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13 MARZO 2013

PESCA ILLEGALE DEL MERLUZZO ANTARTICO, SILENZIO DALLA CITES
Questa volta l'Italia è dalla parte dei "buoni", ma serve a poco. Nel novembre 2002, alla 12° Conferenza delle parti della Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora (CITES), adottò la risoluzione 12.4, "Cooperation between Cites and the Commission for the conservation of antarctic marine living resources (Ccamlr) regarding trade in Toothfish", e le decisioni dalla 12.57 alla 12.59 sul commercio del merluzzo dell'Antartico (Dissostichus mawsoni), la proposta venne poi ritirata, dopo che i governi si impegnarono a cooperare con la Ccamlr (qui il documento CITES in pdf) per eliminare la pesca illegale nell'Oceano Antartico. Ma, a distanza di 11 anni, alla Cop 16 CITES in corso a Bangkok, quegli impegni sono rimasti lettera morta ed i rappresentanti dei governi, riuniti nella capitale thailandese sono rimasti in silenzio di fronte ad un rapporto che dimostra la mancanza di cooperazione, nell'affrontare la pesca illegale dei merluzzi antartici. Il rapporto è stato presentato al meeting CITES dalla Ccamlr, l'organizzazione internazionale incaricata di regolamentare la pesca nell'Oceano australe e della quale, oltra all'Italia, fanno parte Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Cile, Cina, Corea del sud, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Namibia, Norvegia, Nuova Zelanda, Polonia, Russia, Sudafrica, Spagna, Svezia, Ucraina, Unione europea, Uruguay, Usa.
Glenn Sant, Marine Programme Leader di Traffic, descrive l'imbarazzante atmosfera alla Cop 16 di Bangkok: "C'era un silenzio assordante quando è stato messo all'ordine del giorno il rapporto Ccamlr. Nessuno ha parlato, sia per difendere la mancanza di azione o per chiedere perché alcuni governi non avevano fatto nulla per sostenerla". Eppure il rapporto dettaglia una grave mancanza di collaborazione da parte dei governi interessati: nomina i Paesi che, coinvolti nella pesca o nel commercio illegali di Dissostichus mawsoni (Antigua e Barbuda, Bahamas, Colombia, Repubblica Dominicana, Ecuador, Indonesia, Kenya, Malaysia, Messico, Morocco, Nigeria, Filippine, Singapore, St Kitts e Nevis, Thailandia Trinidad e Tobago, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Vietnam) ed accusa questi Paesi che aderiscono tutti alla CITES di non aver rispettato le promesse fatte 11 anni fa. Oltre a questi Paesi c'è anche un elenco di stati che forniscono bandiere ombra, a flotte che praticano la pesca illegale: Belize, Iran, Panama, Nigeria e Mongolia. Anche in questo caso, sono tutti Paesi membri della CITES. La Ccamlr è particolarmente preoccupata perché i pescherecci che operavano illegalmente nel 2012, hanno beneficiato dell'accesso ai porti in Malaysia e Sant denuncia: "è a dir poco una vergogna internazionale che si facciano promesse di cooperazione con la Ccamlr e della fine del commercio illegale dei merluzzi antartici e poi le si infranga all'interno della CITES".
Nel 2001, Traffic scoprì che almeno la metà dei merluzzi australi in commercio, era di origine illegale. Nel 2007 questa percentuale era scesa, ma rappresentava una quota significativa del commercio globale e che è rimasta immutata fino ad oggi. Gran parte della pesca illegale avviene con reti in acque profonde ed in aree vietate. "Le reti sono enormi - spiega Traffic - alcune fino a 130 km di lunghezza", vengono calate a 1.5 km di profondità e catturano tutto quel che nuota nell'area. Inoltre c'è il gigantesco problema della "pesca fantasma o reti fantasma", le reti perse in mare e che continuano a pescare per anni. "Questa settimana alcuni governi hanno sostenuto che la CITES deve rinviare gli accordi internazionali sulla pesca che non comprendono le specie marine sotto i suoi controlli sul commercio - conclude Steven Broad, direttore esecutivo di Traffic - Ma qui si tratta di un caso in cui la CITES ha deciso di fare proprio questo più di un decennio fa e il risultato è stato estremamente deludente. Ci domandiamo se l'inserimento del merluzzo artico nella CITES nel 2002, in realtà, non avrebbe aiutato a richiedere un'azione molto più efficace per fermare la pesca e il commercio illegali". Fonte: GreenReport.

 

 

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