BiologiaMarina.eu

 

 

Cod Art 0214 | Rev 01 del 05 Apr 2013 | Data 26 Ott 2009 | Autore Pierfederici Giovanni

 

   

 

LA RADIAZIONE SOLARE IN ACQUA

La luce rende possibile la vita in mare ed è il fattore che maggiormente influenza la produzione primaria. In fisica, la luce è definita come lo stato elettronico della materia. In particolare la luce come onda, è definita come variazione o perturbazione di un campo elettrico e di un campo magnetico con i rispettivi vettori, perpendicolari tra loro e perpendicolari alla direzione di propagazione. Come onda, possiamo definire della luce la sua ampiezza (intensità), la sua lunghezza d’onda l (che si misura in nanometri, simbolo nm ), la sua frequenza v (intesa come l’inverso del periodo T) e la sua velocità di propagazione che, nel vuoto, viene indicata con c e corrisponde a circa 300.000 Km/secondo. In alternativa è possibile considerare la luce come un insieme di particelle (fotoni), emesse dalla sorgente luminosa. Ogni fotone, se la radiazione è monocromatica, ha la stessa identica energia, quindi se di tale radiazione aumenta l’intensità, non aumenta l’energia dei singoli fotoni, ma solamente il loro numero complessivo. L’energia di un singolo fotone E è proporzionale alla frequenza  v e inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda l (Legge di Planck):

E = h c / l    oppure  E = h v

con l pari a c / v

La costante di Planch  h è pari a 6.63 x 10-27 (ergs).
Se consideriamo una mole di fotoni, l’energia a 460 nm è pari a 260 Kjoule/mole. Quindi maggiore è la frequenza  maggiore è l’energia in gioco. Per questo le radiazioni a basse lunghezze d’onda, ossia ad alta frequenza, sono altamente energetiche (raggi ultravioletti), mentre quelle a lunghezza d’onda elevate sono poco energetiche.
Lo spettro della radiazione solare, si compone di una vasta gamma di lunghezze d’onda e quelle che influenzano la vita in mare e sulla terra, sono comprese tra 380 nm e 760 nm, corrispondente al campo del visibile.
La penetrazione della luce alle diverse profondità, ha un andamento non lineare (fig. 1), questo determina una zonazione verticale degli organismi marini, ciascuno dei quali ha evoluto propri meccanismi di adattamento biochimici e fisiologici. In genere le radiazioni con l inferiore a 300 nm sono nocive per le alghe che vivono in mare, solo alcune cianoficee sopportano radiazioni con l inferiori a 275 nm. Torneremo su questi argomenti.
La radiazione lunare è 1/30000  1/50000 inferiore a quella solare.

Foto1

Fig.1 Spettro della radiazione solare riferito alla superficie e alle diverse profondità.

È possibile notare come l’energia diminuisca rapidamente con la profondità, poiché in acqua la radiazione luminosa è in parte riflessa, in parte è assorbita e in parte è diffusa.
Per assorbimento si intende la trasformazione dell’energia radiante in altre forme di energia, soprattutto calore e energia chimica. Per diffusione si intende invece la modificazione della direzione di propagazione dei raggi luminosi. L’intensità della radiazione diminuisce in modo esponenziale e gia, dopo i primi 50 cm, è ridotta del 50%. Solamente l’1% giunge a 100 m di profondità, oltre domina la completa oscurità.
Responsabili della diffusione sono le particelle presenti nella colonna d’acqua; l’entità della stessa è proporzionale al numero di particelle e inversamente proporzionale alle loro dimensioni.

UN PO' DI DATI

In media, in un anno, l’energia solare che raggiunge l’atmosfera terrestre è pari a 520 10²² joules e circa il 60% viene riflessa dalla stessa atmosfera. Circa il 20% è poi riflessa dalla superficie terrestre e infine, il restante 20%, è potenzialmente utilizzabile dagli organismi fotosintetici (100 10²² joules). La durata del fotoperiodo (ore di illuminazione), varia con la latitudine e il periodo dell’anno. All’equatore equivale sempre a 12 ore, mentre ai poli è pari a 24 ore nel semestre estivo. Essa è inoltre influenzata dalla copertura nuvolosa. Quindi da considerare sono la latitudine, la stagione e la copertura del cielo.
Sotto la superficie del mare il fotoperiodo è minore, infatti come detto, la penetrazione della luce in profondità dipende dall’angolo di inclinazione dei raggi solari. Per esempio se la durata dell’illuminazione è di 12 ore, in mare, a 20 m di profondità, la durata non supera le 8 ore e a 30 metri non supera le 5 ore (Solazzi 1997).
La costante solare, ossia l’energia incidente nella parte esterna dell’atmosfera, peraltro difficile da misurare, è pari a 1376.0 W/m² (1.94 cal/ cm² minuto). Di questa, circa l’8% è costituita da raggi UV, il 42% da radiazione visibile e, infine, il 49% da radiazione infrarossa. A livello del mare la costante solare si riduce a circa 1000 W/m² e la componente UV si riduce al 2-3%, mentre sale la componente IF.

LA RIFLESSIONE

Quella parte della radiazione solare che viene immediatamente riflessa (albedo), è dipendente da numerosi fattori. Sono importanti le condizioni atmosferiche e del mare, la presenza o meno di schiuma o di particellato sospeso sulla superficie dell’acqua e, infine, dipende dall’angolo di incidenza dei raggi luminosi, in altri termini dipende dalla latitudine. Se la superficie del mare o di un lago è ghiacciata, l’albedo è molto maggiore e dipende dalla presenza o meno di fiocchi di neve e dall’orientamento dei cristalli di ghiaccio. In totale è riflessa circa il 6 - 7% della radiazione solare. Si tratta non tanto di un valore medio, bensì di un valore molto comune. Se poi la superficie del mare è agitata tale valore sale fino al 20%. Infine tale valore sale ulteriormente fino al 75%, se le superfici sono ghiacciate. Ciò che contribuisce a tale incremento, è l’orientamento dei cristalli di ghiaccio. La riflessione della luce diffusa (Indirect Solar Radiant) è invece meno pronunciata ed è funzione dell’angolo di incidenza; diviene via via minore all’aumentare della copertura nuvolosa (fig. 2).

Foto2

Fig. 2. Percentuale di riflessione del backscattering in assenza di nubi (A), con moderata copertura nuvolosa (B) e con copertura totale(C) in funzione dell’angolo di incidenza della radiazione luminosa. Fonte: Limnology.

Nella riflessione speculare l’angolo di incidenza ΦI eguaglia l’angolo di riflessione Φr; nella riflessione diffusa l’angolo di incidenza è sempre ΦI, ma sono variabili entro un ampio range gli angoli di riflessione; infine nella riflessione espansa (o spread reflection) l’angolo di incidenza è sempre ΦI, mentre sono compresi entro un range diciamo, più limitato, gli angoli di riflessione Φr.

Foto3

Fig. 3. I tre tipi di riflessione. Fonte: Barsanti

SCATTERING

Il termine scattering crea spesso confusione negli studenti di biologia marina. In fisica tale termine è traducibile come 'deviazione, dispersione', mentre in fisica molecolare e dei gas si traduce come 'espansione'. In quest’ultimo caso la traduzione inglese più appropriata è diffusion (Halliday R. K. 1997). Quando la radiazione luminosa passa attraverso un liquido o un gas, si osserva una diffusione laterale molto pronunciata, parzialmente o totalmente polarizzata. Ciò avviene sia nell’atmosfera che in acqua. Se l’atmosfera non esistesse, il cielo apparirebbe completamente nero.
Non è chiaro come mai la componente maggiormente diffusa sia quella corrispondente al colore blu-azzurro, ma è chiaro che ciò dipende dall’entità dello scattering. Per intenderci, quando la luce interagisce con una particella sospesa in un mezzo avente differente densità, subisce in parte una diffusione in tutte le direzioni. Non vi è alcuna variazione di energia, solamente una variazione spaziale della distribuzione della radiazione.
In atmosfera e in mare le particelle sospese sono quindi responsabili del processo di scattering. L’entità dello scattering dipende dalla quarta potenza della frequenza delle radiazioni luminose (Legge di Rayleigh), così la zona dello spettro a più elevata energia (UV) subisce una riduzione della propria energia pari a ¼. Per non entrare nel dettaglio della descrizione matematica, limitiamoci a ricordare che lo scattering process dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione e dalla taglia delle particelle. Più esse sono piccole e maggiore è l’entità dello scattering.
Una parte della luce solare riflessa dall’acqua o dal suolo, ritorna quindi in atmosfera dove viene di nuovo diffusa (backscattering).

LA RIFLETTIVITÀ

Giunta in acqua, come già detto, una frazione della radiazione incidente viene riflessa. Immaginiamo che la superficie del mare, perfettamente orizzontale, sia colpita da un raggio di luce monocromatico. Questo colpisce la superficie con un angolo di incidenza indicato con ΦI. Parte di tale radiazione è riflessa con un angolo Φr, detto angolo di riflessione. Infine parte è rifratta con un angolo indicato con ΦR, detto angolo di rifrazione o di deviazione. Il piano formato dal raggio incidente e dalla normale, è chiamato piano di incidenza. Secondo la Legge di Rifrazione si ha:

n1senΦI = n2sen ΦR

Tale equazione è detta Legge di Snell e i termini n1 e n2 sono costanti adimensionali chiamate indici di rifrazione. L’indice di rifrazione di un mezzo qualsiasi è dato dal rapporto tra la velocità della luce c nel vuoto e la velocità V in quel mezzo:

n = c / V

Nel nostro caso l’indice n1 dell’aria è pari a 1.00029, mentre quello dell’acqua n2 è 1.33 (a 20°). Tali valori sono calcolati per lunghezze d’onda di 589 nm. Per altre lunghezze d’onda gli indici cambiano. Ciò è evidente quando un raggio di luce bianca penetra in acqua. Accade infatti che si origina un ventaglio di raggi colorati (si parla in tal caso di dispersione), che sono visibili perchè ciascuna lunghezza d’onda ha un proprio indice di rifrazione. Il blu viene rifratto con un angolo ΦR minore, mentre il rosso è rifratto con un angolo ΦR maggiore. Per il vuoto n è 1. L’indice di rifrazione relativo μR è pari a:

μR = n2 / n1 = sen ΦI / sen ΦR

Per l’acqua vale 1.329 (a 589 nm). La riflettività (RF), intesa come la componente riflessa non polarizzata dei raggi solari, si misura con la legge di Fresnel:

RF=1/2{ [sen²(ΦI- ΦR)/sen²(Φ I + ΦR) ]+ [ tg² (ΦI - ΦR)/tg² (ΦI + ΦR) ] }

Questa equazione evidenzia come gia detto, che l’entità della riflettività dipende dall’altezza del sole, quindi dall’ora del giorno e dalla latitudine.

L’ASSORBIMENTO

L’entità dell’assorbimento della radiazione luminosa da parte dell’acqua è proporzionale alla lunghezza d’onda l. Per esempio il rosso è del tutto assorbito verso i 15 metri, mentre le radiazioni più energetiche, cioè a lunghezza d’onda minore, sono maggiormente penetranti. In generale, indicando con Ic la radiazione incidente e con Iz quella alla profondità z, si ha:

Iz = Ic  eˉ ª

con a = η  M, dove η indica il coefficiente di estinzione verticale (1/m) e M il percorso della luce in acqua. Occorre esaminare questi parametri più in dettaglio. Infatti la distanza che la luce percorre in acqua non è z bensì maggiore, e vale M = z b dove b = 1/ cos ΦR. Quindi la variazione della radiazione luminosa alla generica profondità z vale:

Iz = Ic  eˉ ª

dove ora l’esponente a vale η z b.

Il coefficiente di estinzione è pari a 0.0035 in acqua distillata. Si tratta di un valore che in biologia marina viene calcolato facendo riferimento al coefficiente di estinzione medio relativo al campo spettrale del visibile o regione fotosinteticamente attiva (PAR photosinthetic available radiation). Il campo del visibile è compreso tra 350 nm e 720 nm. Si utilizza il valore medio del coefficiente di estinzione perchè esso dipende come detto dalla lunghezza d’onda della radiazione luminosa, a ciascuna delle quali corrisponde un diverso colore. Acque molto pulite e con poco materiale sospeso trasmettono bene radiazioni a basse lunghezze d’onda, corrispondenti ai colori blu-azzurro, mentre acque ricche di sostanze organiche trasmettono a lunghezze d’onda maggiori che corrispondono a colorazioni giallo-verde. Per dare un idea della variabilità del termine η, esso vale per il colore rosso (680 nm) vale 0.555 1/m, mentre per il colore blu (465 nm) vale 0.021 1/m (per acqua a 21°C). Il termine η dipende quindi anch’esso da vari fattori, più precisamente:

η = ηw + ηp + ηc

dove ηw è il contributo dovuto all’acqua pura, ηp è il contributo dovuto alla presenza del particellato sospeso nella colonna d’acqua (torneremo su questo argomento), e infine ηc è il contributo dovuto al colore delle componenti presenti. Considerando tutto questo, la stessa equazione può essere scritta anche in altro modo:

η b = (ln Ic– ln Iz) / z

Tale equazione evidenzia meglio il fatto che l’attenuazione dell’intensità luminosa in funzione della profondità, ha un andamento logaritmico. Per esempio a 10 m di profondità se l’intensità della luce è 1/10 di quella superficiale, a 20 m si riduce a 1/100. La stessa equazione può essere usata anche per calcolare l’attenuazione a profondità z1 e z2. Scriveremo allora:

η b = (ln Iz1– ln Iz2) / z2 - z1

Mentre la percentuale di trasmissione o di assorbimenti per ogni metro ptm vale:

ptm = ( 1 – (Iz1 - Iz2) / Iz1) 100

Una curiosità. La maggior parte dei pesci di profondità sono rossastri, rossi o di colore bruno, questo perchè essendo la lunghezza d’onda corrispondente al rosso assorbita entro i primi 15- 20 metri, allora essi appaiono alle profondità in cui vivono, se illuminati dagli organi bioluminescenti di altri organismi, completamente neri o comunque molto scuri, un ottimo modo per sfuggire alla predazione.

Come si misura la trasparenza delle acque

Tuttora per misurare la trasparenza delle acque è in uso un semplice strumento, il Disco di Secchi (Secchi Disk), inventato nel 1865 da padre Pietro Angelo Secchi. L’occhio umano può apprezzare differenze di intensità di 1/133, pari al 5 -15 % della radiazione incidente. Tra coefficiente di estinzione e profondità vale la seguente relazione empirica:

η = K / DS

dove K è una costante adimensionale, compresa tra 0.61 e 1.9, solitamente si usa 1.7 (in biologia marina si usa spesso il valore 1.45), mentre DS è il valore del disco di Secchi (la profondità z espressa in metri). In acque dolci o negli ambienti di transizione si usa un disco bianco e nero di 20 cm circa di diametro, mentre in mare il diametro utilizzato è di 20 o 50 cm e il disco è bianco. Immergendo il disco in acqua, ad una certa profondità z esso non risulta più visibile. A tal punto sappiamo la profondità alla quale arriva una certa lunghezza d’onda (il bianco se il disco è di tale colore).
In realtà l’equazione è una semplificazione perchè la relazione tra attenuazione e profondità come gia visto non è una funzione lineare. Ma vi è il vantaggio di poter effettuare delle misurazioni in modo rapido e con pochi calcoli. Vi è inoltre la possibilità di utilizzare dischi di diversi colori, così è possibile determinare il coefficiente di estinzione alle varie lunghezze d’onda.
Il valore di K è una funzione lineare della concentrazione dei diversi materiali presenti nella colonna d’acqua:

K = K’ (clorofilla) + K’’ (particellato) + k’’’ (altro) + b

Il valore medio utilizzato è appunto 1.7.

IL COLORE DELL’ACQUA

Nella maggior parte dei casi l’acqua del mare appare blu. Questo è dovuto all’effetto delle molecole d’acqua che diffondono per scattering principalmente quella lunghezza d’onda dello spettro elettromagnetico corrispondente al colore blu. Quando sono presenti in sospensione particelle organiche o inorganiche sono diffuse altre lunghezze d’onda. Per esempio nei laghi ricchi di particelle colloidali di CaCO3 (carbonato di calcio), sono diffuse lunghezze d’onda corrispondenti al blu-verde. Vi siete mai chiesti perchè il mare Adriatico è spesso torbido e i mari Tropicali sono così trasparenti? Chi è poco esperto risponderebbe che la causa risiede nell’inquinamento o perchè l'Adriatico è un mare eutrofico. In realtà l’Adriatico è un mare eutrofico naturale e, se fosse pulitissimo apparirebbe lo stesso come lo vediamo tutti i giorni. Il suo colore è dovuto alla presenza nella colonna d’acqua, di sedimento e di materia organica, che contribuiscono alla diffusione di quelle lunghezze d’onda corrispondenti appunto al blu-verde.
I mari tropicali spesso non ricevono elevate quantità di sedimento dai fiumi e, inoltre, sono mari con una produzione primaria sempre molto bassa, con poche eccezioni, quindi le acque prive di materia organica o inorganica nella colonna d’acqua diffondono lunghezze d’onda corrispondenti al blu-azzurro. Anche i mari tropicali, così trasparenti, sono sempre più spesso inquinati. Un esempio? Il Mar Rosso, così trasparente eppure molto inquinato.
Tutte quelle componenti sospese nella colonna d’acqua, organiche o inorganiche prendono il nome di seston. Il seston comprende il bioseston (plancton e necton) e l’abioseston (o tripton, particelle non viventi inorganiche). In molti casi la colorazione di una superficie d’acqua è dovuta alla presenza di alghe, di pigmenti batterici o in minor misura dalla presenza di microcrostacei. Bloom di diatomee o cianobatteri contribuiscono a una colorazione verde-azzurro o giallo-verde, mentre bloom di un dinoflagellato (Glenodiu) sono associati, nelle acque dolci, alle cosiddette maree rosse. Il discorso delle maree colorate e delle biotossine ad esse associate sarà ripreso successivamente. Il concetto di torbidità è invece associato alla presenza di particelle inorganiche sospese nella colonna d’acqua, trasportate in mare dai fiumi e derivate quindi dall’erosione dei suoli. Nei laghi le dimensioni di tali particelle sono comprese tra 0.2 e 2 mm e consistono in silicati (mica, ilite, vermiculite, caolinite), ossidi di ferro e di alluminio (Kirk 1994). Queste particelle presenti anche in mare, soprattutto in prossimità delle coste e di fronte ai grandi delta fluviali, sono responsabili dello scattering e dell’assorbimento della luce.

EFFETTI DELLA LUCE SULLA VITA NEL MARE (WATER COLUMN PARAMETERS)

Quella zona del mare che va dalla superficie fino a circa 120-150 m di profondità, con valori medi di 50 m, è detta zona eufotica. Tale profondità limite è quella ove giunge l’1% della radiazione luminosa incidente in superficie. Tale valore è molto variabile e ai tropici si raggiungono anche i 150 metri di profondità, mentre in altri casi non è superata la profondità di pochi metri. In tale spazio sono assorbite tutte le componenti della radiazione luminosa che vanno dal rosso al blu. Nel modello di Sverdrup, il limite inferiore di tale zona è marcato dalla profondità di compensazione. Essa corrisponde a quella profondità alla quale il tasso di fotosintesi (photosinthesys rate) e quello di respirazione (respiration rate) si eguagliano. In altri termini è la profondità alla quale il tasso di ossigeno prodotto attraverso la fotosintesi, eguaglia quello consumato attraverso la respirazione. Al netto, la produzione di ossigeno è nulla.
Nella zona eufotica gli organismi fotosintetici sono i produttori primari e sono alla base della catena trofica, la concentrazione di ossigeno è elevata poiché la fotosintesi eccede la respirazione. La zona oligofotica è quella in cui penetrano le componenti della radiazione che hanno maggior energia, quindi i raggi UV. Tale zona si estende tra i 300 e i 600 metri, con valori medi di circa 400-450 metri. In tale zona mancano organismi fotosintetici, ma sono presenti organismi autotrofi che hanno forme di eterotrofia abbastanza spinte. Degli esempi sono le coccolitoforoidee o alcuni batteri dotati di pigmenti in grado di utilizzare radiazioni ad alta energia.
Infine vi è la zona afotica, completamente oscura, che va dai 600 metri in poi, caratterizzata da temperature molto basse ma uniformi ed elevata densità delle acque.
In tale sede ci occuperemo della sola zona eufotica. Essa è quella caratterizzata da valori della temperatura e di salinità abbastanza variabili, perchè influenzata dal moto ondoso superficiale e dal continuo rimescolamento. Nel caso ideale, il fitoplancton risulta abbastanza ben distribuito nella colonna d’acqua, mentre la produzione primaria decresce in modo esponenziale con la profondità.
Nel modello di Sverdrup, che è un modello ideale, le condizioni sono: disponibilità di nutrienti  illimitate, assenza del termoclino, quindi di stratificazione dell’acqua, e infine respirazione  costante a qualsiasi profondità.  Tali condizioni non sempre sono verificate, per esempio l’acqua man mano che si scalda si stratifica, e sopratutto in estate le condizioni reali sono ben lontane dal modello di Sverdrup. La stratificazione impedisce il rimescolamento, il movimento verticale del plancton nella colonna d’acqua e la distribuzione dell’ossigeno alle varie profondità. Tutto questo significa che, almeno nelle zone temperate, la PP varia con le stagioni. Questo per varie ragioni. L’intensità luminosa varia appunto con la stagionalità, poi la profondità di rimescolamento è minima durante l’estate a causa della stratificazione e dell’instaurarsi del termoclino, mentre è elevata durante l’inverno. Infine è coinvolta anche la disponibilità dei nutrienti, anche se questo dipende dagli apporti fluviali e da altri fattori (venti e correnti), occorre ricordare che l’instaurarsi del termoclino impedisce l’apporto dei nutrienti in profondità. Al tempo stesso la sua presenza confina il fitoplancon negli strati superficiali rendendo possibili quelli che sono definiti bloom algali.
I fattori che ora definiamo sono detti dagli scienziati anglosassoni water column parameters; occorre fare un pò di attenzione perchè è su di essi che si tenterà di spiegare in modo semplice, i bloom algali. La profondità di compensazione, corrisponde alla profondità alla quale il tasso fotosintetico (net photosynthesis) e quello respiratorio (net respiration) si eguagliano per ogni ciclo di rimescolamento (mixing cycle). A tale profondità, il tasso di O2 prodotto eguaglia quello consumato con la respirazione. Essa è variabile con le stagioni, con la latitudine e con la trasparenza della colonna d’acqua.
Alla profondità di compensazione corrisponde l’intensità di compensazione Ic, ossia quell’intensità per la quale il rate fotosintetico eguaglia - compensa - il rate di respairazione.
Più complessa la definizione della profondità critica (critical depth). Essa corrisponde alla profondità alla quale la respirazione totale eguaglia la produzione totale. Attenzione, non corrisponde alla profondità di compensazione, le due definizioni sono ben diverse. È possibile, nel caso reale, che alla profondità di compensazione pur avendo un intensità Ic, vi sia scarsità di ossigeno a causa dell’instaurarsi del termoclino. Entra qui in gioco la profondità di rimescolamento (mixing depth). Nel caso in cui tale profondità risulti minore della profondità critica allora la produzione è maggiore della respirazione e si ha bloom fitoplanctonico. Nel caso opposto, la respirazione eccede la produzione e non è possibile alcun bloom algale. In aree ove è assente il termoclino, alla profondità critica, respirazione e produzione si eguagliano.
Un’ultima considerazione. La luce in mare influenza la visibilità e quindi la possibilità da parte di un predatore di scorgere e individuare le prede in acqua. In casi eccezionali in acque limpidissime è possibile individuare un oggetto anche a 200 metri di distanza. In realtà, nella maggior parte dei casi non si arriva a 30-50 metri. Questo è indipendente dalle dimensioni dell’oggetto, grande o piccolo che sia. Quindi, a tale distanza, un predatore individua un singolo pesce o un banco di pesci, indipendentemente dal numero degli individui che lo compongono, perchè non è influente la dimensione del banco o del singolo pesce. È su tale comportamento dell’acqua, che si basa la struttura e la funzione dei banchi di pesce, argomento su cui torneremo a proposito dell’ecologia e dell’etologia dei pesci di mare e di acqua dolce. Riguardo alla visione dei pesci, vedi qui!

BIBLIOGRAFIA

ARTICOLI CORRELATI