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I DATI SULLA PESCA ILLEGALE DELLA COMMISSIONE EUROPEA

[14 Maggio 2015]

Cinque anni fa l'Unione europea ha deciso di dichiarare guerra alla pesca illegale, sia all'interno che all'esterno delle proprie frontiere. Sul proprio territorio ha armonizzato normative, controlli e sanzioni vigenti nei Paesi membri; e un sistema più equo si traduce in una maggiore ottemperanza alle regole. Per il resto del mondo ha chiuso il proprio mercato al pesce di dubbia provenienza, mettendo in guardia, contro possibili ritorsioni economiche, quelle nazioni che chiudono un occhio di fronte alle pratiche illecite in mare. La normativa dell'UE mira a salvaguardare una delle più importanti risorse comuni dell'Europa: gli stock ittici. Nuotando liberamente, i pesci ovviamente ignorano confini nazionali o limiti delle zone economiche esclusive, quindi è essenziale che la normativa sia applicata uniformemente da tutti gli Stati Membri. Né possiamo ignorare ciò che accade nel resto del mondo: anche il pesce che importiamo (circa il 65% del consumo totale) deve essere stato catturato nel rispetto dei moderni principi di conservazione.

Lotta contro la pesca eccessiva: un approccio esaustivo e integrato in tutta Europa

" Se non siamo in grado di far rispettare le nostre norme, la credibilità dell’intera politica ne risulterà indebolita, indipendentemente dalla sua validità", ha affermato il commissario Maria Damanaki nel 2010. "Ora abbiamo un sistema di controllo e di attuazione su larga scala; un sistema più incisivo e “graffiante”, per così dire, che tra l’altro andrà a supporto della nuova politica comune della pesca dopo la riforma".
La riforma del sistema di controllo1 messa in atto dalla Commissione è giunta qualche anno prima della più ampia riforma della pesca europea, ma si basa sullo stesso principio: il benessere degli stock ittici equivale alla prosperità delle comunità costiere. Per applicare questo principio era indispensabile trasformare il sistema vigente, fratturato ed eterogeneo, per renderlo uniforme, equilibrato e governato da un insieme di norme efficaci e attuabili. Oggi la metodologia per le ispezioni, sia in porto che al largo, è chiaramente definita e uguale per tutti. Le moderne tecnologie di raccolta dati, quali i giornali di bordo elettronici, le distinte di vendita o i sistemi di monitoraggio via satellite, hanno praticamente eliminato errori o disparità nella stima del volume delle catture. In caso di sovra-pesca, si applicano a tutti delle misure correttive.
Per gli operatori, un sistema a punti non molto diverso da quello per gli automobilisti può portare alla sospensione temporanea o addirittura alla revoca definitiva della licenza di pesca. Per i paesi, un ampio arsenale consente alla Commissione di reagire, a cominciare da controlli e indagini nel paese in questione. La Commissione può anche richiedere un piano d'azione per porre rimedio alla situazione, come è accaduto per Malta nel 2011, per la Spagna nel 2012 e per la Lettonia nel 2013. In casi estremi di recidiva, la Commissione può anche sospendere i contributi finanziari.
Prima di arrivare a tanto, però, può ridurre le quote di pesca per l'anno successivo, come nel caso del contingente di pesca spagnolo per lo sgombro, ridotto di 65.000 tonnellate a marzo 2013 a causa dello sfruttamento eccessivo: questo è solo un esempio dei quasi 300 casi verificatisi dall’entrata in vigore della normativa. Tali irregolarità sono state rilevate nel corso di oltre 230 missioni di controllo condotte dall’UE. Le missioni sono costose e complesse, e le risorse nazionali limitate. Un’agenzia specializzata2 riunisce i mezzi nazionali e ne coordina l’uso, massimizzandone l’effetto e riducendo notevolmente i costi attraverso programmi di controllo e di ispezione stabiliti di comune accordo3. In questo modo, non solo si facilita una migliore valutazione e gestione del rischio, ma si aumenta anche la fiducia di autorità e operatori, favorendo un atteggiamento diverso e una cultura del controllo propriamente europea.
Detto questo, a partire dal prossimo anno, circa 150 milioni di euro saranno a disposizione degli Stati Membri per l'acquisto di nuove navi o aerei pattuglia e per la formazione di ulteriore personale. Con altri 480 milioni di euro, il nuovo Fondo europeo per gli Affari marittimi e la Pesca continuerà a sostenere le operazioni in corso e inizierà anche a finanziare tecniche innovative, come l’analisi del DNA per determinare con esattezza il filamento e l'origine di una partita.
Parallelamente, il 1º gennaio 2014 sono entrate in vigore anche le nuove regole contro gli sprechi e la pesca eccessiva (a seguito della riforma della Politica comune della pesca). E il cerchio per lo sfruttamento razionale e responsabile delle risorse ittiche da parte di tutti sarà chiuso.

La lotta contro la pesca INN: estendere i principi di conservazione al resto del mondo

Come accade ormai per molti altri prodotti, la gente è sensibile alla qualità e all'affidabilità della catena alimentare. Per aiutare da un lato i consumatori ad avere fiducia nel pesce che acquistano e dall’altro i pescatori a rimanere in attività, un sistema globale di certificazione delle catture garantisce la tracciabilità del pesce "dalla rete alla tavola". È questo il risultato di massicci investimenti in tecnologie moderne, come i sistemi di controllo dei pescherecci, i sistemi di registrazione e trasmissione elettronica, nonché le banche dati e le reti informatiche che li accompagnano. La certificazione e le tecnologie moderne diventano particolarmente utili quando il pesce è stato pescato in acque lontane, ben al di fuori della giurisdizione dell’UE.
Le infrazioni possono essere rilevate in qualsiasi punto della catena di approvvigionamento e se il "passaporto marino" di una partita fa sorgere dubbi di qualsiasi natura, si può impedire l’accesso di tale partita al nostro mercato.
Questa è una delle tante novità rivoluzionarie del regolamento del 2010 sulla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata4, e gli Stati Membri ne hanno immediatamente approfittato, rifiutando a tutt'oggi di importare nell'UE almeno 100 partite dubbie di pesce.
Al tempo stesso, tanto l'UE quanto i Paesi terzi hanno prontamente reagito alle richieste della Commissione di indagare e sanzionare le navi sospette. In meno di quattro anni si è indagato su oltre 200 casi di presunta pesca illegale da parte di navi provenienti da 27 paesi e a circa 50 di queste sono state comminate multe per un totale di oltre 7 milioni di euro.
Un'altra conseguenza positiva del nuovo regime è che i paesi dell'UE adottano approcci basati sul rischio, combinandoli con controlli più efficienti nei porti. Nelle isole Canarie (Spagna), una stretta collaborazione tra l'UE e le autorità locali ha rafforzato le procedure di controllo su tutti gli sbarchi effettuati da navi provenienti da Paesi terzi presso il porto di Las Palmas. Ne è risultato che alcune navi asiatiche (già sospettate di svolgere attività illegali) hanno interrotto gli sbarchi di pesce a Las Palmas o le esportazioni dei loro prodotti nell'UE.
Ma il regolamento INN va ben oltre i controlli più severi all'in­terno del territorio dell'UE e mira a garantire che le altre nazioni del mondo rispettino gli obblighi derivanti dal diritto internazionale5, unendosi all’offensiva contro la pesca INN.
Per incoraggiare gli Stati di bandiera ad agire contro le flotte prive di scrupoli, l’UE ha redatto una lista nera delle navi a cui non è consentito sbarcare o vendere i propri prodotti sul mercato unico a causa delle loro comprovate violazioni6. Inoltre, l’UE collabora strettamente con Paesi Terzi ed effettua controlli sui mezzi e sull’impegno da essi profuso nella lotta contro la pesca INN.
Finora sono state portate a termine oltre 30 missioni di questo tipo e molti paesi sono stati assistiti nell’adeguamento della loro struttura giuridica e capacità amministrativa. Sostenuta dal nostro know-how e dalle nostre competenze, l'Indonesia sta attualmente riformando il proprio sistema di gestione della pesca.
Tra le altre storie di successo vi sono le Fiji, Togo, lo Sri Lanka, Vanuatu e Panama, che hanno fatto progressi lodevoli dopo essere stati formalmente avvisati del rischio di ritrovarsi nella lista nera a meno di non prendere provvedimenti immediati contro la pesca INN7. Altri paesi, come il Belize, la Cambogia e la Guinea, non hanno ancora reagito e saranno quindi ancora più a rischio di ritorsioni economiche da parte dell’UE.
Vale la pena notare che, in caso di sovra-pesca da parte di un Paese Terzo a danno di stock comunque con­divisi con l’Unione Europea, la Commissione non esita a bloccare tutte le importazioni di pesce provenienti anche da tale Stato, come dimostra la recente polemica con le Isole Fær Øer. Nel frattempo molti Paesi Terzi, ispirati dal regime dell’UE, stanno apportando cambiamenti ai propri sistemi. L’Ucraina, il Marocco e il Cile hanno ciascuno introdotto degli schemi di certificazione delle catture di pesca. E nel corso degli ultimi tre anni, oltre 55 Paesi in via di sviluppo hanno ricevuto assistenza tecnica da parte dell’UE per un totale di 32 milioni di euro.
Una parte importante della guerra dell’UE si combatte sul fronte politico, per farsi alleati gli altri grandi attori della pesca a livello mondiale: è questo il senso delle dichiarazioni congiunte contro la pesca INN da noi sottoscritte con gli Stati Uniti e il Giappone.
Per garantire la trasparenza del pescato di qualsiasi provenienza, l'UE promuove oggi attivamente un "certificato di cattura" da applicare in tutto il mondo. Si continua anche a lavorare all’interno delle organizzazioni regionali di gestione per debellare la pesca illegale e le pratiche distruttive — con organizzazioni internazionali quali la FAO, l'ONU e l'Interpol — appoggiando al contempo tutte le azioni finalizzate alla criminalizzazione delle attività di pesca INN a livello internazionale.
Dal momento che nell'UE importiamo il 65% del pesce che consumiamo, è naturale che le rigide norme da noi applicate vadano promosse anche in tutte quelle aree in cui peschiamo o dalle quali importiamo. Lo stesso vale per le condizioni di vita e di lavoro: gli equipaggi impiegati dalle bande di pirati sono infatti spesso vittime di abusi e violazioni dei diritti umani.
Se la riforma della politica co­mu­ne della pesca preannuncia una nuova era in termini di buona ge­stione marittima, eliminando gra­­dualmente i rigetti, riducendo le attività di pesca a livelli sostenibili e introducendo una gestione de­centralizzata, la tolleranza zero nei confronti della pesca eccessiva o delle pratiche distruttive e illegali resta più cruciale che mai, poiché in sua assenza ciascuno di questi progressi risulterebbe compromesso. "Ora che la riforma della politica comune della pesca è avviata», ha affermato il commissario Damanaki". La mia priorità torna ad essere il controllo della pesca e l’attuazione della normativa"».

(Fonte: “Pesca e acquacoltura in Europa” – Direzione generale degli Affari marittimi e della Pesca della Commissione europea n. 63/2014)

Note
1 Reg. del Consiglio (CE) n. 1224/2009 del 20 novembre 2009, che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, che modifica i Regg. (CE) n. 847/96, (CE) n. 2371/2002, (CE) n. 811/2004, (CE) n. 768/2005, (CE) n. 2115/2005, (CE) n. 2166/2005, (CE) n. 388/2006, (CE) n. 509/2007, (CE) n. 676/2007, (CE) n. 1098/2007, (CE) n. 1300/2008, (CE) n. 1342/2008 e abroga i Regg. (CEE) n. 2847/93, (CE) n. 1627/94 e (CE) n. 1966/2006.
2 L'Agenzia europea di controllo della pesca, con sede a Vigo, in Spagna.
3 Noti anche come SCIP (dall'inglese: programmi speciali di controllo e di ispezione) e JDP (dall'inglese: piani di impiego congiunto).
4 Reg. del Consiglio (CE) n. 1005/2008 del 29 settembre 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, che modifica i Regg. (CEE) n. 2847/93, (CE) n. 1936/2001 e (CE) n. 601/2004 e abroga i Regg. (CE) n. 1093/94 e (CE) n. 1447/1999.
5 Quali la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare o l'accordo delle Nazioni Unite sugli stock ittici.
6 Reg. di attuazione della Commissione (UE) n. 672/2013 del 15 luglio 2013.
7 Decisione della Commissione del 15 novembre 2012.

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