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30 LUGLIO

TROPPI ADDITTIVI NEL PESCE FRESCO
La legge autorizza l'uso di additivi nel pesce fresco, congelato e surgelato e nei filetti non lavorati (congelati o surgelati). L'uso dovrebbe essere necessario quando si riscontra un effettivo vantaggio per i consumatori, ma in ogni caso l'impiego non deve essere ingannevole. Nella maggior parte dei casi non ci sono pericoli per la salute, perchè si tratta di additivi autorizzati ma utilizzati in modo scorretto.
Purtroppo la norma non sempre viene applicata e queste sostanze servono per mascherare i processi di alterazione, per migliorare l'aspetto oppure per aumentare in modo artificioso il peso. Gli esempi non mancano, basta citare il monossido di carbonio usato per migliorare il colore del tonno e i polifosfati aggiunti per incrementare la quantità di acqua trattenuta e aumentare il peso dei filetti. Le tecniche sono diverse: spesso si inietta una soluzione contenente l'additivo, oppure si lascia il pesce in ammollo in acqua in modo che il principio attivo venga assorbito. Fonte e news integrale: IlFattoAlimentare.
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COSA SUCCEDE SULLA SPIAGGIA MOLA DI BARI?
Il circolo di Legambiente di Mola denuncia "la devastazione di un ecosistema marino costiero nell'area portuale di Mola di Bari, di fronte al Sito di interesse comunitario (Sic) Posidonieto Barletta-San Vito". Secondo gli ambientalisti "da una decina di giorni, come ogni anno, i residui spiaggiati di posidonia accumulatisi nell'area portuale dell'Acqua di Cristo stanno bruciando producendo un fumo acre e molto fastidioso che raggiunge il paese, producendo forti disturbi agli abitanti (nei giorni in cui il vento soffia da est) e ai bagnanti che giornalmente affollano quel tratto di costa".
Un fenomeno che sembra essersi aggravato negli ultimi anni. Ecco come descrive quanto sta accadendo Legambiente Mola: "Quell'area prossima al Sic è un territorio devastato. Probabilmente per provare a spegnere la combustione del materiale secco, l'Amministrazione comunale di Mola, dopo aver creato canali, ha spianato l'intera area, di oltre 2.000 mq, con mezzi meccanici cingolati, che hanno prodotto effetti devastanti, quali:

Proprio in considerazione del valore ecologico dell'area, l'Arpa Puglia non ha mai acconsentito alla richiesta del Comune di asportare i residui di posidonia e gli ambientalisti sottolineano che "il Comune avrebbe potuto fare di più e meglio. Anche in considerazione del fatto che è capofila di un Progetto Life finanziato nel 2009 dalla Comunità Europea e finalizzato al recupero e alla valorizzazione dei residui di posidonia. Ancora una volta questa Amministrazione comunale, in campo ambientale, si distingue per incapacità e arroganza. Già qualche mese fa i residui di posidonia erano stati fatti spostare da Portecchia all'ex Tiro al piattello, utilizzando sempre mezzi pesanti, che distruggono tutto ciò chepestano o incontrano, e trasportando in un'area non autorizzata e non attrezzata residui di posidonia, sabbia, terreno e quant'altro presente e creando di fatto una discarica non autorizzata di rifiuti. E sempre con gli stessi mezzi, si è provveduto a maggio alla pulizia della costa, con l'utilizzo di pale meccaniche che, senza avere rispetto per gli arenili, asportano tutto ciò che incontrano". Fonte: GreenReport.
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QUANTA BIODIVERSITA' PROTEGGONO LE AREE PROTETTE?
Un editoriale su Nature (A 'health check' of protected ecological areas reveals an alarming decline in biodiversity) mette in evidenza un articolo sempre su Nature (Averting biodiversity collapse in tropical forest protected areas) che aggiunge dati quantitativi riferiti a ben 60 aree protette in diverse zone tropicali. I dati riguardano circa 30 gruppi di specie e coprono un periodo piuttosto ampio (da 20 a 30 anni). Il lavoro dimostra come solo circa la metà delle aree protette hanno svolto efficacemente il ruolo per cui erano state create: proteggere la biodiversità dalle minacce che vengono solitamemente dalla specie umana. L'articolo evidenzia come le aree in cui la biodiversità è stata alterata, questa distruzione inizia nelle aree circostanti. L'articolo è protetto, ma risulta interessante anche il file, accessibile, contenente le informazioni supplementari. Fonte: Pikaia a cura di redazione.

28 LUGLIO

SEA SHEPHERD, WATSON HA LASCIATO LA GERMANIA ED È IRRINTRACCIABILE
Da oggi è ufficiale. Il capitano Paul Watson, leader di Sea Shepherd, è irrintracciabile. Ne ha dato comunicazione il suo avvocato, il quale ha dichiarato che il capitano Watson ha lasciato la Germania. Una storia incredibile che assume i sapori di un intrigo internazionale ordito dal Giappone, contro il quale Sea Shepherd ha in atto una decennale battaglia sia per la caccia alle balene che per quella dei delfini. Watson era stato arrestato il 13 maggio scorso dietro mandato di cattura emesso dal Costa Rica.
Un provvedimento inusuale, per come era stato formulato dal paese centroamericano e non convalidato dall’Interpol. La motivazione era una presunta interferenza, vecchia di dieci anni, di Sea Shepherd ai danni dei pescatori di pinne di squalo. Poi, sulla vicenda, è stranamente apparso il Giappone.
Oliver Wallasch, avvocato in capo al consiglio legale tedesco del capitano Watson, ha oggi avuto conferma che il 19 luglio il Giappone ha presentato richiesta di estradizione contro Watson. La conferma è giunta dal Procuratore Generale tedesco. Secondo Susan Hartland, direttrice amministrativa di Sea Shepherd, non c’è dubbio che dopo la consegna al Costa Rica, Watson sarebbe stato immediatamente estradato in Giappone. Una trappola, dunque, con il Costa Rica pedina del Giappone e la Germania che, nonostante l’irrituale mandato di cattura, ha eseguito l’arresto convalidandolo. Secondo indiscrezioni pervenute a Sea Shepherd, la Germania avrebbe già da tempo contattato il Ministero della Giustizia tedesco per raggiungere un accordo. I sospetti di Sea Shepherd sono ora stati confermati dall’Avvocato di Watson. Da oggi, il leader e fondatore di Sea Shepherd, è irrintracciabile. Fonte: GeaPress.
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ETICHETTATURA DEI PRODOTTI ITTICI, QUALCHE AGGIORNAMENTO
Un piccolo ma interessante passo avanti nelle norme per l’etichettatura ittica in Italia nel nuovo Decreto Legge Sviluppo: un sistema che permette di etichettare il prodotto volontariamente come italiano, o indicando più precisamente la zona di cattura. Il sistema proposto dal Decreto Legge Sviluppo da poco approvato dalla Camera è volontario, ma trattandosi di indicazioni che possono fungere da marchio di qualità, spingendo i clienti all’acquisto, il sistema potrebbe verosimilmente conoscere una buona diffusione. La segnalazione della zona di cattura del prodotto, in Italia in genere o anche in zone più specifiche, potrà permettere ai consumatori di scegliere con più accortezza i prodotti ittici, guadagnandone in sicurezza e qualità, permettendo inoltre scelte più oculate anche dal punto di vista ecologico della sostenibilità ambientale, potendo scegliere prodotti non importati, dal chilometraggio più limitato. La proposta sull’etichettatura dei prodotti ittici ha incontrato il favore del Movimento Difesa del Cittadino, che ha parlato di "un impegno importante, seppur volontario, chiesto a chi vende e somministra prodotti ittici ai consumatori italiani. È importante che i cittadini sappiano da dove proviene il pesce che acquistano e che sappiano sceglierlo in base a criteri di freschezza, qualità e sostenibilità ambientale.
Il Movimento Difesa del Cittadino ha inoltre colto l’occasione per ricordare l’applicazione per iphone denominata Fishbook e creata da Eurofishmarket, che consente di portare avanti acquisti consapevoli dei prodotti ittici, qui in Italia. L’app è nata nel contesto dell’iniziativa "L'amo" per il sostegno alla pesca e ai pescatori, nonché alla sostenibilità delle attività di pesca. Il Movimento Difesa del Cittadino ha descritto così, in breve, l’applicazione: "Con oltre 100 specie italiane tra pesci, crostacei e molluschi Fishbook è una guida pratica con trucchi, foto, indicazioni sulla stagionalità e la taglia minima dei pesci fino ai consigli sul valore nutrizionale e sensoriale". Fonte: Ecologiae [nota di biologiaMarina.eu: ricordiamo che la zona di provenienza FAO è gia obbligatoria, dunque l'iniziativa volontaria avrebbe il presunto scopo di dettagliare il luogo di pesca; il problema è che non sarà possibile verificare la veridicità di quanto riportato in etichetta o sui cartellini].

26 LUGLIO

GOLETTA VERDE, IN CALABRIA NON CONFORMI 19 PRELIEVI SU 24
"Resta molto critica la situazione della depurazione in Calabria: su 24 campioni esaminati, 19 sono quelli fuorilegge, con 16 punti risultati "fortemente inquinati" ed altri tre "inquinati"". E' quanto emerge dalle analisi delle acque regionali eseguite dei biologi di Goletta Verde di Legambiente. "Dati che rispecchiano l'emergenza depurativa regionale, portata alcuni giorni fa alla ribalta dalla condanna della Commissione Europea all'Italia per inadempienza sulla Direttiva n. 271 del 1991 relativa al trattamento dei reflui urbani che chiama in causa 18 comuni calabresi, dove quasi 530.000 abitanti sono vittime di una depurazione inadeguata o assente - sottolineano gli ambientalisti - La Calabria con appena il 49.9% della popolazione coperta da un servizio depurativo efficiente, si colloca al penultimo posto della classifica delle regioni in Italia". Fonte e news integrale: GreeNReport.
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CAMBIAMENTI CLIMATICI: GREONLANDIA, SI SCIOGLIE O NON SI SCIOGLIE?
Oggi, su diversi siti internete e sulla stampa nazionale, sono apparsi diversi articoli "stile climate change"; secondo un comunicato stampa della NASA, il 96% della superficie ghiacciata della Greonlandia si starebbe sciogliendo. Ma occorre leggere bene, oltre il titolo un po' sensazionalistico (Satellites see Unprecedented Greenland Ice Sheet Melt).
Vero che in pochi giorni la Greonlandia è stata interessata da una notevole escursione termica, ma è anche vero che il processo di fusione, come si può leggere nello stesso comunicato, ha interessato lo strato superficiale di neve e quello subsuperficiale di ghiaccio. Dunque non è corretto affermare che ben il 96% della coltre glaciale della Greonlandia stia fondendo. Non sarebbe proprio possibile, in soli quattro giorni (dall'8 al 12 luglio, periodo in cui è stato osservato un anomalo scioglimento della coltre nevosa superficiale), neanche con temperature ben più elevate. Il processo sembra essere ciclico, ed eventi anche di maggior portata si verificherebbero ciclicamente, ogni 150 anni, almeno secondo un portavoce della NASA. L'ultimo di questi eventi si sarebbe verificato nel 1889. Questi ultimi aspetti, che prendiamo per buoni, sono tuttavia difficili da confermare, poiché risulta difficile rintracciare la documentazione originale, senza la quale ogni cosa detta e scritta rientrerebbe nella normale speculazione, che abbonda quando si parla di cambiamenti climatici.
Attualmente dunque, quello che è successo in Greonlandia, non dovrebbe allarmarci, è normale che durante l'estate la neve si sciolga, per poi evaporare e poi condensare di nuovo sottoforma di neve a quote maggiori. Qui il comunicato originale della NASA.

25 LUGLIO

ATTACCO FATALE ALLE ISOLE REUNION

Alexandre Rassiga, francese di 21 anni, è la seconda vittima del mese di luglio; stava facendo surf lungo le coste francesi delle Isole Reunion, che si affacciano sull'oceano Indiano, a circa 100 metri dalla riva. Il ragazzo è stato morsicato due volte consecutive ad una gamba e purtroppo, il secondo morso ha provocato la lacerazione della femorale; la morte è sopraggiunta per arresto cardiaco. Nella zona, molto frequentata dai surfisti, gli ultimi due attacchi fatali risalgono a giugno e a settembre del 2011. L'incidente è avvenuto lunedì 23 luglio 2012, in località Trois-Bassins. Il Ministro francese Victorin Lurel, ha promesso un piano di azione e protezione per evitare ulteriori incidenti in futuro.
L'Institute of Regional Development (IRD), ha censito nelle acque delle isole Reunion 23 tra squali toro e squali tigre, tutti regolarmente taggati con dispositivi acustici. Il report sugli squali, intitolato Shark Risk Management in Reunion Island, è disponibile qui.
Nella zona sono sorti anche movimenti anti-squalo, i quali sono favorevoli ad interventi per diminuire una presunta sovrapopolazione di esemplari, guidati da Christophe Aubert, fratello della vittima dell'incidente del giugno 2011, e membro della locale Association Océan prévention Réunion (OPR), associazione sostenuta anche dal Regional Fisheries Committee.
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GRANDE SQUALO BIANCO SPIAGGIATO A DYER ISLAND, GANSBAAI
Un grande squalo bianco è stato trovato spiaggiato da alcuni membri della Dyer Island Conservation Trust, presso Dyer Island, Gansbaai, Sud Africa, zona ad accesso limitato e spesso chiusa ai visitatori. Il ritrovamento risale al 18 giugno scorso.
Qui sotto il video del ritrovamento.


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FOCOLAI DI COLERA E GASTROENTERITI IN NORD EUROPA
Secondo lo studio Emerging Vibrio risk at high latitudes in response to ocean warming, pubblicato da Nature Climate Change, il riscaldamento del Mar Baltico sta causando un aumento di infezioni batteriche che possono portare ad epidemie di colera e gastroenterite. Un team internazionale di ricercatori svedesi, finlandesi, spagnoli, britannici e statunitensi ha scoperto che ogni aumento di un grado delle temperature del Mar Baltico è stato accompagnato da un aumento annuo del 200% delle vibrio-infezioni, che possono causare malattie gravi negli esseri umani che ingeriscono l'acqua o molluschi contaminati. Fonte e news integrale su GreenReport.
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MORIA DI MOLLUSCHI NEL DELTA DEL PO
Aprire subito un tavolo tecnico con tutti i settori interessati, per elaborare iniziative sia per una risposta immediata sia per una progettualità di medio e lungo periodo che dia sicurezza all'attività dei pescatori del Delta del Po, circa 1500 persone, per la metà donne, che lavorano in un settore produttivo apprezzato e ricercato, per il quale è anche in corso la procedura per la Denominazione d'Origine Protetta per la cozza di Scardovari. Sono queste le linee d'azione tracciate oggi dall'Assessore alla Pesca del Veneto, Franco Manzato nel corso dell'incontro con il consorzio e le cooperative interessate, svoltosi nella sede consortile di Scardovari, per valutare come poter fronteggiare la moria di molluschi conseguente allo stato di anossia delle lagune deltizie, che ha causato perdite economiche valutate finora in circa 1.5 milioni, pari alla metà del guadagno in situazioni normali, e con prospetti di ripresa in tempi brevi tutt'altro che rosee. All'incontro erano presenti tra gli altri anche il sindaco di Porto Tolle, Silvano Finotti, i consiglieri regionali Graziano Azzalin e Cristiano Corazzari, l'Assessore alla Pesca della provincia di Rovigo, Claudio Bellan.
"Dobbiamo sgombrare il campo da illusioni – ha affermato Manzato – in una situazione dove servirebbe un aiuto immediato che difficilmente potremo avere. Come Regione, siamo intervenuti richiedendo tempestivamente a Roma lo stato di emergenza per le produzioni del territorio devastate dalla siccità con effetti senza precedenti. Le nostre emergenze spesso non sono però condivise a livello centrale e non ci sono soldi. Nel caso della pesca nelle lagune del Delta, il danno si concentra proprio nel periodo di produzione tradizionalmente più idoneo, quando i molluschi raggiungono la taglia commerciale migliore".
Il caldo e la situazione idraulica delle lagune hanno fatto però abbassare il livello di ossigeno nelle acque, causando la morte del prodotto e danni alle semine. Il tutto, ha innescato e avviato una reazione a catena che ha eliminato sempre più ossigeno dalle acque. "La partita si gioca sul Polesine – ha concluso Manzato – che qui ha una delle sue maggiori 'industrie': dobbiamo operare in piena collaborazione tra consorzio e istituzioni, con massima serietà ed impegno". Fonte: Regione Veneto.
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MANUALE DI AUTODIFESA DEL BAGNANTE
Prezzi salatissimi, muri di recinzione altissimi che, troppo spesso, nascondono il mare. Vere e proprie palazzine di cemento alzate sulla sabbia, attività che nulla hanno a che vedere con la balneazione, ostacoli fisici ed economici, che inducono la maggior parte delle persone a credere che le spiagge e gli stabilimenti siano circoli privati. Invece, si tratta di concessioni pubbliche di terreno vincolato e protetto che noi (lo Stato) abbiamo 'concesso' a privati per realizzare strutture 'limitate' per la balneazione, cabine, bagni ecc., fornire servizi e mantenere pulito e fruibile l'arenile. Fonte e news integrale su www.manualedelbagnante.it.

24 LUGLIO

SPECIE ALIENE, CAMBIANO LE ABITUDINI ALIMENTARI DEI PESCI
Un gruppo di ricercatori italiani ha pubblicato su PlosOne l'interessante studio Subtle Effects of Biological Invasions: Cellular and Physiological Responses of Fish Eating the Exotic Pest Caulerpa racemosa. La ricerca affronta il problema dell'invasione dei fondali marini del Mediterraneo da parte della Caulerpa racemosa, var. cylindracea, penetrando anche nelle Aree Marine Protette e modificando la struttura degli habitat e gli schemi distributivi degli organismi che ci vivono. Serena Felline, Roberto Coricato, Maria Giulia Lionetto, Antonio Terlizzi (Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Università del Salento, Conisma di Lecce), Adele Cutignano, Stefania Gorbi, Ernesto Mollo (Istituto di Chimica Biomolecolare, Cnr, Pozzuoli) e Francesco Regoli, Dipartimento di Scienze della Vita e dell'Ambiente, Università Politecnica delle Marche) sottolineano che "tuttavia, la comprensione di come tale invasioni possono potenzialmente influenzare le proprietà funzionali dei sistemi mediterranei subtidali è ancora da determinare".
I ricercatori coordinati dall'Università del Salento e dal Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (Conisma) hanno studiato le coste dell'AMP pugliesi di Torre Guaceto e Porto Cesareo, per valutare la presenza e l'importanza dell'interazione tra le alghe invasive e la specie endemica del sarago maggiore (Diplodus sargus) ed hanno scoperto che questo pesce mangia la Caulerpa racemosa e accumula l'alcaloide caulerpina in molti dei suoi tessuti. Lo studio dimostra che la presenza della Caulerpa racemosa ha cambiato le abitudini di foraggiamento del sarago maggiore: "Nelle zone invase, abbiamo trovato una elevata frequenza di occorrenza di C. racemosa nel contenuto dello stomaco di questo pesci onnivori (72,7 e 85,7%), mentre l'alga non è stata rilevata nei pesci di una zona di controllo. Abbiamo anche trovato un significativo accumulo di caulerpina, uno dei principali metaboliti secondari di C. racemosa, nei tessuti del pesce".
Il livello di caulerpina (una tossina contenuta in queste alghe "killer" che viene liberata quando ne viene recisa una parte) nei tessuti dei saraghi, è stato utilizzato come indicatore dell'esposizione trofica dell'alga invasiva e collegato ad alterazioni cellulari e fisiologiche, che sono state osservate. I ricercatori italiani scrivono su PlosO ne che "tali effetti includono l'attivazione di alcuni percorsi enzimatici (catalasi, glutatione perossidasi, glutatione S-transferasi, glutatione totale e la capacità antiossidante totale, 7-etossi resorufina O-deethylase), l'inibizione di altri (l'acetilcolinesterasi e ossidasi acylCoA), con un incremento dell'indice epatosomatico e la diminuzione dell'indice gonadosomatico. Le alterazioni osservate potrebbero portare ad uno stato di detrimento della salute ed a comportamenti alterati, impedendo potenzialmente il successo riproduttivo delle popolazioni ittiche". Fonte e news integrale su GreenReport.
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LA REGINA DEGLI ACQUITRINI
Dalla foresta colombiana fossile che ci ha regalato il più grande serpente finora noto, Titanoboa cerrejonensis (Pikaia ne ha parlato qui), ecco emergere un'altra straordinaria creatura del passato. Si tratta di una tartaruga acquatica con un carapace dalla forma inconsueta, quasi perfettamente tondo.
La nuova specie, descritta sull'ultimo numero della rivista Journal of Paleontology, è stata battezzata Puentemys mushaisaensis.
Date le caratteristiche dell'ambiente in cui è stata ritrovata, come Titanoboa, anche Puentemys era fortemente legata ad un habitat acquatico e si nutriva di pesci ed altri vertebrati. Con il suo carapace che poteva superare il metro e mezzo di diametro, difficilmente questa specie rientrava, almeno nelle sue fasi adulte, nella dieta del più grande serpente di cui conosciamo l'esistenza, a differenza di altri carnivori descritti negli scorsi anni, come un piccolo coccodrillo e una tartaruga dal guscio spesso (Pikaia ne ha parlato qui).
Dalle sue caratteristiche morfologiche, gli scopritori ne hanno tracciato le parentele filogenetiche: l'organismo noto più affine a Puentemys risulta essere una specie vissuta nel tardo Cretaceo in Europa, chiamata Foxemys mechinorum. Da queste informazioni è possibile concludere che questo gruppo di tartarughe tra il tardo Cretaceo e l'inzio del Terziario ha raggiunto un'ampia distribuzione geografica, colonizzando una vasta porzione della terra sia a latitudini boreali che in zone dal clima equatoriale. Fonte: Pikaia, a cura di Andrea Romano.
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DEEPWATER HORIZON, MAREA NERA E MORTE DEI TURSIOPI NEL GOLFO DEL MESSICO
Nel 2011 è stata registrata un'insolita mortalità nei neonati di tursiopi (Tursiops truncatus), del Golfo del Messico settentrionale (northern Gulf of Mexico - Ngom). Secondo quanto si legge nello studio Were Multiple Stressors a ‘Perfect Storm' for Northern Gulf of Mexico Bottlenose Dolphins (Tursiops truncatus) in 2011? pubblicato su PlosOne da un team di ricercatori statunitensi, la moria di cuccioli è avvenuta dopo due perturbazioni ambientali ben documentate: un'ondata di freddo nel 2010 e la marea nera provocata dall'affondamento e dall'esplosione della piattaforma petrolifera offshore Deepwater Horizon della BP. Il team di ricercatori delle università dell'Alabama, Mississippi e Florida, scrivono che gli spiaggiamenti di delfini sono stati preceduti da "grandi volumi di acqua dolce e fredda, che sono penetrati nel Ngom a causa di uno scioglimento della neve insolitamente grande, sullo spartiacque adiacente, fornendo un terzo fattore di stress potenziale".
Come spiega uno degli autori dello studio, Graham Worthy del Dipartimento di Biologia dell'University of Central Florida: "Purtroppo è stata una 'tempesta perfetta' che ha portato alla morte centinaia di delfini. La fuoriuscita di petrolio e il freddo inverno del 2010 aveva già provocato notevole strees. A quanto pare i grandi volumi di acqua dolce e fredda, proveniente dallo scioglimento della neve, immessi nella Mobile Bay e nel Mississippi Sound nel 2011 sono state il colpo finale". Tuttavia, lo studio sostiene che i delfini sarebbe probabilmente sopravvissuta al flusso di acqua dolce derivante dal repentino scioglimento della neve se non fossero già stati in cattive condizioni. Questi dati, pur nella loro tristezza, sono preziosi per osservare e valutare i legami tra stress meteorologici ed ambientali e mortalità in un predatore all'apice della rete trofica. Rimane ancora senza risposta la domanda che pone lo studio: "Quanto è stata responsabile la fuoriuscita di petrolio nel deterioramento della salute dei tursiopi?", una domanda alla quale bisogna dare una risposta rapida. Fonte: GreenReport [modificato].
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VIETATO TOCCARE ED INFASTIDIRE LE MANTE
L' Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), ha annunciato oggi che "da alcuni giorni è stato segnalato nelle acque costiere del ponente ligure un esemplare di manta che appartiene alla specie Mobula mobular (Bonnaterre, 1788), un animale raro e protetto che è assolutamente vietato avvicinare, toccare o molestare". La manta è chiamata anche diavolo di mare ma mai nome fu meno appropriato, come sottolinea l'Ispra: "Questa specie, presente in tutto il Mediterraneo, non rappresenta un pericolo per l'uomo, in quanto non è aggressiva e dispone solo di un aculeo a scopo difensivo posto alla fine del dorso (dove inizia la pinna caudale)".
Anche i pescatori dell'isola d'Elba da tempo segnalano la presenza di numerose mante e dicono che la loro presenza è da collegasi ad un mare che quest'anno sembra particolarmente ricco di plancton, kryll, acciughe e sardine che attirano le mante ma anche tonni, delfini e balene. Insomma, il Santuario Internazionale dei Mammiferi Marini Pelagos, nonostante l'abbandono politico, i frequenti incidenti, la violazioni delle regole e l'accumulo di microplastica, è ancora vitale e riserva magnifiche sorprese come quelle dell'avvistamento di una manta. L'Ispra ricorda che "la manta è protetta e listata sia nell'Appendice 2 della Convenzione di Berna, sia nell'allegato II del Protocollo Spa/Bio della Convenzione di Barcellona, poiché è considerata specie vulnerabile".
A questo proposito, i ricercatori dell'Ispra ricordano ai bagnanti, alla popolazione e a tutti coloro che dovessero trovarsi nell'area, che è vietato infastidire ed anche semplicemente toccare l'esemplare di manta che frequenta le acque costiere liguri, proprio per la sua vulnerabilità e perché si tratta di esemplare protetto dalla legislazione internazionale". Fonte: GreenReport.

23 LUGLIO

A CHIOGGIA IL COMITATO DIRETTIVO DEL DISTRETTO DI PESCA ALTO ADRIATICO
Giovedì prossimo 26 luglio, verrà insediato il Comitato Direttivo del Distretto di Pesca Alto Adriatico, evento che segnerà l'avvio operativo di questo organismo interregionale di governo del settore, in un mare che ha caratteristiche fisiche e risorse alieutiche del tutto diverse da quelle degli altri bacini del Mediterraneo.
Lo ha confermato ieri sera l'assessore alla pesca del Veneto, Franco Manzato, che sarà anche il primo presidente di turno del Comitato, direttamente ai pescatori di Chioggia, assieme ai quali si è impegnato come cuoco e assaggiatore durante la tradizionale sagra del pesce, antica e famosa tradizione della cittadina lagunare.
L'insediamento avverrà nella sede dell'Aspo di Chioggia, alle ore 10, presenti gli assessori delle tre regioni interessate: Manzato per il Veneto, Tiberio Rabboni per l'Emilia Romagna e Giulio Violino per il Friuli Venezia Giulia. Ma ci saranno anche l'assessore della Puglia Dario Stefàno, che è il coordinatore delle Regioni in materia di pesca e agricoltura, le Organizzazioni della Pesca, il Direttore Generale Pesca del Ministero, Saverio Abate, Davide Bendinelli presidente della IV Commissione del Consiglio Regionale del Veneto con gli altri componenti della Commissione stessa, i consiglieri regionali Carlo Alberto Tesserin e Lucio Tiozzo, l'amministratore unico della società consortile Gestione Risorse Alieutiche Lagunari GRAL, Ruggero Ruggeri, le autorità marittime, il comandante della Guardia di Finanza di Chioggia.
"Nel cammino che stiamo facendo assieme, regioni, operatori e organizzazioni del settore, per dare un futuro a questa attività economica che ha fatto la storia delle nostre marinerie e delle nostre comunità – ha ricordato Manzato – abbiamo già ottenuto di variare il periodo di fermo pesca rapportandolo alle effettive esigenze del 'nostro' Adriatico. Stiamo anche operando per la rottamazione delle imbarcazioni della piccola pesca di quanti intendono rinunciare all'attività, ci daremo da fare per costruire tutte le opportunità e gli strumenti per dare un futuro al settore oggi fortemente in crisi, con l'auspicio che al più presto anche sull'altra sponda dell'Adriatico vengano adottate le stesse regole cui noi dobbiamo adeguarci per l'appartenenza all'Unione Europea". Fonte: Regione Veneto.
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I PULCINI DELLE BERTE AVVELENATI DALLA PLASTICA
Airam Rodríguez, Beneharo Rodríguez e María Nazaret Carrasco, del Dipartimento di Ecologia Evolutiva della Estación Biológica de Doñana e delle Isole Canarie, scrivono su Marine Pollution Bulletin, che l'inquinamento marino sta colpendo anche in un altro modo le berte maggiori (Calonectris diomedea). La plastiche si era già dimostrata un problema per molte specie di berte in tutto il mondo, e colpirebbe direttamente anche i nidiacei. Lo studio, High prevalence of parental delivery of plastic debris in Cory's shearwaters (Calonectris diomedea), sottolinea che "l'ingestione di plastica da parte dei procellariiformi adulti è stata ampiamente registrata, ma pochi studi hanno valutato il trasferimento intergenerazionale". I ricercatori hanno analizzato la presenza di particelle di plastica e le loro caratteristiche, nel contenuto intestinale di pulcini morti di berta maggiore, bloccati dall'inquinamento luminoso nelle Isole Canarie, il dato è impressionante: "L'83% degli uccelli sono stati colpiti, con in media 8 pezzi di plastica per volatile. Il peso medio della plastica per uccello era basso (2,97 ± 3,97 mg) rispetto ad altre specie di petrelli. Non abbiamo trovato relazioni tra i carichi di plastica e la condizione fisica o gli effetti le dimensioni del corpo, ma gli effetti negativi potrebbero essere nascosto o ritardati".
Quindi i genitori, dopo i loro lunghi viaggi verso i siti di alimentazione, trasportano nei cunicoli dove sono nascosti i piccoli di berte cibo mischiato a frammenti di plastica, 'avvelenando' così i pulcini. Un fenomeno preoccupante anche perché rivela quanto ormai sia diffuso l'inquinamento da microplastica nel Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico.
I ricercatori spagnoli propongono di utilizzare i pulcini bloccati dall'inquinamento luminoso per effettuare studi più precisi "per comprendere i potenziali costi nascosti dell'ingestione di plastica e per monitorare a lungo termine i detriti marini e sviluppare attività di gestione per il controllo dell'inquinamento nell'ambiente marino". Fonte: GreenReport.
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VIRUS, ALGHE E CORALLI....
Le sclerattinie o madrepore, le cui forme coloniali danno origine alle ben note barriere coralline, forniscono rifugio e nutrimento alle alghe unicellulari zooxantelle, che a loro volta contribuiscono alla costruzione del reef e al reperimento di energia. Ma a chi dare la colpa se questa forma di simbiosi subisce stress e destabilizzazione fino all’erosione di circa l’80% della barriera corallina?
È un fenomeno che si osserva da circa 30-40 anni, senza che ancora sia stato trovato un meccanismo che lo spieghi del tutto. Le ipotesi più accreditate parlano di virus e, su questa idea, si stanno muovendo i ricercatori grazie al ritrovamento di materiale genetico appartenente a due virus (per esempio DNA codificante per le proteine del capside, la struttura proteica che contiene l’acido nucleico virale), all’interno di campioni di alga unicellulare e di corallo.
Lo studio, pubblicato su ISME Journal, non porta comunque ad affermare con certezza che i virus abbiano un ruolo nel deperimento della barriera. La coesistenza tra virus, alghe e coralli è stata portata avanti brillantemente per milioni di anni, subendo stress e cambiamenti climatici importanti. Perché proprio nelle ultime decadi i virus che abitano queste zone avrebbero dovuto dare origine a queste patologie?
"È probabile che le sfide e le sollecitazioni attuali siano molto più frequenti e intense, mentre nel passato i cambiamenti nella temperatura, la presenza di inquinanti ambientali e la competizione tra specie erano lente e graduali - spiega Adrienne Correa, ricercatrice del Dipartimento di Microbiologia dell’Università dell’Oregon - queste pressioni più rapide e brusche potrebbero avere portato i virus a causare più problemi ora rispetto al passato".
Per chiarire questa ipotesi è quindi necessario verificare non solo che i virus si trovino associati ad alghe e coralli, ma procedere oltre, determinando se siano responsabili di un’infezione delle zooxantelle tale da portare problemi seri anche al corallo, nel suo rapporto di simbiosi. "Le nostre conoscenze sul meccanismo con cui i virus possano nuocere al reef sono ancora agli inizi - ha commentato Adrienne Correa - solo se i virus infettano l’alga possiamo iniziare a pensare che questo possa incidere anche sulla barriera".
Nelle ricerche future gli scienziati inoculeranno i virus identificati con le alghe unicellulari per verificare se siano in grado di uccidere le zooxantelle e quindi di compromettere la salute dl corallo. Il lavoro è solo agli inizi: sono infatti almeno 24 le malattie note che colpiscono il reef, e i ricercatori ancora lavorano nell’identificare le cause e i meccanismi di infezione. Aver scoperto la presenza di questi due virus è un piccolo, ma fondamentale, passo. Fonte: OggiScienza.
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LA DIATRIBA DEL CLIMA CHE CAMBIA: IRRISOLTO IL CASO DEL FURTO DELLE MAIL
A due anni e mezzo dall'imbarazzante furto di centinaia di messaggi di posta elettronica dal Climate Research Centre (Cru) dell'Università britannica dell'East Anglia, gesto che dato il via al cosiddetto climategate il cui obiettivo era quello di mettere in dubbio la solidità scientifica degli studi sul cambiamento climatico, le indagini sono terminate senza che nessun colpevole sia stato trovato.
La polizia britannica ha quindi messo fine all'inchiesta sul clamoroso caso di hackeraggio che portò alla rivelazione di scambi di e-mail private tra ricercatori dell'Università del Cru, alla vigilia dell'importantissimo summit di Copenaghen del 2009, un furto che, utilizzando e-mail ben scelte, permise di dire agli eco scettici che gli scienziati si accordavano per manipolare i dati sul Global Warming. Quella fuga ben indirizzata di notizie permise ad alcune delegazioni di far praticamente fallire il vertice di Copenhagen. Fonte e news integrale su GreenReport.

20 LUGLIO

ACQUE REFLUE, L'ITALIA HA VIOLATO LE NORME
Il lungo iter iniziato nel 2009, quando la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione contro l'Italia per il mancato rispetto delle norme UE sulle acque reflue in decine di comuni italiani, con una popolazione uguale o superiore ai 15.000 abitanti, trova oggi un punto di arrivo. La Corte di Giustizia Europea ha stabilito che l'Italia ha violato le norme UE sulla raccolta, trattamento e scarico delle acque reflue urbane non rispettando i tempi stabiliti per la loro applicazione e quindi i giudici hanno dato ragione alla Commissione. Il riferimento normativo è la Direttiva 271 del 1991, che ha introdotto norme per tutelare l'ambiente dalle ripercussioni negative degli scarichi di acque reflue fissando in particolare al 31 dicembre 2000, il termine ultimo per dotare tutte gli agglomerati urbani con 15.000 o più abitanti equivalenti, di reti fognarie e che le acque reflue urbane venissero sottoposte, prima dello scarico, a trattamento biologico di depurazione.
Nel 2009 la Commissione aveva deciso di aprire una procedura di infrazione contro l'Italia dopo aver constatato che decide e decine di comuni (tra i quali anche famose località turistiche) non si erano ancora adeguati, ben nove anni dopo la scadenza del 2000, agli obblighi imposti dalla direttiva UE per tutelare l'ambiente e la salute dei cittadini. La sentenza emessa oggi dalla Corte ribadisce quindi l'obbligo per circa un centinaio di comuni sparsi in tutto il Paese tra cui Reggio Calabria, Trieste, Rapallo, Capri, Frascati, Cefalù, Ragusa, di avviare al più presto le opere necessarie per mettersi in regola con la direttiva UE, altrimenti la Commissione potrà avviare una nuova procedura d'infrazione chiedendo stavolta allo Stato italiano, ultimo responsabile della corretta applicazione del diritto comunitario, di pagare delle multe. Sempre in tema di depurazione per quanto riguarda la Liguria (una delle regioni incriminate), oggi è stato ampliato un impianto nella zona di Loano (SV) area ad alta valenza turistica. L'impianto a membrana biologica MBR era stato costruito inizialmente tre anni fa per trattare 7.000 m3/d. Ora il depuratore quadruplica la portata trattata per servire circa 140.000 abitanti equivalenti e trattare fino a 35.000 m3/d come punta massima giornaliera. Fonte: GreenReport.

19 LUGLIO

ACQUE REFLUE INDUSTRIALI? TUTTE QUELLE CHE PROVENGONO DAGLI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI
Le acque reflue industriali sono quelle che provengano dall'insediamento produttivo nella sua totalità: il refluo deve essere considerato nell'inscindibile composizione dei suoi elementi confluenti nel corpo recettore. A nulla rileva, dunque, che parte di essi sia composto da liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo, come ad esempio quelli delle acque meteoriche necessariamente legate alla composizione chimica-fisica, diverse da quelle proprie delle acque metaboliche e domestiche.
Lo afferma il Tribunale Amministrativo della Puglia (TAR), a proposito della questione riguardante la Provincia di Brindici e una società che effettua attività di demolizione di impianti industriali e navali nonché trasporto e recupero di materiali ferrosi e non ferrosi.
La Provincia di Brindisi, con apposito provvedimento, ha imposto alla società la messa a norma del sistema di raccolta e smaltimento delle acque. Questo perché il sistema previsto di raccolta e smaltimento delle acque metoriche ricadenti sulle superfici impermeabilizzate non risulta conforme a quanto previsto dalla specifica normativa vigente. Inoltre la Provincia richiede che la raccolta delle acque di prima e seconda pioggia sia finalizzata all'accumulo, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa (allegato 5 punto2 al D.M. 186/2006) per il successivo avvio agli impianti di trattamento. Mentre la società contesta alla provincia di aver assimilato le acque meteoriche a quelle reflue.
È il legislatore del 2006 (d.lg. n. 152 del 2006) che definisce le "acque reflue industriali" come qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzioni di beni, diverse da quelle domestiche e dalle acque meteoriche o di dilavamento. Ma, secondo un orientamento giurisprudenziale, il refluo deve essere considerato "nell'inscindibile composizione dei suoi elementi". Ne consegue che rientrano tra le acque reflue quelle che provengano dall'insediamento produttivo e cioè dall'inscindibile composizione dei suoi elementi confluenti nel corpo recettore. Questo può voler dire che in essi vi sia una parte di liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo (come ad esempio quelli delle acque meteoriche necessariamente legate alla composizione chimica- fisica, diverse da quelle proprie delle acque metaboliche e domestiche). Fonte e news integrale: GreenReport.
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RIFIUTI SUL TERRITORIO DEMANIALE, CHI DEVE RIMUOVERLI?
L'ordine emanato dal sindaco di bonifica dell'area inquinata, presuppone l'accertamento di una responsabilità a titolo quantomeno di colpa, in capo all'autore dell'abbandono dei rifiuti, ma anche del proprietario o del titolare di altro diritto reale o personale sull'area interessata, che venga chiamato a rispondere in solido dell'illecito. E una volta identificato il colpevole o i colpevoli, la responsabilità può essere ravvisa tutte le volte in cui vi sia un comportamento negligente (da verificare caso per caso), che può anche consistere in un fatto omissivo (per esempio, l'omessa predisposizione delle dovute cautele atte ad evitare il danno). Lo ricorda il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia (Tar) - con sentenza 12 luglio 2012, n. 1255 - che si pronuncia sulla questione riguardante il comune di Castellaneta e l'Agenzia del Demanio. L'area interessata dallo sversamento dei rifiuti risulta, però, solo parzialmente intestata al demanio dello Stato che non ha però la gestione della stessa. Perché l'intero canale scolante del bacino Mezzana Orientale, con le relative pertinenze fa parte dello schema idrico è gestito dal Consorzio di Bonifica Stornara e Tara. Nella specie, l'area pur essendo di proprietà del demanio è soggetta alla gestione e manutenzione del Consorzio di Bonifica.
Il R.D. 368/1904 recante norme sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi, attribuisce al Consorzio specifiche competenze in proposito. Il Consorzio è responsabile della manutenzione e della buona conservazione delle opere concesse oltre che titolare della competenza specifica relativa all' "esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica o comunque alla manutenzione ed esercizio" delle stesse. E, dunque sarà il Consorzio - fra l'altro titolare di un diritto personale di godimento sulle aree a dover procedere alla rimozione dei rifiuti. Il tutto esclude che a carico dell'Agenzia del demanio possa ravvisarsi l'elemento della colpa, in quanto la corretta gestione, manutenzione e conservazione dell'area pertinente il canale scolante del bacino Mezzana Orientale è di competenza del consorzio.
Né è possibile imputare all'Agenzia del Demanio l'obbligo di dover predisporre un servizio di vigilanza notturno e diurno al fine di scongiurare l'evento poi verificatosi, dato che si tratta di un impegno che va ben oltre i canoni della diligenza media che l'ordinamento pone alla base della nozione di colpa generica prevista del così detto Codice Ambientale (nello specifico art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006).
Secondo il Codice Ambientale, in tema di abbandono dei rifiuti qualora l'autore materiale della violazione non sia identificato, al fine di individuare il soggetto obbligato alla rimozione dei rifiuti e al ripristino dello stato dei luoghi, è necessario procedere al duplice accertamento della titolarità dell'area e dell'imputabilità della violazione per dolo o colpa al proprietario o a colui che risulta titolare di diritti reali o personali di godimento sulla stessa.
In proposito la giurisprudenza ha chiarito che la responsabilità per colpa si ha tutte le volte in cui vi sia un comportamento negligente da parte del soggetto ritenuto responsabile, che può anche identificarsi in un fatto omissivo. Però, l'obbligo di diligenza deve essere valutato secondo specifici criteri con la conseguenza che va esclusa la responsabilità per colpa anche quando sarebbe stato possibile evitare il fatto solo sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato. Inoltre, l'idoneità delle cautele adottate dal soggetto proprietario o utilizzatore del bene va valutata in concreto, tenendo conto di una serie di circostanze. Fonte: GreenReport.
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I DELFINI E LA MATEMATICA DELLE BOLLE
Un trucchetto matematico che i delfini forse usano per pescare potrebbe affinare le tecniche di rilevamento sonar in acque basse, per esempio quelle che servono per individuare le mine. I delfini usano "racchiudere" i banchi di pesce che cacciano in un muro di bolle per intrappolarli, ma questo metodo potrebbe ridurre la prestazione del sistema sonar che questi animali usano per individuare oggetti (e altri pesci) nell’acqua. Infatti le bolle nell’acqua riflettono il segnale sonar meglio dei pesciolini che i deflini vorebbero mangiarsi. Perché usare le bolle allora, si sono chiesti gli scienziati?
Timothy Leighton e colleghi dell’Università di Southampton pensano che i delfini usino un "trucco" basato sulla matematica. I ricercatori hanno generato dei "click" simili a quelli usati dal sonar del delfino dentro una vasca in cui una sfera di metallo (che simulava un pesce) era nascosta da una nuvola di bolle.
Basandosi sul fatto che i delfini generano click di diversa intensità, Leighton ha alternato click forti a click più deboli. Questa variazione di intensità è stata sfruttata per miglirorare l’analisi degli eco e dunque la prestazione del sonar, applicando delle funzioni matematiche non lineari. Questo processo non lineare, a differenza dei sonar tradizionali usati dall’essere umano, è in grado di individuare il target in mezzo alle bolle.
Come puntualizza Leighton non è detto che i delfini usino questo sistema, e per capirlo sarà necessario fare ulteriori ricerche. Il sistema però potrebbe comunque rivelarsi molto utile. I sonar tradizionali infatti funzionano molto bene nell’individuare oggetti a grandi profondità, dove l’acqua è relativamente libera da bolle, ma nelle acque poco profonde sono imprecisi. La nuova metodologia invece potrebbe avere applicazioni interessanti, per esempio nel rilevare mine galleggianti. Fonte: OggiScienza.

18 LUGLIO

CACCIA ALLE BALENE, LA COREA DEL SUD (FORSE) CI RIPENSA
Forse una buona notizia per l'ambiente e soprattutto per le balene: la Corea del Sud ha deciso di rinunciare al progetto di ripresa della caccia ai giganti del mare. "I ministeri hanno annunciato l'abbandono del progetto di pesca alle balene lungo le coste - ha dichiarato un responsabile del governo all'agenzia sudcoreana Yonhap, chiedendo l'anonimato - Anche se si tratta di ricerche scientifiche, dobbiamo esser coscienti del fatto che si tratta di un tema delicato, sia all'estero che in Corea".
Dalla prudenza dell'esponente governativo si comprende come il progetto della caccia alle balene, che aveva suscitato indignazione in tutto il mondo, divida anche la stessa amministrazione sudcoreana. Il ministero dell'Agricoltura, delle Foreste e dell'Alimentazione non ha voluto confermare o smentire la notizia, ma Kang Joon-Su, un alto funzionario ministeriale, ha comunque fatto intendere che la prossima settimana la ripresa della caccia alle balene per "scopi scientifici" avrebbe buone possibilità di essere abbandonata.
L'annuncio delle intenzioni di tornare dopo 26 anni di moratoria a cacciare le balene, la Corea del Sud lo aveva dato all'inizio di luglio, durante i lavori della Commissione Baleniera Internazionale (ICW) a Città di Panama. Ovviamente il progetto è stato giustificato con la solita scusa della necessità di condurre ricerche scientifiche che però non escludono il consumo della carne di balena che può essere commercializzata. Attualmente solo tre Paesi praticano ufficialmente la caccia alle balene, il Giappone per "motivi scientifici" assolutamente non avvallati dai ricercatori, e Norvegia e Islanda, che non rispettano il divieto internazionale. Inoltre praticano la caccia alle balene, principalmente come mezzo di sostentamento, anche le comunità aborigene della Siberia, dell'Alaska, del Canada del Nord e della Groenlandia, con un impatto sulla sopravvivenza della specie che come si intuisce è sostanzialmente diverso. Fonte: GreenReport.
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DEEPWATER HORIZON DUE ANNI DOPO, ECCO IL RESTOR ACT
Il Congresso degli Stati Uniti ha votato e il presidente Barack H. Obama ha firmato una legge, chiamata RESTORE ACT, che finanzierà - con un fondo compreso tra i 5 e i 20 miliardi di dollari - il recupero ambientale e la ricerca scientifica nell'area del Golfo del Messico dove, nel 2010, si è verificata l'esplosione della Deepwater Horizon, che causò la morte di 11 persone e la fuoriuscita di almeno 5 milioni di barili di petrolio dal pozzo Macondo, scavato a 1.500 metri di profondità. Il RESTORE ACT, sostiene con un minimo di trionfalismo Science, la più importante rivista scientifica americana, trasforma uno dei più importanti eventi di inquinamento da petrolio che si siano mai verificati in uno dei meglio finanziati progetti di recupero ambientale che siano mai stati realizzati al mondo. La legge prevede, infatti, che l'80% della "multa" che dovrà pagare la multinazionale petrolifera inglese BP, proprietaria dell'impianto e responsabile dell'incidente. La causa in tribunale non si è ancora conclusa. Ma le previsioni sono, appunto, che la compagnia sarà costretta a pagare un conto molto salato: tra i 6 e i 25 miliardi di dollari. Finora la BP ha consegnato alle autorità americane 500 milioni di dollari per finanziare la ricerca sull'impatto ecologico ed economico dell'incidente e 1 miliardo di dollari per (iniziare a) pagare i danni diretti dell'incidente.
La volontà del Congresso e del presidente americano è chiara. E si fonda sul combinato disposto di due principi, niente affatto scontati nella storia dell'inquinamento ambientale. Da un lato il principio del "chi inquina, paga". E dall'altro il principio "chi rompe paga e i cocci non sono suoi, ma vanno riattaccati per riformare il vaso".
Il combinato disposto di questi due principi potrebbe diventare una regola utile anche nel nostro paese, che ha centinaia di siti industriali inquinati (alcuni definiti di "interesse nazionale") ma lamenta una certa difficoltà a recuperarli, anche per mancanza di fondi.
L'obiettivo finale del RESTORE ACT non è, tuttavia, punire il colpevole ma utilizzare i quattrini con cui il colpevole sarà chiamato a espiare la sua colpa per ripristinare l'integrità ecologica di un'area che ha subito non solo gli effetti dell'incidente della Deepwater Horizon, ma anche quelli di un secolo di pressione industriale scarsamente controllata. Naturalmente occorrerà definire cosa significa ripristino delle condizioni ecologiche "ex ante" e come raggiungere l'obiettivo.
Anche per questo è previsto un generoso finanziamento alla ricerca nel settore dell'ecologia marina. Nasceranno nuovi centri di studi e quelli antichi verranno potenziati.
I fondi verranno ripartiti tra i cinque stati interessati: Alabama, Florida, Louisiana, Mississippi e Texas. Tuttavia viene creato il Gulf Coast Ecosystem Restoration Council, diretto da rappresentati dei cinque stati e del governo federale, che controllerà il 60% delle risorse disponibili.
Con un vincolo preciso: la metà dei fondi dovrà essere investita in un piano complessivo di ripristino ambientale, mentre l'altra metà potrà essere speso per finanziare progetti selezionati dai singoli stati. Il 35% dei fondi sarà assegnato direttamente ai cinque stati, per i loro progetti di recupero.
E, infine, il restante 5% sarà dedicato esplicitamente alla ricerca scientifica, sotto la direzione della la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l'agenzia federale che si occupa di scienza ambientali e in particolare delle scienze del mare e dell'atmosfera.
La NOAA dovrà finanziare i progetti che mirano: a) creazione di "centri di eccellenza" nel ricerca in ecologia, energia ed economia; b) creazione di centri di ricerca sul recupero degli ecosistemi e sulla pesca sostenibile. Nessuno sa se e come tutto questo si realizzerà. Certo l'impianto generale della legge è da studiare. Perché, almeno in alcune sua parti, può essere utilizzato come modello per la gestione di un incidente a forte impatto ambientale. Fonte: GreenReport.
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LO SQUALO DI SANTA TECLA ERA UN PESCE LUNA
Ha tenuto banco per diversi giorni l’avvistamento del presunto squalo di Santa Tecla, al largo di Acireale (CT). Il tutto è pure coinciso con la disgrazia del surfista australiano, ucciso da uno squalo bianco. In pochi, in quest’ultimo caso, hanno ricordato come uno squalo, vedendo la tavola da sotto la superficie dell’acqua, riconosce in essa la sagoma di una foca. Un’attrazione irresistibile accolta quasi con filosofia da alcuni surfisti italiani che hanno inserito gli squali come un rischio da correre. A Santa Tecla, però, non c’era alcuno squalo ed il filmato che vi mostriamo, consegnato da un diportista alla Guardia Costiera di Santa Maria La Scala, toglie ogni dubbio. Il video è stato poi attenzionato dalla Capitaneria di Porto di Catania con l’ausilio degli esperti del Centro Recupero Fauna Selvatica del Fondo Siciliano per la Natura. Mostra inequivocabilmente un pesce luna, meglio noto con il nome dialettale di mola.
L’osservazione di un giovane ospite della piccola imbarcazione, è giusta. Quello 'squalo' sembra avere il corpo a metà, così come appare quasi essere per il pesce luna. Niente a che fare, neanche lontanamente, con gli squali. Si tratta, infatti di un pesce osseo (gli squali e le mante sono invece pesci cartilaginei). Le sue dimensioni sono da record (fino a tre metri di lunghezza ed altrettanto di altezza) così come la sua età che può arrivare fino ai cento anni.
È solito avvicinarsi alle coste, dove può essere avvistato anche dalle piccole imbarcazioni. Simpatico il commento di una bambina a bordo dell’imbarcazione. Voleva avvicinare lo “squalo” con dei vermetti. Fonte e video GeaPress.
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NORMATIVA SUL TONNO ROSSO
È stato pubblicato il Regolamento di Esecuzione (UE) n. 606/2012 della Commissione del 4 luglio 2012, relativo al divieto di pesca del tonno rosso nell'Oceano Atlantico, ad est del 45° di longitudine ovest, e nel Mar Mediterraneo per le tonnare e i pescherecci con palangari battenti bandiera italiana o immatricolati in Italia. Il Reg. 44/2012 stabilisce, per il 2012, le possibilità di pesca concesse nelle acque UE e, per le navi UE, in determinate acque non appartenenti all'UE, e fissa inoltre fissa il quantitativo di tonno rosso che si può pescare nel 2012 nell'Oceano Atlantico e nel Mar Mediterraneo. Secondo le informazioni che la Commissione ha ricevuto, comunicate dagli Stati membri in base al reg. 302/2009 relativo al piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso, sembra che le possibilità di pesca di tonno rosso nell’Oceano Atlantico e nel Mediterraneo siano esaurite per le tonnare e i pescherecci battenti bandiera italiana o immatricolati in Italia. La Commissione dunque conferma il divieto di pesca del tonno rosso, a decorrere dal 20 giugno 2012 alle ore 13.00 per i pescherecci con palangari battenti bandiera italiana o immatricolati in Italia, e dal 22 giugno 2012 alle ore 17.00 per le tonnare registrate in Italia. Inoltre, da tali date è vietato conservare a bordo, mettere in gabbia a fini di ingrasso o di allevamento, trasbordare, trasferire o sbarcare catture di tale stock effettuate dai pescherecci e dalle tonnare suddetti. Fonte: Aiol. Vai alla pagina Normativa.

16 LUGLIO

IN NATURA BARARE PAGA: IL CASO DEL TRAVESTIMENTO BISEX DELLA SEPPIA

In natura barare paga. Lo dimostra, una volta di più, un nuovo studio pubblicato su Biology Letters: la truffa, in questo caso, riguarda una seppia, la Sepia plangon. I ricercatori australiani della Macquarie University di Sydney hanno dimostrato che i maschi di questa specie, mentre corteggiano una partner, sfruttano una particolare forma di mimetismo: metà del corpo assume forma e colori adatti a impressionare la femmina prescelta al corteggiamento, l'altra metà inganna altri maschi assumendo sembianze femminili. 
Questo sistema è reso possibile sia dall'imponente sistema nervoso dei cefalopodi, sia dalla presenza di cromatofori, particolari cellule della superficie cutanea contenenti granuli di pigmento, che permettono agli animali di "indossare" colori sgargianti e modificare il disegno sulla pelle.
Queste seppie sono relativamente piccole (raggiungono infatti i 50 centimetri di lunghezza) e vivono in gruppi costituiti prevalentemente da maschi. Lo sviluppo di questi stratagemmi mimetici indica che la socialità ha svolto un ruolo determinante nell’evoluzione cognitiva in questa specie. Fonte: Galileonet.
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RISCOPERTO SULL'ISOLA SAINT LUCIA UNO DEI SERPENTI PIÙ RARO AL MONDO
Un team di ambientalisti dell'isola-Stato caraibica di Saint Lucia e di ricercatori internazionali, finanziato da Balcombe trust, Disney WorldwideConservation Fund e Fish & Wildlife Service USA, ha ritrovato il serpente corridore di Saint Lucia (Liophis ornatus - Saint Lucia racer), il serpente più raro conosciuto al mondo. Il team dopo una ricerca di 5 mesi, ha scoperto che esistono ancora almeno 18 individui di questo piccolo serpente non velenoso, che un tempo era comune nell'isola dei Caraibi, ma che si è rapidamente rarefatto dopo l'introduzione della manguste dall'India nel XIX secolo. Gli ultimi Liophis ornatus sopravvivono a Maria Major, un isolotto di soli 12 ettari e a solo un km al largo di Saint Lucia, l'unico lembo di terra dello Stato insulare rimasto libero dalle manguste. Alwin Dornelly spiega: "Abbiamo 4 specie endemiche ed uniche di serpenti a Saint Lucia. Ognuna di loro è estremamente rara. Dobbiamo assicurarci di compiere ogni sforzo per salvare queste importanti specie dall'estinzione". Fonte e news integrale su GreenReport.
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PROBABILE TSUNAMI METEOROLOGICO NEL TIRRENO
Quattro giorni fa, cioè nella mattinata di giovedì 12 luglio, una serie di piccole onde anomale hanno interessato molte spiagge del mar Tirreno, dalla Liguria alla Sicilia. Un fenomeno 'misterioso' perchè non riconducibile a eventi sismici e vulcanici, nè a fenomeni franosi. Ma allora cosa ha provocato questo fenomeno? Andiamo con ordine e proviamo prima di tutto a capire con precisione cos’è accaduto. Sulla stampa stanno circolando una serie di notizie assolutamente imprecise. Innanzitutto l’evento s’è verificato giovedì mattina, e non venerdì 13, come scrivono in tanti. Inoltre si è verificato solo ed esclusivamente nel mar Tirreno, e non nello Ionio: a confermarcelo è stato il Capitano di Fregata della Capitaneria di Porto di Crotone, Michele Maltese: "Proprio in coincidenza di quello che succedeva nel Tirreno, giovedì mattina abbiamo ricevuto una serie di segnalazioni da turisti e bagnanti sulle spiagge del crotonese, che vedevano in lontananza un muro d’acqua come se fosse uno tsunami. Ci siamo allertati subito, abbiamo fatto verifiche e spedizioni, ma si trattava solo del fenomeno della fata morgana, un effetto ottico di riverbero che determinava una sorta di illusione visiva nei bagnanti. Qui, nelle zone ioniche, non c’è stato niente".
Invece nelle zone Tirreniche qualcosa è successo, come ci ha confermato il funzionario dell’INGV Salvatore Barba: "abbiamo ricevuto un certo numero di segnalazioni che consideriamo attendibili, da cui pare che sia stato un piccolo tsunami, ma di sicuro non è stato un fenomeno provocato da eventi sismici o vulcanici" e per questo l’INGV ha passato la 'palla' alla Protezione Civile, che sta studiando il fenomeno e che nelle prossime ore dovrebbe approfondire tutto con un comunicato stampa. Intanto, per evitare inutili allarmismi, il dipartimento si è limitato a inviare un avviso alle varie Capitanerie di Porto, segnalando il fenomeno e invitando a fare attenzione e monitorare le coste. Ma sono passate più di 48 ore e non è successo nient’altro. Il Capo Servizio Operativo della Capitaneria di Porto di Gaeta, Marco Guzzon, ci ha confermato quanto accaduto, spiegando però che "non è stato nulla di grave. È stata una piccola onda isolata, che è entrata in spiaggia per qualche metro oltre la battigia. Nulla di particolare. Si è verificato solo sulla spiaggia di Sant’Agostino, quella esposta a ovest, la più occidentale e non sulle altre zone del nostro comprensorio. Siamo in allerta e stiamo monitorando da due giorni quello che succede, ma è tutto regolare".
Interpellati anche l’ISPRA e l’Aeronautica Militare, gli studiosi provano a dare una spiegazione al fenomeno parlando di "effetto di marea di origine meteorologica", causato forse da una particolare intensificazione dei venti sinottici legati alle condizioni meteo ad ampia scala nel Mediterraneo centrale.
Gli esperti parlano di tsunami like, cioè una piccola onda anomala simile a un maremoto, detta anche tsunami meteorologico. Fonte: Meteoweb.
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LA PARTENZA ANTICIPATA DEI SALMONI ROSA
Sull'ultimo numero di Nature, un interessante editoriale (Pink salmon evolve to migrate earlier in warmer waters) cerca di attirare l'attenzione su un articolo comparso sui Proceedings of the Royal Society B (Genetic change for earlier migration timing in a pink salmon population), dove si dimostra come il patrimonio genetico possa cambiare (=evoluzione) per permettere ad una specie di adattarsi ai cambiamenti dell'ambiente.
Si tratta della descrizione di una scoperta ottenuta solo studiando per 40 anni una popolazione di salmoni rosa che si riproduce in un fiume dell'Alaska, l'Auke Creek; nel patrimonio genetico di alcuni di questi individui era stato inserito negli anni '80 un marcatore genetico che permetteva di distinguere i salmoni che migravano prima rispetto agli altri.
Si è scoperto che i salmoni, oggi risalgono la corrente per deporre le uova con due settimane di anticipo rispetto a 40 anni prima, e che il fiume ha una temperatura maggiore di più di 1 °C rispetto a 40 anni prima.
Grazie al marcatore genetico si è potuto verificare che che non si trattava di plasticità fenotipica (come avviene per il fenomeno del secular trend che ha portato, ad esempio in Italia, ad un aumento medio della statura di 10 cm in un secolo, 2,5 cm per generazione), ma proprio di un adattamento genetico, con un sempre maggior successo riproduttivo, e quindi una maggior frequenza delle forme che risalgono prima il fiume.
Si tratta quindi, essendo un cambiamento di frequenze alleliche, di un caso evidente di evoluzione, come si legge in ogni testo di biologia delle superiori. La conseguenza è stata (e anche questo dato è stato osservato) che è rimasto costante il numero complessivo di individui della popolazione, pur in presenza di variazioni nelle condizioni ambientali.
Questo è avvenuto in un tempo tanto breve (40 anni) da poter dimostrare che si è trattato di fenomeni evolutivi che modificano la composizione genetica della popolazione. L'articolo è importantissimo in quanto dimostra in modo convincente come purtroppo sia molto difficile poter analizzare ìn natura i diversi fattori (biologici, fisici e ambientali) che agiscono nel momento in cui avviene un meccanismo evolutivo. È evidente che questi rimarranno sempre esempi piuttosto rari ma indispensabili per permettere alle persone intelligenti di capire come anche eventi simili avvenuti nel passato possano - ma soprattutto debbano - essere spiegati.
L'editoriale su Nature rimanda poi ad altri articoli, recenti e di qualche anno fa, che presentano dati scientifici provati che confermano l'esistenza di meccanismi adattativi ai cambiamenti climatici: "Climate change linked to shrinking leaves" (un fenomeno che avviene in Australia), "Global warming wrecks moths' rhythm", "Warming world altering thousands of natural systems" (Il riscaldamento globale influenza circa 30000 fenomeni biologici e fisici). Fonte: Pikaia.
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Carcharhinus albimarginatus, ESEMPLARE DA RECORD
L'International Game Fish Association (IGFA), ha convalidato la cattura record di un esemplare di squalo della specie Carcharhinus albimarginatus, avvenuta nei pressi di Latham Island, Tanzania. Si tratta di una specie vulnerabile, a crescita lenta, oggetto di pesca accidentale, poiché spesso le popolazioni note risultano modeste e frammentate. L'esemplare catturato da Andrea Pellegrini, pesava 186,20 Kg.

Carcharhinus albimarginatus
Credit: lindiscreto.it and IGFA.

14 LUGLIO

ATTACCO MORTALE IN AUSTRALIA
Un altro surfista è stato attaccato da uno squalo nelle acque attorno a Perth, nel Sudovest: è il quinto caso letale in 10 mesi, dallo scorso settembre, tanto anche per una zona abituata a questo tipo di cose (la costa australiana attorno a Perth è rinomata per la sua pericolosità, sebbene in tutto il continente la media annuale di morti per squalo è di 1,2 all'anno).
L'attacco è avvenuto attorno alle 9.00 di mattina. Il giornale Perth-Now riporta che la giovane vittima, un ragazzo di 24 anni, stava facendo surf con un amico in una spiaggia a 4 chilometri a sud di Wedge Island (distante da Perth a 180 chilometri). Lo squalo, un bianco di almeno 4 metri, è emerso improvvisamente e ha aggredito il ragazzo. L'amico ha immediatamente gridato aiuto. Il 22enne Matt Holmes, che si trovava nei paraggi a bordo di una moto d'acqua e stava rimorchiando un amico con gli sci, è accorso in loro aiuto. Dopo aver portato sulla spiaggia l'amico si è volto ai surfisti, ma la scena che si è trovato davanti è stata spaventosa: "C'era soltanto sangue dappertutto, e uno squalo bianco, veramente enorme, che girava intorno ai resti", racconta all'emittente televisiva Abc. "Sono riuscito a raggiungerli e ad afferrarli, ma a quel punto lo squalo ha puntato me". "Tentavo di sporgermi e di tirarlo su, ma allora lo squalo ha colpito la moto e ha tentato di farmi cadere in acqua. Allora per allontanarmi ho fatto una giravolta ma, quando sono tornato indietro, lo squalo si era portato via il cadavere", aggiunge. L'amico del ragazzo ucciso è stato salvato e portato a riva in stato di choc. I ragazzi attaccati non erano gli unici sulla spiaggia; almeno una dozzina di ragazzini stavano surfando. Testimoni hanno detto che l'attacco è avvenuto a 80 metri dalla riva e che i due amici avevano camminato chilometri per raggiungere il punto, isolato rispetto agli altri.
Abitanti della zona parlano già di una bestia mangiauomini che si aggirerebbe nella acque della zona: altri surfisti sarebbero già stati minacciati nei giorni precedenti, dicono. "Stavo pescando al largo e ho visto certi mostri là fuori", sostiene Paul Burke, un residente. "I surfisti locali hanno notato uno squalo con una pancia come un barile da 44 galloni, che hanno soprannnominato Brutus": potrebbe essere lui ad aver attaccato. A seguito dell'attacco le spiagge sono state chiuse e le autorità hanno fatto partire una battuta di caccia coordinata con battelli, aerei ed elicotteri per trovare il corpo e lo squalo killer, ma per ora nessuna traccia di entrambi. Norman Moore, ministro della Pesca, ha ordinato di uccidere l'animale, e riferendosi alla recente serie di attacchi ha detto: "Abbiamo veramente un problema". Fonte: LiberoQuotidiano.

13 LUGLIO

DEEPWATER HORIZON, RESILENZA E MORTE DELLE PALUDI SALATE IN LOUISIANA
Un team di ricercatori della Florida University e dell'Istituto Reale di Ricerca Marina (Nioz) e dell'Università di Groningen, hanno pubblicato su PNaS lo studio Degradation and resilience in Louisiana salt marshes after the BP-Deepwater Horizon oil spill. Nella ricerca viene sottolineato che "sono passati più di 2 anni dalla fuoriuscita di petrolio della Deepwater Horizon, ma abbiamo ancora una scarsa conoscenza dei suoi impatti ecologici".
Lo studio evidenzia, inoltre, che "la pesante copertura di petrolio sulla linea costiera delle paludi della Louisiana, che già sperimenta un ritiro a causa delle intense attività umane, ha indotto un feedback geomorfologico che ha amplificato l'erosione, limitando così il recupero della vegetazione altrimenti resiliente. Questo evidenzia quindi la maggiore vulnerabilità delle paludi, e fornisce un chiaro esempio di come diversi fattori di stress indotti dall'uomo, possono interagire per accelerare il declino degli ecosistemi". News e fonte integrale GreenReport.
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BARRIERA CORALLINA AUSTRALIANA A RISCHIO
La Grande Barriera Corallina australiana, esempio chiave di un ecosistema bisognoso di protezione, è a rischio e l’Unesco, dopo una recente ispezione, si prepara a classificarla come patrimonio dell’umanità "in pericolo".
Anche se sono le barriere coralline asiatiche più di altre a essere minacciate dalle attività umane; sviluppo costiero, inquinamento e pesca, mettono in serio pericolo l’85% dell’area nota come "triangolo corallino", che include Indonesia, Malesia, Papua Nuova Guinea, Filippine, Isole Salomone e Timor Est, coprendo il 30 per cento delle barriere globali e ospitando oltre 3.000 specie marine. È quanto è emerso da un report presentato al 12esimo International Coral Reef Symposium che si sta svolgendo dall'11 luglio a Cairns, nel Queensland (Australia). Qui saranno riuniti fino a venerdì oltre 2.000 scienziati marini provenienti da circa ottanta paesi per discutere dello stato di salute delle barriere coralline.
Il dato di partenza sembra dunque essere quello del recente report del World Resources Institute (WRI) realizzato in collaborazione con la Coral Triangle Support Partnership (CTSP), un consorzio costituito da WWF, Nature Conservancy e Conservation International, sostenuto da Usaid (United States Agency for International Development). Il documento, Reefs at Risk Revisited in the Coral Triangle, parla chiaro: la barriera corallina asiatica ha circa un 20% in più di rischio rispetto alla media mondiale del 60%. Sotto i riflettori, in particolare, la pesca e l’inquinamento. "Quando queste minacce sono combinate con il recente sbiancamento dei coralli, causato dall’innalzamento delle temperature oceaniche, la percentuale di coralli considerati a rischio arriva fino al 90%" si legge nel report, il cui autore principale è Lauretta Burke, senior associate presso il World Resources Institute. Nell’area del Triangolo Corallino, oltre 130 milioni di persone fanno affidamento sugli ecosistemi corallini per il cibo, l’occupazione e i proventi del turismo. "L’influenza delle barriere corallini sugli aspetti più importanti della vita delle persone non può essere sottovalutata – ha sottolineato Katie Reytar del WRI – e si estende ben al di là del Triangolo dei coralli". Fonte e news integrale IlFattoQuotidiano.
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DIVERGENZE NEL CELACANTO
Il celacanto, Latimeria chalumnae, vive lungo la costa orientale dell'Africa, dal Sud Africa, fino al Kenia. È comunemente definito un fossile vivente, principalmente per la sua morfologia pressoché immutata fin dal Devoniano. Essendo parente stretto dell'ultimo progenitore comune di pesci e tetrapodi, gli studi molecolari si sono concentrati sulle sue relazioni filogenetiche. Recentemente è stato invece pubblicato uno studio su Current Biology sulla genetica di popolazioni di questo pesce polmonato, basato su 71 adulti provenienti da tutte le popolazioni conosciute. Lo studio ha evidenziato due sottopolazioni simpatriche della specie delle Comore: questa divergenza genetica, nonostante i tassi evolutivi lentissimi, dimostra che il celacanto continua a diversificarsi e può adattarsi a nuove condizioni ambientali. Fonte: Pikaia a cura di Giorgio Tarditi Spagnoli.
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SURIMI, IL MISTERO DEL PESCE
Il surimi è un ingrediente molto apprezzato, soprattutto d'estate per preparare insalate fresche e veloci. Ma da cosa sono composti questi esotici bastoncini al gusto di granchio? In questo video del programma Consumi&Consumi di RaiNews24 del 7 luglio, Roberto La Pira approfondisce il tema della misteriosa preparazione a base di pesce. Fonte: IlFattoAlimentare.

12 LUGLIO

SPIAGGIATA DI PROTESTA ALL'ELBA
Mai tanta gente così sulla spiaggia del Bagno, a Marciana Marina, come l'8 luglio per la "spiaggiata" di protesta contro la sua privatizzazione. La manifestazione ha stentato a decollare perché la gente arrivava alla spicciolata e perché nessuno ha voluto privarsi di un tuffo nel mare splendido o di un bagno di sole. Tra i presenti molti i ragazzi marinesi ed i tradizionali frequentatori della spiaggia, ma anche i turisti più affezionati. Gli organizzatori dicono che comunque "Alla fine il recinto privato (molto arretrato e "aperto" ma con i sostegni ben in vista e pronti ad essere rimessi), è stato invaso pacificamente e, battendo i sassi della spiaggia, è stato scandito "Bagno Libero!". Intanto un gruppo di bambine aveva piazzato proprio nel pratino davanti alla porta della "proprietà" una scritta disegnata sui sassi: "La spiaggia è di tutti, non solo dei tuoi cani 8/7/2012". Fonte e news integrale su GreenReport.
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NEL NASO LA BUSSOLA DELLA TROTA
La trota "annusa" il campo magnetico terrestre: la scoperta è illustrata in un articolo pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences, in cui tra l'altro si suggerisce un nuovo metodo per identificare le cellule responsabili del senso magnetico di molti animali.
Da almeno 50 anni, infatti, i biologi accumulano prove del fatto che molte specie, soprattutto quelle dedite a migrazioni periodiche, sono in grado di orientarsi sfruttando il campo magnetico terrestre. Tutte queste prove però sono di tipo sostanzialmente comportamentale e non forniscono indicazioni sul modo in cui i vari animali percepiscono il campo magnetico. In altri termini, la fisiologia sensoriale su cui si basa questa capacità è ancora oscura, soprattutto perché fino a oggi non si era riusciti identificare le strutture preposte alla rilevazione dei campi magnetici e in particolare quali sono e come sono organizzati gli indispensabili magnetorecettori.
A iniziare a colmare questa lacuna c'è ora uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Ludwig-Maximilians-Universität, dell’Università di Cambridge e del California Institute of Technology. Gli scienziati sono riusciti nell’intento grazie allo sviluppo di una nuova metodologia per isolare e caratterizzare potenziali cellule sensibili al campo magnetico, grazie alla presenza al loro interno di cristalli di magnetite (un minerale del ferro, uno dei più importanti minerali magnetici), che vengono evidenziati visivamente quando le cellule sono immerse in un campo magnetico rotante nel piano focale di un microscopio.
In particolare i ricercatori sono riusciti a identificare minuscole inclusioni di magnetite nelle membrane delle cellule dell'epitelio nasale di questi salmonidi. Una volta identificati i potenziali recettori magnetici, gli scienziati hanno testato la capacità di reazione di queste cellule epiteliali ai campi magnetici, osservando che il loro momento di dipolo magnetico era molto superiore a quello stimato in precedenza, Il momento di dipolo era sufficiente non solo a rilevare la direzione di nord magnetico, ma anche a fungere da base per un accurato sistema sensoriale magnetico con cui estrarre informazioni sulla posizione da piccole variazioni spaziali relative all’intensità e alla direzione del campo magnetico terrestre. Il saldo accoppiamento delle inclusioni di magnetite all’interno della membrana cellulare permetterebbe inoltre una trasduzione diretta dello stress meccanico indotto dalla torsione magnetica.
"I nostri risultati – concludono i ricercatori - mostrano che le cellule individuate rispondono perfettamente ai requisiti fisici per un magneto-recettore in grado di rilevare rapidamente piccole variazioni del campo magnetico esterno". Fonte: LeScienze.

09 LUGLIO

NAPOLI IN DIFESA DELLA STAZIONE ZOOLOGICA
Napoli fa quadrato intorno alla Dohrn a partire dalle sue istituzioni. La sua chiusura cancellerebbe "con un colpo di spugna non solo una storica istituzione che, in 140 anni di attività, si è affermata tra i piu' importanti enti di ricerca al mondo nella biologia marina e nell'ecologia, ma anche le possibilità offerte alla comunità internazionale da un Centro di confronto e da una metodologia, unica al mondo per approccio integrato e multidisciplinare, di analisi degli organismi marini e della loro biodiversità", dichiara l'assessore del Comune di Napoli con delega ai Beni Comuni, Alberto Lucarelli, secondo cui "la ricerca, e dunque anche le Istituzioni che la rappresentano, quali la Stazione Anton Dohrn, va considerate bene comune, in quanto assolve, per vocazione naturale, a interessi sociali e collettivi, quali il progresso scientifico e la tutela della salute e dell'ecosistema, servendo immediatamente la stessa collettivita' in persona dei suoi componenti".
Per l'assessore, la Stazione Anton Dohrn va difesa anche in ragione del suo nuovo Statuto che, dal maggio del 2001, ha permesso la costituzione di una comunità scientifica internazionale di riferimento. E di "un durissimo ed ennesimo colpo che si da alla cultura scientifica napoletana" parla il presidente della Commissione Permanente ai Beni Comuni del Consiglio comunale Antonio Grimaldi, esprimendo il suo "disappunto verso tale provvedimento". "La Stazione Zoologica Anton Dohrn, infatti, ritenuta sin dal 1872 in tutto il mondo tra i più importanti istituti di ricerca nei settori della biologia marina e dell'ecologia - dichiara Grimaldi - è stata ed è a tutt'oggi faro per gli studenti italiani e stranieri, che scelgono la ricerca, nonostante il mercato del lavoro non offra loro alcuna opportunità di 'alti guadagni' in questo settore. Così il Governo dei tecnici risolve i problemi della crisi nazionale: sopprimere centri d'interesse culturale scientifico, per risparmiare spese irrisorie, e togliere grandi aspettative alle giovani intelligenze che si affacciano nella ricerca marina, invece di combattere l'evasione fiscale dei grandi patrimoni e proporre occasioni alternative nel lavoro per far riprendere l'economia italiana. Preferisce, infatti, che i 'nostri cervelli' scappino via ed altre nazioni usufruiscano dei risultati dei loro studi. Noi, rappresentanti delle istituzioni napoletane, non ci arrenderemo, ma difenderemo con tutte le nostre energie la storia e la cultura scientifica di Napoli, ritenendo la stessa un intoccabile bene comune, patrimonio dell'umanità". Fonte: LiberoQuotidiano.

06 LUGLIO

RISERVE MARINE INTEGRALI INDISPENSABILI PER IMPEDIRE IL COLLASSO DELLA PESCA
Un team di ricercatori del Marine Laboratory dell'Università di Guam, della James Cook University e della Curtin e Australian Research Council Centre of Excellence for Coral Reef Studies, ha presentato su PlosOne lo studio Marine Reserves and Reproductive Biomass: A Case Study of a Heavily Targeted Reef Fish, nel quale evidenzia che "La sovrapesca del reclutamento (la riduzione di uno stock riproduttivo oltre un punto in cui lo stock stesso non può più ricostituirsi) è un problema comune, che può portare a un rapido e irreversibile collasso della pesca.
Per evitare questo disastro occorre mantenere una popolazione sufficiente per la deposizione delle uova, per tamponare le fluttuazioni stocastiche nel reclutamento degli stock. Strategie ottimali per la gestione delle biomasse fertili sono ben sviluppate per i mari temperati, ma restano incerte per la pesca nei mari tropicali, dove il pericolo di crollo da sovrasfruttamento è più grande". Fonte e news integrale GreenReport.
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COREA DEL SUD E CACCIA ALLE BALENE
Non abbiamo alcun obbligo di informare i delegati, ma lo facciamo "nello spirito di fiducia, buona fede e trasparenza". In tal maniera il delegato della Corea del Sud si è espresso, durante la riunione della Commissione Baleniera Internazionale in corso a Panama. La Corea del Sud ha altresì dichiarato che non accetterà l’affermazione assoluta che le balene non debbano essere uccise o catturate. Anche loro, come già il Giappone, utilizzeranno i presunti scopi scientifici. Si tratta, di fatto, di una escamotage consentito nell’ambito della stessa conferenza e che fa venir meno la moratoria alla cattura per fini commerciali esistente fin dal 1986.
Da un punto di vista giuridico, secondo la Corea del Sud, non ci sono obiezioni. Questo perché la Commissione Baleniera non rappresenta un dibattito di tipo etico o morale. Anzi, proprio l’anno scorso, andò in votazione la riapertura della caccia per fini commerciali, per fortuna non autorizzata. La delegazione coreana non ha fornito alcun piano di caccia. Non si conosce pertanto sia il periodo che le aree che saranno interessate dall’azione delle loro baleniere. La vera meta, però, sembrerebbero essere le balenottere minori del Mar del Giappone.
Di fatto, la Corea del Sud utilizzerebbe lo stesso canale giuridico del Giappone, ovvero la caccia per fini scientifici. Un metodo utilizzato non solo dai giapponesi ma anche dagli europei. Fatto, quest’ultimo, raramente ricordato. La Norvegia e l’Islanda sono ad esempio altri due paesi che cacciano regolarmente le balene. Il secondo paese, addirittura, sarà un prossimo membro dell’Unione e la flotta baleniera, nelle mani di un unico imprenditore vicinissimo alla politica locale, è interconnessa con la flotta di motopesca che rifornisce di pesce, tramite paesi terzi, mezza Europa, Italia compresa. Vi è poi il caso della Danimarca, ovvero un paese della UE, che ha chiesto di autorizzare le popolazioni indigene della Groenlandia a cacciare le balene. Di fatto la Groenlandia, formalmente autonoma, rimane una sorta di protettorato danese.
Non è da escludere che la carne di balena ricavata in Sud Corea, possa essere venduta ai giapponesi, come già avviene per quella pescata in Europa. Ad ogni modo l’annuncio della Corea del Sud segue di poco quello del Giappone di potere cacciare le balenottere nei mari del sud est asiatico.
E' da ricordare come già da tempo in Sud Corea, si mangi balena, specie nella città costiera di Ulsan. Anzi sembra proprio che non abbiamo mai smesso di mangiarla. La balena macellata è dichiarata come proveniente da catture accidentali. Un po' come il tonno rosso del mediterraneo pescato "accidentalmente" da alcuni nostri motopesca. In questo caso, però, il tonno pescato accidentalmente va subito comunicato all’autorità marittima competente, la quale farà in modo di considerarlo nell’ambito di una specificatamente quota stabilita dalle norme comunitarie. Purtroppo è così anche per le balene già uccise "accidentalmente" dalla Corea, ovvero con le reti. Fonte: GeaPress.
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LAZIO, REGINA DELL'ABUSIVISMO EDILIZIO COSTIERO
Nel Lazio nel 2011 sono state accertate 634 reati edilizi, 1,7 al giorno. La Regione, per reati di questo tipo, arriva subito dopo le 4 Regioni ad insediamento mafioso e ha il 9.5% dei reati edificatori a livello nazionale: 218 in provincia di Roma, 204 a Latina, 79 a Rieti, 75 a Frosinone e 58 a Viterbo. Un susseguirsi di abusi e speculazioni a danno dell'ambiente, scorre lungo il litorale laziale.
Legambiente dice che, al di là del ruolo dei vari clan mafiosi, sulla costa laziale "Il cemento illegale è diventato una prassi consolidata, seguita non solo dai clan. Rapportando i dati al territorio il quadro è più fosco: il Lazio pesa sul totale nazionale per il 20% e nello specifico la Provincia di Latina detiene un preoccupante 9,1%, seguita dalla provincia di Roma con il 4,1%, dal reatino con il 2,9%, dal frusinate con il 2,3% ed infine dal viterbese che pesa per l'1,6%. Rispetto al numero di abitanti, colpisce invece la provincia di Rieti che pesa con il 5,3%, seguita da quella di Latina con il 4,1%, dal viterbese con il 2%, frusinate con l'1,5% ed infine la provincia di Roma con lo 0,6%".
Sono gli impressionanti dati del sacco urbanistico laziale presentati oggi da Goletta Verde ad Ardea, uno dei luoghi simbolo dell'abusivismo italico: la costa è affogata da una colata di cemento illegale quasi ininterrotta, difficile anche da abbattere e contrastare: "657 abusi edilizi censiti solo tra il 2004 e il 2009, dopo anni ed anni in cui in media sono stati commessi quasi 2 abusi al giorno ed è stata edificata una nuova costruzione abusiva ogni 5 giorni - spiega Legambiente Lazio - Così come ha dell'incredibile, sempre ad Ardea, la recente vicenda dei 168 manufatti per 25.000 metri quadri, destinati ad abitazioni civili, ristoranti, bar, piscine e campi da calcio, su un'area agricola di circa 3,5 ettari". Fonte e news integrale GreenReport. Vedi anche GalileoNet.

ASSALTO ALLE COSTE CATANESI, PREVISTE 14 CONCESSIONI SU LIDO INCONTAMINATO
Quattordici nuovi lidi, attività commerciali, bar e chioschetti. Sull’ultimo segmento di litorale ionico catanese rimasto così come la natura lo ha fatto. Il piano che potrebbe cambiare fisionomia a due chilometri e mezzo di spiaggia incontaminata è stato approvato all’unanimità dal consiglio comunale di Fiumefreddo di Sicilia, lo scorso 19 giugno. Poco importa se per le caratteristiche di quel paesaggio, il Comune a metà strada tra Catania e Taormina avesse ricevuto dal 2006 al 2011 la Bandiera Blu, il riconoscimento della Foundation for Environmental Education. Un’oasi, dove attualmente sorgono soltanto tre lidi, su cui adesso il comune ionico ha in programma di intervenire. Si tratta del Piano di utilizzo del demanio marittimo. Per i politici locali una svolta che farebbe "da volano per l’economia di Fiumefreddo". Ma è lo stesso tecnico che ha redatto il piano, l’ingegnere Massimo Turnaturi, ad ammettere che "il progetto risponde a criteri prettamente politici". Scelte che non sono affatto piaciute alle associazioni ambientaliste, con Legambiente in prima fila, secondo cui siamo di fronte "all’ennesimo assalto alle coste, che per di più fanno parte di due siti di interesse comunitario, La Gurna e l’Oasi del fiume Fiumefreddo". Fonte e news integrale IlFattoQuotidiano.
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FUKUSHIMA, NON SOLO TSUNAMI, ANCHE ERRORI UMANI
Si è trattato di negligenza e mancanza di comunicazione tra le parti interessate. È questa la conclusione dell'inchiesta della Fukushima Nuclear Accident Independent Investigation Commission, istituita dal governo giapponese, che per sei mesi ha indagato sull'incidente nucleare dell'11 marzo 2011.
La relazione conclusiva della commissione, fa chiarezza su cosa sia davvero successo dopo il terremoto e lo tsunami che colpirono la costa giapponese poco più di un anno fa, e su come sia stata gestita la crisi da parte delle autorità e del gestore dell'impianto, Tepco (Tokyo Electric Power Company).
Dopo aver intervistato più di mille persone e aver ascoltato oltre 900 ore di registrazioni, i commissari hanno stabilito che sebbene l'incidente sia stato innescato da eventi naturali imprevedibili, le misure di sicurezza dell'impianto non erano adatte a garantire una risposta adeguata in situazioni di emergenza. Già il mese scorso un rappresentante di Tepco aveva ammesso alla Cnn che l'impianto non era attrezzato per rispondere a un disastro nucleare di quelle dimensioni.
Secondo il rapporto, la principale responsabilità del governo, dell'autorità di regolamentazione Nisa (Nuclear and Industrial Security Agency) e della Tepco è stata quella di non intervenire in tempo per migliorare le misure di sicurezza dell'impianto e garantire la protezione dei cittadini. La situazione è stata ulteriormente peggiorata dai problemi di comunicazione tra le parti interessate e la conseguente mancanza di coordinamento delle risposte dopo il disastro.
Le misure di emergenza degli impianti nucleari giapponesi non sono sufficienti a garantire la sicurezza dei cittadini – conclude la commissione – ed è necessaria una trasformazione profonda del sistema. Questi cambiamenti radicali che partono dalla necessità di adeguarsi agli standard di sicurezza internazionali si articolano in sette punti fondamentali elencati in dettaglio nel rapporto tra cui la riforma delle leggi sull'uso dell'energia nucleare e la creazione di sistemi di monitoraggio continui da parte di organismi indipendenti. Fonte: Galileonet.
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BIG JUMP! PER UN RITORNO ALLA BALNEABILITA' DEI FIUMI EUROPEI
La siccità che sta colpendo il nostro Paese, dovuta anche alle modifiche dei regimi pluviometrici in conseguenza dei cambiamenti climatici, sta mettendo in sofferenza molti corsi d'acqua che sono già attualmente in asciutta o sotto il minimo deflusso vitale. I fiumi inoltre, che costituiscono un patrimonio importantissimo sotto l'aspetto ecosistemico e paesaggistico, sono spesso sovrasfruttati e aggrediti da abusivismo, inquinamento, escavazioni in alveo, cementificazioni, consistenti captazioni delle acque per uso idroelettrico o irriguo. Questo insieme di fattori rende praticamente inutilizzabili i fiumi per la balneabilità, che pare oggi davvero un'utopia specialmente nelle grandi città, mentre fare un tuffo nel fiume sotto casa era pratica piuttosto diffusa solo qualche decennio fa. Ovviamente questo tipo di criticità non appartengono solo all'Italia, ma sono rilevate in molti altri paesi europei. Per lanciare l'allarme sulla qualità delle acque e sulla integrità degli ecosistemi fluviali, domenica 8 luglio alle ore 15 scatta il Big Jump, un tuffo simbolico organizzato contemporaneamente in tutta Europa per richiedere maggiore attenzione per i fiumi. In Italia l'iniziativa è coordinata da Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta e si svolgerà soprattutto in fiumi del nord del nostro paese. Emblematico l'appuntamento sul Po a Torino. Fonte e news integrale su GreenReport.

05 LUGLIO

CHIUSURA STAZIONE ZOOLOGICA DI NAPOLI, LETTERA A NAPOLITANO
L’incertezza continua: a fronte di voci che annunciano, nella bozza di decreto sulla spending review, la soppressione di alcuni tra i principali enti di ricerca italiana, due tra quelli coinvolti – l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e l’Istituto Nazionale di Alta Matematica (INDAM) – ci fanno sapere di non avere ricevuto alcuna comunicazione in merito. La notizia, insomma, è ancora tutta da confermare, ma oltre al direttore di OGS anche altri, nel dubbio, cominciano a muoversi.
È il caso del presidente della storica Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, l’etologo Enrico Alleva, che ha scritto una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (già una volta intervenuto a favore della Stazione e di altri enti). Ecco il testo della lettera.

"Ancora una volta apprendiamo con viva preoccupazione che la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli rischia la soppressione, nell’ambito del decreto sulla spending review.
Con questo provvedimento la Stazione Zoologica perderebbe l’autonomia che la caratterizza sin dalla sua fondazione, oltre a veder ridimensionata o annullata la sua operatività .
La Stazione Zoologica Anton Dohrn, fondata nel 1872 da Anton Dohrn, è stato il primo Istituto al mondo dedicato esclusivamente alla ricerca scientifica in biologia marina.
La Stazione Zoologica è un’icona della ricerca biologica, grazie anche alla politica di cooperazione internazionale di cui è un esempio fondante. Scoperte fondamentali in biologia, dalla biologia dello sviluppo alla neurobiologia ed alla scoperta della struttura del DNA, hanno vissuto fasi importanti presso l’Ente.
Presa a modello da diverse altre Istituzioni, la Stazione Zoologica di Napoli è senz’altro il Centro di Ricerca italiano più noto al mondo nel campo della Biologia ed è tutt’oggi un organismo scientifico la cui valenza è riconosciuta a livello internazionale.

L’attualità delle ricerche della Stazione Zoologica è testimoniata:
1) dalla sua presenza in tutti i “Network of Excellence” relativi alla Biologia Marina varati dall’Unione Europea durante il Framework Programme 6 e 7;
2) dal coordinamento di un’infrastruttura europea, denominata EMBRC – per European Marine Biological Resource Center – che è l’unica infrastruttura a coordinamento italiano tra le 11 d’interesse Biomedico incluse nel processo ESFRI. L’EMBRC comprende 13 Istituzioni di 8 diversi Paesi europei;
3) da un Consiglio Scientifico che è disegnato per Statuto in accordo con l’Accademia dei Lincei e che testimonia l’alto profilo scientifico dell’Ente.

La soppressione della Stazione Zoologica nella sua forma attuale significherebbe la sparizione dell’unico Ente di Ricerca pubblico del Mezzogiorno, un ostacolo allo sviluppo dell’EMBRC e quindi un danno considerevole per Napoli, la Campania e il Mezzogiorno in generale, oltre che per la visibilità del nostro Paese. Inoltre, la cancellazione di un’Istituzione che rappresenta un pezzo della storia della biologia moderna provocherebbe certamente sorpresa e le più vive reazioni nella Comunità Scientifica Internazionale.

Siamo consapevoli del momento difficile che vive il nostro Paese e la Comunità internazionale e siamo pronti a contribuire al superamento delle difficoltà nelle forme che ci saranno indicate.
Intendiamo sottoporre alla Sua attenzione la necessità di evitare questa pericolosa possibilità, contando sulla Sua saggezza e sulla Sua capacità di impegno per il mondo della ricerca e dell’innovazione e per la preservazione dei luoghi culturali tradizionalmente connotati dalla presenza di una comunità internazionale stabile: dunque un ambito tale da produrre una qualità della formazione scientifica per giovani italiani davvero unica nel panorama nazionale.

Come ricercatori sentiamo l’urgenza di difendere un’Istituzione che soltanto se mantenuta nel suo stato autonomo rappresenta un valore per il nostro Paese e, in particolare, per il Mezzogiorno".

Prof. Enrico Alleva
Presidente

Fonte: OggiScienza.
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TARANTO, A PESCA CON LE BOMBE
Interventi, quelli contro i bombaroli del Mar Piccolo, a Taranto, che si ripetono ormai con preoccupante frequenza. Esattamente un anno addietro venne scoperto un intero tunnel utilizzato come magazzino di materiale esplodente (vedi articolo GeaPress), mentre nel giugno del 2010 un’altra operazione portò allo scoperta di una vera e propria organizzazione dedita alla pesca con le bombe (vedi articolo GeaPress). Nella serata di ieri, invece, dopo una lunga attività investigativa condotta dalla Capitaneria di Porto di Taranto in collaborazione con la Squadra Nautica della Questura, sono stati tratti in arresto C.C. di anni 48, P. C di anni 44, entrambi tarantini e pregiudicati per vari reati. I due, colti in flagranza di reato, operavano la pesca di frodo con materiale esplodente. Operazioni che, nei luoghi, erano state segnalate da cittadini che avvertivano le deflagrazioni nel Mar Piccolo che si protraevano per intere settimane.
I militari del Nucleo Operativo Difesa Mare della Guardia Costiera, notavano i due a bordo di una tipica imbarcazione usata per la pesca con le bombe. Si tratta di un piccolo natante di colore scuro dotata di potente motore. Il barchino precedeva in direzione del Mar piccolo – 2° Seno, dove i due provvedevano ad effettuare un giro di ispezione prima di esplodere tre ordigni. Le deflagrazioni, tra l’altro riprese dai militari operanti, venivano percepite sino a terra, tanto da determinare ulteriori segnalazione da parte di cittadini allarmati. Fonte e news integrale GeaPress.
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SPIAGGE LIBERE DI...ESSERE CEMENTIFICATE
Spiagge libere in Italia? Fai prima a cercare la felicità, perché per vedere il mare occorre pagare spesso un biglietto molto alto. Non è notizia nuova, ogni anno siamo costretti a prenderne atto e ogni anno lo spazio concesso a chi non ha "voglia" di pagare, si fa sempre più angusto, sporco e… lontano, nonostante l’obbligo di lasciare un po' di respiro alla spiaggia libera. Le concessioni che lo Stato mette a disposizione dei privati per la realizzazione di cabine, strutture per la balneazione e bagni in diversi tratti del litorale italiano, hanno generato un impatto visivo pesante, oscurando il mare con muri e barriere, che neanche fosse previsto l’attacco dei pirati troverebbero ragione di esistere.
L’inquinamento va in vacanza, la bellezza si autoesilia per non assistere allo scempio. Angelo Bonelli, Presidente della Federazione dei Verdi, ha stilato un Manuale di Autodifesa del Bagnante, perché per un turismo veramente sostenibile, nei costi e nella tutela dell’ambiente, occorre conoscere i propri diritti per poterli difendere. Primo tra tutti, l’accesso alla battigia: "In caso di resistenza, potete ricordare al personale dello stabilimento che non vi vuole fare entrare, che sta violando quanto prevede una Legge dello Stato, e precisamente la Legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, comma 251, che stabilisce "l’obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area compresa nella concessione, anche al fine della balneazione".
E poi: "La pulizia delle spiagge libere è a carico del Comune, o del concessionario se affidata come spesso accade a soggetti privati. Se la spiaggia è sporca non esitate a inviare una segnalazione o un esposto circostanziato ai soggetti responsabili: Comune di appartenenza o Capitaneria di Porto competente per territorio. Fonte: Ecoblog.

04 LUGLIO

RARISSIMO MESOPLODONTE NELLE ACQUE DELLA SARDEGNA
Un rarissimo esemplare di delfino mesoplodonte (o balena dal becco), è stato avvistato nel Mar Tirreno centrale, al largo della costa nord-orientale della Sardegna, dal Gruppo Rricerche Cetacei del Dipartimento di Scienze della Natura e del Territorio (Dipnet) dell'Università di Sassari. La scoperta è avvenuta all'interno del progetto di ricerca "Cetacei pelagici dei mari della Sardegna: una biorisorsa prioritaria", coordinato da Renata Manconi del Dipnet e oggetto della tesi di dottorato di Luca Bittau, Scuola di dottorato in Scienze della Natura e delle sue Risorse, durante le attività di campionamento che il gruppo cetacei del Dipnet conduce dal 2009.
Si tratta di un evento eccezionale, dato che è il primo avvistamento di un mesoplodonte vivo per le acque italiane; finora i ricercatori dell'Università di Sassari avevano incontrato altri cetacei rari ed elusivi come lo zifio, un'altra "balena dal becco". Gli zifidi sono odontoceti, cioè cetacei con denti e tra loro i mesoplodionti sono il genere con più specie: 14 conosciute, si pensa che ce ne siano altre. Ma questi cetacei sono i meno noti, "specie criptiche", alcune delle quali non sono mai state osservate vive, ma catalogate in base ad esemplari spiaggiati. Fonte e news integrale GreenReport.
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STAZIONE ZOOLOGICA DI NAPOLI A RISCHIO CHIUSURA..."È INUTILE"
Monti cancella la Stazione Zoologica di Napoli. La bozza del Decreto dell'esecutivo, che punta a ridimensionare la spesa pubblica, prevede un colpo anche alla prestigiosa istituzione di ricerca che fu fondata a Napoli da Dohrn, alla fine del diciannovesimo secolo.
Attualmente la Stazione Zoologica Anton Dohrn è un ente pubblico di ricerca vigilato dal ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca; nonostante sia tra i maggiori enti di ricerca mondiali nel settore della biologia marina e dell'ecologia, sembra ormai prossima alla chiusura. Se il governo dovesse realmente approvare la soppressione, per salvare l'Istituto servirebbe solo un intervento dell'Università che dovrebbe trovare i fondi per far andare avanti da sola la Stazione Zoologica. Impresa ardua, fa sapere Enrico Alleva, da neanche un anno alla guida della Anton Dohrn. "Voglio capire prima che margini di recupero ci sono. Continuerò a fare di tutto per invogliare gli insegnanti a portare i loro alunni da noi: la divulgazione scientifica è un pilastro di democrazia e un dovere morale".
In occasione dell'America's Cup, il sito della Dohrn è stato tra i più visitati dagli stessi napoletani. Del resto è situata in Villa Comunale, a quattro passi dal mare. In questo prestigioso istituto di ricerca si studiano gli animali e l'ambiente marino, si effettua il monitoraggio delle coste e dei fondali del Mediterraneo con gli strumenti tecnico-scientifico più aggiornati, e le ricerche coprono alcuni settori tra i più avanzati della biologia. Fonte: Napoli Today.
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MORTO UN ALTRO DELFINO A OLTREMARE
Morto un altro cucciolo di delfino nel Parco Oltremare di Riccione. La nascita del cucciolo, figlio della delfina Cleo (di fatto la fattrice del delfinario) era stata comunicata negli stessi giorni di un'altra morte, ovvero quella della femmina di grampo Mary G. (vedi qui). Su quest’ultimo episodio risulterebbe aperta una indagine della Procura della Repubblica di Rimini. Negli anni passati alcune nascite avvenute nel delfinario non erano state subito comunicate all’opinione pubblica. Questo, denunciarono le associazioni animaliste, per evitare l’effetto boomerang della grancassa pubblicitaria messa in scena in occasione della nascita. Sta di fatto che l’ultima notizia di un piccolo di delfino morto, sempre figlio di Cleo, risale al giugno 2010. Il decesso del piccolo delfino, stante la comunicazione diffusa dallo stesso delfinario, sarebbe avvenuta alle 7.45 di stamani. Le cause della morte dovranno ora essere accertate dalla Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Padova. Secondo il delfinario, la nascita di un delfino è un evento delicato anche in natura. Il piccolo delfino, dice sempre il delfinario, non aveva mostrato anomalie nelle recenti analisi del sangue. Affermazione, questa, che non può non far pensare alla recente polemica scoppiata sul caso del grampo Mary G. Il delfinario aveva, infatti, smentito le voci sul possibile malessere. Pochi giorni dopo, però, il delfino mori. Fonte: GeaPress.
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FERMO PESCA, FIRMATO IL DECRETO
È stato avviato alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il decreto firmato dal Ministro Catania, che stabilisce le modalità di entrata in vigore del "fermo pesca" per il 2012. Secondo quanto stabilito dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, queste le date e modalità:

Inoltre, sono state intensificate le misure del cosiddetto “dopo fermo” al fine di rafforzare la tutela delle risorse ittiche nell’areale adriatico. Nello specifico è stato stabilito che decorso il periodo di fermo, l’attività di pesca per 10 settimane è consentita solo per 3 giorni a settimana, successivamente solo per 4 giorni a settimana. Infine è previsto che dalla pubblicazione del provvedimento e fino al 31 ottobre 2012 è vietata, nelle acque dei compartimenti marittimi dell’Adriatico, ad eccezione di quelli di Monfalcone e di Trieste, e dello Ionio, la pesca a strascico e/o volante entro una distanza dalla costa inferiore alle 6 miglia ovvero con una profondità d’acqua inferiore a 60 metri. Con un successivo decreto ministeriale saranno decisi criteri e modalità di erogazione dei contributi alle imprese di pesca. Fonte: GeaPress.
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UN PICCOLO DINOSAURO PIUMATO
È emerso da una cava di calcare della Baviera, in Germania, il dinosauro con piumaggio descritto in un articolo pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences da Oliver W. M. Rauhut, del Bayerische Staatssammlung für Paläontologie und Geologie e della Ludwig-Maximilians-Universitat di Monaco di Baviera, e colleghi.
L’importanza della scoperta è legata al fatto che Sciurumimus albersdoerferi – come è stato battezzato questo esemplare giovanile, eccezionalmente conservato – appare dotato di caratteristiche anatomiche evolutivamente molto più arcaiche di quelle solitamente associate alle penne, che segnano in qualche modo l’emergere del ramo filogenetico degli uccelli. Fonte e news integrale LeScienze.
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I PIRATI NEMICI DELL'AMBIENTE, SECONDO GOLETTA VERDE
Per ora sono 5 i pirati nemici dell’ambiente individuati da Legambiente: il ministro Passera, la società Costa Crociere, ma anche Francesco Bellavista Caltagirone, il gruppo Grimaldi Lines e Raffaele Lombardo.
Il motivo? Il ministro è stato bocciato per il Decreto Sviluppo che ha riportato in auge le tanto odiate "procedure per la ricerca e l’estrazione di petrolio dai fondali marini" una legge che, a detta degli attivisti di Legambiente "non è riuscita a vietare i passaggi ravvicinati delle navi da crociera davanti a lughi delicati", come Capri, l’isola d’Elba, l’isola di Pantelleria, di San Pietro o l’arcipelago delle Eolie.
Il motivo della nomina di Costa Crociere non ha bisogno di essere ricordato…l’imprenditore Caltagirone invece è segnalato perché coinvolto in progetti di porti turistici poco attenti all’ambiente; la compagnia Grimaldi Lines perché ha perso "nelle acque intorno all’isola di Gorgona, nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, due semirimorchi con un carico di 224 fusti tossici contenenti ciascuno 200 kg di cobalto e monossido di molibdeno"; il governatore della Sicilia Lombardo è tra i pirati del mare per "aver assecondato e non rigettato la proposta di project financing della Sidra finalizzata alla messa in sicurezza dei tratti di costa in erosione, ma che in realtà prefigura la svendita ai privati delle spiagge siciliane".
Il compito dei volontari di Legambiente è sempre arduo e affascinante! Si può seguire in diretta il viaggio di Goletta Verde sul sito dedicato o sulla pagina Facebook. Fonte: Ecologiae.com.
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AREE MARINE PROTETTE IN LENTA AGONIA
Pronti, via: inizia l’estate e con essa la lenta agonia delle 27 aree marine protette dello Stivale. Grattando il fondo del barile, restano pochi spiccioli per le attività di salvaguardia dell’ecosistema marino e per la valorizzazione turistica di territori dalla bellezza unica al mondo. In tal senso è preciso e documentato l’allarme di Antonino Miccio, direttore della Riserva Marina di Punta Campanella, che incastona alcuni dei gioielli più preziosi delle coste tra la penisola sorrentina e Positano in Campania, nonché presidente dell’AIDAP (Associazione Italiana Direttori e Funzionari delle Aree Protette). Nel 1999 il governo D’Alema stanziò 36 miliardi delle vecchie lire. E le aree protette erano soltanto 15. Taglia, taglia, nel 2012, e con un considerevole ritardo, il governo Monti ha appena approntato per le attuali 27 riserve solo 3 milioni e 600mila euro. Una cifra pari allo 0,0002 del Pil. "Che paese è quello che oltre a pensare di svendere i suoi beni culturali non investe nel mare, la risorsa più strategica del nostro turismo?". Miccio non si dà pace. Paradossi all’italiana. Nazione che prima costruisce un sistema di parchi all’avanguardia e poi si diverte a distruggerlo. Anche perché al contrario delle aree protette terrestri, istituite con leggi dello Stato e terreno fertile per la lottizzazione, qui siamo di fronte a enti gestori leggeri e agili, meno permeabili alla politica politicante delle spartizioni e delle consulenze.
Solo che a furia di tagliare e smagrire, stanno per mancare fondi e risorse umane indispensabili alla sopravvivenza. Emanuele Mollica è il direttore della riserva marina Isole Ciclopi, in provincia di Catania, gestita da un consorzio tra gli enti locali e l’Università. "Ma sono un direttore che non dirige nessuno. Ai sei dipendenti dell’ente il contratto a progetto è scaduto". Dal governo Monti risuona lo stesso verbo pronunciato in altri campi: autofinanziatevi. Trovate da soli il modo di andare avanti. Altrimenti – è il senso di una nota del ministero in corso di elaborazione – troveremo altri enti gestori. "Ma per avviare attività di promozione turistica che abbiano una ricaduta economica nelle casse dell’ente – ribatte Mollica – serve personale: per elaborare i piani di comunicazione, per spingerli, per tenere i contatti. E io sono rimasto solo con questo circolo vizioso. E’ una situazione drammatica". Fonte e news integrale IlFattoQuotidiano.
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FERMO PESCA SUD ADRIATICO DAL 6 AGOSTO
Scatterà dal 6 agosto il fermo pesca dalle Marche alla Puglia. Ad annunciarlo è Coldiretti ImpresaPesca, dopo il via libera da parte della Commissione Consultiva Centrale del Ministero. Lo stop alle attività avrà la durata di 43 giorni consecutivi, dopodiché si tornerà in mare. Nelle dieci settimane successive alla ripresa l’attività sarà però limitata a tre giorni, come già lo scorso anno. Un provvedimento necessario, sottolinea Coldiretti ImpresaPesca, per garantire il ripopolamento della risorsa ittica, dopo un 2011 che ha visto la produzione subire un calo del 38% rispetto all’anno precedente. Tra le altre misure del fermo 2012, il fatto di prevedere un’area di tutela dell’attività della pesca per i soli sistemi a traino, fino a tutto il mese di ottobre. Il provvedimento varrà fino alle 4 miglia per le barche da pesca con sistemi a traino abilitate ad operare fino e non oltre le 6 miglia dalla battigia; fino alle 6 miglia per quelle abilitate ad operare oltre le 6 miglia dalla costa. La novità, rileva Coldiretti ImpresaPesca, è che quest’anno l’avvio del fermo in Adriatico avverrà in due fasi. Se le Marche e le altre regioni fino alla Puglia inizieranno il 6 agosto, dall’Emilia al Friuli Venezia Giulia si partirà prima, il 16 luglio. "E’ stata accolta la richiesta di Coldiretti per lo spostamento del periodo per il centro-sud Adriatico a partire non prima del mese di agosto rispetto al Nord" sottolinea Tonino Giardini, responsabile nazionale di Coldiretti ImpresaPesca. Fonte: Aiol.

03 LUGLIO

SALVAGUARDARE L'AMBIENTE MARINO, L'ESEMPIO DELL'AUSTRALIA
Il mare copre circa il 70% del nostro pianeta. Lì è nata la vita e da lì essa dipende. Nonostante questo, negli ultimi decenni, l’uomo ha iniziato a compromettere pesantemente la Terra, sfruttandola come mai era accaduto prima. Mare compreso. La situazione è sotto gli occhi di tutti e invertire la tendenza è cosa difficile e coraggiosa, visti gli interessi economici e politici in gioco, e molto spesso anche rischiosa. Nonostante questo, alcuni giorni fa è arrivata una nuova dimostrazione di coraggio e questa volta non da parte di un singolo cittadino o di una associazione ambientalista, bensì (fatto ben più raro) da uno stato: l’Australia. Il ministro dell’Ambiente australiano, Tony Burke, ha infatti annunciato la creazione lungo tutto il continente di un network di aree marine protette, che di fatto porterà all’istituzione della riserva marina più grande del mondo, cercando di mettere d’accordo tutti gli stake-holders: mondo della pesca, ambientalisti, scienziati e realtà imprenditoriali (per esempio le società di estrazione petrolifera off-shore).
Il coraggio qui non sta tanto nello sfidare i molteplici interessi in gioco, ma nel cercare di cambiare rotta a una specie (la nostra) ormai votata, in generale, a un folle suicidio collettivo. Lo sfruttamento delle risorse naturali e il depauperamento del pianeta, infatti, provocherà danni a tutti gli essere viventi, noi compresi. Conservare la natura e gestire con raziocinio le sue risorse, oltre che a un indubbio valore etico ha, quindi, anche un interesse diretto nella salvaguardia della nostra specie per gli anni futuri, in termini di wellness e in termini anche prettamente economici (Balmford et al., 2002. Science, 5583:950-953). Tuttavia l’uomo, sopratutto negli ultimi 150 anni, ha dato dimostrazione di poca oculatezza prediligendo "l’ora e adesso" piuttosto che "il domani". Peccato che questo "ora e adesso" sia durato un battito di ciglia e si debba già fare i conti con i danni provocati da questo atteggiamento folle. Ma, nonostante sia evidente che un cambiamento sia necessario e urgente, la stragrande maggioranza dei governi che è alla guida della nostra specie continua a navigare lunga questa rotta sbagliata. Fonte e news integrale IlFattoQuotidiano.
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CARNE DI BALENA AI TURISTI
Secondo un'inchiesta svolta dalla Whale and Dolphin Conservation Society (Wdcs) e presentata proprio mentre a Panama comincia il 64esimo Meeting annuale dell'International Whaling Commission, i motivi reali delle richieste della Danimarca di aumentare la quota di balene cacciabili non sono quelle asserite del sostentamento tradizionale dei popoli indigeni della Groenlandia, che fa parte del Regno di Danimarca come territorio semi-indipendente. L'indagine che la Wdcs ha svolto sotto copertura in Groenlandia, ha rivelato che, nonostante il divieto di caccia commerciale alle balene, la Groenlandia viola costantemente le norme dell'Iwc vendendo carne di balena ai turisti, mentre in Groenlandia è consentito uccidere i cetacei solo per le esigenze nutrizionali dei popoli autoctoni.
Gli investigatori della Wdcs hanno visitato ristoranti e alberghi della Groenlandia documentando menù destinati ai turisti con proposte di piatti a base di carne di balena della Groenlandia (Balaena mysticetus). Ma le indagini dell'associazione ambientalista hanno anche rivelato che anche nei supermercati si vende apertamente carne di balena della Groenlandia e di balenottera minore (Balaenoptera acutorostrata) in via di estinzione e di altre carni di cetacei, tutti disponibili per chiunque visiti il Paese degli inuit.
A Panama si dovrà discutere proprio di caccia comunitaria di sussistenza, che l'Iwc limita ai "Fini del consumo aborigeno locale", non certo per il tipo di vendita commerciale documentato dalla Wdcs. La Danimarca chiede di portare da 10 a 19 il numero di balenottere e di aumentare di quasi il doppio del numero di balenottere in via di estinzione (da 10 a 19) e aumentare il numero di megattere (Megaptera novaeangliae) che è possibile cacciare, senza che questi numeri possano essere rivisti per 6 anni. Fonte e news integrale GreenReport.
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LO SCEMPIO DELL'ILVA DI TARANTO. L'AZIENDA QUERELA AMBIENTALISTA
Sedimenti neri come la pece e acqua che sembra petrolio. A Taranto i problemi ambientali legati all’industria siderurgica non si limitano all’inquinamento atmosferico: davanti agli scarichi delle acque di raffreddamento dell’Ilva, in cui già da anni sono vietate la pesca e la balneazione, un video shock di Fabio Matacchiera, esperto di ispezioni subacquee, accusa la più grande acciaieria d’Europa dello scempio ambientale in corso. Accuse gravi e ingiustificate, ribatte l’azienda, che ha investito un miliardo di euro nella difesa dell’ambiente. E che ora intende intraprendere azioni legali non solo nei confronti dell’autore del filmato, ma anche "dei giornalisti che, senza alcuna verifica della fondatezza della notizia, hanno divulgato tale video".
La battaglia che divide la città di Taranto sulle sorti dell’Ilva si fa sempre più aspra. Soprattutto da quando i video girati dall’ambientalista Fabio Matacchiera (l’ultimo diffuso solo ieri) rischiano di rendere vani gli sforzi della compagnia di abbandonare la nomea di killer ambientale. I filmati mostrano le pessime condizioni del mare in cui sfocia il canale artificiale che passa attraverso l’acciaieria: testimonianze visive che in pochi giorni hanno ottenuto decine di migliaia di visualizzazioni, ma che hanno mandato su tutte le furie la società del Gruppo Riva. Fonte e news integrale IlFattoQuotidiano.

SQUALO BIANCO AVVISTATO A CAPRAIA
Uno squalo bianco di circa 4 metri è stato avvistato a Capraia, nell'Arcipelago toscano. Al momento disponiamo di una sola immagine tratta dal quotidiano l'Unità.

Squalo bianco avvistato a Capraia
Credit: l'Unità.