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28 GIUGNO

BATTERI MANGIA - PETROLIO, A DUE ANNI DALLA MAREA NERA
L'inchiesta "An Unsettling Experiment: Dispersants in the Gulf", di Sandy Aylesworth pubblicata da Sage Magazine (vedi qui sotto), parla anche delle conseguenze subite dall'ecosistema. Già nel maggio 2010 l'Huffington Post scrisse di tracce di petrolio presenti in quasi tutte le larve di granchio campionate lungo un tratto di costa di 300 miglia di costa e Susan Shaw, una tossicologa che dirige il Marine Environmental Research Institute, dice che quando i disperdenti rompono il petrolio in minuscole goccioline, queste sono in grado di permeare più facilmente le pareti cellulari degli organismi planctonici e di danneggiarli: "Il disperdente agisce come un sistema di erogazione di petrolio nell'acqua. E il petrolio contiene centinaia di composti che sono tossici per ogni organo del corpo, compresi molti agenti cancerogeni. In questo caso, il petrolio disperso è penetrato nelle pareti larvali dei granchi, distruggendole, con danni potenzialmente gravi per il loro sviluppo".
Ma i disperdenti come il Corexit 9527 e il Corexit 9500 usati nel Golfo non trasportano solo il petrolio agli organi interni, possono anche aumentare la concentrazione di sostanze più tossiche del greggio: i composti policiclici aromatici (IPA). Trasformare le masse di greggio in goccioline minute, come fanno i disperdenti, rende gli IPA più facilmente ingeribile per piccoli pesci, filtratori, e plancton. Secondo l'oceanografo Richard Camilli, gli IPA "Sono spesso associate a effetti biologici nocivi" e i campioni d'acqua dal Golfo raccolte due mesi dopo il disastro della piattaforma offshore della BP hanno rivelato che la presenza di questi composti nocivi "Può essere più abbondante in profondità". Fonte e news integrale su GreenReport.
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GLI OCCHI DELLA SOGLIOLA
Non solo buoni da mangiare, ma un vero e proprio rompicapo evolutivo.  Pesci come la sogliola o l’halibut, che vivono appiattiti nei fondali marini, hanno entrambi gli occhi sullo stesso lato della testa. Così da sempre o prodotto dell’evoluzione? La risposta è sull’ultimo numero del Journal of Vertebrate Paleontology.
Un gruppo di ricercatori dell’università di Oxford ha analizzato un fossile vecchio di cinquanta milioni di anni. Si tratta di un heteronectes (che letteralmente significa "pesce diverso"), esemplare  primitivo, che rappresenta il perfetto stadio intermedio tra i pesci con una disposizione normale degli occhi e i bizzarri pesci piatti con entrambi gli occhi da un solo lato.
Il fossile in questione è stato ritrivato a Bolca, località nei monti Lessini, tra le provincie di Vicenza e Verona, da tempo un importante sito per gli studiosi dei pesci fossili. Qui, in epoca preistorica, esisteva una popolata barriera corallina e i fossili ritrovati danno l’idea della biodiversità un tempo esistente. Lo studio del team inglese aiuta anche a capire meglio la biodiversità odierno: dimostra che le sogliole attuali sono frutto di un lento processo di evoluzione, con buona pace di chi le descriveva come un esempio di debolezza della teoria darwiniana. "Come poteva, infatti, un pesce con una disposizione degli occhi così inusuale sopravvivere?", si chiedevano alcuni. L’heteronectes è la prova che lo spostamento di uno degli occhi di questi esemplari non è un processo avvenuto alle radici dell’albero filogenetico, ma frutto dell’evoluzione. Fonte: OggiScienza.
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MAREA NERA GOLFO DEL MESSICO: GLI ESPERIMENTI CON I DISPERDENTI DELLA BRITISH PETROLEUM
Il 20 aprile 2010, la piattaforma petrolifera offshore Deepwater Horizon (qui resoconto completo) esplose ed affondò nel Golfo del Messico, producendo la più grande catastrofe ambientale della storia statunitense. Due anni dopo, l'industria petrolifera offshore in acque profonde è in pieno boom: nel 2012 dovrebbero essere realizzati 8 nuovi impianti di trivellazione, la pesca nel Golfo è stata riaperta e in molti si chiedono per cosa sia stata fatta tutta questa confusione contro i petrolieri. Negli Usa è convinzione comune che il Golfo del Messico si sia completamene ripreso dalla marea nera. Anche il The New Yorker è ottimista: "Molto è stato fatto e per questo il Golfo del Messico è in gran forma"; Lisa Di Pinto, della National Oceanic Atmospheric Administration (NOAA), conferma: "Sulla base di quello che ho visto, avrebbe potuto essere molto peggio".
Ma è davvero così? No, almeno secondo Sage Magazine, l'inchiesta "An Unsettling Experiment: Dispersants in the Gulf", nella quale Sandy Aylesworth, una ricercatrice della Yale School of Forestry & Envirnmental Studies, sottolinea: "Nonostante l'enorme valore del Golfo, sia la BP che le agenzie governative, sono state impreparate a difenderlo. Durante la fuoriuscita, l'Environmental Protection Agency (EPA) ha insistito che era essenziale tenere il greggio lontano dalle coste e dalle zone umide del Golfo, e a ragione: le zone umide del Golfo sono aree di nursey per il 98% degli animali marini che vivono nelle sue acque pelagiche".
Per disperdere il greggio (Louisiana Sweet Crude) fuoriuscito dal pozzo Macondo, la multinazionale ha utilizzato disperdenti chimici (il Corexit 9500 - miscela di acidi grassi, glicolesteri ed ossialchilati in solvente paraffinico - vedi qui per ulteriori informazioni), che non hanno fatto sparire il petrolio ma lo hanno fatto precipitare, spargendolo su centinaia di km quadrati di fondali. I disperdenti chimici della Bp hanno semplicemente fatto scomparire il greggio dalla superficie portandolo in acque più profonde, spostandolo da un ecosistema all'altro. Il disperdente e il petrolio rappresentano così ancora una minaccia per la vita marina e in particolare per il plancton, alla base della rete alimentare, dai pesci fino alle balenottere azzurre......
.....Diversi scienziati e Ong ambientaliste, affermano che la scelta della Bp di usare il Corexit faccia parte dell' stretto legame della Nalco con le multinazionali petrolifere. La Nalco e la Exxon Mobil nel 1994 hanno costituito una joint venture e la leadership petrolifera, compresa la BP, è fortemente rappresentata nella Nalco. L'utilizzo dell'intera gamma del Corexit è vietato in Gran Bretagna, la patria della BP, ma l'EPA disse che se il Corexit "È nella lista e vogliono usarlo, allora sono pre-autorizzati a farlo". Ma è venuto fuori che è stato direttamente il laboratorio della Nalco a condurre i test di tossicità sul Corexit 9500A, utilizzando "fuel oil Number 2", un tipo di greggio diverso dal Louisiana Sweet Crude, il che significa c'erano zero dati scientifici sugli effetti del mix di Corexit 9500A e il greggio Louisiana Sweet Crude. E Mervin Fingas, uno dei maggiori esperti mondiali di risposta agli sversamenti petroliferi, sottolinea che "La maggior parte dei ricercatori hanno scoperto che il petrolio disperso chimicamente è più tossico del petrolio disperso fisicamente". Questo mette in forte dubbio le ottimistiche conclusioni dell'EPA. Fonte e news integrale su GreenReport.

27 GIUGNO

TARANTO, ALTRA CHIAZZA IN MARE DI FRONTE ALL'ILVA
Non ha fine la battaglia tra l’Ilva e le associazioni ambientaliste di Taranto. Dopo le varie polemiche dei mesi scorsi, oggi se ne apre un’altra per una vicenda che coinvolge ancora una volta l’azienda, nonostante si tenti in tutti i modi di negare i fatti.
L’ambientalista Fabio Matacchiera, che da anni si batte contro il colosso siderurgico, ha ripreso con la sua telecamera una chiazza di vari colori fuoriuscire dagli scarichi dell’azienda, ed ha portato immediatamente questo materiale in Procura. Stando alle dichiarazioni di Matacchiera, la macchia, grande circa 100 metri per 20, che va espandendosi dai canali di raffreddamento 1 e 2 che sbucano nel Mar Grande, sarebbe composta da fanghi e sostanze "verosimilmente oleose", schiumose di colore giallo bruno, marrone intenso ed addirittura nero pece. Il video non sembra lasciare spazio a dubbi e nemmeno gli inquirenti sembrano esenti dai dubbi sugli effetti di questi fenomeni. L’unica a non essere d’accordo è proprio l’Ilva. Fonte e news integrale su Ecologiae.

25 GIUGNO

VITTORIA LEGALE PER SEA SHEPHERD
Sea Shepherd, Sea Shepherd U.K. e il Capitano Paul Watson, hanno vinto la causa intentata dalla Fish and Fish, presentata in risposta al rilascio di 800 tonni rossi, illegalmente pescati, nel Giugno 2010 al largo delle coste della Libia. Il GIudice Hamblin, della Corte dell'Ammiragliato, ha annunciato la sua decisione questa mattina in aula a Londra. Il dispositivo della sentenza dice che la Corte del Regno Unito non è la sede deputata al deposito della causa contro Sea Shepherd, e stabilisce il non luogo a procedere contro Sea Shepherd Conservation Society, Sea Shepherd U.K. e il Capitano Paul Watson. La Fish and Fish è ricorsa in appello. Il giudice ha respinto il ricorso. La Fish and Fish può ancora appellarsi ai gradi superiori. In attesa di un eventuale ricorso, a Sea Shepherd verrà restituita la cauzione di 520.000 sterline (circa $ 780.000.00 dollari più gli interessi). Il giudice ha stabilito che la Fish and Fish deve pagare una percentuale delle spese legali sostenute da Sea Shepherd durante la causa in questione, che potrebbero ammontare a più di 200.000 sterline supplementari.
Questo caso ha visto il fermo della Steve Irwin in Scozia nel luglio del 2011 ed il suo rilascio solo dopo il pagamento della cauzione. La cauzione è stata raccolta in soli 10 giorni grazie ai sostenitori di Sea Shepherd in tutto il mondo. Fonte e news integrale: SeaShephed.
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SEQUESTRATE QUATTRO TONNELLATE DI TONNO ROSSO
Continuano senza tregua i sequestri di tonno rosso illegalmente pescato. Solo nella giornata di oggi si è avuta comunicazione di due diversi interventi. A Corigliano Calabro (CS), presso la zona industriale, la Capitaneria di Porto ha operato il sequestro di poco meno di una tonnellata di tonno rosso fresco. I militari si erano insospettiti per il tentativo di una ditta di Schiavonea di collocare una partita di tonno rosso congelato proveniente dalla Sicilia, ed invece, durante il controllo nel deposito, sono stati rinvenuti sei tonni freschi. Ciascuno di loro pesava 150 chilogrammi. Tutto il pescato era privo della necessaria documentazione sulla tracciabilità. Il titolare della ditta è stato per questo sanzionato con una contravvenzione di 4000 euro. L’intervento, dicono dalla Capitaneria di Porto di Corigliano Calabro, si è sviluppato nell’ambito di una complessa azione giudiziaria. Più movimentato l’intervento compiuto nel porto di Cefalù (PA) dalla Squadra Nautica della Questura del capoluogo siciliano unitamente agli Agenti dell’Ufficio Prevenzione Generale e del Commissariato di P.S. di Cefalù. Un porto secondario, utilizzato, come già successo in più occasioni, per lo sbarco di tonno prelevato in mare infrangendo le norme comunitarie. Le indagini della Polizia avevano portato a supporre che già alle prime ore di stamani alcuni pescherecci sarebbero entrati in porto a luci spente, pronti a scaricare il tonno pescato. Un meccanismo già noto ed in più occasioni oggetto di intervento delle Forze dell’Ordine. Alle 00.30, infatti, si avvicinavano al porto di Cefalù a luci spente, due pescherecci. Secondo lo stesso modus operandi, dicono dalla Questura.
Mezz’ora dopo iniziavano ad arrivare furgoni e camion frigoriferi che si dirigevano proprio nel molo sopraflutto del porto di ponente, dove erano attraccati i due pescherecci. Il primo furgone, seguito da un’auto civetta della Polizia, veniva poi intercettato in strada da una Volante. Trasportava 305 chilogrammi di tonno rosso. Il secondo furgone veniva fermato fuori Cefalù, in contrada Caldura, direzione Catania. Al suo interno due tonnellate e duecentonovantasei chili di tonno. Un terzo furgone non rallentava al controllo della Polizia e veniva fermato, poco più avanti, da una Volante nel frattempo sopraggiunta. Conteneva 364 chilogrammi di tonno. In tutto 29 tonni per un peso complessivo 2.965 chilogrammi. Tutti sottoposti a sequestro e di prossima vendita all’asta. Il ricavo andrà allo Stato. In totale sono state elevate sanzioni amministrative per 12.000 euro. Fonte: GeaPress.
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MARE, SPIAGGIA CHE VAI, PAGELLA CHE TROVI
Goletta Verde o Bandiere Blu? Spiaggia che vai, "pagella" che trovi. Dipende dalla qualità del mare? Non è detto: la stessa acqua e la medesima sabbia possono essere ottime o pessime, a seconda dell’organismo che le valuta. Esempio, Ventotene: "bandiera nera" per Legambiente, che rifila all’isoletta il voto peggiore ma, al tempo stesso, "bandiera blu" per la FEE: l’arenile tirrenico è premiato col massimo dei voti dalla Foundation for Environmental Education. E così via, per migliaia di chilometri di coste, con giudizi che variano a seconda dall’istituto di certificazione, compreso il Tourng Club Italiano. Che, nella Guida Blu realizzata con Legambiente, promuove la Sardegna con ben quattro località "a 5 Vele", bocciando sonoramente la Liguria.
Esattamente l’opposto di quanto decretato dalla FEE, che non solo penalizza l’isola rispetto ad altre regioni, ma promuove la Liguria con ben 18 bandiere blu: record nazionale. E allora: come scegliere il mare più pulito?
La polemica si riaccende ogni anno, nel blu dipinto di blu. A scatenare il festival delle contraddizioni sono le diverse metodologie di analisi: se Legambiente si reca sul posto e analizza la qualità delle acque e l’impatto sul territorio, la FEE si affida a minuziosi questionari e ad autocertificazioni. La Bandiera Blu è un riconoscimento che la FEE conferisce alle località costiere di tutta Europa in base alla qualità delle acque di balneazione e del servizio offerto: a pesare è anche il livello di pulizia delle spiagge, insieme alle forme di approdo turistico. La Guida Blu di Legambiente e Tci, invece, è un prontuario in cui si raggruppano le località costiere in grado di integrare turismo, arte e basso impatto sul territorio: le ambite "5 Vele" premiano i luoghi più virtuosi. Ricognizioni sul territorio o questionari compilati dalle Regioni? L’incrocio dei dati regala sorprese: solo 5 delle 13 località premiate con le "5 Vele" hanno ottenuto anche la "bandiera blu". E la forbice si allarga, se si considerano le spiagge e i Comuni a cui di "Vele" ne sono state assegnate 4. Obiezione: un’organizzazione come la FEE ha sede in Danimarca, non possiede laboratori per le analisi e deve fidarsi" delle indicazioni delle Regioni. "Noi abbiamo sempre contestato l’approccio della FEE", afferma Sebastiano Venneri, responsabile mare di Legambiente: "Secondo noi usa infatti degli indicatori che poco rappresentano la qualità di un territorio". Per Venneri, i parametri FEE fanno più attenzione "ad una presunta qualità dei servizi" che ad effettive misure di tutela del territorio. Fonte e news integrale su IlFattoQuotidiano. Vedere anche articolo: Mare sporco? Puliamolo con una bandiera blu.
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MORTO GEORGE IL SOLITARIO, ULTIMO ESEMPLARE DELLA SOTTOSPECIE Chelonoidis nigra abingdoni
Alla fine, Lonesome George è morto scapolo, a cent’anni. Se ne va per cause ancora da chiarire, l’ultimo esemplare maschio della specie Chelonoidis nigra spp abingdoni.
La specie si riteneva estinta finché, il primo dicembre 1971, non fu trovato George, ad opera del malacologo József Vágvölgyi. In poco tempo era diventato una delle icone più famose degli ambientalisti. Gli scienziati non si erano mai dati per vinti riguardo all’estinzione di questa specie. Tentare di trovargli degli eredi era diventato un simbolo della lotta per la salvaguardia della biodiversità sull’isola. Nel 1993 si era anche cercato di farlo accoppiare con due testuggini appartenenti ad una diversa sottospecie. Ma l’attesa si è sempre rivelata vana.
Adesso la scomparsa di Gorge el solitario avrà probabilmente un impatto anche sull’economia locale; l'esemplare attirava ogni anno migliaia di turisti: oltre 180 mila solo nel 2011. Ora il Parco Nazionale delle Galàpagos sta valutando l’opportunità di imbalsamare il corpo di George, in modo che possa comunque essere visto dai turisti. Un portavoce del Parco ha spiegato che si farà un esame necroscopico sul cadavere della testuggine, per capire quale sia la causa esatta della sua morte.
Fonte: Corriere.it [modificato]. Vedere anche Wikipedia.
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UE: PRIMO VOTO SULLA RIFORMA PCP
Lottare contro la pesca illegale e i rigetti del pescato in mare; assicurare una migliore informazione ai consumatori, rafforzare e meglio equipaggiare le organizzazioni dei pescatori europei, per meglio promuovere una pesca sostenibile. Ma anche ridurre gli interventi sul mercato ad un unico aiuto allo stoccaggio. Sono queste le richieste votate a grande maggioranza oggi a Bruxelles (24 voti a favore e uno contrario) dalla Commissione Pesca del Parlamento Europeo sul primo regolamento del 'pacchetto' di riforma della futura politica comune della pesca.
Si tratta della prima tappa delle decisioni legislative in favore di una pesca sostenibile, ha detto il relatore, il conservatore britannico Struan Stevenson. Nel testo, tra le novità, c'è la richiesta di accordare un finanziamento ''corretto'' alle organizzazioni di produttori e alle loro associazioni per incentivare la creazione di organismi transregionali, ma anche ''per controbilanciare il potere dei dettaglianti'' nella filiera alimentare. Si chiede poi alla Commissione UE di fornire loro dei fondi per potersi dotare di strumenti tali da meglio coordinare le attività di pesca e trasformazione. Quanto al divieto di rigetti in mare, che propone la Commissione UE, i deputati ritengono che il pescato sbarcato in porto non commercializzabile, si possa destinarlo all'industria di trasformazione (oli e mangimi), rimborsando il pescatore per l'ammontare equivalente di quelle catture. In favore dei consumatori i deputati propongono anche che sull'etichetta appaia la menzione ''pesce scongelato'', mentre chiedono all'Esecutivo UE di proporre entro gennaio 2015 un nuovo sistema di eco-etichettatura per i prodotti della pesca. Il voto del Parlamento Europeo in plenaria è in programma a settembre, a Strasburgo. Fonte: Federcopesca.
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RICCIONE, INDAGINE SULLA MORTE DI MARY G.
Una guerra (quasi) in casa quella che si palesa in merito alla morte di Mary G. la femmina di grampo deceduta nel delfinario di Oltremare (RN), lo scorso maggio. Morte sopraggiunta appena pochi giorni dopo che lo stesso delfinario smentì ogni possibilità che il grampo potesse essere incorso in problemi di salute. Stante quanto circolato negli organi di informazione, la Fondazione Cetacea avrebbe prodotto del materiale che potrebbe avvalorare l’ipotesi che la delfina era malata da qualche giorno. Addirittura, sembrerebbe essere stato riferito, costretta ad esibirsi in uno stato non ottimale. La Procura della Repubblica di Rimini avrebbe aperto un’indagine affidata al Corpo Forestale dello Stato. Al vaglio tutte le ipotesi sia colpose (che nel caso escluderebbero, grazie alla strampalata legge 189/04, il reato di maltrattamento di animali) che dolose. Di fondamentale importanza saranno i risultati degli esami autoptici, affidati (come nel caso di altri delfini morti nei delfinari) all’Istituto Zooprofilattico di Padova. La Fondazione Cetacea era in realtà molto vicina alla vecchia gestione del delfinario, poi trasferita ad un nuovo proprietario. Già nel passato si trovò nella singolare posizione di dovere smentire ipotesi di malesseri ai danni di Mary G. Fonte: GeaPress.
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MANTA NEL PORTO DI SAVONA
Nel Mediterraneo è già infrequente, figuriamoci dentro un porto. Eppure la manta era proprio lì, nel porto di Savona. A comunicarlo è la Capitaneria di Porto che già nel recente passato ha informato di altri avvistamenti insoliti, tra i quali quelli di balene in un caso, purtroppo, decedute tra le navi del porto. La grossa manta ha girovagato per parecchie ore tra le banchine del porto, suscitando curiosità ed apprensione tre le molte persone che l’hanno osservata. Allertata la Capitaneria di Porto ed anche l’unità navale dei Carabinieri, la manta non sembrava essere affetta da particolari problemi, tanto che i biologi della Fondazione CIMA (Centro Internazionale Monitoraggio Ambientale) hanno consigliato di lasciare procedere l’animale secondo le proprie intenzioni. Un ospite inaspettato ma che premia le aspettative di una protezione più estesa del santuario dei cetacei, anche se la manta, a parte l’alimentazione che ha in comune con alcune specie di cetacei, non ha nulla di simile con loro. È un pesce, innanzi tutto, molto vicino agli squali. Come loro, infatti, ha uno scheletro cartilagineo e non osseo. Vedendola placida muoversi in acqua, sembra quasi che voli. Molto pacifica, si nutre esclusivamente di zooplancton ed altri piccoli organismi marini. Forse un segnale dei tempi. Le mante, infatti, sono tipiche dei mari caldi. Fonte: GeaPress.

20 GIUGNO

STRATEGIA VINCENTE NON SI CAMBIA
Da due sacchi dell'inchiostro risalenti ad oltre 160 milioni di anni fa, un'interessante scoperta: l'inchiostro dei cefalopodi non si sarebbe modificato nella sua struttura biochimica dal Giurassico ad oggi.
Un gruppo di ricercatori ha infatti rinvenuto in un giacimento fossile, due sacchetti d'inchiostro, appartenenti a cefalopodi giganti giurassici ed estremamente ben conservati, uno dei quali assolutamente intatto. Grazie a sofisticate procedure di pulizia e analisi, il loro contenuto di melanina, un pigmento biologico estremamente diffuso tra le forme viventi e molto resistente alla degradazione, è stato esaminato dal punto di vista chimico e la struttura confrontata con quella della seppia comune (Sepia officinalis). Dai risultati, pubblicati su PNAS, emerge un'evidente similarità tra le melanine degli inchiostri delle due specie, ad indicare un bassissimo livello di evoluzione di questa struttura nei cefalopodi.
È probabile che in questa classe di molluschi l'inchiostro abbia ricoperto sempre un simile ruolo di elusione dei predatori, e che il sistema fosse molto efficace fin dalla sua origine. In questo contesto, l'inchiostro si è mantenuto molto simile nel corso del tempo e non ha dunque subito sostanziali modificazioni dall'azione della selezione naturale, che si è limitata a stabilizzarne una strattura già esistente. Fonte: Pikaia, a cura di Andrea Romano

19 GIUGNO

ALL'INIZIO (DEI PESCI OSSEI) FU LO SQUALO
L'antenato comune di tutti i vertebrati gnatostomi, ossia dotati di mascelle, somigliava molto a uno squalo. Lo ha stabilito uno studio condotto sulla scatola cranica di un pesce fossile risalente a 290 milioni di anni fa che aveva a lungo lasciato perplessi i paleontologi.
Come è illustrato in un articolo pubblicato su Nature, i ricercatori, diretti da Michael Coates dell’Università di Chicago, hanno condotto una serie di analisi sul cranio di Acanthodes bronni, un pesce dal Paleozoico, che getta nuova luce sul processo che ha separato i primi squali dai pesci ossei: "Inaspettatamente, Acanthodes fornisce la migliore prospettiva sullo stato dell'ultimo antenato comune a pesci ossei e squali. Il nostro lavoro - ha dichiarato Michael Coates - suggerisce che i primi pesci ossei somigliavano agli squali, e non viceversa", ovvero che cambiamenti rilevanti nella struttura del cranio dei vertebrati si sono verificati non solo prima della comparsa delle mascelle, ma anche dopo.
Il gruppo degli gnatostomi comprende decine di migliaia di specie di vertebrati viventi, che vanno dai pesci agli uccelli, dai rettili ai mammiferi. Il gruppo dei pesci cartilaginei, che oggi includono squali e razze, si è separato da quello dei pesci ossei più di 420 milioni di anni fa. Ma poco si sa su quale sia stato e che aspetto avesse l'ultimo antenato comune di esseri umani e grandi squali bianchi. Nel loro studio i ricercatori hanno realizzato un modello in lattice dell’interno e dell’esterno del cranio di Acanthodes che ha permesso di ottenere dati preziosi sulla sua struttura, rappresentando una "fonte particolarmente ricca di informazioni anatomiche; molto più di denti o pinne che, da sole, tendono a fornire un indicazioni discordanti sulle relazioni evolutive".
L'analisi del campione combinata con scansioni tomografiche di crani provenienti da antichi squali e pesci ossei ha mostrato una forte somiglianza con gli antichi squali, ma un'analisi più vasta - condotta sui reperti prendendo in considerazione oltre 100 caratteristiche morfologiche - ha indicato che alcune specie di Acanthodes mostrano una più stretta affinità con gli squali, mentre altre esibiscono caratteristiche proprie dei primi pesci ossei.
Questo risultato, osservano i ricercatori, spiega perché per lungo tempo ci sia stata una certa confusione in merito alla collocazione di questo gruppo nella storia evolutiva dei vertebrati.
Inoltre, l'analisi ha dimostrato che tutti questi primi membri del gruppo dei moderni gnatostomi sono nettamente separati da quelli che, almeno fino a oggi, sembrano essere i vertebrati con mascelle più primitivi, gli estinti placodermi: "Sembra che ci sia una distinzione fondamentale tra i placodermi e tutti gli altri vertebrati con mascelle", ha detto John Finarelli, che ha partecipato allo studio. Fonte: LeScienze.
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TESTATE..AMOROSE
Che le dispute tra maschi possano finire a testate non è una novità: mufloni e cervi, e a volte anche gli umani, risolvono così le rivalità in amore. Era ignoto invece che questo comportamento fosse in uso anche tra i pesci della barriera corallina. Lo ignoravano anche i biologi marini del National Marine Fisheries Service di Beaufrot (Carolina del Nord) impegnati a osservare il comportamento sessuale dei giganteschi pesci pappagallo (Bolbometopon muricatum) che popolano i fondali dell’atollo di Wake nell’Oceano Pacifico.
La prima volta che, nel corso di un’immersione, vennero sorpresi dal forte rumore di uno schianto, a tutto pensarono tranne che a ciò che i loro occhi avrebbero visto (e le telecamere filmato), undici giorni più tardi: un pesce di sesso maschile tentava sfacciatamente di invadere il raggio di azione di un altro maschio in vena di conquiste. Finendo per essere preso violentemente a testate. Il messaggio, consegnato da un bestione di 75 chilogrammi e un metro e mezza di lunghezza al suo simile, è chiarissimo: gioca a fare il seduttore da un’altra parte. Quando in ballo c’è il principale obiettivo di ogni maschio, ossia assicurarsi una partner con cui riprodursi, tutti i mezzi sono leciti.
Gli scienziati che hanno assistito stupiti al singolare duello possono spiegarsi adesso la presenza di quel corno osseo sulla fronte dei pesci. E, dalle pagine di PLoS ONE, affermano senza alcun dubbio che non si tratta di uno strumento con cui demolire la barriera corallina per cercarvi del cibo, come creduto finora, ma una vera e propria arma per dissuadere concorrenti troppo invadenti.
Ora tutto torna. Difficile infatti credere che i molossi del Pacifico, capaci di divorare cinque tonnellate di barriera in un anno, non fossero mai stati visti farsi strada a cornate tra i coralli. Più semplice invece spiegarsi come mai le sonore capocciate siano sfuggite ai ricercatori fino a oggi: "È risaputo che i pesci pappagallo sono particolarmente diffidenti, ma in una zona in cui non c’è attività di pesca e la popolazione cresce con una densità naturale noi abbiamo potuto assistere a questo comportamento che altrimenti non si riuscirebbe a vedere", commenta Roldan Muñoz, uno dei biologi autori della scoperta. Fonte: GalileoNet.it.
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TONNO ROSSO, MODIFICATO IL REGOLAMENTO EU 2009
L'Ue, con una pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea di sabato, modifica il regolamento del 2009 sul piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo, per adeguarsi alla decisione presa dalla Commissione Internazionale per la Conservazione dei Tonnidi dell'Atlantico (Iccat). L'Iccat, ha adottato due raccomandazione volte a istituire un nuovo piano di ricostituzione per il tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo, in sostituzione del precedente piano di ricostituzione. Al fine di ricostituire lo stock, nella riunione del 2010 l'Iccat - attraverso la raccomandazione 10-04 - ha previsto un'ulteriore riduzione del totale ammissibile di catture, il rafforzamento delle misure intese a ridurre la capacità di pesca e il potenziamento delle misure di controllo (in particolare per quanto concerne le operazioni di trasferimento e ingabbiamento) e ha previsto per il 2012, ulteriori pareri del comitato permanente della ricerca e delle statistiche (Scrs) sull'individuazione di zone di riproduzione e sulla creazione di santuari. Fonte e news integrale su GreenReport.

18 GIUGNO

CARNE DI BALENA, INVENDUTO IL 75% DELLE SCORTE
Ammonterebbe a ben 75% il totale della carne di balena invenduta e relativa alla stagione di caccia 2011. Nonostante le recenti aste organizzate dalla autorità giapponesi, la carne dei cetacei rimane bloccata da quello che parrebbe definirsi come uno degli effetti del boicottaggio internazionale esistente su tale prodotto. Le ditte produttrici, infatti, avrebbero paura di finire nel mirino delle proteste di chi, le balene, le vuole libere nei mari del mondo. Si tratta in totale di quasi 900 tonnellate di carne ottenuta con l’escamotage della ricerca scientifica, ma di fatto facenti parte della cultura culinaria nipponica. La carne è quella delle balene cacciate nel pacifico nord occidentale dove, forse, potrebbe avere influito la paura radioattività a seguito del disastro nucleare di Fukushima. Un crollo così, ad ogni modo, non era mai avvenuto. Nonostante le aste andate a vuoto si ripetono ormai da novembre, lo scorso maggio, sempre per la campagna di pesca nel pacifico nord occidentale, le navi baleniere sono salpate dai porti giapponesi. Intanto da pochi giorni, a Panama City, sono iniziate le riunioni del sessantaquattresimo meeting della Commissione Baleniera Internazionale. Le polemiche sulla campagna acquisti dei delegati giapponesi, ovvero l’accaparramento dei voti dei rappresentanti di Stati non interessati al fenomeno, non si sono mai sopite fin dalla fine della riunione dello scorso anno. Fonte: GeaPress.

16 GIUGNO

Escherichia coli NELLE VONGOLE E MERCURIO NELLE VERDESCHE
Nella settimana n°22 del 2012 le segnalazioni diffuse dal Sistema Rapido di Allerta Europeo per Alimenti e Mangimi sono state 57 (8 quelle inviate dal Ministero della Salute italiano). L'elenco comprende 2 allerta, la prima per un elevato numero di Escherichia coli in vongole refrigerate provenienti dalla Turchia, la seconda per eccesso di mercurio in verdesca surgelata proveniente dalla Spagna. Fonte e news integrale su IlFattoAlimentare.
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TONNO ROSSO, ALTRI SEQUESTRI
Sequestrati dalla Guardia Costiera di Bari oltre mille esemplari di tonno rosso per un peso complessivo di oltre 20 tonnellate di prodotto, tutti rivelatisi al di sotto della taglia minima (30 chilogrammi di peso o 115 centimetri di lunghezza) prevista dalla pertinente normativa comunitaria (Regolamento UE 302 del 2009). Gli esemplari allo stadio giovanile, sono stati pescati in dispregio delle vigenti norme comunitarie che prevedono un rigoroso contingentamento delle catture. Fonte: Eurofishmarket.

15 GIUGNO

BANDIERE BLU, DATI CONTRADDITTORI....FORSE CAMBIA QUALCOSA?
Il mare italiano è sempre più blu. Lo sostiene, pubblicando i dati del ministero della Salute, il Corriere della Sera di ieri che evidenzia come, rispetto al 2010, i lidi promossi sono aumentati del 7.3%. Ma la cosa interessante, dal nostro punto di vista, non è solo questa bensì che la collega del quotidiano più letto in Italia sottolinea, confrontando quanto emerge dall'operazione "bagno sicuro" del ministero con la classifica dell'Fee, "Occorre notare come parte delle conclusioni sulla salubrità delle acque siano in contraddizione". Dando la parola a Silvano Focardi, docente di Ecologia all'Università di Siena questi afferma infatti che "Nella classifica blu Basilicata, Sicilia e Sardegna sono relegate agli ultimi posti e invece spiccano Abruzzo e Campania. Qualcosa non torna". Il nodo è che questi dati del Ministero della Salute "si riferiscono alle analisi sui campioni di acque prelevate in 5 mila punti frequentati dai bagnanti (...)" e sono stati valutati "due parametri microbiologici importanti per la salute. La presenza di due batteri noti come causa di gastroenteriti, escherichia coli e enterococchi, sinonimi di inquinamento. Se i valori superano i paletti fissati da una direttiva europea significa che mancano depuratori adeguati".
Mentre per l'altra classifica sono "I singoli Comuni che rispondono a un questionario". Tant'è che ci sono comuni senza il depuratore che invece hanno ricevuto e fanno sventolare tranquillamente, dopo averla persino festeggiata, la bandiera blu... Con questo non vogliamo dire che tutte le amministrazioni si comportino così, tuttavia abbiamo riportato quanto successo solo pochi giorni fa la presa di posizione dei gestori di due stabilimenti balneari toscani -  Mamma Licia e Tridente, localizzati sulla spiaggia della Feniglia nel comune di Monte Argentario - che in contrasto con l'amministrazione, che vorrebbe esibire la bandiera blu, sostenendo che il riconoscimento è stato ottenuto con qualche omissione se non addirittura con l'inganno.
Non solo, all'Isola d'Elba è noto il caso del Comune di Marciana Marina che da anni riceve la bandiera blu per un approdo turistico inesistente (l'amministrazione non ha ancora nemmeno il Piano del Porto), all'interno di un'area portuale dove da anni Goletta Verde segnala la presenza di troppo pieni fognari e la presenza di  Escherichia coli e enterococchi ben oltre i limiti. Insomma, persino l'ex ministro Prestigiacomo si accorse che qualcosa non andava e dunque ora servirebbe che alla Fee si accorgessero che, almeno per l'Italia, c'è bisogno come minimo di più controlli. Fonte: GreenReport. Vedi anche Mare sporco...puliamolo con una bandiera blu.

13 GIUGNO

FORESTE DI FITOPLANCTON SOTTO IL GHIACCIO ARTICO
Chi studia biologia sa che la materia riserva colpi di scena niente male. Per esempio, nessuno scienziato si sarebbe aspettato di trovare una zuppa brulicante di vita sotto il ghiaccio artico. Però la zuppa, incredibilmente, c'è. E il suo volume è enorme: a nord dell'Alaska ci sono fioriture di fitoplancton (soprattutto diatomee) che si estendono per oltre 100 chilometri e raggiungono i 70 metri di profondità. Per fare un paragone, è un po' come trovare un'immensa foresta pluviale nel bel mezzo di un deserto.
I primi ad essere sbalorditi sono i protagonisti stessi della scoperta, autori di un articolo pubblicato su Science e parte dello staff scientifico del progetto Icescape (Impacts of Climate on EcoSystems and Chemistry of the Arctic Pacific Environment) della Nasa.
Guidati da Kevin Arrigo della Stanford University (California), i ricercatori hanno eseguito dei prelievi direttamente nel Mare dei Ciukci (un pezzo di Oceano Artico, tra la Siberia e l'Alaska) lo scorso luglio (qui le immagini della missione), per verificare ciò che le immagini da satellite lasciavano intuire. I risultati delle misurazioni non solo confermano che sotto il ghiaccio artico brulica il fitoplancton, ma che qui i piccoli organismi fotosintetici – fondamentali nella rete alimentare e prima fonte di ossigeno della nostra atmosfera – si trovano in concentrazione maggiore che in qualsiasi altro luogo osservato dal team (se si escludono le acque che risultano fertilizzate per cause antropiche, come il Golfo del Messico o il Mar Baltico).
"Se qualcuno me lo avesse chiesto prima della spedizione, gli avrei risposto che trovare del fitoplancton sotto quel ghiaccio era impossibile", ha confessato Arrigo. Con il senno del poi, però, i ricercatori hanno compreso il fenomeno.
Prima di tutto, le acque poco profonde dell'Artico sono ricche di nutrienti, come l'azoto; secondo, il ghiaccio è molto più sottile di qualche anno fa: a metà degli anni '80, il 75% del ghiaccio artico era spesso circa 3 metri, ma dal 2001 a oggi, lo spessore è diminuito del 45%. Attualmente, il ghiaccio che si forma in un anno è spesso appena un metro e spesso accoglie pozzanghere (melt pond). Questo ha una conseguenza importante: le lastre sembrano infatti agire come una lente che amplifica e filtra la luce solare: lasciano passare le radiazioni utili, schermando i dannosi raggi UV. Insomma, negli ultimi 25 anni, sotto i ghiacci dell'Alaska si sarebbe creato l'habitat perfetto per il fitoplancton. La prova è nei dati raccolti da Arrigo e colleghi: qui gli organismi raddoppiano in numero più di una volta al giorno, mentre in mare aperto lo stesso aumento si verifica ogni due-tre giorni.
Questo significa che le fioriture osservate nelle acque aperte dell'Oceano Artico potrebbero rappresentare il momento finale della proliferazione e non quello iniziale. E, soprattutto, che la quantità di fitoplancton potrebbe essere dieci volte maggiore di quella stimata finora. Un'informazione fondamentale per comprendere tutto l'ecosistema: dalle migrazioni dei grandi animali come i cetacei al ciclo del carbonio negli oceani. Fonte: GalileoNet.
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CERTIFICAZIONE IDROELETTRICA CH2OICE (Certification for HydrO: Improving Clean Energy)
Si assiste da qualche anno ormai, alla promozione insistente dell'idroelettrico come sistema sostenibile di produzione di energia da fonti rinnovabili. Sappiamo bene che il numero di centraline è in ascesa esponenziale da nord a sud nella penisola, specialmente sui piccoli torrenti dell'area alpina ed appenninica. Ovunque ci sia un salto d'acqua, anche minimo, con alta probabilità c'è già un progetto presentato o ce ne sarà uno a breve.
Questo accade principalmente per un motivo, il grande giro di denaro che ruota intorno agli incentivi e al mercato dei cosiddetti certificati verdi. Abbiamo già spiegato cosa sia un certificato verde ma ripetere e ripassare la lezioncina non fa mai male.
Un certificato verde è una certificazione attestante l'energia prodotta in un determinato anno da un produttore di energia da fonti rinnovabili. Nel nostro caso da fonte idroelettrica. Un certificato verde corrisponde alla produzione di 1 MWh di energia e può essere 'acquistato' e 'speso' per adeguarsi all'obbligo, per i produttori ed importatori di energia da fonti fossili, di immissione nel sistema elettrico di energia da fonti rinnovabili. Un certificato verde ha validità 3 anni, può cioè essere speso nell'anno di acquisto o nei successivi due. Testo integrale su Alleanza Pescatori Ricreativa.

12 GIUGNO

IL SEGRETO DELLE MANTE
In effetti amo essere contraddetta. Meno di un mese fa, avevo sottolineato come la manta sia, tra le grandi specie marine, una delle meno conosciute. E a pochi giorni di distanza, ora mi ritrovo tra le mani un nuovo studio che fa luce sulla gravidanza nella manta della barriera corallina (Manta alfredi), che tristemente si accompagna alla manta gigante (Manta birostris), nello status di '‘specie vulnerabile' secondo la IUCN.
L’argomento è intrigante: a differenza di altri vertebrati vivipari come i mammiferi (ma anche alcuni squali carcarinidi), infatti, le mante non presentano placenta nè cordone ombelicale. Non avendo un collegamento diretto con la madre era lecito dedurre che il feto assumesse l’ossigeno e i nutrienti in qualche altro modo, ma a oggi non si sapeva come.
A svelare l’arcano sono stati i ricercatori dell’Aquario Okinawa Churaumi che, dopo aver catturato una manta incinta lungo la costa delle isole giapponesi di Okinawa, hanno monitorato la gravidanza attraverso l’uso di ultrasuoni, in maniera cioè molto simile a quanto avviene per le future mamme umane.
Durante le ecografie si sono accorti che il feto apriva e chiudeva la bocca ritmicamente, secondo un processo simile a quello messo in atto da rane e rospi quando espandono la propria gola per aspirare l’aria. Solo che in questo caso – secondo il presente studio – la piccola manta 'respirava' attraverso il fluido fetale prodotto dalla madre a livello uterino, che contemporaneamente le forniva i nutrienti necessari per la crescita durante la gestazione.
A detta dei ricercatori un comportamento simile è presente in specie affini ovipare, nelle quali l’ossigeno viene assunto dall’acqua marina attivamente richiamata all’interno dell’uovo.
Dopo la nascita il sistema respiratorio delle mante si modifica passando dalla suzione boccale alla ventilazione a livello branchiale. Ciò avverrebbe in un paio di giorni.
Per dovere di cronaca: il piccolo (o la piccola, a dir il vero questo l’articolo non lo scrive!) è nato nell’Aquario Okinawa Churaumi nel 2009 dopo una gestazione di un anno. Si tratta della secondo parto mai ottenuto in cattività. Il primo era avvenuto nel 2007 ed è (abbastanza) visibile qui. Fonte: OggiScienza.
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CICLIDI: UNA SPECIE, MILLE SPECIE
La probabilità di diversificazione delle specie, o di "radiazione adattativa", dipende da una combinazione di fattori ambientali e di selezione sessuale le cui relazioni sono state chiarite da uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Berna, pubblicato su Nature, che ha preso in esame un ampio gruppo di specie ittiche che vivono nei laghi africani. Le ragioni per cui alcuni gruppi di specie si diversificano in poche migliaia di anni fino al punto di formare una grande varietà di nuove specie, mentre altri rimangono sostanzialmente immutati per milioni di anni, è una delle questioni chiave per i biologi che studiano la nascita e il declino della biodiversità. È noto che la speciazione è influenzata sia da fattori ambientali (come la diversità di habitat e il clima) sia da caratteristiche specie-specifiche (come i modelli di comportamento, o colorazione). Tuttavia, poco si sa sull’interazione di questi diferenti fattori.
I Ciclidi africani, sono particolarmente adatti a questo tipo di studio per la ricchezza di specie che li contraddistingue e che si è sviluppata nel corso del tempo, da un piccolo numero di specie originarie dei grandi laghi africani. Nei soli laghi Vittoria e Malawi, si contano oltre 800 specie endemiche.
Secondo lo studio, è più probabile che la diversificazione si verifichi nei laghi profondi e nelle zone con una radiazione solare relativamente elevata. Sorprendentemente, e a differenza di quanto sembra valere almeno in parte per le specie terrestri, le dimensioni del lago non hanno invece praticamente alcuna influenza sulla probabilità di speciazione. Tra le caratteristiche specie-specifiche si è rivelato essere un fattore chiave l'intensità della selezione sessuale (scelta del compagno), come è indicato dalla associazione tra la diversificazione e la presenza una colorazione distintiva di maschi e femmine (dicromatismo sessuale). Quando i fattori ecologici rilevanti concordano con la selezione sessuale, è molto più probabile che si verifichi la divergenza delle specie. Il processo di speciazione è quindi, in una certa misura prevedibile.
Allo stesso tempo, osservano i ricercatori, questi risultati permettono anche di prevedere l’impatto negativo delle attività umane sulla biodiversità: così, se lo spessore della zona abitabile da parte dei pesci viene alterata a causa dell’inquinamento o per l'abbassamento del livello delle acque, si può prevedere che la diversità delle specie esistenti diminuirà. Fonte: LeScienze.
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ERA FERITO LO SQUALO CHE HA MORSICATO UN RICERCATORE
La verdesca di circa due metri che ieri, prima di morire, ha morsicato un ricercatore che lo stava soccorrendo, era molto probabilmente ferito. Di questo ne sono convinti all’Area Marina Protetta di Villasimìus, nei pressi della quale è avvenuto l’incidente.
Un grosso amo o un palamito, potrebbe aver ferito l’animale quando è stato rinvenuto, semisommerso nei pressi della riva di Castiadias, in provincia di Cagliari.
Il caso ha voluto che nei pressi si trovasse Giorgio Zara, un collaboratore della Rete Regionale di conservazione della Fauna Marina. Un’istituzione alla quale partecipano due parchi nazionali e cinque aree marine protette e che ha tra i suoi compiti il monitoraggio e la salvaguardia delle coste sarde e della biodiversità marina. L’animale ha avuto, quindi, come un sussulto afferrando ad una tibia il ricercatore, subito soccorso. Ne avrà per venti giorni.
Giorgio Zara, è comunque riuscito a provocare la reimmersione dell’animale che in qualche maniera ha riguadagnato il largo. Circa due ore dopo, però, è stato rinvenuto poco più a nord. A ritrovarlo la Guardia Costiera ed il Corpo Forestale della Regione Sardegna. Questa volta l’animale era completamente spiaggiato e privo di vita. Il timore dei ricercatori è che ora si possa gridare al terrore squalo. "In realtà – riferisce a GeaPress il dott. Bruno Paliaga, Direttore dell’Area Marina Protetta di Villasimius – è proprio lo squalo ad avere bisogno di protezione". La verdesca, infatti, è una delle specie di squalo a rischio estinzione. Le tecniche di pesca sempre più invadenti, oltre che le vecchie abitudini alimentari, ne hanno falcidiato le popolazioni. Nei contatti uomo-verdesca, chi ne è uscito perdente è sempre la seconda.
Una curiosità. I maschi delle verdesche, un tempo molto comuni in tutto il Mediterraneo e in particolare nel mar Adriatico, usano mordere violentemente la loro compagna durante gli accoppiamenti. Per questo, le femmine hanno la pelle del dorso spessa fino a tre volte quella delle altre parti del corpo. Fonte: GeaPress.
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INGHILTERRA: PROGETTO PER RIDURRE L'IMPATTO DEGLI ORMONI ANTICONCEZIONALI SULLE ACQUE
La notizia non è nuova, seppur non condivisa da tutti. Secondo i ricercatori della Brunel University, l'eccessiva presenza degli ormoni anticoncezionali nelle acque di scarico, determinerebbe alterazioni sessuali in molte specie di pesci. Più precisamente, si ha a che fare con un fenomeno detto 'intersessualità', ovvero la presenza contemporanea di gonadi femminili e maschili nei pesci. La casistica è ampia. Molti casi sono stati infatti registrati nel Tamigi, nel Reno, nel Danubio, nella Senna e anche nel Po. In Italia, la prima segnalazione arrivò dal fiume Lambro, nel 2000. Secondo uno studio del CNR, i sedimenti del Lambro presentano forte attività estrogenica e antiandrogenica.
Dunque in Inghilterra, si sta mettendo a punto un progetto da 30 miliardi di sterline per 'ripulire' le acque di tutti i fiumi contaminati, che, si suggerisce, dovrebbe essere a carico delle case farmaceutiche che, ce lo aspettiamo, non saranno proprio d'accordo. Fonte: The Guardian.
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FIUME CANTERA, DISPERSI 400 MILA LITRI DI IDROCARBURI
L'otto giugno, l’Assessore all’Ambiente del comune di Augusta , Michele Accolla, avvisato con grande ritardo solo nella tarda mattinata di venerdì, dop 24 ore dalla scoperta della perdita, ha effettuato un sopralluogo con alcuni componenti dell’ufficio ambiente del comando di Polizia Municipale. "Abbiamo potuto appurare che si è trattato di un episodio grave, gli esperti hanno calcolato che sono circa 400 tonnellate di idrocarburi. Risulterebbe contaminato il terreno circostante per uno strato di circa 20 centimetri , così anche il corso d’acqua. Nei prossimi giorni - ha affermato Accolla - il comune chiederà ufficialmente alle società petrolifere uno screening e la messa in sicurezza di tutte le condotte che attraversano il territorio di nostra competenza". Fonte: EcoBlog.

09 GIUGNO

FRIEND OF THE SEA CI RIPROVA....
Friend of the Sea (FOS) è un'associazione non profit internazionale, con sede in Italia, che svolge attività di certificazione per i prodotti da pesca ed acquacoltura sostenibile.
"Auspichiamo che il consumatore si affidi sempre più alla certificazione Friend of the Sea al momento dell'acquisto - ha dichiarato Bray- le aziende produttrici italiane ed estere sarebbero a maggior ragione più attente nel selezionare i fornitori in base alle garanzie di sostenibilità e i cittadini contribuirebbero attivamente a salvaguardare l'ambiente marino".
Per quanto riguarda i principali requisiti di certificazione, per i prodotti da acquacoltura vengono indagati: la qualità delle acque; viene accertato il non utilizzo di Ogm ed ormoni della crescita; viene valutata la gestione dei rifiuti e l'impatto dei mangimi. L'auditor analizza inoltre l'impatto del sito produttivo sugli habitat critici (mangrovie, zone umide, ecc). Invece per la certificazione di prodotti della pesca, questi devono provenire da stock/popolazioni non sovrasfruttate (la valutazione si basa su indicazioni della Fao e degli organismi competenti) ed essere pescati con metodi selettivi che comportano basso livello di prese accidentali e di scarti, e inoltre non devono danneggiare il fondale (facile a dirsi, nota di biologiamarina.eu). Le aziende produttrici vengono sottoposte ad audit (da enti di certificazione internazionale indipendenti) anche in termini di responsabilità sociale nei confronti dei propri operatori e dei dipendenti degli impianti di trasformazione e viene valutato anche l'aspetto "efficienza energetica". News integrale su GreenReport.
[nota di biologiamarina.eu: Abbiamo gia parlato di Friend of the Sea e dei limiti delle certificazioni, dopo la pubblicazione di un articolo su Marine Policy, tuttavia sottolineamo l'apertura dell'ente no profit e la sua volontà a migliorarsi, a differenza di un altro ente, Marine of Stewardship Council, che invece continua a trincerarsi dietro il slienzio, dopo la pubblicazione della notizia relativa al fatto che il 30% delle certificazioni riguarda stock sovrasfruttati, dunque le certificazioni dovrebbero - usiamo il condizionale - essere sospese].

08 GIUGNO

OASI DEL SIMETO CEMENTIFICATA?
"L’Oasi del Simeto è un sito d’importanza comunitaria, una zona di protezione speciale dove fanno tappa ogni inverno duecento specie di uccelli di ritorno dai Paesi caldi". Eppure qui realizzeranno un grattacielo di 40 piani a pochi metri dalla foce del fiume. E, se quest’area venisse cementificata, questi animali rischierebbero di sparire non solo dalla Sicilia, ma da tutta l’Europa. A lanciare l’allarme – con un appello arrivato sul tavolo anche della procura della Repubblica di Catania – 15 associazioni ambientaliste con la Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli) in testa. Per il suo presidente provinciale, Giuseppe Rannisi, il progetto per l’urbanizzazione di 600 ettari all’interno della riserva naturale a sud del capoluogo etneo è una vera e propria follia. Previsti due mega alberghi, rispettivamente di 20 e 40 piani, due campi da golf da 18 buche, una beauty farm, un porto turistico da 1200 posti barca, un ippodromo e persino un centro cinofilo.
Costruzioni per un milione di metri cubi, da realizzare in project financing grazie a un Prusst – Programma di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio – dal nome inequivocabile "Le economie del turismo", dal valore di 1.8 miliardi di euro in variante al piano regolatore generale di Catania, datato 1969. In cambio, l’associazione temporanea di imprese che dovrà realizzare l’opera composta da Portnall spa, Oasi del Simeto srl e Studio Petrina srl, si occuperà del recupero delle zone edificate abusivamente all’interno della riserva per un intervento totale di 150 milioni di euro. Sì, perché lo sfregio di questa porzione di territorio non è una novità. Fonte e news integrale su IlFattoQuotidiano.
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IMPORTANTI SEQUESTRI DI TONNO ROSSO
"Frode nell’esercizio del commercio", è questa l'accusa rivolta ad una importante compagnia di Import Export del catanese. La Capitaneria di Porto catanese, coordinata dal Centro Controllo Pesca della Direzione Marittima della Sicilia orientale, ha infatti sequestrato un carico di tonno rosso spacciato per tonno alalunga, per eludere le vigenti normative europee. In precedenza, a Riposto (CT), è stato sequestrato un carico di 88 esemplari di tonno rosso illegale.
Ad Aci Trezza un'altra partita di tonno rosso illegalmente commerciato, è stata sequestrata dalla Capitaneria di Porto catanese.
Questa volta a indirizzare gli Ispettori dell’11° Centro Controllo Area Pesca della Guardia Costiera catanese, è stata una segnalazione telefonica. Al porto di Aci Trezza i militari hanno trovato un motopeschereccio della marineria locale, dove a bordo veniva venduto del tonno rosso.
Ovviamente, le partite di tonno sequestrato, contribuiscono al raggiungimento della quota massima consentita all’Italia. I controlli continueranno anche nelle prossime settimane e si intensificheranno in concomitanza dei periodi di divieto assoluto di cattura ricorrendo all’ausilio di mezzi navali ed aerei. Fonte: GeaPress.
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ESULTANZA DA...PINGUINO
In numerose specie in cui i maschi si affrontano fisicamente per la conquista delle femmine si assiste all'emissione di tipici segnali emessi dai due contendenti una volta terminato l'"incontro". Ma quale funzione hanno questi segnali? Uno studio su Animal Behaviour, condotto sul pinguino minore blu (Eudyptula minor), fornisce le prime risposte a riguardo.
In questa specie, infatti, i maschi si sfidano a duello e al termine dello scontro il vincitore emette un tipico richiamo di trionfo, che viene udito da tutti gli individui che si trovano nelle vicinanze. Un gruppo di biologi ha testato gli effetti comportamentali e a livello di stress di questi segnali, sottoponendo un campione di maschi e femmine a registrazioni di vocalizzazione di maschi vincitori e maschi sconfitti.
Dai risultati emerge come il battito cardiaco dei maschi aumenti considerevolmente in risposta al segnale di trionfo di un vincitore rispetto al richiamo emesso da un maschio sconfitto. Allo stesso modo, i maschi rispondono con un atteggiamento minaccioso al richiamo dello sconfitto molto più frequentemente che a quello del vincitore. Le femmine, invece, non sembrano reagire diversamente alle vocalizzazione di entrambi i maschi.
In una specie coloniale come il pinguino minore blu, in cui gli individi si riproducono fianco a fianco e in cui le contese violente sono frequenti data la stretta vicinanza, i maschi vincitori, potrebbero dunque pubblicizzare le loro vittorie per incrementare la loro 'reputazione' e ridurre i potenziali attacchi da parte di altri maschi. Fonte: Pikaia a cura di Andrea Romano.
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TARANTO, STOP ALLE COZZE
Ci risiamo: i mitili allevati nel primo seno del Mar Piccolo a Taranto sono stati contaminati da diossine e PCB. Lo scorso anno, a luglio si verificò una situazione analoga e l’Asl ne sospese la vendita con grave danno per i miticoltori e l’economia locale. E ora? Venerdì 8 giugno è stato convocato il Tavolo Tecnico a cui prenderanno parte Regione, Asl, Cnr e ministero dell’Ambiente.
Il punto è che non si conosce l’identità degli inquinatori e la domanda che arriva dai miticoltori è: di chi è la responsabilità delle contaminazioni da diossine e PCB? Scrive Alessandra Congedo sul Corriere del Giorno: "Nell’ottobre del 2011 il Servizio Ciclo dei Rifiuti e Bonifica della Regione aveva indicato come fonte primaria le aree gestite dalla Marina militare (Arsenale), in cui la presenza di Pcb è stata accertata nei terreni e nella falda superficiale. La contaminazione, infatti, sarebbe stata veicolata dalla falda superficiale che ha come recapito le sponde del Mar Piccolo a nord di via del Pizzone. Come fonte secondaria, i tecnici della Regione avevano indicato i sedimenti del Mar Piccolo, dove erano state individuate due zone interessate dalla presenza di Pcb: una in corrispondenza dell’Arsenale militare, l’altra a nord del primo seno, a circa 200 metri ad ovest dall’Isola di Punta Penna. Un alone di mistero continua ad avvolgere un’altra possibile fonte primaria, situata nell’area industriale, sulla strada Taranto-Statte, in un’area occupata dalla San Marco Metalmeccanica, dove sarebbe stata accertata la presenza di una cava colmata, nel periodo tra il 1972 e il 1995, anche da materiale contenente Pcb ".
L’unica risposta viene fornita da Nicola Cardellicchio dello IAMC-CNR, Istituto per l’ambiente marino costiero che spiega che per produrre indagini servono fondi dalla Regione. Fonte: EcoBlog.

06 GIUGNO

LE STRATEGIE DEI PAGURI
Come tutti i paguri, anche Coenobita clypeatus, che vive nelle acque attorno alla microscopica isola di Carrie Bow Cay, trascorre buona parte della sua vita protetto da una conchiglia sottratta a qualche altra creatura del mare. Il suo punto debole, un addome molle e delicato, è perfetto per fare presa sulle pareti interne di una conchiglia. Generalmente i paguri sfruttano il guscio di lumache di mare, più raramente utilizzano le conchiglie di bivalvi, o addirittura pietre, bottiglie e frammenti di legno. Ogni oggetto dotato di una cavità è una potenziale risorsa da sfruttare come guscio e il paguro ha trasformato in arte la ricerca di una nuova casa.
Il guscio protettivo, non essendo stato progettato fin dal principio per ospitare un paguro in ogni fase della sua crescita, deve essere sostituito diverse volte nell'arco della vita di questi animali. Per selezionare una conchiglia adatta ad ospitarli, i paguri prendono in considerazione in primo luogo l'integrità della struttura, per poi valutarne le dimensioni.
I paguri di Carrie Bow Cay, invece, sono stati osservati nel 2009 mentre passeggiavano allegramente per il fondale protetti da conchiglie seriamente danneggiate, o troppo piccole per il loro addome. I ricercatori Sara Lewis e Randi Rotjan, della Tufts University, hanno quindi deciso di capire perchè i paguri dell'isola continuino a indossare conchiglie gravemente danneggiate o troppo piccole per la loro stazza. Per comprendere meglio quali siano i criteri di selezione di una conchiglia, i biologi hanno piazzato 20 conchiglie perfettamente intatte sul fondale, in attesa di osservare il comportamento dei paguri.
Come mostra il video pubblicato dai due ricercatori, quando un paguro si imbatte in una di queste conchiglie, inizia immediatamente ad ispezionarla, per poi tentare di insediarvisi. Se la conchiglia è delle dimensioni adatte, il paguro vi entra con l'addome e la utilizza come nuova "casa". Nel caso, invece, che la conchiglia sia troppo grande, il paguro si ferma sul posto per un tempo che varia da 15 minuti a 8 ore, un comportamento insolito reso ancora più curioso dal fatto che i paguri tendono a formare una sorta di "coda d'attesa". Se anche altri paguri considerano la conchiglia troppo grande, si mettono placidamente in attesa, formando una coda, ordinati per dimensioni dal più grande al più piccolo, fino a creare gruppi di oltre 20 esemplari.
La coda d'attesa continua ad allungarsi fino a quando non arriva sul posto un paguro delle dimensioni adatte (un paguro di Goldilocks introdotto dai ricercatori) che si appropria della conchiglia. Non appena il paguro si appropria della conchiglia piazzata dai ricercatori, gli individui che compongono la coda d'attesa iniziano uno scambio sequenziale di conchiglie: il primo paguro della fila si appropria della conchiglia abbandonata dal paguro di Goldilocks, il secondo di quella abbandonata dal primo, e così via fino alla fine della coda. Il cambio di conchiglia avviene molto velocemente, e non è raro che si generino delle contese sulle migliori conchiglie disponibili. E' possibile, quindi, che alcuni dei paguri siano costretti ad accontentarsi di quello che rimane sul campo della contesa, riuscendo ad ottenere soltanto conchiglie in pessimo stato. "I paguri devono davvero pensare e valutare queste risorse, sono decisioni di vita o di morte" spiega Lewis. "Sono interessanti da osservare da questa prospettiva. Hanno un'intelligenza superiore alla media dei crostacei". Lewis ritiene possibile che i paguri possano emettere un segnale chimico in grado di innescare una coda d'attesa, ma saranno necessarie ulteriori ricerche per dimostrare questa possibilità. Fonte e news integrale su DitaDiFulmine.
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L'IKEA DISTRUGGE LE FORESTE E GLI AMBIENTI ACQUATICI DELLA KARELIA - SOTTOSCRIVI LA PETIZIONE -
Un'alleanza di associazioni ambientaliste, capeggiata dall'Ong svedese Protect the Forest, ha lanciato una nuova campagna contro la multinazionale del mobile Ikea che ha ottenuto concessioni per abbattere antiche foreste nella regione russa della Karelia. Secondo le associazioni, la Swedwood, una controllata di Ikea, sta tagliando migliaia di ettari di antiche foreste e distruggendo la loro biodiversità. Il problema è che i 300.000 ettari in concessione alla Swedwood sono certificati dal Forest Stewardship Council (Fsc), il più autorevole certificatore forestale del mondo. In un comunicato rilanciato anche da Mongbay.com, Andrei Laletin di Friends of the Siberian Forests sottolinea: "È molto triste che foreste che ci hanno messo secoli per maturare possano andare perse in pochi giorni. Grazie alla promozione da parte di Ikea del consumo di massa di prodotti del legname a basso costo, l'apprezzamento della gente per il vero valore delle antiche foreste è compromesso e questo minaccia i diritti delle generazioni future di godere i vantaggi del nostro patrimonio forestale".
Secondo gli ambientalisti l'Ikea sta radendo al suolo foreste con alberi di un'età che varia tra i 200 e i 600 anni ed anche Josefin Thorell, una portavoce dell'Ikea, ha ammesso su Mongabay che "L'età media degli alberi abbattuti nella regione è di 160 anni", ma ha aggiunto che "L'età degli alberi tagliati è meno importante della gestione complessiva della concessione. In una gestione responsabile delle foreste si tratta davvero di gestire la foresta in modo da proteggere la biodiversità, piuttosto che concentrarsi sull'età dei singoli alberi. Risparmiamo il 16 - 17% della foresta per preservare i valori di alta conservazione, il che è ben al di sopra dei requisiti di legge, nonché dei requisiti Fsc.
La regione è anche ricca di acqua e ambienti umidi, per cui con l'abbattimento saranno distrutti anche gli ambienti acquatici della regione. News integrale su GreenReport.
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INCHINI DELLE GRANDI NAVI, DEROGHE E MOTIVAZIONI
A quanto pare le Capitanerie di Porto stanno preparando deroghe al "decreto anti-inchini" per le grandi navi che navigano lungo le coste dell'Arcipelago Toscano. In alcune aree salterebbe la distanza prevista dal decreto "anti-inchini" o "salva-rotte", che obbliga lenavi di oltre 500 tonnellate a stare a 2 miglia dalle aree marine protette e dai parchi insulari e costieri. Secondo la stampa locale la Capitaneria di Porto di Livorno, in quanto coordinatrice, ridurrà il limite a 0.7 miglia con una deroga al decreto Clini/Passera emanato dopo molte insistenze della associazioni ambientaliste, dopo il naufragio della Costa Concordia sugli scogli delle Scole, nel Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, all'Isola del Giglio. Le deroghe verrebbero attuate per facilitare la navigazione tra le isole dell'Arcipelago Toscano e per evitare che le navi passino troppo vicine l'una all'altra nei "corridoi" derivanti dall'applicazione del decreto. Nell'ordinanza della Capitaneria di Livorno si legge che la deroga è stata resa necessaria dalla "Eccessiva riduzione del tratto di mare navigabile nel canale di Piombino a fronte di un intenso traffico marittimo correlato tanto al servizio di linea Piombino - Elba, quanto alla navigazione mercantile, tenuto conto dell'ubicazione centrale, rispetto al canale di Piombino, delle isole di Cerboli e di Palmaiola». Due isole che sono Zona A a protezione integrale del Parco Nazionale e Zone di Protezione Speciale secondo la Direttiva Uccelli dell'Unione Europea, ma intorno alle quali non esiste un'area marina protetta. Una deroga sarebbe prevista anche per il canale tra l'Elba e Pianosa dove ci sarebbe, come tra l'Argentario e l'Isola di Giannutri, una riduzione del traffico commerciale che evidentemente si vuole evitare. Fonte e news integrale su GreenReport.
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ITALIA ANCORA BACCHETTATA DALLA UE
Ancora bacchettate sulle dita all'Italia per inadempienza agli obblighi comunitari. La UE ha invitato l'Italia ad adempiere a quanto approvato a Bruxelles. I richiami sono relativi a:

Siamo alle solite. Il nostro Bel Paese approva le direttive in sede comunitaria e le disattende in sede nazionale. Fonte: ADUC.

05 GIUGNO

SUSHI DI TONNO OTTENUTO DA LISCHE, 300 CASI DI SALMONELLOSI NEGLI USA
Negli Stati Uniti, oltre 300 persone sono state vittime di un'epidemia di Salmonella causata da un prodotto alimentare surgelato a base di tonno crudo, proveniente dall'India. La vicenda è interessante, perché si tratta di un preparato ottenuto recuperando dalla carcassa del tonno pezzetti di carne rimasta attaccata alle ossa dopo la sfilettatura, operazione denominata raschiatura, mentre il prodotto finito si definisce in inglese tuna scrape. Si tratta di un sistema simile a quello impiegato, sempre in Usa, per recuperare la carne dalle ossa dei bovini (in Europa è vietato per la vicenda della mucca pazza, e si può effettuare solo sulle carcasse di polli, conigli e maiali).
L'epidemia nei primi cinque mesi del 2012 ha colpito 316 persone (di cui 37 ricoverate in ospedale) in 26 stati americani. Le autorità hanno indicato come causa il Nakaochi Scrape, una poltiglia di tonno prodotta in uno stabilimento indiano di Kochi, nel Kerala, con la raschiatura della carcassa. Questi lotti di pesce, importati congelati dalla ditta Moon Marine USA Corporation, sono stati venduti a ristoranti e supermercati, che li hanno utilizzati per confezionare sushi.
"Questa poltiglia è l’equivalente della carne separata meccanicamente - spiega Valentina Tepedino, veterinaria e direttore di Eurofishmarket, società di consulenza e ricerca nel settore ittico - L'industria utilizza attrezzature che ripuliscono le lische di ogni pezzetto di carne rimasto. In genere, questo prodotto viene utilizzato per confezionare hamburger e salumi di pesce oppure, nel caso di pesci poco pregiati, anche cibo per animali. La cosa importante è che deve essere consumato cotto". Così era scritto sulle confezioni del Nakaochi Scrape, ma in molti Stati americani gli acquirenti hanno pensato di proporlo crudo.
Le condizioni igieniche dello stabilimento di produzione dovrebbero essere perfette per ridurre al minimo la possibilità di contaminazione, ma gli ispettori della Food and Drug Administration americana, inviati in India per un controllo, hanno riscontrato condizioni ben lontane dalla decenza. Basti dire che la linea di produzione del ghiaccio per la conservazione del pesce era priva di qualunque sistema di analisi e di controllo ed esposta a vari contaminanti ambientali, dalla ruggine al passaggio di animali. Fonte e news integrale su IlFattoAlimentare.
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TORNA IN LIBERTÀ SAUMELE, ESEMPLARE DI Caretta caretta
Samuele
, una tartaruga marina di circa 10 anni curata presso il Centro di Recupero Tartarughe Marine di Molfetta, è tornato alla vita libera. Al suo rilascio hanno assistito alcuni alunni della scuola elementare Cesare Battisti di Molfetta, a bordo delle motovedette della Guardia Costiera. Grande l’emozione e la gioia dei piccoli che hanno potuto ammirare da vicino una delle specie più minacciate dei nostri mari. Grande emozione e soddisfazione è stata espressa anche dai volontari del Centro, per il lieto epilogo di un caso assai difficile. La tartaruga, infatti, inizialmente era stata considerata irrecuperabile. Al momento del ritrovamento Samuele, che era rimasto per ben due giorni spiaggiato sulle coste di Savelletri, si presentava in profondo stato di ipotermia. Sono state necessarie continue cure e una lunga riabilitazione da parte degli attivisti del centro molfettese per consentire alla tartaruga di riacquistare condizioni ottimali e poter tornare a nuotare in mare aperto. All’iniziativa, oltre ai ragazzi, ai docenti e ai volontari del Centro di Recupero, è intervenuto anche il C.F. (C.P.) Pierpaolo Pallotti, Comandante in II della Capitaneria di Porto. Proprio gli uomini della Capitaneria di Molfetta, sempre attenti alle tematiche ambientali e disponibili alla collaborazione per la salvaguardia della natura, hanno recentemente recuperato una piccola tartaruga che galleggiava in evidente stato di difficoltà. L’esemplare, che misura soli 25 cm, non riusciva a immergersi, forse a causa di una cattura accidentale con reti a strascico. "Ora sta bene e presto potrà tornare in libertà", ha riferito Pasquale Salvemini, responsabile del Centro di Recupero.
Intanto, proprio nei giorni scorsi, è giunta una tartaruga con un grosso amo nell’esofago. Quest’ultima tartaruga, che misura 60 cm di lunghezza è stata recuperata dalla Capitaneria di Porto di Bari e per l’estrazione dell’amo, sarà operata presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari.
Salvemini ha anche annunciato una grande manifestazione per domenica 24 giugno, organizzata dal Centro Recupero Tartarughe Marine di Molfetta in collaborazione con la Fondazione Amm. Michelagnoli di Taranto. L’iniziativa che vedrà la liberazione di alcune tartarughe, si terrà in località Prima Cala e vedrà la partecipazione di rappresentanze delle forze di polizia oltre che di moltissimi appassionati e curiosi. Fonte: GeaPress.
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AL VIA RICERCA (PSEUDO)SCIENTIFICA SUL CANNOLLICCHIO
"Un deciso passo in avanti per la salvaguardia di una pesca antica e importante da un punto di vista sociale, culturale ed economico come la pesca dei cannolicchi, di fatto messa al bando dalla normativa comunitaria per la pesca nel Mediterraneo". È quanto affermano Agci Agrital e Federcoopesca-Confcooperative in merito al via libera annunciato dalla Direzione Generale della Pesca e dell’Acquacoltura per l’avvio di una campagna di pesca, a fini scientifici, per il cannolicchio. La campagna partirà a giugno nel Tirreno e dopo l’estate in Adriatico e coinvolgerà solo un numero limitato di imbarcazioni. Preso atto dell'impossibilità di giungere in tempi brevi al varo del piano di gestione, che è indispensabile per ottenere l'auspicata deroga alla distanza minima dalla costa prevista dal Reg. 1967/2006 sul Mediterraneo, la pesca scientifica consentirà di acquisire le informazioni considerate necessarie dalla Commissione Europea. "La decisione ministeriale segna così un importante passo in avanti in vista della soluzione di un problema molto grave che ha sin qui di fatto impedito questo tipo di pesca" sottolineano le associazioni che ringraziano l’Amministrazione italiana per l'iniziativa resa possibile anche grazie"All’efficace lavoro che l’Italia sta portando avanti con Bruxelles". Fonte: Federcoopesca [modificato].
[NOTA di BiologiaMarina.eu: la pesca al cannollicchio sottocosta con draghe idrauliche nulla ha a che fare con la 'pesca antica' e ad essa non può essere attribuito nessun valore sociale e culturale. La pesca antica al cannollicchio era praticata usando semplici attrezzi e, nel migliore dei casi, a mani nude, con una manualità che era insegnata sin in tenera età. L'utilizzo di draghe idrauliche, che arano il fondale a profondità maggiori rispetto a quanto accade con la pesca delle vongole, alterano la morfologia dei fondali, distruggono completamente le scarne comunità bentoniche e allontanano, come gia dimostrato, la fauna ittica; dunque auspchiamo che al termine della (pseudo)ricerca che coinvolgerà alcune marinerie del Tirreno e dell'Adriatico, non vengano concessi ulteriori permessi]. Il decreto (DM 28 maggio 2012 autorizzazione pesca ai fini scientifici del cannolicchio -Roma -Gaeta-Napoli) è dispnibile alla pagina dedicata.
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GIORNATA MONDIALE DELL'AMBIENTE, FESTA O COMMEMORAZIONE?
Oggi è il World Environment Day, che quest'anno ha per tema "Green economy, Does it include you?" , ma la festa rischia sempre più di diventare una commemorazione e fare la nostra parte nella green economy diventa sempre più difficile, quando gli indicatori ambientali (e le iniziative politiche) segnano il superamento del livello di allarme. I recenti climate change talks dell'United Nations Framework Convention on Climate Change (Unfccc), tenutisi nella totale indifferenza dei media a Bonn dal 14 al 25 maggio, si sono conclusi con un sostanziale nulla di fatto e anche l'ottimismo di facciata per i lievi progressi su alcune questioni ha lasciato presto il posto ad un più realistico pessimismo, tanto che la stessa segretaria esecutiva dell'Unfccc, Christiana Figueres, ha dovuto ammettere che "i negoziati sul clima stanno procedendo ad un ritmo inaccettabile". Fonte e news integrale su GreenReport.
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SUICIDIO DI MASSA DELLE CORONE DI SPINE
Coral Reefs pubblica l'articolo "Mass stranding of crown-of-thorns starfish", nel quale si prende in esame lo spiaggiamento di massa di stelle marine corona di spine (Acanthaster planci) avvenuto alla fine di gennaio in Giappone, quando furono ritrovati 806 individui di questa specie di echinodermi su un tratto di 300 m di una spiaggia sabbiosa, presso Urasoko Bay, nell'Isola di Ishigaki, nel Giappone meridionale. Altri spiaggiamenti di questo tipo erano osservati due volte nello stesso punto (circa 1.000 individui la prima volta e 300 la seconda). Il diametro delle Cots variava tra i 23,35 e i 3,64 cm e le stelle erano state viste muoversi in massa per 4 o 5 giorni prima sul fondale sabbioso in acque poco profonde, vicino alla spiaggia dove poi si sono arenate in massa "Indicando che si erano attivamente aggregate nella parte più interna della baia, non portate lì dalle correnti dopo la loro morte", dicono i ricercatori della Fisheries Research Agency del Giappone. Fonte e news integrale su GreenReport.

04 GIUGNO

SANREMO, MAXI CONTROLLO SULLA FILIERA DELLA PESCA
Dal mare alla grande distribuzione, fino al commercio al minuto e agli esercizi commerciali del settore della ristorazione. Tutto sotto il mirino dell’Ufficio Circondariale di Sanremo che, coordinato dalla Capitaneria di Porto di Imperia, ha messo in campo, nell’intero mese di maggio, un complesso sistema di controlli nella filiera della pesca. Ad essere rintracciato pure il pesce pangasio, proveniente dal fiume Mekong e l’anguilla secca cinese. Sarebbero stati poi venduti come altro tipo di pesce, ma con un valore di mercato sensibilmente più alto. 103 controlli che hanno riguardato, in una prima fase, la fornitura illegale ad esercizi commerciali compiacenti.
Pesce prelevato da diportisti, ovvero i cosiddetti pescasportivi. Pesce illegale e privo di ogni controllo sanitario. Poi i controlli provenienti dalla pesca professionale, per finire ad un noto esercizio commerciale di Sanremo specializzato nella vendita di prodotti orientali. Quest’ultimo intervento è avvenuto sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Sanremo a seguito dei controlli esercitati dall’Ufficio Circondariale Marittimo della stessa città.
Il reato ipotizzato è quello di frode in commercio. Un primo controllo di circa 40 kg di pesce congelato, si è subito allargato fino a coinvolgere la provincia di Milano. Intervento congiuntamente alla Direzione Marittima di Genova. In tutto quasi diciotto tonnellate. Questo il quantitativo del sequestro che ne è scaturito. Pescato venduto illegalmente attribuendo, secondo la Capitaneria di Porto, nomi di pesci locali a quelli che in realtà erano stato pescati nel sud est asiatico. Il rappresentante legale di una società di import-export, è stato per questo deferito all’Autorità Giudiziaria per violazione dall’articolo 515 del codice penale. Frode nell’esercizio del commercio.
Tutte le partite di pesce sequestrato sono ora sottoposte ad analisi dall’Asl di Milano 1 – Rho, che dovrà ora accertare l’idoneità al consumo umano nonché l’effettiva provenienza oltre che le specie di appartenenza. Tra le specie finora rintracciate, su un totale di 103 controlli, c’è anguilla, squalo, gamberetto, alice, pesce castagna, ombrina, tonno rosso, pangasio, salmone, orata. L’ammontare delle sanzioni amministrative è pari a 4.232 euro, più una notizia di reato per la frode in commercio. Il valore del sequestro è stimato, all’ingrosso, in circa 120.000 euro. Al dettaglio si sarebbe quadruplicato. Fonte: GeaPress.

03 GIUGNO

PER PESCARE IL TONNO SI POSSONO UCCIDERE I DELFINI
Gli USA, condannati anche in appello dalla WTO per avere introdotto l'etichetta Dolphin Safe sul tonno pescato con tecniche che risparmino i delfini dal rischio della mattanza. Non è sempre facile comprendere il significato delle decisioni prese dalla WTO (World Trade Organization) in ambito alimentare. L'imperativo è sempre quello di eliminare gli ostacoli al libero scambio, pure se essi rispondono alle sensibilità dei cittadini e dei Paesi aderenti.
L'Organizazione Mondiale del Commercio è stata istituita nel 1995 con l'obiettivo primario di abolire o ridurre le barriere tariffarie e tecniche al commercio internazionale delle merci e dei servizi. La sua stessa esistenza, come il suo operato, si basa su accordi cui attualmente partecipano 155 Paesi membri, oltre a 30 osservatori. Gli accordi definiscono, tra l'altro, i limiti che possono venire imposti alla circolazione delle merci per esigenze di tutela della salute pubblica e dei consumatori, nonchè di protezione dell'ambiente e delle risorse naturali. Tali limiti, per quanto riguarda le derrate agricole e i cibi, tendono a identificarsi con le regole (condivise da tutti i Paesi aderenti a FAO e OMS) del Codex Alimentarius: ad esempio, gli Stati membri WTO possono introdurre limiti massimi di residui di antiparassitari negli alimenti, in conformità alle soglie definite nel Codex, senza rischiare di finire nei guai. I guai cominciano quando uno Stato membro WTO ritiene che la legislazione di un altro Stato membro ostacoli il libero scambio delle merci "senza giustificato motivo". In tal caso viene istituito un panel (l'organo di risoluzione delle controversie), per valutare se:

Che si tratti di protezione della salute pubblica o dell'ambiente, ogni prescrizione o divieto deve basarsi su dati scientifici comprovati e dev'essere proporzionato agli obiettivi. Altrimenti, si abbatte la scure della Corte del Libero Scambio.
Se l’assemblea da ragione al ricorrente, può autorizzarlo ad adottare misure ritorsive di tipo economico nei confronti di chi soccombe al giudizio. Cosi ad esempio gli Stati Uniti e il Canada, dopo aver vinto la battaglia contro i divieti UE alle bistecche con gli ormoni, avevano raddoppiato i dazi d'importazione su molti prodotti in arrivo dall'UE, e la battaglia è durata un paio di decenni con gravi danni per gli esportatori europei.
Gli Stati Uniti hanno sviluppato un sistema di regole per etichettare come Dolphin Safe i prodotti alimentari che derivano da tonno pescato senza mettere a repentaglio la vita dei delfini. Tutto dipende dal metodo e dall'area di pesca. Il sigillo "delfino sicuro" è certamente escluso quando la pesca viene eseguita col metodo Purse-Seine, una sorta di tonnara che nel Pacifico Orientale, a livello dei Tropici, sfrutta la presenza (e segregazione) dei delfini per attrarre i tonni. Tale metodo è usato soprattutto dalle flotte messicane, e i prodotti che ne derivano non possono perciò riportare il marchio Dolphin Safe.
Eppure, il Messico ha imbastito un contenzioso al WTO affermando che questo marchio pregiudica le vendite in USA dei prodotti derivati dai suoi tonni sui loro prodotti. Il 16 maggio il panel di appello del WTO ha confermato la condanna degli Stati Uniti, già inflitta in primo grado a settembre scorso. Secondo i giudici internazionali, il sistema USA di certificazione ed etichettatura Dolphin Safe sarebbe eccessivo e sproporzionato rispetto alle esigenze di informazione dei consumatori e protezione della fauna marina. I cavilli giuridici su cui la decisione è basata non rispecchiano le sensibilità manifestate da consumatori e ambientalisti Fonte: IlFattoAlimentare.
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ESAURIMENTO DELLE ACQUE DI FALDA IN CALIFORNIA
Proceedings of National Academy of Sciences (Pnas) ha pubblicato uno studio dell'università del Texas di Austin, dell'US Geological Survey e dell'Université de Rennes, dal quale emerge che l'approvvigionamento alimentare degli Stati Uniti d'America potrebbe essere a rischio a causa del rapido esaurimento delle acque sotterranee provocato dall'irrigazione agricola. Per studiare l'esaurimento delle acque sotterranee nelle due regioni, la ricerca ha analizzato i dati dei livelli dell'acqua utilizzata da migliaia di pozzi e quelli provenienti dai satelliti della Nasa Grace, che monitorano i cambiamenti nel campo gravitazionale terrestre che riflettono le variazioni delle riserve idriche.
Lo studio analizza diversi scenari e presenta mappe su come l'esaurimento delle acque sotterranee varia attraverso lo spazio e il tempo nella Central Valley in California e nelle High Plains negli USA centrali. I ricercatori sperano che queste informazioni portino ad un uso più sostenibile dell'acqua in queste vaste aree, anche se sono convinti che l'agricoltura irrigua sia insostenibile in diverse zone interessate dallo studio. Fonte e news integrale su GreenReport.

02 GIUGNO

CORALLO ROSSO, STOP AL PRELIEVO PER UN ANNO E NUOVE REGOLAE DAL 2014
Il corallo rosso (Corallium rubrum) della Toscana è salvo o almeno avrà tregua per un anno, fino al 31 dicembre del 2013. La giunta regionale ha infatti messo a punto un nuovo regolamento per la raccolta del corallo rosso che attende solo il via libera del Consiglio Regionale e la pubblicazione sul Burt per diventare effettivo. Il provvedimento prevede la sospensione della raccolta del corallo rosso dai fondali toscani, in attesa di definire nuove regole che non mettano a repentaglio il fragile equilibrio di questo splendido celenterato. Le nuove misure, dopo lo stop di un anno alla pesca, entreranno in vigore a partire dal primo gennaio del 2014 ed introducono limiti più restrittivi e confini ben delineati per la raccolta del corallo rosso. Una delle regole più determinanti per la tutela del corallo riguarda la profondità a cui può avvenire la raccolta: nel mare antistante la Toscana si potrà infatti raccogliere solo il corallo che si trova oltre i 60 metri di profondità.
E questo per il corallo rosso toscano vuol dire molto, dal momento che lo troviamo già a partire dai 15 metri di profondità, a differenza del corallo della Sardegna. Tra Antignano e Quercianella crescono, molto lentamente, e con dimensioni più ridotte rispetto alla media italiana, coralli rossi che colorano ed animano con i loro polipi espansi canali, grotte ed anfratti marini. Tra le altre misure messe in campo dall’assessorato all’agricoltura ed alla pesca della Regione Toscana c’è il divieto di pescare rami che misurino, alla base, meno di otto millimetri di diametro (il diametro può arrivare fino a 3 centimetri). Se sono presenti, non dovranno superare il 5% dell’intero pescato. Inoltre si dovrà pescare solo a mano (con piccozze o malepeggio) e senza avvalersi di dispositivi per la perlustrazione a distanza dei fondali. News integrale e fonte: Ecoblog.
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APERTO IERI A TORINO CINEMAMBIENTE
Si è aperta a Torino la quindicesima edizione del cinema ecologista e di denuncia: tema centrale, i cambiamenti climatici e i rischi connessi. Immagini tratte da Chasing Ice, Surving Progress e The city Dark. Il direttore Gaetano Capizzi assicura: "Anche se non viviamo in luoghi dove le conseguenze dei cambiamenti climatici sono visibili ed evidenti, dobbiamo sapere quanto sta cambiando il nostro pianeta". L’apertura del festival è affidata a Chasing Ice, un documentario di Jeff Orlowski , che ritrae il fotografo James Bagol a lavoro su uno dei più importanti reportage realizzati in questi anni dal National Geographic. Bagol immortala l’assottigliamento dei ghiacciai: "Non ci sono mezzi più efficaci–spiega Bagol- che cinema e fotografia per far capire cosa sta succedendo". Fonte: IlFattoQuotidiano.

01 GIUGNO

MORIA DI PESCI SUL FIUME PO
"Cadaveri d’argento" li chiamava poeticamente Guccini in Atomica Cinese. La scena che da giorni è costretto a vedere chi abita lungo il Po di Volano è però molto più prosaica. Si registra una ingente moria di pesci lungo tutto il braccio del fiume, in particolare fino alla darsena di Ferrara. Lo stesso spettacolo è stato segnalato lungo il canale Burana da Mizzana. In questo caso l’evento è stato collegato da molti al terremoto che ha colpito l’Alto Ferrarese. Nella zona di Bondeno, infatti, passa il canale che percorre la città. Di qui l’ipotesi secondo la quale le scosse sismiche potrebbero aver 'liberato' nelle acque gas metano dalla falda, divenuto poi veleno mortale per i pesci. Ieri in darsena si sono portati i tecnici Arpa per alcuni prelievi e campionamenti. Qui, attorno al Sebastian Pub, si poteva assistere a un vero e proprio cimitero galleggiante. Dai primi riscontri sembrerebbe escludersi il legame con il terremoto. I pesci sembrerebbero comunque morti per ipossia, per mancanza di ossigeno nell’acqua.
Alcuni negozianti segnalano anche la moria di pesci in acquario, tuttavia siamo in attesa di riscontri. Fonte: Estense.com.
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NAVE SI INCAGLIA ALL'ISOLA D'ELBA
La nave, lunga 90 metri, era partita da Marina di Carrara ed era diretta in Algeria con un carico di tondini di ferro. Si è incagliata intorno alle 5:30 di stamani sulla costa delle Cote Piane, una scogliera balneare a poche decine di metri dal porticciolo e dalla spiaggia di Sant'Andrea, nel Comune di Marciana, una delle località turistiche più note dell'isola d'Elba. Al momento non si segnalano né danni all'equipaggio né sversamenti di sostanze inquinanti e nello specchio di mare interessato, stanno già operando i mezzi della Capitaneria di Porto di Portoferraio e, da terra, gli operatori della Protezione Civile. Sarebbe prossimo l'arrivo di un rimorchiatore inviato da Livorno per il disincaglio della nave. L'Area dove è avvenuto l'ennesimo incidente marittimo fa parte del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano ed è di fronte alla Formiche della Zanca, una secca affiorante meta di turismo subacquee e anch'essa compresa nel Parco Nazionale. Il tutto all'interno del Santuario Internazionale dei Mammiferi Marini Pelagos e in un'area dove vengono spesso avvistate balenottere molto vicino alla costa. News integrale su GreenReport.
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L'IMPEDIMENTO TASSONOMICO IN EUROPA
PlosOne
ha pubblicato lo studio New Species in the Old World: Europe as a Frontier in Biodiversity Exploration, a Test Bed for 21st Century Taxonomy, al quale hanno partecipato 38 ricercatori provenienti da tutta Europa e dall'Australia, tra i quali ben 7 italiani.
Il team internazionale di ricercatori sottolinea che "Il numero di specie descritte sul pianeta è di circa 1,9 milioni, con circa 17.000 nuove specie descritte annualmente, per lo più ai tropici. Tuttavia, la tassonomia è di solito descritta come una scienza in crisi, mancano manodopera e finanziamenti, un problema politico riconosciuto e noto come impedimento tassonomico. Lo studio, utilizzando i dati del database Fauna Europaea e dello Zoological Record dimostra che "Contrariamente a quanto generalmente si crede, le parti del mondo sviluppate e fortemente studiate sono importanti riserve di specie sconosciute. In Europa, nuove specie di animali pluricellulari terrestri e d'acqua dolce sono stati scoperti e denominati ad un ritmo senza precedenti".
Infatti, dagli anni '50 ad oggi, in media ogni anno in Europa sono state descritte oltre 770 nuove specie, che si aggiungono alle 125.000 specie terrestri e di acqua dolce pluricellulari già note nel nostro continente. E i ricercatori avvertono che "Non c'è alcun segno di aver raggiunto un plateau che consenta la valutazione della grandezza della biodiversità europea". News integrale su GreenReport.
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PATRIMONIO NATURALE DELLA NUOVA ZELANDA NON TUTELATO
Quando pensiamo alla Nuova Zelanda, ci viene in mente un'isola verde, agli antipodi anche dal nostro mondo inquinato e stressante, ma il rapporto Beyond Rio del Wwf New Zealand rivela un Paese molto diverso: "La Nuova Zelanda non riesce a proteggere alcune delle sue specie iconiche e i loro habitat, a seguito di una serie di promesse non mantenute in occasione dell'Earth Summit di 20 anni fa". Non a caso, il rapporto è stato presentato dal Wwf in vista del summit Rio+20 che si terrà a giugno a Rio de Janeiro, e che farà il punto della situazione a 20 anni dal "rivoluzionario" Vertice della Terra del 1992, dove la Nuova Zelanda sottoscrisse una serie di accordi per affrontare i cambiamenti climatici, conservare la biodiversità e vivere in modo più sostenibile.
Ma secondo il Wwf New Zealand, la terra che i Maori chiamano Aotearoa, non sta rispettando o sta applicando in maniera molto debole gli importanti impegni che ha preso sulla riduzione dei gas serra, la qualità delle acque, i suoli, la biodiversità marina, la pesca e l'educazione alla sostenibilità. News integrale su GreenReport.