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Cod Art 0541 | Rev 00 | Data 24 Lug 2012 | Autore: Pierfederici Giovanni

 

   

 

L'ALTERAZIONE DELLE SPIAGGE E L'EROSIONE COSTIERA

Questo mese di luglio, ormai prossimo al termine, noi di biologiamarina.eu lo abbiamo trascorso prevalentemente 'sul campo', ovvero nei luoghi che più amiamo, come il mare e la spiaggia.
All'inizio del mese il sottoscritto ha percorso alcuni tratti di costa dell'alto pesarese, tra Pesaro e Castel di Mezzo, sino a sconfinare nella vicina Romagna, tra Gabicce e Cattolica.
In questa sintesi non vi è alcuna pretesa di essere scientifici, ma empiricamente la prima cosa che si nota, è il calo, ulteriore, di biodiversità nelle acque antistanti le spiagge da me visitate. Ormai un ipotetico censimento risulterebbe talmente povero di specie da lasciar l'amaro in bocca, tanto per usare un eufemismo; a prima vista, sui fondali sabbiosi si possono notare solamente vongole (Chamelea gallina, Linneo, 1758), qualche tellina (Tellina nitida, Poli, 1791), qualche arsella (Donax sp.), noto in zona come calcinello e infine, qualche esemplare della microscopica Osilinus mutabilis (). Sulle scogliere qualche patella (Patella rustica e P. caerula, Linneo, 1758) e i soliti mitili (Mytilus galloprovincialis, Lamarck, 1819) che molti continuano a raccogliere abusivamente per poi venderli ai ristoranti della zona, per finire poi nei piatti degli ignari turisti.
Del tutto assenti Scapharca inaequivalvis (Bruguière, 1789), specie aliena abbondante sino a metà degli anni '80; Nassarius mutabilis (Linneo, 1758), la comune e prelibata lumachina di mare; il cardo Acanthocardia tubercolata (Linneo, 1778), i cannollicchi Ensis minor (Chenu, 1843) e Solen marginatus (Pulteney, 1799); la spisula Spisula subtruncata (Da Costa, 1778). Quelle elencate sono specie che un tempo si trovavano senza alcuna difficoltà.
Sul fondo si trovano anche i segni delle 'arature' delle turbosoffianti, il mare calmo non è riuscito ancora a cancellare le tracce delle draghe dei motopescherecci che si spingono sin dove possono, per catturare di tutto e di più.

Notevolmente cambiata, in alcune zone, la morfologia costiera. In alcuni punti l'erosione marina ha 'mangiato' sin sotto le fondamenta di chioschi e barrettini costruiti sempre troppo vicino al mare. Come non scomporsi poi, quando alla prima mareggiata invernale, il mare si porta via tutto? Si costruisce sin oltre la battigia e poi ci si lamenta dei danni provocati dai marosi. Gli interventi di ripascimento primaverili non sempre riescono a coprire i segni del lungo inverno.

Ma è proprio questo il punto in cui vorrei maggiormente soffermarmi. Dalla Romagna sino all'Abruzzo, gli unici tratti costieri ancora discretamente preservati sono quelli a falesia, ovvero alcuni tratti della costa di Gabicce Monte e del San Bartolo (Pesaro), del monte Conero (Ancona), infine la costa alta di Ortona e Vasto, la cui inacessibilità ha scoraggiato un pesante uso antropico.
Per il resto, le spiagge sabbiose e pianeggianti, sono state tutte pesantemente urbanizzate, riempite di infrastrutture inutili, che spesso impediscono pure l'accesso alla spiaggia.
Molti di questi tratti costieri, quasi il 100%, sono soggetti a fenomeni erosivi importanti. Per esempio la costa di Montesilvano (PE) è arretrata tra il 1872 e il 1995 di ben 350 metri, soprattutto nella zona tra il fiume Pomba e il fiume Saline.
Ma in generale, anche se meno imponente, il fenomeno dell'arretramento delle spiagge interessa l'intero tratto costiero dalla Romagna all'Abruzzo.
Un tempo queste zone non avevano un aspetto molto diverso dalle attuali spiagge sabbiose della Sardegna. Le dune dominavano il paesaggio costiero, contornavano lagune e stagni costieri ora bonificati, sui quali ora poggiano le fondamenta di alberghi e seconde case. E vi erano anche interessanti tipologie di spiagge ghiaiose, soprattutto a nord della foce dei fiumi marchigiani, come il Metauro (la zona ora, non a caso, denominata Sassonia), il Cesano (del quale rimane un breve tratto di spiaggia di circa 1 Km, oggetto da tempo di speculazione). Paesaggi ricchi di vita animale e vegetale ora scomparsi, rimasti impressi solo su qualche cartolina d'epoca.

In questi ambienti, come scrive Stoppa, "si assiste alla totale eliminazione antropica delle strutture naturali costiere e alla quasi totale scomparsa della flora e fauna terrestre e marina. Il male peggiore è la demolizione e spianatura delle dune!!!!!!!. Vacanza?!…ma che vacanza è?"

L'EROSIONE COSTIERA

Il movimento dei sedimenti in mare dipende essenzialmente dalla componente lungo la riva delle onde e delle correnti prevalenti. Ingenuamente, ancora oggi, molte opere sono dimensionate considerando solo il moto ondoso; l'idea che prevale, anche tra molti tecnici delle amministrazioni pubbliche che sono sempre a favore di costose ed inutili opere a "protezione" delle spiagge, è quella che bloccando il moto ondoso, si blocca l'erosione delle coste. Niente di più falso, anche perchè mai si tiene conto delle correnti prevalenti (che variano con le stagioni); lungo la costa, le onde che giungono con fronti obliqui sono responsabili della movimentazione di migliaia di metri di cubi di sedimenti al giorno. Tali movimenti asportano sedimento da un settore per depositarlo in un altro. In una spiaggia 'sana', il bilancio è in pareggio.
Quando si interviene costruendo ogni sorta di barriere, queste intercettano il flusso dei sedimenti (trappole sedimentarie), alterando lo stesso bilancio sedimentario, dunque si avranno aree di deposizione (surplus sedimentario), anche relativamente estese, a fronte di altrettante importanti aree di erosione (deficit sedimentario). Non si ha sempre una perdita reale di materiale, esso rimane all'interno di una determinata unità fisiografica, ma si ha uno spostamento di materiale da un tratto costiero ad un altro.
L'immagine sottostante permette di cogliere molto bene il concetto espresso sopra.

Trappole sedimentarie
Credit: Stoppa F.

A volte accade che il materiale sedimentario esca dall'unità fisiografica, trasportato a largo da correnti imponenti, senza aver più la possibilità di ritornare sulla spiaggia. In questi casi, non rari, il sistema di movimentazione dei sedimenti diviene complesso, spesso non è prevedibile e per superare tali difficoltà si tende a suddividere le aree costiere in cellule, che possono avere dei confini ben definiti (promontori, scogliere naturali ecc..) o liberi. In quest'ultimo caso i confini sono definiti dalla risultante longshore dei flussi di energia del moto ondoso. Non entriamo nel merito della questione, si tratta di argomenti complessi che potrebbero risultare noiosi ai più, ci preme tuttavia ricordare che il punto fondamentale, ancora oggi disatteso, è che la maggioranza delle amministrazioni tratta l'ecosistema costiero con estrema ingenuità e superficialità, intendendo noi, per ecosistema costiero la spiaggia emersa, il retrospiaggia, la spiaggia sommersa e tutti gli esseri viventi che lo popolano. Con tutti i danni perpretrati nel corso degli anni.

Spiagge a confronto
Credit: Stoppa F.

Qualsiasi intervento antropico sulle spiagge contribuisce all'erosione delle stesse. Come si vede nella slide qui sopra, tratta anch'essa dal lavoro di Stoppa, le differenze tra una spiaggia naturale ed una antropizzata sono importanti.
In sintesi, ecco elencate le cause responsabili dei fenomeni erosivi delle nostre spiagge:

Particolarmente imponenti poi i fenomeni franosi in Abruzzo. Manufatti e abitazioni sono e saranno rapidamente coinvolti ed è già stato necessario spostare, dopo 100 anni, la linea ferroviaria molto più all’interno.

Erosione costiera in Abruzzo
Fenomeni erosivi lungo la linea di costa Abruzzese. Credit: Stoppa F.

 

Sbancamento dune
Sopra, a sinistra, la duna e la vegetazione completamente rimosse, installazioni balneari pesanti, scomparsa della vegetazione; a destra, dune semi rimosse, numerosi attraversamenti che sfociano in installazioni minori e vegetazione in parte conservata.
Finora è prevalsa una logica d’intervento a forte impatto geoambientale, che sta producendo enormi danni generalizzati a fronte di scarsi e locali benefici.

DANNI ALLA SPIAGGIA E AI FONDALI DELLE SCOGLIERE EMERSE E SOFFOLTE

Tornando al discorso precedente, perchè, secondo voi, la biodiversità dei litorali antropizzati è in declino da anni? Mi riferisco non solo alla fauna delle spiagge, ma anche a quella dei fondali sabbiosi.
La risposta, in sintesi, è legata alla costante attività dell'uomo, che modifica (altera) continuamente ogni dettaglio di natura rimasto.
Le dighe foranee, le scogliere, i pannelli e ogni tipo di barriera frangiflutto, producono un evidente disturbo della sedimentazione, catturando materiale fine che soffoca la vita del fondale sia vegetale che animale. Per rendersi conto di questo, basta avvicinarsi, con le dovute attenzioni, alle scogliere emerse, dislocate spesso vicino alla battigia. Gia a qualche metro di fronte alle scogliere, con i nostri piedi, potremmo sentire la fanghiglia sottostante che, se sospesa, emanerà un cattivo odore che allontanerà anche i meno delicati di olfatto. L'area prospiciente le scogliere, infatti, è coperta da sedimenti molto fini che rendono anossico il fondale, che può ospitare solamente qualche invertebrato che ben si adatta a tali condizioni. Per il resto, si tratta di un fondale sterile. L'odore sgradevole deriva da delle sostanze a base di azoto, che si formano appunto in ambienti privi di ossieno.

È stato detto che le opere costiere favoriscono l’ecosistema, perché grossi pesci predatori, come i dentici e le orate, le frequentano e poi vi proliferano le cozze.
Questo forse farà piacere ai pescatori della domenica…. ma certamente gli specialisti sanno che in realtà questi sono grossi predatori, che vivono in mare aperto, e sono relativamente indipendenti dall’ecosistema costiero perché possono procurarsi altrove il cibo. In realtà sono attirati dagli scarichi antropici e sono un indicatore di scarsa qualità del mare; alla a base di un ecosistema sano ci sono gli animali inferiori…..da quanto tempo non vedete sulla spiaggia un cavalluccio marino o una stella???
Ecco allora, alcuni consigli presi dal lavoro di Francesco Stoppa, qui proposti al solo fine di sensibilizzare quante più persone possibile:

Cosa non fare:

  1. Barriere e pennelli frangiflutti a protezione della costa;
  2. Costruzione di moli di diffrazione del moto ondoso e delle correnti costiere.
  3. Ripascimento delle spiagge attraverso distribuzione di sedimenti incompatibile.
  4. Prelievo di inerti lungo le aste fluviali di alimentazione a mare 5.
  5. Alterazione delle foci dei fiumi 6.
  6. Introdurre specie viventi estranee

Cosa fare:

  1. Favorire la biodiversità e l’ ecosistema proteggendo habitat come i duneti costieri.
  2. Recinzioni delle aree umide ed istituzione delle “R.N.O.” o “A.P.”.
  3. Ripristino della vegetazione di retrospiaggia per intrappolare la sabbia.
  4. Alleggerimento delle infrastrutture da diporto con soluzioni galleggianti.
  5. Decementificazione degli alvei fluviali 6. Arretramento opere cementizie e infrastrutture.

E solo in seguito…..

L'ultimo paragrafo è tratto dal lavoro di Francesco Stoppa.

SITOGRAFIA

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BIBLIOGRAFIA