una breve descrizione della fisiopatologia dell'annegamento:

morsi e punture di animali: in mare ci sono moltissime specie di vertebrati e invertebrati che possono essere pericolosi per l’uomo. In Mediterraneo, le specie pericolose sono davvero poche, perlopiù si tratta di celenterati (meduse, anemoni, fisalie, ecc..) che possono liberare, per contatto, delle tossine che hanno effetti locali oppure sistemici.
Localmente, a livello della lesione, possono formarsi bolle e vescicole, associate a bruciore e/o dolore che possono perdurare anche alcune ore. I sintomi sono detti, in termini medici, di natura orticaroide. Lesioni più importanti e severe, di tipo necrotico ed edematoso, sono più rare. La puntura da parte delle fisalie, le caravelle portoghesi, sono ancora più gravi e possono risultare letali.
In alcuni casi, ovvero nelle persone particolarmente sensibili, si possono manifestare i sintomi dello shock anafilattico, ove sono interessati il sistema respiratorio, cardiocircolatorio e da ultimo, anche il sistema nervoso.
Queste problematiche, difficili da affrontare nel quotidiano, sono ancora più ostiche se avvengono e si manifestano in acqua e durante un'immersione. Il rischio di annegamento è molto alto e occorre intervenire prontamente, allontanando il soggetto colpito dall’acqua e praticare immediatamente, se necessario (spesso lo è), le procedure rianimatorie.
Oltre ai celenterati, in mare è facile essere punti da pesci velenosi come razze, tracine e scorfani. In genere le tossine dei pesci sono termolabili e il dolore che segue può essere più o meno (forse meno!!!), controllato, immergendo l’arto colpito in acqua calda, meglio se acqua di mare riscaldata. A volte può essere utile alternare l’immersione in acqua calda e in acqua fredda, poiché lo shock termico denatura velocemente le proteine tossiche.
Altre problematiche legate ai pesci sono quelle relative al morso. Murene, squali e altre specie possono causare ferite tanto più gravi quanto più è grande l’animale. Sulle aggressioni da parte degli squali abbiamo scritto molto. Aggiungiamo, in questa sede, che secondo le statistiche dell’ISAF (International Shark Attach File), gli attacchi all’uomo, in questi ultimi anni, sono in calo.
In Mediterraneo negli ultimi due secoli sono stati censiti solo 35 episodi di aggressione a sub, pescatori e imbarcazioni.
Infine ricordiamo alcune alghe microscopiche tossiche, come Osteopsis ovata, che causa frequentemente problemi all’apparato respiratorio oppure agli occhi. È possibile venire a contatto con le sue tossine direttamente in acqua, oppure attraverso l’aerosol sulla spiaggia, come avvenne in località Portonovo (AN) qualche anno fa.
Ebbene, tutti questi eventi possono essere cause secondarie di annegamento. A volte la puntura da parte di un animale che neanche si riesce a vedere, causa, oltre al dolore, anche panico e reazioni emotive che possono essere concause di ulteriori problemi. Ricordo un episodio di molti anni fa, ove una ragazza, punta da una tracina, si lesionò i legamenti crociati del ginocchio sinistro, per uscire affannosamente dall’acqua, correndo su una gamba sola, rischiando seriamente l'annegaento in mezzo metro di acqua.

Ipotermia: quando a causa di incidenti si finisce in acque fredde oppure anche in acque temperate o calde per lungo tempo, si finisce inevitabilmente, anche se con tempistiche diverse, per perdere calore. In acque fredde la perdita di calore è rapidissima, solo pochi minuti. Quando la temperatura corporea scende sotto i 35 °C si parla di ipotermia. Nel 50% dei casi di annegamento, secondo statistiche recenti, si ha a che fare con l’ipotermia. La perdita di calore avviene gradualmente e nel tempo possono manifestarsi i sintomi più gravi, come aritmie, ipotensione, apnea e pseudo rigor mortis, che portano inevitabilmente all'annegamento.
L'ipotermia è gia stata dettagliatamente trattata qui.

Riteniamo che sia importante conoscere le possibili cause che portano all’annegamento, per stabilire utili procedure di intervento e di rianimazione.
In questa sede, tra le cause, abbiamo omesso volutamente quelle relative a fattori geografici e culturali che hanno a che fare con l’annegamento, si tratta infatti di una materia che necessita un approccio diverso e complesso, che esula dallo scopo di questo articolo. Solo alcune statistiche e brevi considerazioni: in Brasile, metà dei decessi per annegamento sono legati alle acque dolci; nei Paesi Bassi il 94% dei decessi si verifica nei canali e solo il restante 6% lungo le spiagge; i soggetti più a rischio in questo paese sono i bambini. Nei paesi dell’est europeo (Bielorussa, Lituania, Lettonia e Russia) i tassi di mortalità sono quasi 15 volte più alti di quelli dei paesi Mediterranei; infatti nei paesi dell'est, le acque mediamente molto fredde, l’eccessivo consumo di alcool e altri fattori socioculturali, insieme alla scarsa rapidità degli interventi di soccorso, contribuiscono all’innalzamento del tasso dei decessi per annegamento; i paesi con il maggior numero di morti per annegamento, sono il Giappone e l’Australia, questo si spiega con il fatto che la maggioranza della popolazione vive lungo le coste; in Italia dal 1969 al 1998, sono morte per annegamento 24.496 persone ( 20.068 di sesso maschile e 4.428 di sesso femminile). Si è passati dai quasi 1.300 morti del 1969 ai 400 decessi del 1998. La prevenzione e l’informazione hanno contribuito attivamente al calo degli incidenti. Dunque, oggi l’annegamento rimane un fenomeno a bassa incidenza, almeno lungo le coste Mediterranee, ma ad alta letalità.

DEFINIZIONE E FISIOPATOLOGIA DELL’ANNEGAMENTO

Sembrerà strano, ma ad oggi, non esiste ancora une definizione univoca e accettata internazionalmente del termine medico annegamento. Le differenti definizione ostacolano tutt’ora la raccolta epidemiologica dei dati e dunque, non sappiamo realmente quanti sono i casi chei si verificano ogni anno nel mondo. Quelli di cui si dispone sono certamente delle sottostime.
La prima definizione è stata quella della Epidemiology of Drowing, del 1998, messa a punto da David Szpilman, che scrisse una relazione sulla definizione e sulle lesioni legate all’annegamento e agli incidenti in acqua.
In seguito a vivaci discussioni, nate sulla base delle definizioni riportate nel 1998, qualche anno dopo, precisamente nel 2002, è stata elaborata una definizione revisionata: per annegamento si intende "il processo di sperimentare uno scompenso respiratorio per sommersione o immersione in un liquido, che può portare alla morte il soggetto entro le 24 ore, oppure a esiti permanenti sulla sua salute e al pieno recupero di tutte le funzioni vitali".
Il processo di annegamento comincia quando le vie aeree si trovano al di sotto del livello del liquido e può essere interrotto in qualsiasi momento; sono stati abbandonate le definizioni di: annegamento bagnato e asciutto (l’aspirazione o meno di un liquido) e di annegamento secondario (insorgenza ritardata del distress respiratorio - ards - polmoniti; oppure morte in acqua a seguito di infarti, traumi cerebrali e vertebrali, crisi epilettiche e ipoglicemiche).
A livello fisiologico, vi sono delle differenze tra annegamento in acqua dolce e acqua salata.
In acque dolci, il passaggio di liquido dagli alveoli ai capillari è molto rapido. Nei cani, purtroppo utilizzati in moltissimi esperimenti in acqua, si è osservato che in circa tre minuti, il 50% del volume ematico è sostituito dall’acqua, per cui si verifica emodiluizione, emolisi e iperkaliemia (aumento della concentrazione di potassio nel sangue). In breve si ha l’arresto cardiaco, mentre l’edema polmonare è meno grave e comunque è tardivo. In acque dolci, gli studi hanno dimostrato che in molti casi gli animali salvati non riportavano gravi conseguenze, nonostante la massiva emolisi (rottura delle pareti cellulari dei globuli rossi).

Perchè in acque dolci si ha emolisi dei globuli rossi?

Perchè l’acqua dolce è ipotonica rispetto al sangue, ovvero ha una concentrazione di sali inferiore; l’acqua di mare è invece ipertonica rispetto al sangue, poiché ha una concentrazione di sali molto superiore. Il sangue ha un contenuto percentuale di NaCl dello 0.9%, mentre l’acqua di mare del 3.5%.
Per cui l'acqua dolce, va a sostituirsi alla parte acquosa del sangue, provocando rigonfiamento dei globuli rossi sino a farli letteralmente scoppiare (lisi).

 

Gli stessi effetti si possono osservare in acque dolci clorate, come quelle delle piscine. L’acqua con cloro ha però effetti più marcati rispetto all’acqua dolce non trattata, soprattutto a livello dei setti interalveolari, che vengono rapidamente danneggiati con conseguente e drastica diminuzione delle superfici respiratorie.
In acque salate il problema è più grave, perchè sia ha trasudazione di liquido dai capillari agli alveoli (l’opposto rispetto a quanto accade in acque dolci), con conseguente emoconcentrazione, ipovolemia (perdita di volume ematico) e danneggiamento delle membrane alveo-capillari, che conduce all’edema polmonare, che risulta essere sempre severo e particolarmente grave, rispetto a quello provocato dall’annegamento in acque dolci. La quantità di acqua salata necessaria per determinare l’arresto cardiaco è però doppia rispetto all’acqua dolce.
Abbiamo dunque evidenziato un aspetto importante:

Le conseguenze dell’anossia per il sistema nervoso centrale sono invece egualmente e altamente pericolose in entrambi i casi.
L’emodiluizione che si ha quando l’acqua dolce va a sostituire il sangue, determina anche deplezione dei sali (calcio, sodio) e questo potrebbe determinare fibrillazione ventircolare e grave anossia cerebrale. Tuttavia, è raro che l’acqua ingerita sia in quantità tale da determinare alterazioni elettrolitiche, per cui la fibrillazione è spesso correlata all’ipossia e all’acidosi, piuttosto che all’emolisi e alla deplezione di sali. L’aumento del potassio non è invece correlata, almeno nell’uomo, alla fibrillazione ventricolare.

La sequenza di eventi che si susseguono durante le fasi di annegamento in acque dolci sono:

  1. inondazione dei polmoni con danno ai tessuti polmonari (soprattutto con acque clorate);
  2. collasso degli alveoli, emodiluizione, emolisi e iperkaliemia;
  3. ipossia e fibrillazione ventricolare;
  4. danno cerebrale.

La sequenza di eventi che si susseguono durante le fasi di annegamento in acque salate sono:

  1. inondazione dei polmoni e massivo edema polmonare;
  2. passaggio di acqua dai capillari agli alveoli, con conseguente emococentrazione e ipovolemia;
  3. marcata ipotensione e bradicardia;
  4. danno anossico cerebrale.

I danni all’apparato respiratorio, circolatorio e cerebrale, saranno tanto più marcati quanta più acqua entra nei polmoni. Negli animali, l’ingestione di soli 2.2 ml di acqua per Kg di peso, riduce la pressione arteriosa a 60 mm di Hg in soli tre minuti. Nell’uomo, l’ingestione di 1 - 3 ml di acqua per Kg di peso ( circa 210 ml in un uomo dal peso di 70 Kg), riduce la funzionalità polmonare del 40%.

Dunque, abbiamo evidenziato un secondo aspetto importante, ovvero che la serie di eventi sopra descritti, sia nel caso di acqua dolce che salata, determina l’insorgenza di una fase di apnea. Ma prima di descriverla, vediamo quali e quante sono le fasi dell’annegamento.
Secondo le più recenti linee guida le fasi che si possono evidenziare durante un episodio di annegamento sono essenzialmente tre (quattro secondo linee guida meno recenti):

fase di sorpresa e di panico: in una situazione di pericolo, ovvero quando ci si trova in zone di acque profonde, acque correnti, oppure come accade spesso, anche in acque relativamente basse, al primo cenno involontario di immersione si compie un atto riflesso inspiratorio; la glottide è sottoposta a spasmo allo scopo di proteggere i polmoni dall’ingresso dell’acqua. Questo tipo di situazione determina panico, ansia, agitazione e spesso anche gestualità e movimenti che possono essere pericolosi, sia per il soggetto che avrà difficoltà nel ripristinare una corretta posizione in acqua (del resto chi non è preparato e non ha una buona acquaticità, può far ben poco se non prevenire - ed è fondamentale - certe situazioni), sia per il soccorritore, che potrebbe essere ferito o addirittura correre il rischio di annegare insieme al soggetto. Sono stati documentati numerosi casi di tentativi di salvataggi multipli, conclusisi con l’annegamento del soccorritore, stremato dalla fatica per contrastare la gestualità e l’istintiva lotta per la sopravvivenza del soggetto. Questa fase, tuttavia, non è spesso riconosciuta da altri soggetti che si trovano a riva, anche a poca distanza. Contrariamente a quello che si pensa, "mancano" quasi sempre le grida di aiuto, le braccia spesso non si vedono, poiché utilizzate istintivamente per rimanere in superficie e dunque sono spesso immerse. Un particolare è invece molto importante: in questa fase la testa del soggetto emerge dall’acqua molte volte, per almeno 10-20 secondi, nel caso di un bambino, per circa 40-60 secondi nel caso di un adulto. Riconoscere questo tipo di 'atteggiamento' è molto importante, per chiedere repentinamente aiuto, per intervenire e organizzare al meglio i soccorsi;

fase di resistenza: in assenza di soccorso, la vittima perde gradualmente le forze. Viene meno ogni tentativo per rimanere in superficie. Si hanno brevi e continue immersioni e ogni volta che le vie respiratorie vengono sommerse dall’acqua, aumenta lo spasmo della glottide (laringospasmo riflesso);

fase dispnoica: cominciano a manifestarsi gli effetti dell’apnea prolungata. Vengono meno le forze e la coscienza si riduce, a causa della 'fame di aria' si ha apertura spontanea della glottide per cui, i conseguenti atti respiratori, determinano un massivo e ulteriore ingresso di acqua nello stomaco e nei polmoni. L'apertura spontanea della glottide avviene al sopraggiungere del punto di rottura, indotto dall'ipercapnia, ovvero da elevate concentrazioni di anidride caronica nel sangue, e dall'ipossiemia, ovvero da basse concentrazioni di ossigeno nel sangue. In questa fase possono manifestarsi tosse, conati di vomito e convulsioni;

fase terminale o apnoico-anossica: la vittima ha le vie aeree completamente ostruite dall’acqua. Si ha perdita irreversibile della coscienza, a meno di interventi precoci e repentini; perdita progressiva dei riflessi neuromuscolari e conseguente arresto respiratorio e cardio - circolatorio. Prima della cessazione dell'atto respiratorio, possono manifestarsi, per qualche minuto, atti respiratori irregolari e concitati (gasping);

Tutte queste fasi sono riassunte, in genere, nei manuali di Pronto Soccorso, nelle tre fasi di: apnea; di inspirazione riflessa; della perdita di coscienza.

Termina qui, l'aspetto puramente descrittivo e senza pretesa alcuna di essere esaustivi, la breve trattazione dedicata alla fisiopatologia dell'annegamento. Non essendo, il nostro, un sito di medicina, non intendiamo in alcun modo sostituirci ai consigli e ai pareri di coloro che si occupano di diving medicine, pronto soccorso, di rianimazione e di salvataggio. Per cui, chi volesse approfondire i temi su come intervenire, sulle pratiche di rianimazione e di soccorso, può rivolgrsi a siti dedicati.
Ci limitiamo a ricordare, nella tabella sottostante, i punti fondamentali relativi alla prevenzione, di gran lunga il metodo più efficace per prevenire ogni tipologia di incidenti in acqua.

Prevenire l'annegamento e gli incidenti in acqua: alcuni semplici consigli

Come sempre, la prevenzione risulta essere sempre la miglior arma per prevenire incidenti in mare, nei laghi e nei fiumi.
Nei bambini e nei ragazzi sino a 14 anni, l'annegamento è la prima causa di morte nei maschi e la quinta nelle femmine. Per cui, in generale si consiglia:

di insegnare il nuotano ai bambini a partire dai 2 anni di età;
sorvegliare sempre con attenzione i bambini. Circa l'84% dei casi di annegamento avvengono a causa dello scarso controllo degli adulti;
se i vostri figli sono accompagnati al mare da docenti e insegnanti, accertatevi che siano qualificati e preparati, sono numerosi infatti gli incidenti causati da personale inesperto e gli esiti, purtroppo, sono spesso fatali;
mai iperventilare prima dell'immersione per prolungare i tempi sott'acqua.

SPIAGGE
1 - se insesperti, nuotare sempre in zone controllate e presidiate dal personale di salvataggio;
2 - immergersi solamente se le condizioni meteo-marine lo permettono;
3 - evitare assolutamente di tuffarsi da scogliere emerse e soffolte, anche se ben conosciute. Il rischio di incidenti è molto elevato. A parte il rischio di scivolare su rocce coperte da feltri algali, le mareggiate possono provocare assestamenti dei massi e quindi zone ben conosciute possono trasformarsi in vere e proprie trappole. Nel 1984 si verificò un incidente in una zona molto frequentata e conosciuta. Dopo una mareggiata, presso una barriera artificiale, un tuffatore abituale rimase paralizzato dopo aver battuto il capo contro un masso che non doveva esserci, probabilmente spostatosi in seguito ai marosi dei giorni precedenti;
4 - non sopravvalutare mai le proprie capacità di nuotatore. Il 50% degli annegamenti avvengono perchè ci si sente sicuri e allenati. Una buona resistenza fisica si ottiene con allenamenti costanti durante tutto l'anno, per cui si sconsiglia di nuotare per forza di cose in acque profonde e lontano dalla costa;
5 - tenersi sempre a debita distanza, durante il nuoto, da barriere, banchine, aree interdette, foci dei fiumi e corridoi di ingresso e uscita dei natanti;
6 - alcune zone, anche vicino alla riva, sono soggette a correnti relativamente forti. Se la corrente procede dalla costa verso il largo, è inutile nuotare controcorrente. In questi casi si consiglia di tagliare la corrente stessa e nuotare parallelamente alla linea di costa, sino ad uscire dall'area turbolenta. Anche la zona tra le due secche, comune in Adriatico, può risultare particolarmente insidiosa;
7 - chiedere aiuto in caso di crampi, punture e ferite causate da animali e oggetti in acqua;
8 - nuotare in apnea solo in acque sicure e segnalate sempre la vostra presenza;
9 - non immergersi mai dopo un pasto abbondante e dopo aver bevuto bevande alcoliche.

PISCINE
Ai proprietari di piscine si consiglia:
1 - recintare la propria piscina, soprattutto se si hanno bambini. In quest'ultimo caso gli incidenti sono frequentissimi e un recinto è, insieme alla sorveglianza, la miglior prevenzione;
2 - il 50% dei proprietari di piscine non ha la minima nozione di intervento e pronto soccorso, si consiglia dunque di imparare le tecniche CPR di rianimazione;
3 - disporre sempre di attrezzature mediche e di un cellulare in prossimità della piscina, per avitare perdite di tempo in caso di incidente;
4 - non lasciare giocattoli e alti oggetti a bordo piscina, che potrebbero attirare l'attenzione dei bambini.

BIBLIOGRAFIA

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