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Cod Art 0044 | Rev 00 | Data 03 Ott 2007 | Autore Pierfederici Giovanni

 

   

 

CENNI DI RIQUALIFICAZIONE FLUVIALE

I fiumi in Italia, oggi più che in passato, non godono di una situazione favorevole e, nonostante le conoscenze acquisite sugli ecosistemi fluviali, vengono ancora gestiti con una mentalità arcaica e priva di buon senso.
Si continua con opere di rettificazione, di arginatura, di pseudopulizia degli argini dalla vegetazione ripariale, si continua con prelievi massicci di acqua e di ghiaia, si costruiscono briglie e sbarramenti. Alle soglie del 2008 c'è ancora chi propone di costruire dighe, quando Stati Uniti, Canada e alcuni stati europei stanno cominciando a smantellare le proprie (Jane C. Marks - Le Scienze n.466). Costruire una diga su un fiume significa tenerlo in agonia. Non a caso, per fare un esempio, gia i primi effetti della grande diga costruita sul fiume Yangtze sono ben evidenti e si aggiungono a quelli provocati dalle 67 dighe gia operative sullo stesso corso d'acqua.
Tornando all'Italia, occorre senza dubbio intervenire sulle politiche gestionali dei nostri fiumi, troppo spesso basate su vetusti concetti dell'ingegneria idraulica e del tutto spoglie delle conoscenze proprie dell'ingegneria ambientale. In molti casi quando si hanno fenomeni di esondazione, è perchè il fiume è stato rettificato, arginato e privato della vegetazione delle sponde. Se un corso d'acqua viene privato dei meandri e reso rettilineo come un tratto di autostrada, l'acqua acquista velocità e aumenta il potere erosivo sulle sue sponde. Non solo, l'energia cinetica di una massa in movimento, dipende dal quadrato della velocità, per cui se artificiosamente si provoca un aumento della velocità della massa d'acqua, questa travolge con maggior impeto ogni cosa che trova sul suo corso. Tipicamente, in città come Genova, spesso colpita da alluvioni di notevole entità, si assiste proprio a esondazioni di canali rettificati e arginati, con le case praticamente costruite in prossimità dell'argine stesso se non adirittura dentro il letto del fiume.
I meandri naturali hanno appunto proprio la funzione di allungare il tratto del fiume, distribuendo l'energia cinetica dell'acqua su un tratto maggiore del corso del fiume. Anche la vegetazione ha il suo ruolo. Le radici delle piante trattengono i sedimenti in cui affondano, proteggendo così le sponde dall'erosione e diminuendo l'energia cinetica della massa d'acqua. Il maggior problema in Italia affonda le sue radici nel concetto stesso di "fiume" visto e considerato come un canale per smaltire le acque più rapidamente possibile verso il mare, quasi fosse un rifiuto anzichè una risorsa (2). Nei casi estremi i fiumi sono unicamente considerati dei ricettacoli, una sorta di nastri trasportatori per allontanare i rifiuti prodotti lungo le sue sponde (per esempio il fiume Sarno o il Lambro).

Il dissesto idrogeologico dei nostri corsi d'acqua è nella quasi totalità dei casi di natura antropica, i fiumi se lasciati a se stessi raggiungono presto un loro equilibrio con il territorio. Nulla di statico, si tratta di un equilibrio dinamico, che tuttavia non pregiudica l'integrità territoriale se non in casi particolari. Si interviene sui fiumi sempre per questioni di sicurezza, ben sapendo però che si tratta di pseudogistificazioni mirate alla realizzazione spesso di interventi speculativi che non garantiscon nel medio e lungo termine nulla di concreto. Il fiume è purtroppo visto come "nemico", i suoi molteplici ruoli ecologici sono completamenti ignorati e misconosciuti. Il fiume è un habita complesso, rende discontinuo ed eterogeneo il paesaggio, è una barriera, un transito, un filtro, un serbatoio, una risorsa. È un luogo estremamente eterogeneo e ricco di biodiversità animale e vegetale. Occorre davvero intervenire sulle politiche gestionali dei corsi d'acqua affinchè si possa salvare il salvabile, per evitare interventi di cosmesi ambientale e per eradicare speculazioni e compromissioni di ambienti che hanno fatto la storia dell'uomo.

LA RIQUALIFICAZIONE FLUVIALE

Quando in Italia si tenta un approccio rivolto al recupero di un corso d'acqua, non è raro scontrarsi con interventi superficiali e mal gestiti sin dalle primissime fasi. Nella maggioranza dei casi non si fa altro che tentare di nascondere, con opere inutili, i danni della mal gestione maturata negli anni precedenti. Per tutto l'anno le amministrazioni preparano il terreno "ideale" per poi chiedere, con l'arrivo delle prime piogge, lo stato di calamità naturale. Quest'ultima è prassi talmente consolidata che è divenuta abituale, non è raro che venga ripetuta l'anno successivo, il che dimostra che gli interventi precedenti sono unicamente serviti a sperperare denaro pubblico.

Molto costruttivo risulta invece un approccio multidisciplinare che non si limita a piantumare alberi per mascherare le solite opere idrauliche, si tratta infatti di un intervento più complesso e che ha buone possibilità di successo. Tale approccio si basa sul concetto di riqualificazione fluviale, che può essere definito come "un insieme integrato e sinergico di azioni e tecniche, volte a portare un corso d'acqua in uno stato più naturale possibile, capace di espletare le sue caratteristiche funzioni ecosistemiche e dotato di maggior valore ambientale, soddisfacendo nel contempo anche obiettivi socio-economici" (3). Non si tratta quindi di un romantico ritorno alla natura, anche se a volte la riqualificazione può coincidere con la rinaturalizzazione del corso d'acqua. Su tale settore di intervento opera in Italia il Cirf, il Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, che ha elaborato la definizione sopra riportata. Sulla riqualificazione dei corsi d'acqua ritorneremo in uno dei prossimi articoli.

I COMANDAMENTI DEL FIUME: COSA FARE E NON FARE

Una breve guida per punti per evitare allagamenti, alluvioni ed esondazioni:

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BIBLIOGRAFIA