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29 NOVEMBRE

L'INQUINAMENTO CHE SCIOGLIE LE CONCHIGLIE
Purtroppo non si tratta di una simulazione al computer. Di solito, le previsioni su cosa succederà agli oceani a causa dell’inquinamento umano sono quasi sempre state formulate con l’aiuto di modelli teorici, ma questa volta gli effetti negativi sono osservabili in natura. Lo sostiene uno studio pubblicato su Nature Geoscience, che ha analizzato gli effetti nocivi dell’acidificazione delle acque su alcune lumache di mare dell’Oceano antartico. Il team guidato da Geraint Tarling, ecologo del British Antarctic Survey di Cambridge, ha analizzato il disfacimento dei gusci di alcune lumache di mare che vivono nelle acque superficiali della Georgia del Sud, al confine con l’Oceano antartico. Questi animali (Limacina helicina antarctica), possiedono un guscio di carbonato di calcio e aragonite, che però, in ambienti troppo acidi, tende a disgregarsi. Di solito gli oceani sono leggermente basici ( pH 8), ma l'aumento di anidride carbonica nell'atmosfera, dovuto in parte all'azione antropica, può variare sensibilmente l’equilibrio all’interno delle acque e compromettere l’accumulo di aragonite nei gusci.
"Sappiamo che le acque marine diventano più corrosive per i gusci di aragonite a una certa profondità", ha spiegato Nina Bednaršek, coautrice dello studio e ricercatrice presso il National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA): "Questa viene definita orizzonte di saturazione, che è fissato intorno ai 1.000 metri. Tuttavia, in uno dei nostri campionamenti, abbiamo scoperto che questa soglia veniva raggiunta a 200 metri". Gli scienziati guidati da Tarling hanno calcolato che il potere corrosivo delle acque antartiche non era dovuto solo alle correnti naturali che portano verso l'alto le acque più fredde e acide ma, soprattutto, alla grande quantità di anidride carbonica prodotta dall'inquinamento umano e disciolta negli strati più superficiali dell'Oceano. Come dimostrato in un video diffuso dai ricercatori, i risultati dell'acidificazione hanno fortemente intaccato i gusci di Limacina causandone il disfacimento.
I danni causati alle lumache di mare non sono letali, ricordano gli autori, ma l'indebolimento del loro guscio potrebbe renderle più suscettibili all’attacco di predatori e malattie. Dato che le specie di Limacina rappresentano una ricca componente dello zooplancton, la loro scomparsa spezzerebbe un anello fondamentale della rete alimentare negli oceani. In futuro sembra che, più dei grandi disastri saranno proprio le acque sempre più acide a sconvolgere l’ecosistema marino. Fonte: GalileoNet.
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L'EFFETTO DEL PROZAC SUI PESCI
I farmaci non spariscono: i prodotti di rifiuto di quelli che assumiamo finiscono nelle acque di fiumi e laghi e hanno un impatto sulla vita di pesci e altre specie acquatiche. Perché gli impianti di depurazione delle acque non sono in grado di intercettarli ed eliminarli, e conoscere esattamente gli effetti che tutto questo ha sui pesci non è affatto facile. Due studi americani presentati alla Conferenza della Society of Environmental Toxicology and Chemistry in California e discussi su Nature provano oggi a far chiarezza, dimostrando che l’accumulo di farmaci, in particolare estrogeni e antidepressivi, riduce non solo le capacità riproduttive di alcuni pesci ma anche la loro abilità di rispondere ai predatori, mettendo a rischio la sopravvivenza dell'intera popolazione. Gli studi si sono concentrati su due classi di farmaci largamente usati: gli estrogeni contenuti nelle pillole contraccettive, e la fluoxetina, contenuta negli antidepressivi come il Prozac, e i loro effetti sono stati valutati analizzando il comportamento dei Pimephales promelas, una specie di pesce di acqua dolce molto comune nei laghi degli Stati Uniti e del Canada.
Nel primo studio i ricercatori dell'Università di Wisconsin-Milwaukee hanno analizzato l’effetto della fluoxetina sul comportamento riproduttivo dei P. promelas. "In condizioni normali questi pesci seguono un rituale molto elaborato per l’accoppiamento", spiega Rebecca Klaper, ecologa responsabile della ricerca. "I maschi costruiscono il nido per le femmine e si prendono cura delle uova dopo che sono state fecondate". La presenza di fluoxetina nell'acqua invece modificava notevolmente questo comportamento: i maschi perdevano interesse per le femmine e si riproducevano di meno. E l'effetto era maggiore a concentrazioni più alte. Inoltre i pesci tendevano a diventare "ossessivi" nella costruzione del nido finché a concentrazioni estremamente elevate smettevano completamente di riprodursi e uccidevano le femmine. Il comportamento aggressivo dei maschi era temporaneo e spariva dopo un mese, ma le femmine rimanevano sterili. "È evidente che in questo intervallo di tempo qualcosa accade nei pesci", continua la ricercatrice. "L'aumento della concentrazione di fluoxetina induce un cambiamento di espressione genica nel cervello dei maschi, ma come questo si traduca in un effetto comportamentale non è ancora chiaro". Fonte e news integrale: GalileoNet.
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AVVISTATA UNA MEGATTERA BIANCA
Avvistata a largo della costa Spitsbergen, in Norvegia, dall'ingegnere marittimo inglese Dan Fisher; un avvistamento che farà discutere; è proprio lei, il mito dei mari Moby Dick, la balena bianca. Da sempre considerata una delle creature più rare dell’ambiente marino, lo splendido esemplare di megattera bianca è stato avvistato mentre nuotava a largo della Norvegia; ribattezzata Willow, la megattera è stata immortalata da Fisher in alcuni scatti.
Secondo gli esperti, Willow sarebbe affetta da una sorta di albinismo: la particolarità genetica, chiamata leucismo, è dovuta dall’assenza di tirosinasi, enzima necessario alla sintesi della melanina, e fa presentare il colore bianco alla pellaccia del cetaceo. Tutti quelli a cui ho parlato dell'incontro non mi hanno creduto fino al momento in cui non gli ho mostrato le foto. È stato sicuramente l’incontro che può accadere una volta nella vita: "ho visto tante megattere quest’anno, ma nessuna spettacolare come questa", ha dichiarato Dan Fisher al Daily Mail; l’ingegnere, un 32enne che ha trascorso gli ultimi 10 anni in mare ad osservarne la biodiversità, sostiene di non avere visto mai niente di simile: nemmeno Herman Melville, forse, ci avrebbe creduto.
L’avvistamento del branco di megattere grigie al largo dell’arcipelago delle Svalbard, nel Mar Glaciale Artico, e le foto di Willow scattate da Fisher rappresentano dunque un momento storico per la biologia marina e, me lo si conceda, anche per la fantascienza; gli animali con questo tipo di pigmentazione raramente sopravvivono a lungo: la mancanza del loro "travestimento" naturale infatti, rende questi animali prede più "visibile" agli occhi dei possibili predatori, anche se non sembrerebbe un problema per Willow, vista la mole. Per catturare le immagini di Willow, il 32enne inglese si è arrampicato sull'albero maestro della nave su cui navigava ed ha cominciato a scattare: proprio come il marinaio Ismaele sulla Pequod; una sorpresa che, devo ammetterlo, gli invidio molto. Fonte: EcoBlog.
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SOSPESI I CONTRATTI TRA BRITISH PETROLEUM E GOVERNO STATUNITENSE
L'Environmental Protection Agency (EPA) Usa ha annunciato di aver temporaneamente sospeso BP Exploration and Production, Inc., BP Plc, compagnie denominate affiliate (Bp) dai nuovi contratti con il governo federale. L'EPA ha detto di aver preso questo provvedimento a causa della mancanza di integrità aziendale, come dimostrato dal comportamento della company per quanto riguarda l'affondamento, l'esplosione, la fuoriuscita di petrolio della Deepwater Horizon e la risposta, come risulta dalla presentazione di una criminal information. L'Agenzia Federale per l'Ambiente Usa ricorda che il 15 novembre la Bp ha accettato di dichiararsi colpevole di undici capi di accusa per cattiva condotta o negligenza degli Ship Officers, di una Obstruction of Congress e di violazioni del Clean Water Act e del Migratory Bird Treaty Act tutti derivanti dal suo comportamento che ha condotto al disastro della Deepwater Horizon del 2010, che ha ucciso 11 persone e ha causato il più grande disastro ambientale nella storia degli Stati Uniti. L'Epa è stata indicata come agenzia leader per le indagini sulla catastrofe della Deepwater Horizon per la "sospensione" e le azioni di interdizione che le agenzie federali intraprendono per garantire l'integrità dei programmi federali nel condurre affari solo con persone o aziende competenti. Fonte e news integrale: GreenReport.

27 NOVEMBRE

Areopaguristes tudgei, NUOVA SPECIE DI GRANCHIO EREMITA
Il professor Christopher Tudge, docente di biologia all'American University di Washington, ha scoperto una nuova specie di granchio eremita al largo delle coste del Belize, l’ennesima meraviglia del patrimonio di biodiversità ospitato dalla barriera corallina. La nuova specie identificata, è stata denominata Areopaguristes tudgei, dal nome del suo "padre biologico".
Il professor Tudge, specializzato nella storia evolutiva dei crostacei, nel febbraio del 2010 si è unito ai colleghi Rafael Lemaitre dello Smithsonian Institution’s National Museum of Natural History e Darryl L. Felder della University of Louisiana. I due scienziati erano impegnati da anni in un lungo lavoro di ricerca in Belize e da tempo chiedevano all’esperto di unirsi a loro. Su una piccola isola, habitat di centinaia di specie di crostacei, i tre hanno iniziato a studiare la biodiversità ancora nascosta agli occhi della scienza nelle foreste di mangrovie.
In una delle sue esplorazioni, Tudge ha prelevato un gruppo di piccoli granchi eremita per analizzarli in laboratorio. Qui la sorpresa: si trattava di esemplari mai identificati. Probabilmente questi granchi erano passati inosservati finora alle esplorazioni scientifiche nella barriera corallina per via delle loro dimensioni ridotte e del loro habitat, ben nascosto agli sguardi umani. Rispetto al granchio eremita, l'Areopaguristes tudgei si differenzia per la presenza di peli che crescono su alcune delle sue chele. La specie appartiene al gruppo dei paguri, misura pochi millimetri ed è stata identificata in grossi blocchi di corallo morti. Lungo la barriera corallina del Belize, erano stati effettuati diversi programmi di campionamento negli scorsi decenni ma evidentemente il granchietto, da buon eremita, era riuscito a sfuggire persino alle classificazioni più estese. E oggi eccolo qua, palesarsi in tutta la sua splendida timidezza. Fonte: Ecoblog.
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NEL RIO CARENDA PIENO DI GASOLIO ANCHE TARTARUGHE AMERICANE
A due settimane dallo sversamento di gasolio, il rio Carenda (SV) continua ad uccidere animali. Ieri, i volontari della Protezione Animali hanno trovato nel torrente, ingrossato dalle recenti piogge, dieci germani reali morti. Questi ultimi si aggiungono ai numerosi soggetti deceduti e al gran numero di pesci e piccola fauna minore che abitava le sponde e gli specchi d'acqua. Gallinelle d’acqua, germani reali, anatre semi domestiche, tutte vittime del gasolio fuoriuscito a seguito di un tentativo di furto in una ditta della zona. Difficile da preventivare quanti animali, tra pesci ed anfibi, siano morti nel versamento della sostanza oleosa. Non si rinviene, ad esempio, l'Emys orbicularis, ovvero la tartarughe originaria delle zone umide italiane. Un segnale dei tempi e, pur nel dramma, si registra invece il ritrovamento di una tartaruga americana. Acquistata da piccola per pochi euro in un negozio di animali e finita poi abbandonata nel Rio Carenda. Anche di lei si stanno ora occupando i volontari dell’ENPA, i quali non escludono la possibilità che il povero animale sia stato abbandonato in questi giorni. Dopo, cioè, il versamento del gasolio. I volontari della Protezione Animale, sperano ora di poterla salvare e darla così in adozione. Gli interessati sono pregati di rivolgersi alla sede di Savona, .da lunedì a sabato, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, telefono 019 824735. Fonte: Gea Press.

26 NOVEMBRE

IN TURCHIA FORUM SULLE AREE MARINE PROTETTE
Trecento protagonisti della conservazione dell'ambiente marino si sono dati appuntamento in Turchia, per discutere e sviluppare un programma di lavoro comune volto a migliorare la protezione del Mar Mediterraneo.
L'occasione è il Forum delle Aree Marine Protette del Mediterraneo che si terrà ad Antalya fino al 28 novembre. Il Forum è un'iniziativa congiunta della Rete dei Gestori delle Aree Marine Protette nel Mediterraneo (MedPAN) e dei loro partner, tra cui il WWF. Lo scopo è quello di sviluppare un piano concreto per raggiungere l'obiettivo, ai sensi della Convenzione sulla Diversità Biologica, di proteggere il 10% della superficie del Mediterraneo attraverso una rete efficace di aree marine protette entro il 2020.
Dal 2008 circa 7.000 km quadrati si sono aggiunti alle zone già sotto protezione, ricorda il WWF, ma la percentuale è ancora ferma a poco più del 4%. Per raggiungere l'obiettivo del 10% l'associazione ambientalista chiede quindi ai governi, anche attraverso una petizione online, di creare e sostenere più aree marine protette nel Mediterraneo. "Le riserve marine proteggono la biodiversità, assicurano i mezzi di sussistenza dei pescatori, stimolano l'economia locale e riaccendono l'interesse dei turisti verso la natura", rileva Marco Costantini, responsabile Mare WWF Italia. "Si tratta di uno strumento chiave per raggiungere un uso sostenibile delle risorse marine, per tutelare la biodiversità e per garantire condizioni di vita delle persone oggi e in futuro". Fonte: Ansa.
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GLOBICEFALI UCCISI IN EUROPA COME IN GIAPPONE
Europa batte Giappone, 719 contro 254. Contrariamente a quello che può sembrare, siamo stati più bravi noi ad uccidere e macellare i delfini, più degli stessi giapponesi. La città portuale di Taiji contro le isole Fær Øer, facenti parti del Regno di Danimarca. I delfini, sia per i giapponesi che per gli europei, sono in buona parte globicefali. Per delfinari e macello, nel caso nipponico. Solo per macellazione, nel caso europeo. A denunciare il tutto è sempre Sea Shepehrd, al quale si deve la foto ora riportata e scattata il 24 novembre scorso nella cittadina di Fuglafjørður. Delfini globicefalo spinti dalla barche nella rada e, nei bassi fondali, uncinati ed uccisi con un profondo taglio alla gola. Quarantacinque, solo il 24 novembre, ma in totale, secondo Sea Shepherd, quest'anno sarebbero ben 717. Molto meno di quanto sono riusciti a fare gli stessi giapponesi nel porto di Taiji, ove c'è un altro presidio di Sea Shepherd. Isole, quelle di Fær Øer , dove esiste uno dei più alti tenori di vita in Europa, riferiscono da Sea Shepherd. Puro "divertimento" dicono gli ambientalisti. Ed intanto, nell’indifferenza generale, i delfini bloccati nella loro migrazione dagli europei, continuano a morire. In Giappone, ancora non ben chiaro secondo quale criterio, alcuni animali vengono fatti tornare in mare aperto. In Europa, invece, una volta imprigionati nella baia, vengono uccisi tutti. Tradizioni di caccia, tutto qui. Nella moderna e civilizzata Europa, dicono da Sea Shepherd. Fonte: Gea Press.
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ECOLABEL, CRITERI PER DETERSIVI CHE INQUINANO LE ACQUE
Per ottenere il marchio Ecolabel (il marchio europeo volontario di qualità ecologica, rappresentato da un fiore) i detersivi per lavastoviglie automatiche industriali o professionali e i detersivi per bucato per uso professionale, dovranno rispettare nuovi criteri. Con due distinte decisioni pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale Europea di sabato, l'UE ha individuato una serie di parametri (validi per quattro anni) per i due gruppi di prodotti. Il gruppo di prodotti "detersivi per lavastoviglie automatiche industriali o professionali" comprende i detersivi per lavastoviglie a componente unico o a più componenti e i prodotti per il risciacquo e il prelavaggio destinati a essere utilizzati in lavastoviglie ad uso professionale. E non ricomprende i detersivi per lavastoviglie automatiche domestiche, detersivi destinati a essere utilizzati in macchine per il lavaggio di strumenti medici o in macchine speciali per la pulitura di attrezzature industriali, comprese macchine speciali utilizzate nell'industria alimentare. Così come non include i prodotti gli spray non dosati mediante pompe automatiche. Fonte e news integrale: GreenReport.

24 NOVEMBRE

PESCA ABUSIVA A CATANIA E NEL RAVENNATE
Nuovo intervento della Capitaneria di Porto ad Acireale (CT). Gli uomini della Delegazione di Spiaggia di Santa Maria La Scala, hanno nuovamente posto sotto sequestro del pescato abbandonato nei pressi della stazione ferroviaria. Era già successo lo scorso ottobre (vedi articolo GeaPress) quando i pescatori abusivi, alla vista della Guardia Costiera, hanno preferito darsi alla fuga abbandonando quanto esposto alla vendita. Alcuni chilogrammi di ricci, telline ed occhi di bue, del tutto inidonei al consumo. Ben più cospicuo il sequestro avvenuto a Ravenna nella Piallassa Baione, dove la pesca è interdetta a causa degli elevati valori di inquinamento riscontrati nelle acque. Ad intervenire il Comando Stazione di Ravenna ed un posto fisso di Casalborsetti del Corpo Forestale dello Stato in collaborazione con la Compagnia dell’Arma dei Carabinieri di Comacchio. Ad essere posti sotto sequestro, ben 28 cesti di molluschi bivalvi per un totale di 560 chilogrammi di pescato, poi reimmesso in mare. Ad essere denunciate, sono state due persone alle quali è stata altresì sequestrata la motopompa ed altra attrezzatura utilizzata per la pesca. Nell’area di intervento la pesca è vietata a causa di un alto inquinamento di tipo fognario. Fonte: Gea Press.
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FINNING, STOP (DEFINITIVO?) IN EUROPA
Ieri il Parlamento Europeo ha emesso un verdetto storico: il finning è bandito. Non che prima fosse consentito, ma in Spagna ed in Portogallo le legislazioni nazionali consentivano una specie di "scappatoia" legale, grazie a concessioni speciali, elargite senza battere ciglio, chiunque poteva praticare il taglio delle pinne di squalo. Ora, con 566 voti a favore e 47 contrari, il Parlamento Europeo ha deciso di chiudere tutte le falle della legge e proibire la pratica del finning.

Tratto da Parlamento Europeo: Il divieto, attivo dal 2003, proibisce di spinnare gli squali a bordo dei pescherecci. La votazione di giovedì cancella le eccezioni, cioè i permessi speciali per tagliare le pinne in mare. Gli squali devono quindi essere sbarcati con le loro pinne "naturalmente attaccate al corpo". La risoluzione è stata approvata con 566 voti a favore, 47 contro e 16 astensioni. I permessi speciali sospendevano il divieto in modo da permettere lo spinnamento su quei pescherecci "che hanno dimostrato la propria capacità di utilizzare tutte le parti dello squalo". Comunque, dopo il processo, le pinne e le carcasse potevano essere sbarcate in porti differenti, rendendo difficile il conteggio preciso e quindi la possibilità di trovare chi violava il divieto gettando gli squali spinnati in mare. La relatrice Maria do Céu Patrão Neves (PPE, PT) ha tentato di mantenere le eccezioni, diminuendone comunque il raggio d'azione, in modo da permettere solo ai pescherecci congelatori di spinnare gli squali in mare, con l'obbligo di sbarcare le pinne e i corpi degli squali nello stesso porto. Molte specie di squali sono esposte a uno sfruttamento esagerato. Negli ultimi anni, alcune specie sono state eccessivamente pescate e ora sono a rischio a causa dell'incremento drammatico della richiesta di prodotti derivati, soprattutto le pinne. Al momento, il maggior numero di permessi per lo spinnamento è stato fornito ai pescherecci spagnoli e portoghesi.
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SEQUESTRO DI PESCE SPADA A PALERMO
A completare il quadro, pure l’autovettura priva di copertura assicurativa e di libretto di circolazione. Per il resto, ben 89 esemplari di pesce spada, quasi un record. Erano destinati nel mercato palermitano di Ballarò, già famoso, oltre che per le stalle abusive, anche per il mercato che ogni domenica mattina si svolge in pubblica via esponendo alla vendita centinaia di volatili protetti dalla legge. La Squadra Nautica della Questura di Palermo, congiuntamente al personale della Capitaneria di Porto, ha fermato l'autovettura in piazza S. Antonino, nei pressi della Stazione Centrale, a due passi da Ballarò. All’interno gli 89 esemplari di pesce spada, illegalmente pescati. Il peso medio di ogni pesce era intorno ai quattro chili. Un adulto di pesce spada supera comunemente i 400 chili di peso. Nessuno dei pesci sequestrati stamani a Palermo era più lungo di 90 centimetri. Un adulto, invece, raggiunge i 4.5 metri. Pesci spada giovanissimi, dunque, pescati in barba alle disposizioni vigenti e non solo a Palermo. Sequestri recenti di giovani pesci spada si sono registrati a Gioia Tauro (RC) e Salerno (vedi articolo GeaPress), Catania e di nuovo Palermo (vedi articolo GeaPress), Acireale (CT) (vedi articolo GeaPress), ancora Catania (vedi articolo GeaPress), Taranto (vedi articolo GeaPress). Il motivo di tutte queste catture nei bacini meridionali italiani è dovuto al fatto che sono proprio queste acque dove il pesce spada maggiormente si riproduce. La deposizione delle uova, termina nel mese di agosto. Fonte: Gea Press.

22 NOVEMBRE

IL SEGRETO DELLE IMMERSIONI DEI PINNIPEDI
Gli organismi che dividono la loro vita tra l'ambiente terrestre e quello acquatico sono costretti a fronteggiare svariate diverse difficoltà, legate ad entrambi gli ambienti. Per le specie poi che non si limitano a stare a galla ma che si spingono fino a grandi profondità, come la maggior parte dei pinnipedi, hanno inoltre il grosso problema di dover resistere all'elevata pressione dell'acqua con un corpo che si è evoluto sulla terraferma. Come fanno dunque foche e otarie a raggiungere elevate profondità marine, senza venire sopraffatti dalla pressione e senza risentire dei problemi legati alla decompressione in fase di risalita? Uno studio pubblicato sulla rivista Biology Letters e condotto sul leone marino californiano (Zalophus californianus), finalmente ci fornisce questa risposta.
Un gruppo di ricercatori del Center for Marine Biotechnology and Biomedicine di La Jolla, California, ha infatti monitorato il comportamento di una femmina adulta durante ripetute immersioni fino ad una profondità massima di 300 metri. In particolare, nelle regione dorsale dell'animale è stato posizionato un dispositivo capace di registrare la variazione di pressione dell'ossigeno in circolo nel sangue, un indicatore della compressione polmonare durante le immersioni. Ebbene, questa specie adotta una precisa strategia per limitare le possibilità che le cavità interne, piene d'aria, possano collassare per effetto della pressione: a circa 225 metri di profondità, i leoni marini sono in grado di schiacciare i polmoni estromettendone l'aria per poi espanderli nuovamente durante la fase di risalita alla stessa profondità. Questa tecnica assicura di evitare problemi legati alla decompressione, limitando la concetrazione dei composti dell'azoto tossici nel circolo sanguigno. Inoltre, la compressione dei polmoni assicura una riserva di ossigeno polmonare che viene poi utilizzata durante la risalita. Fonte: Pikaia, a cura di Andrea Romano.
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AGADIR, BUONE NOTIZIE PER IL TONNO PESSIME PER GLI SQUALI
Secondo Oceana, il meeting annuale dell'International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas (ICCAT), conclusosi ieri ad Agadir, in Marocco, ha avuto un esito contraddittorio: un accordo per la gestione del tonno rosso nel 2013 ma senza mostrare nessuna preoccupazione per la mancanza di misure protettive per gli squali minacciati e per la mancata conformità dell'industria della pesca con le normative ICCAT. Le Parti dell'ICCAT (47 Stati più l'UE) hanno adottato una quota per il tonno rosso di 13.400 tonnellate con 100 tnnellate in più per l'Algeria, in linea con le raccomandazioni scientifiche - dice Oceana - e le misure adottate a partire dal 2013 si baseranno sui nuovi dati scientifici".
Secondo María José Cornax, responsabile pesca di Oceana Europa: "L'ICCAT ha chiarito quali siano le sue priorità attraverso risultati contraddittori. Da una parte siamo soddisfatti che gli Stati abbiano deciso di seguire la strada del recupero degli stock di tonno rosso per il 2013, però dall'altra parte non possiamo che mostrare più preoccupazione per le specie dimenticate dall'ICCAT: gli squali. L'ICCAT è molto più che tonno rosso, molte specie che richiedono una gestione ed una protezione immediata vengono frequentemente ignorate". Ad Agadir sono state discusse 7 proposte riguardanti gli squali tese ad incrementarne la protezione e la gestione delle specie minacciate nell'area ICCAT, ma ne è stata adottata solo una riguardante l'attuazione della normativa esistente. Oceana è particolarmente delusa gli Stati membri dell'ICCAT hanno respinto la proposta dell'UE per la protezione dello smeriglio e dello squalo mako.
Allison Perry, un'esperta di squali di Oceana Europa, condanna la decisione di ignorare gli squali: "L'ICCAT ha fallito nel tentativo di gestire la pesca degli squali che sono sotto la sua responsabilità. Gli squali rappresentano più del 15% di tutte le catture dichiarate nell'ICCAT però la maggioranza tra loro si ritrovano senza gestione".
Ad Agadir è stata anche respinta la proposta Usa di rafforzare la proibizione dello shark finning nell'area ICCATche richiedeva che gli squali venissero sbarcati con le pinne ancora attaccate, una richiesta che sta ottenendo sempre più consenso a livello internazionale e che il Parlamento Europeo si prepara ad approvare. La Commissione europea invece accoglie con favore le decisioni adottate dall'ICCAT e la commissaria UE agli Affari Marittimi ed alla Pesca, Maria Damanaki, ha detto oggi che "Le misure di conservazione adottate per la sostenibilità del tonno rosso e per gli stock di marlin sono in linea con i pareri scientifici. Il piano di ricostituzione del tonno rosso orientale è stato rivisto e rafforzato con la fissazione dei Tac (Total Allowable Catches - Totali ammissibili di catture) a 13.400 tonnellate l'anno a partire dal 2013. Inoltre, è stata adottata una migliore gestione e controllo per i membri dell'ICCAT Tuttavia, mi dispiace che l'ICCAT non abbia avuto successo nelle sue decisioni su una migliore protezione dei squali, le misure presentate dall'Ue per la sostenibilità degli stock di mako e smeriglio non sono state sostenute".
Secondo la Commissione UE, potrebbe essere raggiunto un progresso sostanziale per quanto riguarda il sistema di monitoraggio e controllo dell'ICCAT. La proposta dell'UE di standard minimi per le ispezioni in porto è stato adottata. Dal 16 maggio 2013 partirà l'attuazione del sistema elettronico di documentazione del tonno rosso pescato ed è stato avviato un processo per mettere in atto sistemi di documentazione delle catture di altri tonnidi nel prossimo futuro. "Tutto questo - secondo la Commissione - rafforza la capacità dell'Iccat di combattere la pesca Iuu (Illegal unreported unregulated)". Fonte: GreenReport.
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APPELLO SALVA SQUALI
Il prossimo 22 novembre all'Assemblea di Strasburgo si discuterà del cosiddetto Regolamento salva-squali, che ha l'obiettivo di vietare nella EU la pratica brutale del finning, che consiste nel tagliare le pinne di questi animali e rigettarne il corpo in mare. La battaglia all'Europarlamento contro la possibilità di applicare deroghe che consentono di tagliare le pinne a bordo dei pescherecci, rendendo difficili, se non impossibili, i controlli è stata molto accesa e ora è alle battute finali. Forti sono le pressioni delle lobby della pesca insieme a Spagna e Portogallo, gli unici Paesi UE interessati a mantenere questa pratica. Le pinne rappresentano la parte più pregiata dello squalo, quelle di alcune specie sono fortemente richieste in Oriente dove la zuppa di pinne di squalo è molto ricercata. La conseguenza è che gli squali al vertice della catena alimentare nei mari, sono ormai in pericolo in Europa e in tutto il mondo: sono circa 100 milioni quelli che vengono uccisi ogni anno per alimentare un mercato estremamente redditizio, se si considera che una pinna di squalo elefante può arrivare a costare fino a 7.500 euro. In Italia a sostegno del mondo ambientalista che chiede agli europarlamentari italiani di fare fronte comune a favore del regolamento, si sono schierate personaggi del cinema, dello spettacolo, della letteratura, dello sport e del giornalismo italiano. Tra i nomi più noti quelli di Andrea Camilleri, Piero e Alberto Angela, Enzo Maiorca, Alessandra Sensini, Alessandro Preziosi. L'appello agli eurodeputati, è promosso e sostenuto dalla coalizione internazionale Shark Alliance e dalle associazioni ambientaliste italiane che ne fanno parte (Legambiente, Marevivo, Tethys Research Institute, Aquarium Mondo Marino, Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, Fondazione Cetacea, Danishark Elasmobranch Research, GRIS, Verdeacqua - Istituto per gli Studi sul Mare, MedSharks, CTS, Slow Food Italia). L'appello si può firmare via web all'indirizzo http://www.sharkalliance.org/content.asp?did=38228.

 

21 NOVEMBRE

IN AUSTRALIA LA PIÙ GRANDE RETE DI AREE MARINE PROTETTE
L'Australia ha istituito una serie di grandi Aree Marine Protette che costituiranno la più grande rete di mare tutelato del pianeta. Il governo laburista appoggiato dai Verdi ha approvato anche il Fisheries Adjustment Assistance Package, finanziato con circa 100 milioni di dollari australiani, per sostenere iI pescatori interessati dalla creazione di questa imponente rete di AMP che si estenderà su 2.3 milioni di Km quadrati. Il Ministro dell'Ambiente australiano, Toni Burke, ha spiegato. "Queste riserve marine sono le prime del genere nel mondo e non avranno che un impatto minore sulla pesca commerciale. Ci sono alcune zone dove la pesca proseguirà ma alcune attività, come la pesca a strascico, sono vietate, mentre per certe zone lo sfruttamento del petrolio e del gas è vietato". Il governo australiano è stato di parola: aveva annunciato a giugno l'intenzione di realizzare questo Network of Commonwealth Marine Reserves e dopo qualche mese di consultazioni con i pescatori e le amministrazioni locali lo ha fatto, istituendo AMP in 5 delle 6 più grandi regioni marine: Coral Sea; North-west; Temperate East; North, North-west, che si vanno ad aggiungere a quelle già istituite nel 2007 nella South-east Marine Region. Fonte e news integrale: GreenReport.
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DIGHE, BRIGLIE E SBARRAMENTI SUI FIUMI, ICER AL LAVORO PER GARANTIRE LA MIGRAZIONE DEI PESCI
Molte specie di pesci, come i salmoni e le anguille, ritornano per riprodursi nei luoghi dove sono nati. Alcuni pesci seguono rotte migratorie specifiche e quelli che vivono in fiumi ed estuari interrotti da dighe e sfruttati da centrali idroelettriche, sono i più a rischio. Uno studio dell'International Centre for Ecohydraulics Research (Icer) dell'Università di Southampton, punta proprio a proteggere questi pesci.
"Gli ambienti acquatici sono stati modificati dall'uomo per secoli. Anche se gli impatti ambientali dello sviluppo delle risorse idriche sono ampiamente riconosciuti, i meccanismi che sono alla base degli effetti negativi osservati sono spesso poco noti. Come conseguenza, una effettiva mitigazione si è dimostrata difficile da raggiungere. Oggi, lo sviluppo su laghi, fiumi, estuari e coste, per produrre energia, per i trasporti ed altre infrastrutture, prosegue nell'ambito di una sempre più stringente normativa ambientale (ad esempio la direttiva quadro sulle acque)" afferma l'Icer. L'Icer è composto da un team interdisciplinare di scienziati che collaborano con le parti interessate, nazionali e internazionali, per colmare i divari tra le varie discipline e prospettive. Si tratta di una ricerca innovativa che coinvolge ecologia, ingegneria, geomorfologia e le scienze sociali, per trovare soluzioni ai problemi creati dallo sviluppo delle attività antropiche nei ecosistemi acquatici. L'Cer è diventato rapidamente noto perché aiuta i progettisti ed i realizzatori delle centrali idroelettriche a comprendere il comportamento dei pesci e a trovare modi innovativi per tenerli lontani dalle turbine e dai sistemi di aspirazione. Fonte e news integrale: GreenReport.

19 NOVEMBRE

ICCAT, LEGGERO AUMENTO QUOTE TONNO PER IL 2013
Sarà di 13.400 tonnellate la quota complessiva di cattura del tonno rosso per il 2013; mentre la campagna di pesca per il sistema a circuizione è fissata dal 26 maggio al 24 giugno. Lo rende noto la Federcopesca-Confcooperative al termine dei lavori dell'Assemblea Iccat, impegnata a definire i quantitativi massimi di cattura e le modalità di pesca per il prossimo anno. "Piena soddisfazione per lo slittamento del calendario della campagna di pesca. Un importante obbiettivo per il quale la Federazione, che con le sue imprese rappresenta quasi l'80% dell'intera quota italiana, ha lavorato sodo negli ultimi mesi, a cominciare dalla risoluzione approvata dal Senato nell'aprile scorso, e che è stato reso possibile grazie all’impegno del ministro Catania e dell’Amministrazione. È un risultato che condividiamo appieno perché consente di tutelare meglio la risorsa e lavorare in condizioni meteomarine migliori, limitando i rischi e ottimizzando il prelievo" sottolinea il direttore dell'Associazione, Gilberto Ferrari, che ha preso parte ai lavori assieme al vicepresidente nazionale della Federazione, Giovanni Ferrigno e al presidente del Consorzio Mare Nostrum Tuna, Matteo Novella. "L'aumento di quota non è significativo e non rispecchia l’ottimo stato delle risorse, ma è un buon segnale rispetto alle tendenze degli ultimi anni che hanno messo a dura prova imprese e operatori. Purtroppo non possiamo registrare un successo su tutta la linea. Le altre richieste della categoria non hanno registrato lo stesso successo" precisa Ferrari. In particolare, nessuna apertura per quanto riguarda la revisione in aumento della percentuale del 5% di catture accessorie, conformemente alle misure di gestione in vigore per lo stock dell'atlantico ovest. Fonte: Federcopesca-Confcooperative.

17 NOVEMBRE

RAVENNA, BIOLOGIA MARINA SOTTO SFRATTO?
I corsi di laurea di Scienze Ambientali e Biologia Marina finiscono 'sotto sfratto'. Lo lamentano gli studenti, critici verso la decisione della Provincia di rescindere il contratto di affitto con l'Università di Bologna per i locali all'ultimo piano dell'Istituto Tecnico Agrario Perdisa, attualmente destinati alla loro didattica. Il preavviso è di sei mesi e gli studenti temono che, per allora, non avranno ancora una sede definitiva e saranno costretti al "nomadismo accademico". Una condizione che non è nuova. In un comunicato, gli studenti ricordano che l'attivita' didattica negli anni passati "era dislocata in più sedi anche molto distanti tra loro. Questa frammentazione era fonte di numerosi disagi. In poche parole, non esisteva un'identità del corso di laurea". Questa frammentazione sarebba stata all'origine anche del basso numero di immatricolazioni, che si sono impennate del 70% non appena avuta la certezza di un'unica sede stabile. Ora il problema si ripropone e gli universitari temono che nel periodo di transizione dai locali del Perdisa alla nuova sede antistante i laboratori di via Sant'Alberto, realizzata con i contributi di Università, Comune e Fondazione Flaminia, si verifichi di nuovo dispersione, mentre occorre evitare che "si torni al precedente stato di caos ed incertezza, che sicuramente avrà anche effetti negativi sul prestigio e l'immagine del Polo Scientifico ravennate". Ma a gettare acqua sul fuoco ci pensa il vicesindaco di Ravenna, Giannatonio Mingozzi, che, in qualità di presidente della Fondazione Flaminia, rassicura i ragazzi. "Capisco l'indignazione e la preoccupazione per questo stato di incertezza- spiega- ma posso assicurare agli studenti che i loro corsi di laurea non riprenderanno quel vecchio nomadismo accademico che in passato i predecessori hanno subito". I lavori "li seguiremo insieme" e "qualora tra un anno, dovesse essere necessario un periodo di transizione, sarà certamente breve e in ogni caso lo gestiremo insieme. Per questo continueremo a vederci spesso e sarà mio dovere tenere costantemente aggiornati gli universitari", conclude. Fonte: IlRestoDelCarlino.

16 NOVEMBRE

DEEPWATER HORIZON, BP CONDANNATA A PAGARE 4.5 MILIARDI DI DOLLARI
Quattro miliardi e mezzo di dollari. È la multa senza precedenti che la British Petroleum pagherà alle autorità Usa per la marea nera del Golfo del Messico del 2010. Lo conferma la stessa società, dopo che oggi la BBC aveva rivelato in anteprima la trattativa per una cifra tra i tre e i cinque miliardi. "La multa più salata della storia statunitense", l’ha definita la tv britannica. Intanto, due ex manager della società, sono accusati di omicidio colposo e un terzo di aver mentito agli investigatori per l’incidente del 2010. Lo afferma il Dipartimento di Giustizia americano. A due anni e mezzo dalla tragedia della piattaforma Deepwater Horizon, che costò la vita a 11 persone e riversò per quasi tre mesi milioni di barili di petrolio nell’Oceano Atlantico, il colosso petrolifero sceglie quindi di dare fine al procedimento penale che, dal 20 aprile 2010, lo vede coinvolto. Come? Con un patteggiamento: dichiarandosi colpevole, infatti, la compagnia pagherà, ma potrà ottenere l’esenzione da ulteriori procedimenti penali. Mentre le numerose cause civili per danni intentate contro BP sia da privati che dalle autorità federali Usa rimarranno comunque aperte. Brutte notizie anche per gli azionisti: i 20 miliardi di dollari del fondo di compensazione che erano già stati preventivati non saranno gli unici che la compagnia dovrà erogare entro la fine di quest’anno. Il gigante britannico, infatti, batte nuovo record: dopo avere provocato il più grave disastro ambientale della storia americana, si appresta ora a pagare la multa più salata mai data nel nuovo continente. I 4.5 miliardi sono ben di più di quelli saldati nel 2009 dalla più grande azienda farmaceutica del mondo, Pfizer, condannata dal Dipartimento di Giustizia a pagare la cifra record di 1.2 miliardi di dollari.
Ritenuta responsabile dell'esplosione insieme alle società Transocean, proprietaria della piattaforma e responsabile della valvola di sicurezza (il blowout preventer, che cedendo provocò la tragedia), e Halliburton, che fornì i servizi di cementazione, BP deve ancora raggiungere un accordo definitivo con queste aziende. Che, come le co-proprietarie del pozzo Macondo, Anadarko e Moex, e l’appaltatore Weatherford, che hanno già contribuito alle compensazioni per circa 5 miliardi di dollari, molto probabilmente verranno coinvolte nel pagamento della maxi-penale. Fonte: IlFattoQuotidiano.
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TOSSINE IN COZZE ITALIANE, Anisakis E ISTAMINA NEL TONNO
Nella settimana n. 42 del 2012 le segnalazioni diffuse dal Sistema Rapido di Allerta Europeo per alimenti e mangimi, sono state 67, 22 quelle inviate dal Ministero della Salute italiano). L'elenco comprende, per i prodotti ittici, un'allerta relativa alla presenza di yessotossina (YTX) in cozze refrigerate italiane, un'altra relativa ad una infestazione da Anisakis in rana pescatrice refrigerata dalla Norvegia, attraverso la Danimarca, la presenza di istamina in conserve di tonno indiane, un'altra infestazione da Anisakis in pesce sciabola refrigerato italiano, tonno fresco spagnolo trattato con monossido di carbonio e infine, gamberetti congelati tunisini con odore anormale. Fonte e news integrale: IlFattoAlimentare.
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GASOLIO NEL RIO CARENDA A CERINALE (SAVONA)
Sono in tutto una cinquantina gli uccelli acquatici finora recuperati dell’ENPA di Savona, nelle acque del Rio Carenda, nei pressi di Cerinale. Come è noto, il corso d’acqua nel tratto prossimo alla foce, è stato gravemente inquinato dallo sversamento di un ingente quantitativo di gasolio fuoriuscito a causa di un furto in un'azienda del posto. Solo ieri i volontari della Protezione Animali Savonese hanno recuperato altri dieci volatili. Si tratta di germani reali e di anatre semidomestiche che stanno reagendo, comunicano dall’ENPA, alle cure. Si spera in tal maniera di poterli al più presto riabilitare per il rilascio in natura. Purtroppo non per tutti è così. Le operazioni di rimozione del gasolio da penne e piume, sono molto difficili. Per alcuni uccelli si sono già effettuati una decina di lavaggi. Una gallinella d’acqua è ridotta moribonda. Anch’essa è stata soccorsa ieri, ma le possibilità di poterla salvare appaiono ridotte al lumicino. Nel fiume, poi, c’è stata una vera e propria moria, come si temeva nei giorni scorsi, di pesci e della fauna minore. I timori, ora, si spostano in mare. Preoccupazioni, a questo proposito, per gabbiani e cormorani.
L’ENPA di Savona rivolge un sentito ringraziamento ai Vigili del Fuoco e alla Protezione Civile di Albenga. Un intervento utilissimo che non ha lesinato grandi attenzioni per la fauna selvatica. Fonte: GeaPress.

15 NOVEMBRE

TAIWAN, TERZO SQUALO BIANCO CATTURATO ED UCCISO IN MENO DI DUE MESI

Terzo squalo bianco Taiwan

Shark fishing in Taiwan
Non si ferma la strage di squali bianchi a Taiwan. Ieri, resso Taitung County, un pescatore locale ha catturato ed ucciso uno sualo bianco di 4.5 metri per 1.600 Kg di peso. Quest'ultimo, è il terzo esemplare ucciso dal mese di ottobre (per le altre due catture vedi news del 7 Nov 12); occorre precisare che la cattura di ieri è stata del tutto accidentale e l'esemplare, intrappolato dalle reti, era agonizzante. Tutta l'area di Taiwan, secondo Chuang Shou-Cheng, professore associato presso il Department of Environmental Biology and Fisheries Science at National Taiwan Ocean University, la popolazione di squali bianchi che popola le acque di Taiwan si è dimezzata negli ultimi anni, a causa delle catture accessorie e soprattutto volontarie. L'esemplare catturato frutterà, secondo fonti locali, oltre 6.000 dollari.
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L'ONU "ACCUSA" LA PESCA INDUSTRIALE
Quando si parla di sicurezza alimentare, si trascura spesso il settore della pesca che, tuttavia, fornisce il 15 per cento delle proteine animali consumate nel mondo, percentuale che può arrivare fino al 23 per cento in Asia ed al 50 per cento nell' Africa dell'ovest. Olivier de Schutter, relatore speciale dell'ONU sul diritto all'alimentazione, ha dedicato ad esso il suo ultimo rapporto, che avrebbe dovuto presentare il 30 ottobre davanti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, non fosse che il passaggio dell'uragano Sandy su New York, ha causato un rinvio della seduta. Il rapporto dell'accademico belga, intitolato La pesca e il Diritto all'Alimentazione è un'arringa a favore della pesca artigianale, ignorata sinora dalla maggior parte delle strategie per il miglioramento della sicurezza alimentare. Simmetricamente, il rapporto analizza i danni provocati dalla pesca industriale e dalla sua flotta super-equipaggiata, ad alto consumo energetico, responsabile di quasi tutti i rigetti in mare di pesci che non presentano interesse commerciale. "Senza un'azione rapida per salvare le acque da pratiche insostenibili, la pesca non potrà più giocare il suo ruolo cruciale nella garanzia del diritto all'alimentazione di milioni di persone", assicura de Schuttr, secondo il quale la flotta mondiale avrebbe una capacità di pesca doppia rispetto alle necessità corrispondenti a uno sfruttamento sostenibile degli oceani.
La pesca industriale in acque molto estese può sembrare la migliore opzione economica, ma solo perchè le flotte possono intascare importanti sovvenzioni, al contempo esternalizzando i costi dell'eccesso di pesca e del degrado delle risorse" afferma Schutter, avvertendo che "saranno le generazioni future che ne pagheranno il prezzo, quando gli oceani saranno vuoti".
Il settore della pesca fornisce lavoro a 55 milioni di persone ed è all'origine di 150 milioni di posti di lavoro indiretti. Ma, secondo uno studio della FAO, la pesca industriale fa lavorare in media solo 200 persone per 1000 tonnellate di pesce catturato, mentre con i metodi artigianali alla stessa quantità di pescato vengono impiegati 2.400 adetti, mentre viene consumata una minor quantità di carburante. Sulla base di questa constatazione, il relatore raccomanda di rivedere i permessi di pesca concessi ai grandi natanti fuori dalla propria zona economica e di rafforzare i controlli, di creare delle zone esclusive per le pesche artigianali, di associare le comunità locali alle politiche di pesca e di sostenere la creazione di cooperative di pescatori. Fonte: SlowFood.
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SEA SHEPHERD, WATSON RIVELA IL LUOGO DELLA SUA DIMORA
Torna a farsi sentire il capitano Paul Watson, leader di Sea Shepherd. Da quando ha avuto inizio l’azione giudiziaria internazionale avviata dal Costa Rica, ma in realtà sospinta dal Giappone (così afferma Sea Shepherd), di Paul Watson si è perso il luogo di certa dimora. Non le tracce, però, che il capitano Watson continua tranquillamente a lasciare commentando i fatti del mondo ed in particolare quelli pertinenti alla salvaguardia del mare e dei suoi abitanti. Poche ore addietro lo ha rifatto, con un pizzico di elegante ironia. Dopo avere informato sullo stato delle navi di Sea Shepherd e di quelle della flotta baleniera giapponese (è arrivato a fornire pure i porti dove attualmente sono attraccate queste ultime), ha rilevato la presenza di una presunta spia giapponese, al soldo delle baleniere, che ha filmato e chiesto particolari sulla Brigitte Bardot, la nave di Sea Shepherd all’ancora a Marina del Rey, in California. "I nostri informatori – ha commentato il capitano Watson dalla sua misteriosa dimora – sono però migliori, perché lo fanno spontaneamente". Nel lungo scritto pieno di spiegazioni sull’azione legale e le motivazione di Sea Shepherd, Watson cala appena un rigo sull’eclissi solare di ieri. "Devo dire che l’eclissi solare di ieri è stato uno spettacolo affascinante", scrive inizialmente Watson. Dunque se ha visto l’eclissi, si doveva trovare in un’area del pianeta quantomeno circoscritta. Ad esempio in Australia, dove nel Queensland, in tanti hanno assistito al breve quanto affascinante spettacolo. Poi, però, sibillino aggiunge: "per quelli di noi che hanno avuto la fortuna di vederla". C'era o non c’era? Di sicuro nel Queensland erano andati numerosi ricercatori giapponesi (ma questo Watson non lo dice) per assistere proprio all’eclissi di sole. Chissà, magari erano proprio fianco a fianco a godersi i meravigliosi spettacoli della natura. Fonte: GeaPress.
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DIECI ANNI FA L'AGONIA DELLA PRESTIGE
Ieri è iniziato in Spagna, a La Coruña, il processo ai responsabili del disastro. I climber di Greenpeace hanno aperto uno striscione di 60 metri quadri sull'edificio di Expocoruña, dove si tiene il processo. Sullo striscione i volti dei responsabili della marea nera e il messaggio "Dove sono i responsabili?".
La marea nera colpì quasi duemila chilometri di costa spagnola, grazie alle carenze di responsabilità del trasporto marittimo che ancora oggi continua a proteggere gli interessi dell'industria petrolifera, gli errori e le negligenze istituzionali. Greenpeace ha pubblicato il rapporto "Un altro Prestige è possibile" che racconta i principali errori commessi nella gestione del disastro, dalla decisione di allontanare la nave, all'informazione insufficiente alla popolazione che contribuì ad aggravare il bilancio finale. Fonte: GreenPeace.
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GREENPEACE, RAZZIE DI TONNI E SQUALI NELL'OCEANO INDIANO
L'allarme, lanciato da Greenpeace, denuncia le razzie di tonni per il sushi e il commercio delle pinne di squalo; occorre monitorare con più attenzione i pescherecci che operano lo strascico. L'avvertimento è stato sollevato, mentre la nave ammiraglia degli ambientalisti, la Rainbow Warrior, è arrivata in Sri Lanka al termine di una missione di due mesi nell'Oceano Indiano per seguire la pesca del tonno e la pesca illegale nell'area. "I controlli sulla pesca del tonno devono essere rafforzati", ha auspicato Greenpeace in un comunicato.
La Rainbow Warrior è salpata da Durban, in Sudafrica, all'inizio di settembre e ha lambito le coste di Mozambico, Mauritius, Maldive e Sri Lanka. "La mancanza di una adeguata gestione e la pesca illegale nell'area, ha contribuito al crollo degli stock di tonno pinna gialla, del tonno bigeye e di tutte le specie di squalo, presi di mira per il costoso sashimi e il commercio delle pinne", ha denunciato Greenpeace, secondo la quale le comunità locali, che dipendono dalla pesca per la loro sopravvivenza, saranno gravemente colpite se non si farà qualcosa per combattere l'impoverimento delle risorse ittiche nella regione. Fonte: LaStampa Ambiente [modificato].

14 NOVEMBRE

CINA: CENSIMENTO WWF PER LE ULTIME FOCENE DELLO YANGTZE
La Cina ha dato il via al censimento delle neofocene dello Yangtze (Neophocaena phocaenoides), la sottospecie di cetacei in via di estinzione, che vive nel più lungo fiume del Paese e che i cinesi chiamano jiangzhu o "maiali di fiume". Il team che si occuperà del censimento è composto da ricercatori del Ministero dell'Agricoltura di Pechino, dell'Accademia Cinese delle Scienze e dal WWF ed è salpata l'11 novembre da Wuhan, una citta della Cina centrale, sulle rive dello Yangtze. Il censimento delle neofocene durerà 40 giorni e sarà il più completo dal 2006, quando uno studio aveva rivelato che la popolazione dei cetacei di fiume era calata a 1.800 individui, annunciando la prossima estinzione delle neofocene.
Probabilmente, oggi non restano più di mille di questi cetacei nello Yangtze e nei due laghi che forma, il Dongting e il Poyang; secondo Wang Ding, ricercatore dell'Istituto di Idrobiologia dell'Accademia Cinese delle Scienze "le neofocene potrebbero estinguersi entro 10 o 15 anni, se non saranno prese misure energiche". Il calo delle neofocene sarebbe del 6.4% all'anno e, nel lago Dongting, questi cetacei nel 2010 erano ormai ridotti a 198 individui, con un tasso medio annuo di riduzione ancora più alto: 7.9%. Fonte e news integrale: GreenReport.
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IL DILUVIO DIMENTICATO DELLA NIGERIA. 2 MILIONI DI PERSONE SOTTO IL FANGO
Il recupero dei mezzi di sussistenza delle popolazioni e il ripristino delle infrastrutture nigeriane, colpite dalle recenti inondazioni, le peggiori degli ultimi 50 anni, secondo le ONG umanitarie richiederanno, se andrà bene, più di 6 mesi solo per tornare ad una precaria normalità. La National Emergency Management Authority (NEMA), dice che in Nigeria, tra luglio ed ottobre, le alluvioni, che sono diventate un vero e proprio diluvio diffuso, hanno colpito più di 7 milioni di persone, circa 2.1 milioni delle quali sono state costrette ad abbandonare le loro case, mentre i morti accertati sono stati 363. Solo la scorsa settimana, il presidente Goodluck Jonathan ha promesso stanziamenti per 110 milioni di dollari ai 33 Stati colpiti dalle inondazioni, ed ha messo in piedi un comitato di soccorsi e di recupero, fatto una colletta per raccogliere fondi per le popolazioni sinistrate, ma ha dichiarato lo stato di emergenza con grande ritardo e, secondo diverse ONG, il governo centrale ha tardato a dare risposte ed ha ostacolato il coordinamento dei soccorsi e degli interventi. Le coordinatrice umanitaria di Oxfam in Nigeria, Deirdre McArdle, ha sottolineato all'agenzia umanitaria dell'ONU Irin: "Non abbiamo mai conosciuto una catastrofe di una tale ampiezza. È difficile trovare delle partnership in grado di far fronte alla situazione. Le valutazioni sono state ritardate. L'ampiezza della crisi è enorme [...] Non abbiamo dati sufficienti e questo perché nessuno sa quante persone sono state colpite [...] C'è una mancanza di conoscenze tecniche sugli interventi di urgenza". Fonte e news integrale: GreenReport.

13 NOVEMBRE

GHIOZZO E CORALLI CONTRO LE ALGHE
Offronsi vitto e alloggio in cambio di pulizia (e protezione). La richiesta viene dai coralli del genere Acropora, che per difendersi dall’invasione delle alghe hanno trovato alleati affidabili: i ghiozzi, pesci diffusi nei mari di tutto il mondo. Come spiega uno studio pubblicato su Science e condotto da Danielle L. Dixson e Mark E. Hay del Georgia Institute of Technology, in Usa, tra coralli e pesci si è instaurata una specie di salda amicizia fondata sul reciproco aiuto. Rimuovendo le alghe che crescono sui coralli, i ghiozzi proteggono i loro ospiti dai competitori e ottengono in cambio cibo e rifugio.
Le barriere coralline non se la passano bene. La pesca senza controllo che rimuove specie chiave per l’equilibrio degli ecosistemi, l’inquinamento, il riscaldamento degli oceani, l’acidificazione, il diffondersi di malattie nelle comunità vegetali e animali sono tutti fattori che stanno contribuendo al loro declino. I dati parlano chiaro: i coralli del Mar dei Caraibi si sono ridotti dell’80%, mentre la Grande Barriera Corallina a largo dell’Australia è oggi la metà della sua estensione originaria. A godere di questa situazione sono le alghe che, approfittando dello stress cui sono sottoposti i coralli, si riproducono indiscriminatamente: un problema da non sottovalutare, dal momento che le alghe trasmettono malattie e creano condizioni ambientali locali proibitive per la crescita dei coralli.
Ma questi ultimi non stanno a guardare. A largo delle Isole Fiji, gli Acroporanasuta hanno trovato validi alleati nella lotta ai loro nemici naturali. Non appena entrano in contatto con le alghe tossiche della specie Chlorodesmis fastigiata, o semplicemente con i loro estratti chimici, questi coralli emettono molecole odorose che attraggono i ghiozzi Gobidon histrio e Paragobidon enchinocephalus. Attirati dall’odore, i pesci si mettono subito all'opera rimuovendo le alghe dalla superficie dei coralli, un'operazione che riduce notevolmente i danni altrimenti causati dalla C. fastigiata. In cambio, ottengono cibo e riparo. Per i G. histrio, poi, la simbiosi porta un altro vantaggio. Questi pesci sono insensibili al veleno dell'alga e possono permettersi il lusso di mangiarla: così facendo, rendono le loro secrezioni epidermiche più nocive, tenendo alla larga i predatori che vogliono evitare intossicazioni.
Questa relazione simbiotica, spiegano i ricercatori, è simile a quella che si verifica sulla Terra tra termiti e acacie: le piante offrono agli insetti cibo e rifugio in cambio di protezione da predatori e competitori. Inoltre, quella tra coralli e ghiozzi potrebbe non essere l’unico esempio di alleanza contro le alghe. La pressione esercitata dalla loro crescita incontrollata, in effetti, potrebbe aver spinto (o spingerà) molti coralli a cercare altri aiuti esterni per vincere la competizione. Fonte: GalileoNet.
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NEWS CEDIFOP: DECADE L'OBBLIGO DI 'NULLA OSTA' PER LAVORARE IN UN PORTO DIVERSO DA QUELLO DI ISCRIZIONE
Finalmente una notizia buona! Con comunicato dell’11 Ottobre 2012 del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, decade con effetto immediato, l’obbligo di richiedere il Nulla Osta per operare in un porto diverso da quello di Iscrizione al locale Registro Sommozzatori. Cosi come si legge nel comunicato, la decisione di revocare l’obbligo della richiesta del nulla osta, è il risultato degli "effetti prodotti dai recenti prevedimenti legislativi in materia di liberalizzazione", fermo restando l’obbligo dell’iscrizione al Registro Sommozzatori, che rimane invariato, "in quanto disposta a tutela della salute e della sicurezza nel lavoro dei singoli lavoratori subacquei".
Quindi, l’iscrizione presso una qualsiasi Capitaneria di Porto sul territorio nazionale, è considerata abilitante per operare in qualsiasi porto in Italia. Bisogna notare però che questa importante decisione, che permette agli OTS di operare in tutti i porti, facendo loro risparmiare la dovuta marca da bollo obbligatoria per il rilascio del "vecchio" Nulla Osta, era già prevista nella proposta legislativa n. 2369 "Disposizioni concernenti le attività professionali subacquee e iperbariche" presentata al parlamento il 7 aprile 2009, dove all’articolo 1. Ambito di applicazione, si legge: "La presente legge si applica alle attività lavorative subacquee e iperbariche svolte a fini economici e industriali nell'ambito:

Ma la "sicurezza nel lavoro dei singoli lavoratori subacquei" non viene ancora tutelata al di fuori delle aree portuali (ad eccezione di alcune aree tutelate da singole ordinanze delle Capitanerie di Porto locali), sia in inshore che offshore e nelle acquee interne, cioè fiumi, laghi ecc. (che non ricadono sotto la competenza delle Capitanerie, ma sono di pertinenza della Motorizzazione Civile) dove ancora non solo il rischio di incidenti, ma spesso incidenti anche gravi, ci fanno ricordare che c'è e pesa l'assenza di una legislazione specifica nel settore.

12 NOVEMBRE

WWF A ICCAT, NON AUMENATRE LE QUOTE TONNO, INTANTO FEDERCOOPESCA-CONFCOOPERATIVE VOGLIONO DI NUOVO GLI AEREI
Garantire un futuro al tonno rosso rispettando le quote previste dal piano di gestione, che ha permesso un recupero della specie. Lo chiede il WWF alla Commissione Internazionale per la Conservazione del Tonno dell'Atlantico e del Mediterraneo (ICCAT), che da oggi fino al 19 novembre è riunita ad Agadir, in Marocco. "Lo stock di tonno è in aumento, ma basta poco per farlo ripiombare in una condizione di instabilità e rischio", avverte Marco Costantini, responsabile mare del WWF Italia. "Quest'anno gli scienziati dell'ICCAT hanno detto chiaramente che le quote di pesca non devono aumentare per consentire al tonno rosso di recuperare pienamente nel prossimo decennio. Noi invitiamo le parti contraenti dell'ICCAT ad attenersi a questa raccomandazione".
Nel dettaglio, le richieste del WWF alla Commissione sono cinque: estendere le attuali misure di gestione, comprese le quote e le stagioni di pesca, al periodo 2013-2015; rafforzare l'attuale capacità di riduzione della flotta per portare la capacità reale di pesca a livelli sostenibili, da parte dello stock; proseguire la lotta alla pesca illegale; prevedere l'obbligo per gli allevamenti di tonno di registrare le dimensioni, al momento della raccolta di tutti i singoli pesci e di presentare le informazioni all'ICCAT; sviluppare nuovi metodi che portino a una valutazione degli stock nel 2015 molto più affidabile dell'odierna. Fonte: Ansa.
Ricordiamo che recentemente le stime dell'ICCAT relative alle popolazioni di tonno rosso sono state riviste in positivo e, naturalmente Federcoopesca e le altre associazioni, si sono subito" buttate a pesce", è il caso di dirlo. Ricordiamo come Federcoopesca e le altre associazioni di categoria hanno sempre contestato le stime ICCAT quando erano al ribasso, ora invece sono considerate attendibili; ecco le affermazioni di Federcoopesca-Confcooperative: "Dopo anni di sacrifici imposti a nostri operatori, lo stato degli stock ci consente di pensare a qualcosa di diverso". Ed ecco le cinque proposte di Federcoopesca-Confcooperative:

"Queste richieste non sono solo condivise dagli operatori, ma anche del Senato della Repubblica, che in una risoluzione adottata nell’aprile scorso, impegna il Governo in questa direzione. Lo stesso RAC Mediterraneo ha ribadito tutto ciò in un parere adottato nello scorso mese di ottobre" precisa la Federcoopesca. La parola passa ora al ministro Catania "al quale rassegniamo le nostre richieste, confidando nel suo autorevole sostegno” conclude l’associazione.
Dunque, ancora una volta, le Associazioni di categoria mostrano i loro limiti in tema di gestione delle risorse e degli stock ittici. Sarebbe ora, forse, di un cambio deii vertici, in modo tale da affrontare e conciliare, senza nascondersi, i temi dei pescatori e quelli della corretta gestione delle risorse ittiche.
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IL VERO MISTERO DELLE PROFONDITÀ OCEANICHE
Da sempre, l’uomo ha avuto un rapporto misto di curiosità e paura verso le profondità del mare. Antiche leggende e mostri marini sono l’emblema di quanto poco sappiamo di ciò che esiste negli abissi marini. Le profondità oceaniche rappresentano uno dei più grandi ambienti del pianeta, con numerose forme di vita e organismi che vivono anche in condizioni estreme e quasi fantascientifiche. Negli ultimi anni, le esplorazioni dei fondali oceanici, hanno portato alla luce le misteriose creature di queste profondità, come meravigliosi crinoidi, molluschi bioluminescenti, gamberetti che vivono in simbiosi con batteri anaerobi, etc.
Dal punto di vista evolutivo, la presenza di questi strani organismi, ha portato gli studiosi a pensare alle profondità oceaniche come ad un ambiente di rifugio per antichi gruppi, esiliati in questi luoghi dalle acque più superficiali a causa della competizione con altri organismi superiori. Grazie ad orologi molecolari e a modelli biogeografici (Smith and Stockley, 2005, Wilson 1999) gli studiosi hanno stimato l’origine della fauna abissale moderna verso la fine del Cretaceo – inizio del Cenozoico (circa 70 – 50 milioni di anni fa), con l’idea che i famosi eventi di anossia del fondale, avvenuti più volte nel Cretaceo, abbiano ripetutamente estinto le faune precedenti e provocato fenomeni di ricolonizzazione da parte dei gruppi moderni.
Attualmente, le comunità bentoniche abissali sono generalmente dominate dagli echinodermi (ricci di mare, stelle marine, crinoidi, etc..), in particolare ofiure (stelle serpentine) e oloturie (cetrioli di mare). Il ritrovamento di questi animali come fossili a partire da strati di mare profondo del Cretaceo superiore, sembrava dare ragioni agli orologi molecolari. Pochi giorni fa, però, una nuova associazione fossilifera di mare profondo, descritta da Thuy et al. (2012), ha ribaltato le precedenti ipotesi, predatando l’origine delle comunità abissali marine. Thuy et al. 2012 descrivono una comunità bentonica abissale risalente al tardo Aptiano – inizio Albiano (circa 114 milioni di anni fa), rinvenuta vicino alla Florida, nella parte ovest dell’Atlantico. I fossili di Blake Nose (questo il luogo del ritrovamento) appartengono a numerosi gruppi di echinodermi, tra cui oloturie, ofiure, stelle marine e ricci di mare, tipici delle faune abissali attuali. La presenza di una comunità abissale già così ricca nel Cretaceo inferiore, implica una colonizzazione di tale zona da parte della fauna moderna più antica di quanto precedentemente ipotizzato. L'associazione fossilifera di Blake Nose è datata a dopo il primo grande evento di anossia dell’Albiano (datato a circa 124 milioni di anni fa), ma a prima del secondo grande evento del Cenomaniano (circa 93 milioni di anni fa) e dell’ancor più recente abbassamento delle temperature post Eocene (circa 34 milioni di anni fa).
A questi eventi erano stati attribuiti fenomeni di estinzione locale o estesa della fauna abissale pre – moderna e, quindi, la successiva colonizzazione da parte dei gruppi odierni, provenienti da aree a minor profondità. La scoperta di questi fossili, dunque, indica che questi eventi hanno avuto un effetto limitato sulla biodiversità abissale, rispetto a quanto si pensava prima. Dunque, l’origine della fauna bentonica abissale moderna deve essere ricercata in sedimenti più antichi del tardo Aptiano (circa 114 milioni di anni fa). Gli autori ipotizzano che il vero evento che avrebbe innescato la colonizzazione degli abissi, da parte delle forme moderne (provenienti da ambienti di mare più basso), possa essere ricercato nell’estinzione di massa di fine Permiano (il più devastante effetto di estinzione di massa della storia della Terra) che, accompagnato da successivi episodi anossia e di collasso della produttività primaria, avrebbe lasciato campo ai gruppi abissali odierni, eliminando le forme precedenti. Fonte: PIkaia, a cura di Marco Castiello. Originale: PlosOne.
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I BATTERI MARINI VERI CONTROLLORI DEL CICLO DELL'AZOTO E DEL CARBONIO
I microrganismi marini eterotrofi influenzano i cicli del carbonio e dell’azoto, più di tutte le foreste del mondo messe insieme. La produttività di questi batteri, tuttavia, dipende dai livelli di turbolenza delle acque, un fattore che finora era stato erroneamente considerato irrilevante. Per definire modelli quantitativi più affidabili dei cicli del carbonio e dell’azoto, su scala globale, è necessaria un'analisi più approfondita delle capacità di assorbire nutrienti da parte dei microrganismi marini, in funzione delle turbolenze che caratterizzano le acque in cui essi vivono. È la conclusione a cui è giunto uno studio pubblicato su Science, che confuta uno dei presupposti su cui questi modelli si basano. I microrganismi marini influenzano le dinamiche ambientali in modo fondamentale, attraverso il controllo della biogeochimica e della produttività degli oceani.
In media, un millilitro di acqua di mare contiene un milione di batteri eterotrofi che svolgono un ruolo ecologico essenziale, decomponendo dal 35 all’80% della produzione primaria netta dell’oceano, per convertirlo in forma di particolato disponibile per il consumo da parte di organismi più grandi. Di fatto, gli effetti cumulativi dell’azione di questi esseri unicellulari, influenzano i cicli del carbonio e dell’azoto, più di quanto non facciano tutti gli animali superiori o addirittura tutte le foreste.
La valutazione di questi effetti è però difficile, perché nella costruzione dei modelli che riguardano i cicli del carbonio e dell’azoto, vengono fatte alcune assunzioni che fino a oggi era difficile verificare, la più impegnativa delle quali riguarda la distribuzione negli oceani dei nutrienti necessari ai microrganismi, considerata sostanzialmente omogenea. In realtà, le sostanze nutrienti non sono affatto ugualmente distribuite nelle acque oceaniche, ma si diffondono a partire da numerosi "punti caldi".
Nello scenario finora ipotizzato, le turbolenze degli ambienti marini erano viste solamente come un fattore di rimescolamento e omogeneizzazione della densità dei nutrienti, sostanzialmente privo di rilevanza sulla capacità di assorbimento di sostanze nutritive e, quindi, sulla produttività dei microrganismi marini. Ora, uno studio condotto da John Taylor dell’Università di Cambridge e da Roman Stocker del Massachusetts Institute of Technology, attraverso un'ampia gamma di simulazioni numeriche, indica invece che le turbolenze dell’acqua influenzano significativamente il comportamento alimentare e la produttività dei microrganismi marini e, in particolare, di quelli che sono in grado di avere una propria mobilità, che tendono a spostarsi seguendo i "filamenti" di nutrienti, che si creano lungo le linee di turbolenza. Per comprendere appieno l’impatto di questo cambiamento di prospettiva, osservano gli autori, è però necessario sviluppare e approfondire nuovi strumenti concettuali, a partire da una teoria del foraggiamento microbico ottimale, in un ambito marino caratterizzato da complessi gradienti di sostanze nutritizie. La possibilità di arrivare a questo risultato – aggiunge Stocker in un secondo articolo di accompagnamento al primo – è oggi aperta dalla disponibilità di nuovi strumenti che, a partire dalla microscopia a forza atomica, stanno permettendo ai ricercatori di controllare in modo sempre più dettagliato singole cellule e ambienti alle micro-scale, mettendo anche in luce l’organizzazione spaziale dei microbi marini. Fonte: Liquidarea.

10 NOVEMBRE

INFELICE AFFERMAZIONE DI MILANA SU QUOTE TONNO ROSSO
Infelice affermazione di Milana, vice presidente della Commissione Pesca del Parlamento Europeo: "se si dovesse addivenire ad un aumento della quota di tonno rosso, ritengo che questo debba essere destinato ad eliminare strumenti di pesca troppo invasivi". informando della decisione del coreper "di dare mandato alla Commissione Europea a negoziare in sede ICCAT un possibile aumento delle tonnellate di quote di tonno rosso pescato, fissando il margine della trattativa tra le attuali 12.900 tonnellate e le 13.500 tonnellate". "In particolare - suggerisce il vicepresidente della Commissione Pesca del Parlamento Europeo - propongo di destinare l'eventuale aumento di tali quote alla pesca con palangari, in sostituzione di alcune reti assimilabili alle cosiddette 'derivanti'. Ricordiamo, per inciso, che le reti derivanti sono illegatli e l'Italia è stata pesantemente sanzionata per il 'mantenimento' di tale strumento. Dunque la proposta suona così: "dateci più tonni, avrete meno reti illegali".

09 NOVEMBRE

ARRIVA IN LATTINA IL TONNO SOSTENIBILE, PESCATO CON LA CANNA
Arriva nei supermercati il tonno in lattina con la dicitura "100% di sostenibilità e di qualità". Si tratta di tonno pescato esclusivamente con il metodo a canna (tecnica Pole&Line), che consente di catturare individualmente ciascun tonno, eliminano i danni derivanti dalla pesca accidentale di altre specie. A metterlo in commercio in scatolette da 80 gr. in cluster da 3 è Mareblu; si tratta della varietà Skipjack "tonno striato" in olio di oliva. Da novembre sarà in vendita in tutti i negozi Esselunga e con il 2013 sarà presente in tutta la Grande distribuzione. Mareblu, spiega che "La nuova certificazione 'pescato a canna' (che si affianca a quella "Dolphin Safe" presente su tutte le confezioni di tonno Mareblu) è frutto dell'iter avviato dall'azienda nell'ambito della responsabilità sociale di impresa, che vede nella tutela del consumatore e dell'ecosistema marino i due cardini fondanti del proprio impegno".
Il tonno 'pescato a canna' rappresenta un passo avanti del piano della sostenibilità di Mareblu che, dal 2012, vede anche la collaborazione con Legambiente: "Entro la fine del 2016 Mareblu si impegna a commercializzare il 100% dei propri prodotti con materia prima ottenuta con i metodi di pesca Pole&Line e reti a circuizione senza uso di FADS su banchi liberi (free school). Inoltre, a partire dal 2013, l'approvvigionamento avverrà in via preferenziale da navi che siano monitorate dalla presenza costante di osservatori qualificati a bord,o e che trattengano il 100% delle catture accessorie a bordo, in modo da poterne misurare il quantitativo e verificarne la composizione. Un ulteriore impegno sulle catture accessorie prevede una quota massima pari al 5% nel 2013, e pari al 3% nel 2014". Fonte e news integrale: GreenReport.
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DUE NUOVE COLONIE DI PINGUINO IMPERATORE
La lunga marcia dei pinguini imperatore prosegue, sempre più a Sud, dove tutto l’anno è un grande inverno bianco che si può superare soltanto restando uniti. La lotta per la sopravvivenza dei pinguini imperatore dell’Antartide, si sta rivelando vincente, a dispetto della rottura, nel 2010, del ghiacciaio Mertz, un distacco che ha modificato profondamente il loro habitat, portando il ghiacciaio a frantumarsi in un caos di piccoli iceberg e di ghiacci marini. Laddove l’uomo fa fatica ad arrivare, sono state scoperte due nuove colonie di pinguini imperatore. Il dottor André Ancel ed il dottor Yvon Ancel dell'Institut Pluridisciplinaire Hubert Curien di Strasburgo, hanno individuato 6.000 piccoli pinguini a 250 km dalla Dumont d’Urville Station. Dal momento che ogni coppia può crescere solo un pulcino ogni anno, secondo i ricercatori ci sarebbero almeno 8.500 coppie nell’area, una popolazione tre volte superiore alle stime.
Le due nuove colonie sono state individuate all’inizio di novembre, sul mare ghiacciato che circonda i resti del ghiacciaio Mertz, da cui si è staccato un muro di ghiaccio di grandi dimensioni che misura 80 km di lunghezza, 40 km di larghezza e 300-400 m di spessore. Secondo i biologi, si tratta di due sotto-popolazioni della colonia di Mertz che, dopo il distacco del ghiacciaio, stanno cercando di insediarsi in habitat più favorevoli. Nella prima colonia si contano circa 2.000 piccoli di pinguino e nella seconda circa 4.000. Nel corso degli ultimi tredici anni tutti i tentativi degli esploratori francesi di localizzare gli uccelli non era riuscito, a causa delle condizioni meteorologiche invernali estreme e dello scioglimento, in estate, dei ghiacciai in cui gli imperatori si riproducono. Quest’anno, grazie ad una serie di fattori ambientali e logistici favorevoli, con l’ausilio di un elicottero, i ricercatori sono riusciti ad identificare le colonie. Fonte: Ecoblog [note di BiologiaMarina.eu: secondo alcune fonti, le due colonie erano gia censite, poiché trattasi di sotto-popolazioni derivate da una più grande e dunque gia nota].
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IL CORALLO E LA SUA GUARDIA
Quando i coralli sono minacciati chiedono aiuto a un pesce, che prontamente accorre in loro difesa. Lo ha dimostrato una ricerca condotta da due biologi del Georgia Institute of Technology, Danielle L. Dixson e Mark E. Hay, che ne riferiscono in un articolo pubblicato su Science. La ricerca è stata effettuata nell'ambito di un studio a lungo termine che ha come obiettivo la comprensione di questi ecosistemi minacciati, nel tentativo di chiarire i rapporti con le altre specie animali e vegetali che abitano le barriere coralline. Da tempo è nota l'importanza di alcune specie di pesci per il benessere dei coralli e, in particolare, di diversi gobidi – più noti come ghiozzi - che trascorrono la loro esistenza negli anfratti corallini, ricevendo protezione dai predatori e contribuendo a eliminare potenziali minacce ai coralli.
Nello specifico, i ricercatori hanno potuto determinare i rapporti fra i coralli appartenenti alla specie Acropora nasuta, importante per gli ecosistemi delle barriere perché cresce rapidamente e fornisce gran parte della loro struttura, e due specie di gobidi, Gobiodon histrio e Paragobiodon enchinocephalus, allestendo una serie di esperimenti per osservare modi e tempi dell'intervento di queste specie ittiche quando il corallo è sottoposto a una minaccia. A questo scopo hanno deposto sul corallo diversi filamenti di Chlorodesmis fastigiata, un'alga infestante che sempre più spesso si osserva nelle formazioni coralline, su cui ha una spiccata azione tossica. Fonte e news integrale: LeScienze.
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CATANIA E IL CEMENTO, LA STORIA INFINITA DEL CENTRO COMMERCIALE SUL MARE
Nel 2009, il Quotidiano di Sicilia pubblicò un'inchiesta di Antonio Condorelli che rivelava che il progetto "Viabilità di scorrimento Europa-Rotolo" comporterà "400 mila metri cubi di sbancamento a 10 metri sul livello del mare, 56 mila metri quadri di centro commerciale e 48 mila mq di parcheggi a pagamento, spalmati tra una strada che doveva essere una via di fuga antisismica e un pezzo di costa lungo 1200 metri, in concessione per 38 anni ad un gruppo imprenditoriale". Il 31 luglio dello stesso anno, 13 associazioni catanesi, molti cittadini, professionisti, tecnici e docenti rivolsero un appello agli organi di informazione, alla cittadinanza ed alle istituzioni perché tutto questo non venisse realizzato.
Il progetto venne ulteriormente esaminato e l'8 febbraio 2010, partì un'altra lettere nella quale le associazioni ambientaliste e civiche catanesi argomentarono più approfonditamente le loro forti perplessità, scrivendo che "Il progetto così come ideato, originariamente quale viabilità di scorrimento per motivi di protezione civile, alla quale venne associata una vasta area commerciale al fine di poterlo realizzare in project financing, avrebbe comportato: il cambiamento di finalità della strada V.le De Gasperi, che da prevista viabilità di scorrimento, sarebbe diventata copertura di un centro commerciale, perdendo quindi le sue finalità a servizio della sicurezza in caso di terremoto, per diventare una strada di accesso o di avvicinamento al sottostante centro commerciale ed ai vari parcheggi, alcuni interrati; l'aumento del traffico veicolare ed incremento della quantità complessiva di cittadini che in caso di pericolo avrebbero abbandonato l'area con conseguente riduzione del livello complessivo di sicurezza; l'annullamento dell'unicità del borgo marinaro di San Giovanni Li Cuti, attualmente separato tramite il lungomare dalla città, con due soli ingressi, mentre col progetto sarebbe stato integrato al centro commerciale essendovi una fusione completa fra il centro ed il borgo; la la modifica della visione prospettica del Borgo di San Giovanni Li Cuti, dai punti di visuale del Lungomare (V.le Ruggero di Lauria); la trasformazione del Lungomare in percorso commerciale e in copertura trasparente dei negozi sottostanti, con conseguente perdita della sua attuale funzione di percorso ambientale, di jogging, di relax; la polarizzazione delle attività commerciali verso il lungomare e le aree limitrofe a discapito delle attività commerciali poste lungo le strade interne della città come Corso Italia o Via Gabriele D'Annunzio; inaccettabile in un contesto, quale l'hinterland catanese, caratterizzato da un'ipertrofia di centri commerciali, ed a maggior ragione in un periodo, quale quello attuale, contraddistinto da una grave congiuntura economica; la disgregazione della scogliera lavica e delle relative grotte in corrispondenza di Piazza Tricolore a causa della realizzazione di un altro grande parcheggio interrato la cui costruzione per dimensioni e posizione avrebbe indebolito la coesione fra le varie colate nella fascia rimanente fra il parcheggio ed il mare; la mancanza di una pianificazione complessiva che potesse contemperare ed integrare le diverse esigenze di quell'area della città col resto della pianificazione urbana". Fonte e news integrale: GreenReport.

08 NOVEMBRE

IL PROGETTO AIRON PER SALVARE I TURSIOPI DI PORTOFINO
Circa un anno fa, nell'Area Marina Protetta di Portofino, ha preso il via il progetto Life+ ArionSystems for Coastal Dolphin Conservation in the Liguria Sea, per la conservazione dei tursipi (Tursiops truncatus) nel quale, oltre all'Amp, sono coinvolte l'Università di Genova (Dipartimenti di Fisica e di Biologia della Facoltà di Scienze), la Capitaneria di Porto e la Softeco, una società genovese che si occupa di software. L'AMP di Portofino è stata scelta in quanto è un corridoio ecologico ideale per la presenza concomitante di una popolazione residente di tursiopi e di una forte attività antropica. Life+ Arion è nato con l'obiettivo principale di "Contribuire efficacemente alla conservazione e valorizzazione del delfino costiero (tursiope), si propone di utilizzare strumenti che possano contribuire alla gestione delle interazioni tra la specie e le attività nautiche, coerentemente con le finalità delle Aree Marine Protette (AMP) in Mar Ligure e, più in generale, del Santuario Internazionale dei Cetacei Pelagos. Questo al fine di prevenire il rischio di perdita di habitat, intesa in termini di declino del numero di individui".
"n poche parole - spiega Valentina Cappanera, una collaboratrice dell'AMP di Portofino - verranno installate sul fronte sud del Promontorio di Portofino, due boe con alcuni idrofoni che monitoreranno il passaggio dei delfini e il movimento delle barche da diporto in loro presenza. Il monitoraggio consentirà di tenere sotto controllo il comportamento dei fruitori dell'AMP ed eventualmente intervenire in caso di comportamento inadeguato". La messa a mare delle boe dovrebbe avvenire a breve, tra la metà e la fine di novembre. Il fulcro di Arion è infatti "L'implementazione di sistemi subacquei di rilevazione dei tursiopi in grado di identificare le minacce sugli stessi, prevenire collisioni ed altri rischi, diffondendo in tempo reale informazioni sulla presenza dei delfini". Fonte e news integrale: GreenReport.
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TONNO ROSSO, LA UE RESPINGE RICORSI DI ITALIA E FRANCIA
Le quote e i periodi di fermo della pesca al tonno rosso continuano a far discutere. Il tribunale dell'Unione Europea, dopo aver respinto con ordinanze i ricorsi dell'Italia e della Federazione Nazionale delle Coperative della Pesca (Federcoopesca), che chiedevano di annullare il regolamento di base della Politica Comune della Pesca, secondo il quale la Commissione Europea può adottare misure di emergenza per la conservazione degli stock ittici, ha detto no anche a due distinti ricorsi presentati dal Syndicat des Thoniers Méditerranéens (STM), da alcuni armatori di pescherecci francesi e dall'armatore Giordano, proprietario di una nave da pesca, che avevano chiesto al Tribunale dell'Unione Europea il risarcimento del danno che avrebbero subito a causa della adozione del regolamento della Commissione UE . Nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo, la pesca del tonno rosso con reti a circuizione è consentita dal 1 gennaio al 30 giugno, ma il 12 giugno 2008 la Commissione UE ha adottato un regolamento che vieta, a partire dal 16 giugno 2008, la pesca del tonno rosso da tonnare con reti a circuizione battenti bandiera della Grecia, Francia, Italia, Cipro e Malta. Il regolamento è stato dichiarato invalido dalla Corte di Giustizia il 17 marzo 2011.
La sentenza odierna dell'UE ricorda che "la responsabilità extracontrattuale dell'Unione può essere fatta valere se sono soddisfatte tre condizioni: l'illiceità del comportamento contestato all'istituzione europea, la realtà del pregiudizio e il nesso di causalità tra il comportamento e il danno. Quando una di queste tre condizioni non è soddisfatta, la richiesta di risarcimento danni deve essere respinta". Secondo il Tribunale "non è dimostrata l'esistenza di un danno effettivo e certo subito dalle tonnare: contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, l'esistenza delle quote non dà alcuna garanzia ai pescatori di pescare tutta la quota loro assegnata. In secondo luogo, il danno lamentato non ha ecceduto i limiti dei rischi economici inerenti alle attività in questo settore. Questo tipo di pesca è soggetto a limitazioni e l'arresto della pesca prima della data prevista poteva verificarsi in qualsiasi momento. Infine, anche se i diritti di pesca sono esercitati dalle tonnare, la normativa europea concede questi diritti solo a beneficio degli Stati e non fornisce ai pescatori alcuna garanzia di pescare l'intera quota che è stata loro assegnata". Quindi il Tribunale ha respinto entrambi i ricorsi e ricorda che contro questa decisione del Tribunale può essere proposta, entro due mesi a decorrere dalla data della sua notifica, un'impugnazione limitata alle questioni di diritto, dinanzi alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Fonte: GreenReport.
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SPIAGGIATO UN RARISSIMO MESOPLODONTE DI TRAVERS
Il mesoplodonte di Travers (Mesoplodon traversii), un misterioso zifide che nessun uomo ha mai visto vivo, ha fatto la sua comparsa su una spiaggia della Nuova Zelanda. Lo ha confermato su Current Biology, un team di ricercatori neozelandesi e statunitensi che grazie alle carcasse di una femmina e del suo cucciolo spiaggiati il 31 dicembre 2010 scrivono: "Per la prima volta abbiamo una descrizione dei mammiferi marini più rari e forse più enigmatici del mondo". Rochelle Constantine, uno dei coautori dello studio The world's rarest whale e ricercatore dell'Università di Auckland sottolinea che "è la prima volta che possiamo osservare esemplari interi del mesoplodonte di Travers. Fino ad ora, tutto ciò che conoscevamo su questa specie, erano tre teschi parziali raccolti in Nuova Zelanda ed in Cile, in un periodo di 140 anni. È degno di nota che non sappiamo quasi nulla di questi un mammifero di grandi dimensioni". Il frammento di cranio del Mesoplodon traversii recuperato più di recente in un'isola al largo del Cile, risaliva a 26 anni fa. Insomma, si sapeva che un cetaceo chiamato mesoplodonte di Travers probabilmente viveva nei mari del nostro pianeta, ma nessuno sapeva neppure come fosse fatto. Quando un gruppo di ambientalisti la notte di Capodanno del 2010 si è imbattuto ad Opape Beach, in Nuova Zelanda, nella femmina e nel suo cucciolo morti hanno pensato si trattasse di mesoplodonti di Gray (Mesoplodon grayi), zifidi molto più comuni ed hanno chiamato il New Zealand Department of Conservation che ha fotografato gli animali, li ha misurati ed ha raccolte e campioni di tessuto che, con i successivi test del Dna hanno portato all'eccezionale scoperta di due veri e propri fantasmi del mondo animale. Solo allora i ricercatori hanno riesumato i resti dei due rarissimi zifi per condurre ulteriori test.
"Quando questi esemplari sono arrivati nel nostro laboratorio - spiega Constantine - abbiamo estratto il Dna come siamo soliti fare per i campioni come questi, e siamo rimasti molto sorpresi di scoprire che erano zifi di di Travers. Abbiamo rifatto le analisi un paio di volte per essere sicuri e prima di renderlo noto a tutti". Gli scienziati non sanno perché questi cetacei siano così sfuggenti. "Può darsi che sia semplicemente una specie che vive in mare aperto e muore nelle acque oceaniche profonde e, solo raramente, arriva a terra - spiega Rochelle Constantine -. Fonte e news integrale: GreenReport.

07 NOVEMBRE

CARCASSA DI SQUALO AL PORTO DI BRINDISI

Squalo al porto di Brindisi

La carcassa di uno squalo di oltre 200 chili, è' stata trovata da militari della Guardia Costiera nel porto interno di Brindisi. Secondo quanto accertato, con l'ausilio degli esperti del servizio veterinario della ASL, l'animale sarebbe stato ucciso dalle eliche di una nave. Presenta infatti profondi tagli ed è privo della pinna caudale. Il ritrovamento è' stato fatto durante controlli disposti per scovare pescatori di tonno rosso. Fonte: Ansa. Credit immagine: Ansa.
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GRANDE SQUALO BIANCO CATTURATO A TAIWAN

Sqaulo bianco Taiwan

Catturato un grande esemplare di squalo bianco (Carcharodon carcharias) nelle acque di Fengbin Township (Hualien County), Taiwan (foto 1). La cattura è stata effettuata a soli 300 metri dalla linea di costa. L'esemplare catturato, 5 metri di lunghezza per 1.286 Kg, frutterà al pescatore circa 3.400 dollari, poiché la richiesta di carne di squalo, a Taiwan è ancora alta, soprattutto nel nord del paese. La cattura risale al 2 novembre scorso, e segue di pochi giorni due casi analoghi; la cattura di un grande squalo bianco sempre a Taiwan (foto 2), lungo circa 6 metri, e di un piccolo di squalo balena (foto 3), nelle acque di Fujian; entrambe le catture risalgono al 22 ottobre.

Sqaulo balena catturato
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ALTRI SEQUESTRI DI SPADINI
Ancora sequestro di piccoli di pesce spada. Non se ne potrebbero pescare, in questo periodo, neanche di adulti, ma per il motopesca di Taranto la cosa non era un problema. La Guardia Costiera è però intervenuta bloccando l’imbarcazione al rientro da una battuta di pesca, nel porto di Taranto. A bordo aveva 19 piccoli di pesce spada e tre di tonno rosso. Il motopesca era autorizzato alla pesca da posta e con il palangaro. Per il comandante del motopesca, nonchè proprietario dello stesso, la denuncia all’Autorità Giudiziaria e l’avvio dell’iter amministrativo sulla decurtazione dei punti della licenza di pesca. Pesca selvaggia, la definisce la Capitaneria di Porto di Taranto ma altresì pesca diffusa considerando gli ormai numerosi sequestri ai danni di piccoli di pesce spada ed in minor misura di tonno rosso. Pesce spada che arriva a pesare così al massimo pochi chili, contro la quasi mezza tonnellata di un animale adulto. Fonte: GeaPress.
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200 ESEMPLARI DI Pinna nobilis SOTTO IL RELITTO DELLA COSTA CONCRDIA
Come tutti sappiamo, la grande nave da crociera Costa Concordia giace su un fianco poco distante dal porto dell'Isola del Giglio. Qualche mese fa, alcuni biologi marini dell'Università La Sapienza di Roma, in seguito alla scomparsa di un discreto appezzamento a Posidonia marina, causata dall'ombra della grande nave, hanno rinvenuto circa 200 esemplari di Pinna nobilis, il più grande bivalve del Mediterraneo, che può vivere sino a 20 anni. Ora, in seguito alle operazioni di recupero che sono previste a breve, tutti gli esemplari sono stati rimossi dai sub coordinati dal biologo Andrea Belluscio, che hanno provveduto a trasferire i grandi molluschi in un'area protetta dove potranno essere monitorati. Pinna nobilis è ormai abbastanza rara nelle nostre acque, colpa il prelievo degli anni passati e la distruzione del suo habitat.

06 NOVEMBRE

PARTE OGGI LA CAMPAGNA OPERAZIONE TOLLERANZA ZERO CONTRO IL GIAPPONE
Ha preso il via oggi l'Operazione Tolleranza Zero del gruppo ambientalista radicale Sea Shepherd, paladino delle balene e di altre specie minacciate, che ogni estate australe ostacola con operazioni di guerriglia la flotta baleniera giapponese nell'Oceano Antartico. L'assenza del leader, Paul Watson, ricercato dall'Interpol, non impedisce ai suoi compagni di attuare la campagna 2012. La nave ammiraglia Steve Irwin, è partita oggi dal porto di Melbourne, per ricongiungersi in mare con le altre tre navi fra cui la Brigitte Bardot, con a bordo otto gommoni, un elicottero, tre droni e oltre 100 manifestanti-marinai. La campagna di quest'anno, la nona della serie, comincia presto: invece di duellare con le baleniere nipponiche nel Santuario delle Balene nell'Oceano Antartico, la flotta le affronterà nel Pacifico settentrionale, al largo del Giappone. "È ora di fare battaglia nel nord ed è ora di dimostrare ai giapponesi che in questa stagione non potranno uccidere neanche una balena", scrive sul sito dell'organizzazione lo stesso Watson, ricercato dal Costarica in seguito a un incidente legato a una campagna contro la pesca degli squali. La scorsa estate il Giappone era stato costretto a interrompere prematuramente la caccia 'scientifica' ai grandi cetacei a causa delle azioni di disturbo di Sea Shepherd, dopo aver catturato appena 172 balene, un quinto della quota prefissata. Fonte: Ansa [modificato].
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A RISCHIO FONDI COMUNI PER LA PESCA
"Sono a rischio i fondi dell'Unione Europea per il settore della pesca". È l'allarme lanciato dall’Alleanza delle Cooperative Italiane (AGCI Agrital, Federcoopesca-Confcooperative, Lega Pesca-Legacoop) all'indomani della presentazione della proposta avanzata dalla Presidenza cipriota del Consiglio della UE, in vista della riunione straordinaria del 22 e 23 novembre dei capi di Stato e di governo che dovranno decidere il quadro finanziario pluriennale dell'Unione per il periodo 2014-2020. Nel documento della Presidenza non vengono allocate risorse per il nuovo Fondo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP), e ci si limita ad indicare che la dotazione dovrà essere individuata all'interno della Rubrica 2 relativa per larghissima parte alle spese per la politica agricola comune.
Da ricordare, sottolinea l’Alleanza, che la Commissione Europea ha chiesto per il FEAMP uno stanziamento pari a 6.5 miliardi di euro per l'intero periodo di programmazione 2014-2020, di cui circa il 10% sarebbero stati destinati all'Italia. L’Alleanza delle Cooperative Italiane chiede l'intervento del Governo per assicurare al settore della pesca nei prossimi anni risorse finanziarie adeguate per garantire la continuità produttiva delle imprese e la vitalità socio-economica delle comunità costiere più dipendenti dal settore.
L'incontro, giovedì prossimo a Roma, del ministro Catania con la Commissaria UE alla pesca, Maria Damanaki, costituisce un'occasione da non mancare per riaffermare con forza i bisogni e le richieste che giungono dalla filiera ittica. La dotazione richiesta dalla Commissione è di per sé insufficiente ad accompagnare l'attuazione dei drastici cambiamenti preannunciati dalla riforma della Politica Comune della Pesca, anche perché l'ambito di applicazione del nuovo FEAMP riguarderà tutti gli interventi della Politica Marittima Integrata (PMI) dell'Unione Europea. Sarà per questo necessario non solo puntare ad un incremento della dotazione, ma anche alla definizione di chiari e trasparenti criteri di ripartizione che non vedano penalizzata la pesca rispetto agli altri settori che vantano un peso economico ben maggiore. "Senza stanziamenti adeguati verrà meno la possibilità di attuare una riforma della Politica Comune della Pesca più ambiziosa ed efficace anche in termini di conservazione degli stock ittici. Inoltre, verrebbero compromessi gli importanti risultati per l'Italia che, grazie all'azione del ministro Catania, sono stati raggiunti in seno al Consiglio del 24 ottobre scorso sulla proposta di regolamento riguardante il FEAMP" afferma l’Alleanza. Fonte: Aiol.

05 NOVEMBRE

SQUALI, NUMERO SPECIALE DELLA RIVISTA BRAIN, BEHAVIOR AND EVOLUTION
Numero speciale di Brain, Behavior and Evolution dedicato ai pesci cartilaginei, con particolare riferimento al sistema nervoso di squali e razze. Emergono, tra le tante informazioni, dettagli relativi al cervello dello squalo bianco, che dispone di grandi aree dedicate alla percezione visiva. Secondo l'autrice, K. Yopak, sarebbe dunque molto utile puntare allo sviluppo di nuovi sistemi di dissuasione di tipo visivo, piuttosto che quelli elettromagnetici attualmente in uso, poiché la vista svolgerebbe il ruolo principale, almeno in determinate condizioni. Dunque, dipingere la sagoma di un serpente marino velenoso su un lato della tavola da surf, oppure sui galleggianti delle gabbie antintrusione, potrebbe risultare particolarmente utile per evitare attacchi, che di solito, almeno nel caso dello squalo bianco, possono risultare particolarmente pericolosi.
I contenuti del numero speciale, con alcuni articoli in formato pdf, psono disponibili qui.
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ALLUVIONE LIGURIA E TOSCANA, UN ANNO DOPO.....46 ANNI DOPO
Il 4 novembe è stato un doppio anniversario, quello della drammatica alluvione che 46 anni fa colpì Firenze e gran parte della Toscana e, quello altrettanto drammatico, dell'alluvione dello scorso anno, che colpì la Liguria e, dieci giorni prima, la Toscana.
A Firenze, presso la Biblioteca Nazionale si è tenuto il convegno Il dissesto idrogeologico ed emergenze idriche al tempo dei cambiamenti climatici, organizzato dalle Università di Firenze e Genova, per ricordare alluvioni lontane e più recenti. Previsti per oggi, inoltre, la discussione sullo status dei lavori concernenti la messa in sicurezza dell'Arno. Molto probabilmente verrà ribadito, come avviene ogni anno, che nonostante i passi in avanti compiuti, se si verificasse oggi un evento come quello del 1966, gli effetti sarebbero di misura solo lievemente inferiori. Del resto, dal punto di vista della prevenzione poco si è fatto e poco si continua a fare, si realizzano solo inutili opere che, come è stato più volte dimostrato, nulla possono contro eventi meteorologici di una certa entità.
A Genova, un anno fa ci furono sei vittime, tutte ritrovate nel quartiere di Quezzi. La bassa val Bisagno fu l'area maggiormente colpita (ricordiamo Piazzale Adriatico, tra Marassi e Molassana, Borgo Incrociati, stazione Brignole); come non ricordare quelle drammatiche ore e quel drammatico evento, a cui abbiamo dedicato diversi articoli (Alluvione di Genova, Alluvione di Genova, a qualcuno sfuggono i dettagli, Il caso di Vernazza). Riporta il sito meteogiornale.it: "In quella occasione, come in altre tragiche alluvioni, è stato un micidiale temporale a V (la forma che si può osservare sia dal satellite che dai radar delle precipitazioni), a scatenare la caduta di una tale impressionante quantità d'acqua. La struttura temporalesca si è continuamente alimentata per diverse ore dal mare, trovando nell'orografia un alleato congeniale per esaltare i suoi effetti proprio sulle aree collinari immediatamente alle spalle di Genova. Il cluster convettivo è stato tenuto in vita da una parziale convergenza fra il sostegno sciroccale (aria molto umida nei bassi strati d'estrazione sub-tropicale) e refoli di tramontana, che confluivano dalle vallate appenniniche. La lentissima evoluzione e la rigenerazione continua hanno fatto la differenza, con il temporale che non ha perso granché energia nella sua lenta propagazione dalle zone orientali di Genova, verso il cuore della città e l'immediato entroterra".
Quello che è certo, è che siamo ancora culturalmente impreparati ad affrontare temi quali alluvioni, rischi idrogeologici, terremoti ecc...per esempio, notizia di qualche giorno fa che abbiamo anche riportato, in Liguria si stanno 'sistemando' i torrenti esattamente come è stato fatto negli anni precedenti (ovvero, escavazioni, abbassamenti dell'alveo, arginatura, opere murarie ecc..). Per esempio, la rimessa in sesto di un argine non può rappresentare motivo sufficiente per chiedere un "declassamento" in termini di pericolosità e pianificare quindi nuova edificazione. Consumo di territorio ed uso del cemento sono ancora troppo elevati a testimoniare come sia necessario lavorare sulla cultura della prevenzione, coinvolgendo amministratori e cittadini. Solo a questo livello, si può verificare la vera svolta, altrimenti per il 50esimo anniversario dell'alluvione (nel 2016) saremo a celebrare ancora progressi sulla carta. Fonti varie (GreenReport, Meteogiornale)[modificato].
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Pikaia, LA REGINA DEI CORDATI
Era ora! Dopo 101 anni dalla sua scoperta, abbiamo la prima, finalmente approfondita, descrizione di Pikaia gracilens, piccolo organismo rinvenuto nel 1911 da Charles Walcott nelle argilliti di Burgess. La descrizione è stata pubblicata sulla rivista Biological Reviews.
In principio fu ritenuta dai suoi scopritori un piccolo anellide, mentre da una successiva analisi morfologica, datata 1979, il paleontologo Simon Conway Morris, artefice insieme ad Harry Whittington e Derek Briggs della rivoluzionaria interpretazione della fauna di Burgess, la classificò come cordato basale. Ma dopo nulla, se non critiche alla posizione 'troppo importante' assegnata a questo 'vermicello', lungo non più di cinque centimetri. E dire che, la nostra Pikaia, le caratteristiche dei cordati, il gruppo che contiene tutti i vertebrati, le ha proprio tutte, anche se un po' insolite: presenta infatti una notocorda, struttura che nei vertebrati diventerà la colonna vertebrale ma che nello stesso gruppo è presente a livello embrionale; un sistema vascolare e almeno 100 miomeri, strutture che negli embrioni dei cordati danno origine ai muscoli scheletrici. Certo, la piccola ed importante Pikaia, presenta anche caratteristiche 'strane', come i due ben noti tentacoli in cima al capo, privo di occhi e contornato da serie di nove, anch'esse inconsuete, appendici su entrambi i lati, e la pinna dorsale priva di raggi.
La descrizione, resa possibile l'approfondita analisi di ben 114 diversi esemplari, ne riporta anche l'anatomia interna, con un ben evidente tubo digerente, un sistema vascolare e un non meglio definito 'organo dorsale' dalla funzione incerta. È possibile, dichiarano gli autori, che questa struttura fosse un organo di accumulo di risorse alimentari, ma questa è da considerarsi un'ipotesi non ancora dimostrata. Lo studio affronta le relazioni filogenetiche tra Pikaia ed altri cordati primitivi, come l'attuale anfiosso (Branchiostoma lanceolatum) e alcune specie cambriane, tra cui Cathaymyrus, Haikouichthys, Metaspriggina, Myllokunmingia e Zhongxiniscus, da cui la nostra differisce per diversi tratti. Sebbene la possibilità che Pikaia sia semplicemente un organismo con una morfologia convergente a quella dei primi cordati non possa ancora essere del tutto rifiutata, concludono i ricercatori, i dati suggeriscono uno scenario diverso, con Pikaia alla base della linea evolutiva che ha dato origine a tutti i cordati e qualche affinità con altri gruppi (come Yunnanozoon) dalla collocazione tassonomica ancora poco nota. Fonte: Pikaia, a cura di Andrea Romano.
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BALEARI: SPIAGGE ALL'ASTA, DECRETO PRONTO
Il Decreto del Governo sulle concessioni balneari è pronto, e nei prossimi giorni i ministri Enzo Moavero (Affari Europei) e Piero Gnudi (Affari Regionali, Turismo e Sport) dovrebbero volare a Bruxelles per parlarne con la Commissione Europea. Subito dopo verrà portato in Consiglio dei Ministri. Il problema è che il decreto prevede che le concessioni demaniali marittime vadano a gara (le Regioni entro il 31 dicembre 2014 dovranno definire i bandi) e che la durata sia non inferiore a 6 anni e non superiore a 25 anni per le spiagge, e non inferiore a 30 anni e non superiore a 50 per i porti turistici. Tutto quello, insomma, che proprio non volevano gli operatori balneari che da molto tempo, con incontri, convegni e iniziative anche sulle spiagge, premono affinché il Governo chieda all'Unione Europea una deroga dalla Direttiva Servizi Bolkestein, la stessa che, dal 2006, prevede l'evidenza pubblica per i servizi sui litorali italiani ed europei. Così, stamane, tutti i sindacati dei balneari - Sib Confcommercio, Fiba Confesercenti e Assobalneari Italia Confindustria - hanno preso carta e penna per chiedere al Parlamento italiano ''l'immediata revoca della delega al Governo per la disciplina della materia, concessa con la legge n. 217 del 15 dicembre 2011, e così negligentemente, dallo stesso, esercitata''. I balneari ricordano inoltre che il Parlamento si è più volte espresso, all'unanimità, come nell'odg del Senato il 5 maggio 2011, ''per una tutela delle imprese balneari attualmente operanti attraverso principi e meccanismi che non sono stati, in alcun modo, raccolti nella bozza di decreto legislativo elaborato, nella più totale segretezza, da parte del ministero degli Affari Regionali''. Fonte e news integrale: Ansa.

03 NOVEMBRE

AMP ANTARTICA, FALLITO L'ACCORDO
Fallito il progetto di creare la più grande area marina protetta antartica, nel Mare di Ross. I 25 Stati membri della Commissione per la Conservazione delle Risorse Biologiche dell'Antartico, riuniti ad Hobart per decidere quale, tra i mari del continente ghiacciato, sarebbe diventato area protetta, non sono riusciti a raggiungere un accordo.
"Ho sempre detto che sarebbe stato difficile trovare il modo di soddisfare tutti gli interessi rappresentati attorno al tavolo della Commissione - dichiara Murray McCully, Ministro delle Relazioni Estere della Nuova Zelanda - tuttavia, apprezzo molto il fatto che la Nuova Zelanda e gli Stati Uniti abbiano raggiunto insieme una proposta per l'area marina protetta che ha buone possibilità di essere finalmente accolta".
Il ministro, però, si è anche detto "deluso dal fatto che alcuni Paesi, che ancora non condividono la nostra visione sulla priorità che la conservazione dovrebbe avere nel Mare di Ross, abbiano remato contro il raggiungimento di un accordo in questa fase". Tutto rinviato, quindi, a luglio 2013 quando in Germania la Commissione si riunirà di nuovo per discutere la proposta di Usa e Nuova Zelanda. Proposta che prevede per il Mare di Ross, un'area protetta di 2,27 milioni di Kmq, con una "zona speciale di ricerca" e il divieto di pesca intensiva. Gli ecosistemi marini antartici sono sempre più stressati a causa dei cambiamenti climatici e delle conseguenze che questi hanno sulla disponibilità di cibo per pinguini, balene, foche e uccelli, ma anche a causa di un'attività di pesca sempre più intensiva per rispondere alla crescente domanda di pesce dell'Europa, del Nord America e dell'Asia. Fonte: Adnkronos.
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CANADA, PIANO PER ABBATTERE 70.000 FOCHE
Approvato un piano di abbattimento di settantamila foche grigie nel Golfo meridionale di San Lorenzo, in Canada, nel tentativo di preservare le specie demersali. La Commissione Permanente del Senato per la pesca e gli oceani ha chiesto la "rimozione mirata" delle foche grigie, il cui forte appetito per il merluzzo bianco impedirebbe la ripresa della pesca del popolare pesce. Le foche, secondo i senatori canadesi, sarebbero colpevoli della diminuzione della popolazione di merluzzi disponibile per il commercio ittico. Sconcerto tra i conservazionisti; sul piede di guerra i gruppi animalisti, indignati contro il piano che, secondo molti scienziati, non sarà neppure utile ai fini del ripopolamento del merluzzo. Il numero di questi pesci è diminuito notevolmente a causa della pesca intensiva, non certo a causa dell’appetito delle foche. Sheryl Fink dell’International Fund for Animal Welfare, un’organizzazione internazionale per la tutela degli animali, sostiene che sia cosa nota che la popolazione di merluzzi negli oceani sia in netto calo, ma che il motivo sia una politica sconsiderata nel mercato ittico. Hal Whitehead, un professore di biologia marina dell’Università di Dalhousie, afferma: "ho studiato i mammiferi marini per 35 anni. Il concetto che l’abbattimento delle foche possa aumentare la popolazione dei merluzzi non è scientificamente difendibile. Semplicemente non si sa se i branchi di foche abbiano un effetto negativo o positivo sui banchi di merluzzo e una mattanza di foche, non aiuterà a trovare una risposta a questa domanda". Fonte: Tgrai.

02 NOVEMBRE

TRAFFICO ILLECITO A PANAMA DI TONNO ROSSO, COINVOLTA ANCHE L'ITALIA
Un nuovo studio commissionato dal WWF ha portato alla scoperta, tra il 2000 e il 2010, l'equivalente di 18.704 tonnellate di tonno rosso sono state commercializzate attraverso Panama, senza che l'International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas (ICCATt) ne sapesse nulla.
"Il tonno rosso è stato esportato a Panama da paesi mediterranei, tra cui Italia, Spagna, Marocco, Tunisia e Turchia - denuncia il WWF - e da lì riesportato in Giappone". L'associazione ambientalista ha chiestio all'ICCAT urgenti ed ulteriori analisi.
Marco Costantini, responsabile del programma mare del WWF Italia, spiega: "Si tratta della prima indagine mai fatta su questo problema e, probabilmente, mostra solo la punta dell'iceberg. Stando ai dati ufficiali delle dogane, è stato scoperto che in un decennio circa, 14.327 tonnellate di tonno rosso lavorato sono state commerciate attraverso Panama. Un volume che corrisponde a circa 18.704 tonnellate di pesce vivo. Secondo i dati disponibili, pare che nessuna di queste spedizioni sia mai stata segnalata all'ICCAT. Se confermato, questo fenomeno sarebbe pienamente classificabile come pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (Illegal, unreported and unregulated, Iuu), secondo gli standard della Fao".
Paesi coinvolti in questo intricato traffico di tonno rosso, all'epoca erano già parti contraenti dell'ICCAT ed avrebbero dovuto dichiarare ogni traffico internazionale di tonno rosso, per consentire all'ICCAT stessa di fare i controlli incrociati sul rispetto delle quote di pesca. Invece, secondo lo studio, il traffico, non registrato nemmeno alle dogane di Panama, potrebbe essere avvenuto senza che il pesce sia stato fisicamente spedito a Panama. Il tutto potrebbe essere avvenuto con navi da trasporto battenti bandiera panamense e il coinvolgimento di compagnie con base a Panama, come intermediari tra i paesi produttori e il mercato giapponese". L'ICCAT si ritroverà, dal 12 al 19 novembre per il suo meeting annuale, ad Agadir, In Marocco, uno dei Paesi coinvolti nella triangolazione delle navi fantasma panamensi con il Giappone, e questo il WWF coglie l'occasione per invitarla, insieme ai Paesi individuati nello studio ed all'Unione Europea "Ad avviare con urgenza una indagine investigativa per fare luce sul fenomeno descritto da questo studio". Fonte: GreenReport.
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Tungsenia paradoxa, ANTICHISSIMO STEM TETRAPODE
La scorsa settimana, un nutrito numero di autori capitanati da Jing Lu, hanno descritto i resti incompleti di un nuovo taxon di stem tetrapode o, semplificando, di un'altra di quelle forme intermedie tra "pesci" e tetrapodi. L'animale, lungo circa una ventina di centimetri, è stato battezzato Tungsenia paradoxa, nome che non sfugge alla regola nomina sunt consequentia rerum. Uno dei dati più importanti relativi a questa scoperta, è la sua datazione: i resti di questo animale, provenienti da depositi cinesi (Posongchong Formation, nordest della provincia dello Yunnan), risalgono a circa 409 milioni di anni fa (Devoniano inferiore) e sono attualmente i più vecchi resti di uno stem tetrapode. Inoltre, fino a questa scoperta, era presente un gap di circa 16 milioni din anni tra i resti del più antico stem tetrapode noto, Kenichthys, e quelli dei dìpnoi più antichi, come Diabolepis.
Tungsenia riempie in qualche modo il gap, inserendosi all'incirca nel periodo stimato di separazione tra dìpnoi e tetrapodi. Per chi conosce un po' i dìpnoi, il nome paradoxa rievoca subito un altro animale, Lepidosiren paradoxa, appunto un dìpnoo (attuale). E Tungsenia non è stato chiamato paradoxa solo per la sua bizarra anatomia e posizione filogenetica, ma anche per un chiaro rapporto con i dipnomorfi (i dìpnoi attuali e il loro parenti). Esso infatti mostra caratteristiche morfologiche intemedie tra tetrapodi (come ad esempio una lama dentale parasinfidale piatta e un foro per la vena pituitaria sul processo del basipterigoide) e dipnomorfi (ad esempio un parasfenoide ampio). Anche a livello morfologico, Tungsenia sembra colmare un po' il gap esistente tra primi stem tetrapodi e dipnomorfi. Grazie a tomografie a raggi X, inoltre, Lu et a., 2012 hanno studiato l'anatomia interna del cranio di Tungsenia per trarre indicazione sull'anatomia del cervello dei primi tetrapodi. Essi hanno osservato come alcune modifiche del loro cervello, relative al loro passaggio ad un ambiente terrestre, siano avvenute molto prima di quanto ritenuto finora, nelle prime fasi della storia evolutiva del gruppo. Fonte: Pikaia, a cura di Marco Castiello. Originale su Paleostories.
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ABUSIVISMO, SEQUESTRI A LAMPEDUSA E VIA L'ECOMOSTRO DEL CIRCEO
Dopo oltre 35 anni, si è stato concluso l' iter burocratico per la demolizione ed il Comune di San Felice Circeo (LT) ha acquisito di diritto e gratuitamente l'area e, grazie alla collaborazione dell'Ente Parco e dell'Ufficio Vigilanza sull'Abusivismo della Regione Lazio, ha inviato le ruspe per la demolizione dell'ecomostro di Quarto Caldo,sorto su un'area di tre ettari per complessivi 100.000 metri cubi di volume da edificare, per fortuna mai completati poiché alla società Malora III venne revocata la concessione. Anni dopo, subentrò la società Acantos, che presentò la richiesta di condono che venne respinta. Seguì il ricorso al TAR nel 1999, che nel 2010 lo dichiarò estinto. Ora, finalmente, la demolizione.
Tra il 2004 e il 2009, periodo durante il quale non era in atto nessun condono edilizio, il Lazio è stato massacrato da 41.588 abusi edilizi, 18,9 al giorno, 10.397 abusi; il 25% degli abusi, sono stati realizzati in aree vincolate, ben 9.149, il 22%, sono sorti nei comuni costieri del Lazio e 14.430 abusi, il 30%, nel Comune di Roma, la Capitale di questo nostro povero Paese cementificato.
Intanto a Lampedusa la Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Agrigento, ha sequestrato ben 90 edifici, tra cui la villa della società immobiliare Cala Creta, che ospita un famoso cantante italiano comunque estraneo alla vicenda. Indagati proprietari, professionisti, tecnici del Comune e della Soprintendenza di Agrigento. Tra questi anche l’ex Soprintendente, ed attuale direttore del Museo Archeologico San Nicola, Gabriella Cosentino, l’attuale direttore della Casa Museo Luigi Pirandello, Vincenzo Caruso e l’ex capo Utc Lampedusa, Giuseppe Gabriele (già indagato per reati simili con il sindaco di Lampedusa Bernardino de Rubeis, in marzo la Gdf gli sequestrò 112mila euro di provenienza dubbia). Fonti varie.
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LE MAREGGIATE DI HALLOWEN METTONO IN GINOCCHIO ROMAGNA E MARCHE
Ingentissimi i danni della mareggiata del 31 ottobre. Maggiormente colpite le regioni centrali adriatiche, Marche e Romagna.
L'eccezionale alta marea e la bassa pressione hanno ulteriormente amplificato gli effetti dei marosi, che hanno demolito chioschi, paratie, opere di difesa e numerosissime imbarcazioni dislocate lungo le spiagge.
Purtroppo quotidiani e televisioni si sono dimostrati ancora una volta decisamente poco competenti, per non dire del tutto incompetenti, seguiti a ruota dalle locali Associazioni bagnini e proprietari di concessioni, in materia di dinamica costiera e meteorologia. Infatti si sono di nuovo scagliati a favore di opere come scogliere frangiflutti, mancati ripascimenti ecc...che ormai sappiamo sono del tutto inutili e costosissime. Noi di biologiamarina.eu, abbiamo percorso nella giornata di ieri, ben 20 Km di spiaggia e abbiamo, per l'ennesima volta, constatato che i danni maggiori si sono avuti in zone dove le barriere soffolte od emerse erano regolarmente presenti. Piuttosto, abbiamo trovato situazioni comiche per quanto drammatiche, imbarcazioni ormeggiate a pochi metri dalla riva, nonostante l'allerta meteo, ovviamente accatastate dalle onde una sull'altra, pali per l'illuminazione e la vigilanza delle stesse imbarcazioni abbattuti, chioschi divelti e materiale di ogni tipo sparso sulla spiaggia (recinzioni metalliche, reti da beachvolley, frigoriferi, tavole da pavimentazione, vele e materiale da pesca, cordame, carrelli per il trasporto affossati nella sabbia, vasi e fiori di ogni tipo, e chi più ne ha, più ne metta).
Ovviamente, anche negli ultimi anni si è continuato a costruire senza criterio e, dunque, ogni anno le onde hanno e avranno sempre più da abbattere. Quando il ripristino delle nostre spiagge sempre più antropizzate???.