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28 DICEMBRE

POLITICA DELLA PESCA, IN ARRIVO ALTRE RISORSE
L'UE ha previsto una partecipazione finanziaria aggiuntiva dell'Unione alle spese sostenute dagli Stati membri nel 2012, per l'attuazione dei sistemi di controllo e monitoraggio applicabili nell'ambito della politica comune della pesca (Pcp). Lo ha fatto con decisione - pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Europea di sabato - rivolta a una serie di stati fra cui l'Italia.
Una decisione che stabilisce l'importo della partecipazione finanziaria dell'Unione per ciascuno Stato membro, il tasso di detta partecipazione e le condizioni alle quali può essere concessa. Sulla base delle domande di cofinanziamento dell'Unione presentate dagli Stati membri, nell'ambito dei rispettivi programmi di controllo della pesca per il 2012, la Commissione ha adottato una precedente decisione di esecuzione (2012/294/UE, del 25 maggio 2012), relativa a una partecipazione finanziaria dell'Unione ai programmi di controllo, ispezione e sorveglianza delle attività di pesca degli Stati membri per il 2012, la quale ha lasciato inutilizzata parte della dotazione di bilancio destinata nel 2012 al controllo della pesca. Così la nuova decisione assegnata la parte non utilizzata della dotazione di bilancio. Dunque, gli Stati membri sono stati invitati a presentare i programmi che possono beneficiare di un finanziamento aggiuntivo per i settori prioritari, ossia quei progetti volti a migliorare il sistema di controllo di uno Stato membro selezionati congiuntamente dallo Stato membro e dalla Commissione, misurazione della potenza motrice e tracciabilità dei prodotti della pesca.
Su tale base e dati i vincoli di bilancio, sono state respinte in quanto non dedicate ai settori prioritari summenzionati, le domande di finanziamento dell'Unione presentate nell'ambito di programmi relativi ad azioni quali i progetti pilota, la costruzione e l'ammodernamento di navi e aerei pattuglia e i programmi di formazione non correlati ai miglioramenti da apportare ai sistemi di controllo degli Stati membri. E a causa dei vincoli di bilancio non è stato possibile prendere in considerazione tutti i progetti previsti dai programmi che rientrano nei settori prioritari indicati dalla Commissione.
Quindi, la Commissione ha selezionato i progetti da cofinanziare sulla base dei miglioramenti da apportare ai sistemi di controllo degli Stati membri e dei requisiti da essa stessa definiti in materia di tracciabilità.
La Commissione ha valutato i progetti con costi non superiori a 40.000 euro (Iva esclusa) e ha scelto quelli per i quali un cofinanziamento dell'Unione risulta giustificato in considerazione dei miglioramenti che possono apportare al sistema di controllo degli Stati membri richiedenti. Al fine di promuovere gli investimenti a favore delle azioni prioritarie definite dalla Commissione e, tenuto conto dell'impatto negativo della crisi finanziaria sui bilanci degli Stati membri, l'UE ha stabilito che le spese relative ai summenzionati settori prioritari beneficino di un tasso di cofinanziamento elevato. Fonte: GreenReport.
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SEA SHEPHERD, INGIUNZIONE DAL GIAPPONE...MA SENZA NESSUNA UDIENZA
Sembra che la flotta baleniera giapponese sia pronta a ruggire. Hanno "sparato" il colpo di apertura il 17 dicembre scorso, ottenendo un'ingiunzione contro Sea Shepherd, ed il Capitano Paul Watson in particolare, dalla Nona Corte Distrettuale di Appello degli Stati Uniti. La decisione della Corte è costituita da un'unica pagina inviata via e-mail che concede l’ingiunzione, nonostante il fatto che l'ingiunzione preliminare sia stata negata nel febbraio 2012 dal giudice Richard Jones a Seattle. In modo del tutto inusuale, l'ingiunzione preliminare è stata concessa da tre giudici della Nona Corte prima che un'udienza abbia avuto luogo e prima del processo sul caso, previsto per il settembre 2013 Si tratta di una situazione complessa in cui una Corte degli Stati Uniti emette un'ingiunzione contro navi olandesi ed australiane, con a bordo un equipaggio internazionale e che operano fuori dall'Australia e dalla Nuova Zelanda, in acque internazionali e in quelle della Zona Economica Esclusiva Antartica Australiana. Inoltre, la Corte di appello ha ignorato il fatto che i balenieri giapponesi stanno violando un'ordinanza della Corte Federale Australiana e che la caccia alle balene si svolge nel Santuario dei Cetacei nell'Oceano del Sud. Fonte e news integrale: SeaShepherd.it.
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ABRUZZO, FIUMI E ACQUE INQUINATE...E LE BONIFICHE?
L'inchiesta della trasmissione Report di Rai Tre andata in onda la scorsa domenica, ha portato alla luce le intenzioni del commissario del fiume Aterno e Pescara, Adriano Goio per "risolvere" il problema della famosa discarica abusiva di rifiuti tossici Tremonti a Bussi: chiudere in un "sarcofago" tutto il materiale ritenuto pericoloso, compreso il suolo contaminato. Si tratta di circa 200.000 tonnellate di materiale che rimarrebbe sotterrato "sine die" a pochi metri dal fiume Pescara, il principale della regione Abruzzo e uno dei più inquinati d'Italia. Il WWF, che segue da tempo la questione, chiedendo la bonifica integrale del sito, è insorto ed ha chiamato alla mobilitazione cittadini ed amministratori. Fonte e news integrale: GreenReport.
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TRE NUOVE AREE MARINE PROTETTE IN NUOVA ZELANDA
La Nuova Zelanda ha annunciato l'istituzione di tre nuove riserve marine a Moutere Mahue/Antipodes Island, Moutere Hauriri/Bounty Islands e Moutere Ihupuku/Campbell Island, che andranno ad aggiungersi a quella già esistenti di Tini Heke/Snares Island e di Motu Maha/Auckland Islands. Il ministro dell'Ambiente neozelandese, Kate Wilkinson, ha spiegato che verrà istituita una riserva marina, che copre le 12 miglia nautiche che circondano le isole degli antipodi e due riserve marine sul 58% (435 ettari) del mare intorno alle isole Bounty Isole e sul 39% (163 ettari) di Campbell Island, Insieme alla riserva marina esistente ed al Santuario dei Mammiferi Marini, attorno alle isole Auckland (484.000 ettari) saranno così protetti quasi un milione di ettari di mare delle isole sub-antartiche della Nuova Zelanda. Fonte e news integrale: GreenReport.

27 DICEMBRE

I POLAR LOWS ARTICI E IL CLIMA EUROPEO
Pochi credevano a quei marinai che, di ritorno dai freddi mari artici, narravano la loro avventura: "siamo stati sorpresi da una tempesta nata come dal nulla, che sferzava le nostre navi con venti fortissimi ed elevava onde di 11 metri". Leggende, si diceva. Poi quelle tempeste artiche sono state individuate e fotografate dai satelliti. Ora sono chiamati "polar lows", depressioni polari. Ogni anno se ne producono a migliaia. E sono del tutto simili alle tempeste tropicali e agli uragani, con un occhio centrale, un grande vortice depressionario e una forza tremenda, capace di strappare al mare e sollevare anche piccoli imbarcazioni. Ebbene, sostengono l'americano Alan Condron, della University of Massachusetts di Amherst, e l'inglese Ian Renfrew, della University of East Anglia, in Gran Bretagna, sull'ultimo numero della rivista Nature Geoscience, in quelle tempeste artiche potrebbe esserci scritto il destino climatico dell'Europa e dell'America settentrionali.
I "polar lows", infatti, sono dei potenti motori che influenzano quello straordinario nastro trasportatore che è la corrente oceanica dell'Atlantico settentrionale. Il nastro, come si sa, trasporta le acqua calde di superficie dai tropici e, in particolare, dal Golfo del Messico, fin su sulle coste britanniche e norvegesi. Giunti ai limiti del polo le acque, ormai fredde, si inabissano e ritornano verso il Golfo del Messico, dove riemergono in superficie e si riscaldano. È questo sistema che garantisce alle coste che affacciano sull'Atlantico settentrionale un clima relativamente mite. I "polar lows" giocano un ruolo importante in questo meccanismo termodinamico. Perché, con i loro venti, sottraggono calore alle acque artiche facendo sì che ci sia un più forte richiamo di acqua calda dai mari meridionali. Risalendo le acque calde trasmettono il calore alle coste circostanti e rendono più mite il clima. Ma il clima sta cambiando. E, a quanto pare, anche la frequenza con cui si verificano i "polar lows". Molti prevedono che le tempeste artiche diminuiranno nei prossimi anni. E, dunque, il nastro trasportatore oceanico verrà rallentato e il clima dalle parti dell'Europa e dell'America settentrionale diventerà più freddo.
La verità è, tuttavia, che è presto per dire cosa succederà davvero. I "polar lows", finora, non sono stati previsti in alcun modello di cambiamento del clima, neppure dai più sofisticati. Cosicché quelli di Condron e Renfrew sono risultati preliminari. Tutti da verificare. Tuttavia già adesso ci mandano almeno tre messaggi. Tutti molti chiari alla comunità scientifica, ma forse non ancora perfettamente presenti nella comprensione pubblica del clima. Il primo è che il clima sta cambiando (anche la frequenza dei "polar lows" diminuisce). Il secondo è che ci sono ancora molte componenti importanti del sistema clima che non conosciamo: il sistema è estremamente complesso e risente, talvolta in maniera macroscopica, dei cambiamenti intervenuti in alcune sue componenti, anche relativamente piccole. Fonte: GreenReport.

23 DICEMBRE

PAC POST 2013
Pesca e agricoltura al centro delle giornate di lavoro brussellesi. Mentre al Justus Lipsius, i ministri dell'Agricoltura dei 27, discutono di stock ittici e prospettive di pesca per il prossimo settennato, al Parlamento Europeo si parla di Pac Post 2013. Colloqui a porte chiuse nella prima giornata di lavoro del Consiglio Agricoltura, dedicata al raggiungimento di un accordo su due regolamenti relativi alle opportunità di pesca per il 2013. La Commissione Europea vuole limitare in particolare l’attività nell’Atlantico e nel Mare del Nord, perché il 47% delle riserve ittiche sono ancora troppo sfruttate. I ministri della pesca europei devono definire specie per specie la quantità di pesca autorizzata in ogni paese. Davanti alla sede delle riunione, un gruppo di piccoli pescatori indipendenti ha reclamato una maggiore attenzione alla pesca artigianale, che rappresenta circa l’80% della flotta europea ma è svantaggiata rispetto a quella ’industria, come ha spiegato un pescatore francese: "Chiediamo una migliore distribuzione delle quote, perché siano attribuite maggiormente ai pescherecci che garantiscono una pesca più selettiva e più sostenibile". Per i pescatori italiani - ha anticipato il ministro delle Politiche Agricole, Mario Catania, arrivando a Bruxelles - è in vista un aumento delle quote di tonno rosso, che dovrebbero ammontare il prossimo anno a 1.950.42 tonnellate, ossia 162 in più rispetto alla campagna di pesca 2012". Oggi, inoltre, la Commissione Pesca del Parlamento Europeo (PECH), ha votato a favore una pesca sostenibile nell'Unione Europea, approvando 104 emendamenti di compromesso estratti dai quasi 3000 presentati in totale. Tra i punti fondamentali approvati figurano il rendimento massimo sostenibile entro il 2020 (indica la quantità massima di pesce che si può catturare in un periodo indefinito di tempo senza danneggiare lo stock); i piani pluriennali (MAP) da attuarsi ogni quattro anni; l’impegno per liminare i rigetti; una migliore regionalizzazione in favore di una sempre maggiore condivisione nella gestione della pesca; e la lotta contro la pesca illegale.
Slow Food esprime la sua soddisfazione per questo importante passo verso una nuova Politica Europea della Pesca che accoglie alcune delle istanze che, in più occasioni, sono state avanzate durante Slow Fish. Il provvedimento, che entrerà in vigore il prossimo anno, ora passa al Parlamento Europeo in sessione plenaria e poi al Consiglio Agricoltura e Pesca, che riunisce i Ministri degli Stati Membri. Fonte: SlowFood.

21 DICEMBRE

NAVI DEI VELENI, ASSASSINATO IL CAPITANO DE GRAZIA
Capitano Natale De GraziaIeri è stata annullata la conferenza stampa indetta dal presidente della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sui rifiuti, Gaetano Pecorella, ma sono emersi sviluppi clamorosi riguardanti la morte del Capitano Natale De Grazia, che indagava sulle "navi dei veleni", che sembrano avvalorare i dubbi e le ombre pesanti che da 17 anni circondano la pagina più buia della complessa vicenda delle cosiddette navi radioattive. "Nel contempo però aprono uno squarcio di speranza sulla possibilità di rendere finalmente giustizia alla famiglia e a quanti non si sono arresi di fronte a verità di comodo - sottolinea Legambiente, l'associazione che ha seguito con più attenzione e costanza la vicenda - i risultati acquisiti dalla Commissione Parlamentare d'Inchiesta, con l'ormai evidente probabilità che il Capitano De Grazia sia stato ucciso, se da una parte ridanno tragica e raggelante attualità ad una enorme tragedia umana e civile e al valore di un grande uomo, dall'altra impongono l'immediata riapertura dell'inchiesta sulla sua morte".
Afferma Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente: "Questo deve essere il primo passo in direzione dell' accertamento più ampio della verità su quello che ancora di più si conferma come un intrigo di Stat. È quanto da anni tenacemente chiediamo anche attraverso il Comitato per la Verità, istituito ad hoc insieme a magistrati, giornalisti, ambientalisti, rappresentanti istituzionali ed autorevoli esperti".
Sin dagli anni '70, complice la carenza legislativa nazionale ed internazionale, l'Italia ha fatto ricorso al dumping ambientale per liberarsi dei propri rifiuti industriali. Il Sud del mondo è il principale destinatario delle sostanze più velenose e più costose da smaltire: Somalia, Guinea, Mozambico, Libano. Negli anni '80 le proteste ambientaliste e dei Paesi vittime dei traffici spingono le Nazioni Unite e i Paesi esportatori a riprendersi i rifiuti: partono dall'Italia diverse navi con il compito di rimediare al grave imbarazzo internazionale. Tra queste la Jolly Rosso, la Zanoobia e la Keren B, vengono ingaggiate dal governo italiano per rimpatriare le sostanze tossiche esportate: verranno ricordate come le navi dei veleni. Altra vittima eccellente dei trafficanti di rifiuti è il mare Mediterraneo. Qui ci finisce di tutto, a cominciare dagli scarichi industriali: il mare come un "tappeto" sotto cui nascondere la polvere più velenosa. Secondo i dati della Direzione nazionale antimafia le navi "sospette" affondate al largo delle coste italiane sarebbero almeno 88 (1979 - aprile 2001), concentrate soprattutto nel sud. Nuccio Barilla, della segreteria nazionale del Cigno Verde e uomo di punta di Legambiente in Calabria, la regione dove lo scanalo delle navi dei veleni è deflagrato, evidenzia: "Seppure in colpevole ritardo, è arrivato il momento di dare nomi e volti agli autori delle 'pressioni e degli atteggiamenti ostili' di cui ha parlato l'allora presidente della Repubblica Ciampi, nel conferire la medaglia d'oro alla memoria al fedele servitore dello Stato. Lo stesso Stato che altri evidentemente tradivano. Anche oggi, il pensiero e la solidarietà di Legambiente vanno alla famiglia di Natale De Grazia, posta di fronte ad una realtà che, pur temuta, resta tanto amara quanto sconvolgente". Fonte e news integrale: GreenReport.
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CAMPANIA, POSSIBILIE ALLERTA NAZIONALE CAUSA PRODOTTI ITTICI SCADUTI DA 5 ANNI
Napoli e Caserta, queste le due province divenute oggetto degli interventi di controllo sulla filiera della pesca, messi in campo dal Corpo Forestale dello Stato e dalla Capitaneria di Porto di Napoli. Il blitz, denominato "Operazione Maya", è scattato martedì scorso e si è concluso solo nella mattinata di ieri. 1200 i prodotti ormai scaduti (alcuni addirittura dal 2007) e pronti ad essere immessi nel mercato per la prossima festività natalizia. L’aspetto più inquietante è rappresentato da una possibile "allerta nazionale".
È attualmente in istruttoria, ma parrebbe riferita ai prodotti di una azienda risultata priva di autorizzazione e relativo numero CE.
Raviscanina, Alife, Vitulazio e Capua. Questi i comuni del casertano dove sono stati sequestrati chunks surimi, vele di mare, pizze, bastoncini di merluzzo, gelati, calamari, cosce di pollo, gamberi, scampi , polipi, astici, baccalà, bocconcini di alghe, speck, e polpa di granchio. Prodotti, sottoliena il Comando Provinciale di Caserta della Forestale, in genere particolarmente graditi ai bambini. Trenta gli esercizi commerciali controllati. Poi un intero impianto di commercializzazione e lavorazione di prodotti ittici ed alimentari posto sotto sequestro.
Sei in tutto gli illeciti amministrativi e sette i sequestri (quattro di natura penale e tre amministrativi). Quattro persone sono state deferite all'autorità giudiziaria. Si tratta, ha dichiarato la Forestale in merito all’operazione "Maya", di prodotti altamente pericolosi per la salute pubblica. Le contestazioni vanno dalla frode nell’esercizio del commercio, alla contraffazione delle indicazioni geografiche e denominazioni di origine di prodotti agro alimentari, alla detenzione di prodotti, sia di origine animale che vegetale, allo stato di congelazione da lungo tempo scaduti, alla truffa e frode in commercio. Secondo quanto dichiarato dall’Ing. Michele Capasso, comandante Provinciale di Caserta del Corpo Forestale dello Stato, le attività di controllo proseguiranno nei prossimi giorni. Fonte: Geapress.
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ALLEANZA MINISTERO AMBIENTE E REGIONI PER LA PROTEZIONE DEL MARE
Il Ministero dell'Ambiente e le quindici Regioni italiane che si affacciano sul mare, hanno firmato tre protocolli d'intesa, per un valore complessivo di 6 milioni di euro, che prevedono attività di indagine e valutazione tecnico-scientifica sullo stato dell'ambiente marino. Secondo il ministero dell'Ambiente "Viene data così attuazione della Strategia Nazionale Marina, istituita dalla direttiva europea del 2008 che stabilisce la protezione dell'ambiente marino "al fine di mantenere la biodiversità e preservare la diversità e la vitalità di mari ed oceani che siano puliti, sani e produttivi".
Per la prima volta in Italia questa attività sarà svolta in modo coordinato dalle tre "sub-regioni marine" italiane in cui è diviso il Mediterraneo: Mediterraneo occidentale, mare Ionio-Mediterraneo centrale e mare Adriatico. In anticipo sulle scadenze fissate dalla direttiva, il nostro paese interviene per sviluppare in modo sistematico le conoscenze sulle condizioni del mare e per determinare il livello di "buono stato ecologico" dell'ambiente marino". Fonte e news integrale: GreenReport.
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FANGHI DI DRENAGGIO ACIDI PER ELIMINARE IL FOSFORO DALLE ACQUE
Negli Usa (ma anche in molti altri Paesi) il drenaggio acido delle miniere è uno dei più grandi pericoli per l'ambiente: è associato ai processi di estrazione e degrada più di 4.500 miglia di corsi d'acqua nella sola regione medio-atlantica. Quando l'acqua scorre attraverso le miniere di carbone abbandonate e attive si verifica una reazione tra l'acqua e le rocce contenenti sulfuri, sviluppando una reazione che è in grado di contaminare l'acqua potabile, distruggere le piante acquatiche e la riproduzione animale e di corrodere parti delle infrastrutture causa dell'acidità del drenaggio. Ma un nuovo studio del Leetown science center del Geological Survey Usa (Usgs) ha scoperto che un sottoprodotto derivante dal trattamento del drenaggio acido delle miniere può avere una seconda vita ed aiutare a ripulire le acque reflue e quelle provenienti da scarichi agricoli. Fonte e news integrale: GreenReport.

20 DICEMBRE

IL PRIMO MOSASAURO DI ACQUA DOLCE
l primo teschio di mosasauro mai scoperto fu rinvenuto in Olanda, su una collina nei pressi di Maastricht e valeva al tempo, circa 600 bottiglie di vino. Quando i francesi attaccarono la città nel 1794 infatti, i resti del rettile preistorico sparirono dalla casa in cui erano custoditi, appositamente risparmiata dai bombardamenti francesi, per riapparire di colpo in seguito all'offerta di una ricompensa di 600 bottiglie di ottimo vino. Oggi, un nuovo esemplare fossile scoperto in Ungheria, potrebbe forse valere altrettanto, magari di più. I resti, descritti in uno studio pubblicato su Plos One, sono infatti quelli di una nuova specie appartenente alla famiglia dei mosasauri, e rappresentano il primo membro d'acqua dolce mai scoperto in questa gruppo di rettili, ritenuti fino ad oggi esclusivamente marini.
I mosasauri erano animali simili a moderni varani, che vivevano nelle acque dei mari e degli oceani circa 84 milioni di anni fa. Ne esistevano molte specie con dimensione e habitat diversi, che andavano dai due metri degli eonatator (Eonatator sternbergi), un piccolo abitante delle acque costiere, fino ai quasi 18 degli hainosaurus, che erano invece giganteschi predatori oceanici.
I nuovi resti, scoperti da un team di ricercatori internazionale, provengono da una miniera di bauxite a cielo aperto sulle colline di Bekony, nell'Ungheria occidentale. Si tratta di diversi fossili di esemplari giovani e adulti. Dalla loro analisi i ricercatori hanno tracciato un identikit della nuova specie, battezzata Pannoniasaurus inexpectatus, o pannosauro: si trattava di un rettile di grandi dimensioni, con arti simili a quelli delle moderne lucertole terrestri, un teschio appiattito simile a quello dei coccodrilli, e una coda particolare, diversa da quelle di tutte le altre specie note di mosasauro. Il pannosauro è inoltre il primo mosasauro d'acqua dolce mai scoperto.
"Le prove che presentiamo nello studio dimostrano chiaramente che, come nel caso di alcuni gruppi di cetacei, i mosasauri si sono adattati a una grande varietà di ambienti acquatici, e che alcuni gruppi hanno reinvaso nicchie resesi disponibili in habitat di acqua dolce", scrivono i ricercatori nell'articolo. Non è certo se il pannosauro abitasse esclusivamente in habitat fluviali, ma questo non diminuisce l'importanza della scoperta".
"Che fosse un animale esclusivamente di acqua dolce, o piuttosto un migratore stagionale o opportunistico, il pannosauro rimane comunque l'unico membro conosciuto dei mosasauri che abitasse nei fiumi", spiegano infatti i ricercatori nell'articolo. Fonte: GalileoNet.
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ACCORDO FINIPESCA E BNL PER 10 MILIONI DI EURO
Un plafond di 10 milioni di euro messo a disposizione da Bnl, per sostenere le imprese della filiera ittica. E' l'accordo sottoscritto dal Gruppo Bnp Paribas e il consorzio Fidipesca Italia per agevolare l'accesso al credito e aiutare la crescita dell'attività imprenditoriale del settore. A poter usufruire dei servizi Fidipesca sono oltre 13.000 imprese; un'iniziativa con cui si punta ad agevolazioni su capacità produttiva, competitività, efficienza e di investimenti strumentali e accesso al credito. "Questa nuova intesa - ha dichiarato Luca Bonansea, responsabile Rete Retail del gruppo bancario - rinnova la convenzione sottoscritta tre anni fa per il settore ittico e rientra in un nostro preciso impegno a favore dell'economia reale, attraverso partneship di sostegno ai diversi settori produttivi del Paese".
Soddisfatto il presidente del consorzio, Ettore Ianì, che sottolinea come l'offerta finanziaria sia articolata in numerosi campi d'azione. Le imprese ittiche possono infatti ottenere l'anticipo dei finanziamenti per fermo temporaneo di pesca, arresto definitivo delle navi, ammodernamento e armamento dei pescherecci e costruzione di impianti di acquacoltura o di trasformazione e commercializzazione dei prodotti; gli anticipi possono riguardare anche la ristrutturazione dei luoghi di sbarco del pescato . Fonte: Ansa.

19 DICEMBRE

L'ILLEGALITA' IN MEZZO AL MARE
Il "mare" per definizione, viene percepito dalla maggior parte della gente come elemento immutabile, distesa di acqua a perdita d'occhio dove nulla sembra muoversi o cambiare. Invece le cose cambiano e come! Sempre più spesso è lanciato l'allarme, attraverso gli organi di informazione, supportati dalla comunità scientifica, riguardo alla grave riduzione degli stock ittici più commerciali, al depauperamento dei mari in termini di biodiversità e all'impatto negativo sull'ambiente marino e sulle risorse che hanno molto spesso le attività umane e che contribuiscono non poco all'aggravamento della situazione. Il Mediterraneo, in quanto bacino semichiuso, risulta essere in questo momento il paradigma mondiale di quanto sopra detto, luogo di congiunzione tra diversi continenti, ponte culturale tra l'Europa, l'Africa e il Medio oriente, ma anche dal punto di vista naturalistico e ecologico simbolo di grande fragilità, proprio a causa della sua conformazione e struttura, che lo rende più sensibile alle alterazioni di questo precario equilibrio.
Le Isole Egadi, collocate al centro di questo bacino, risentono anch'esse della problematica in questione. E la cosa diventa ancor più delicata e importante, poiché l'arcipelago coincide con la più grande e prestigiosa Area Marina Protetta d'Europa. Nelle nostre isole, nonostante le norme internazionali e nazionali, gli obblighi di legge, le regole imposte dall'Area Marina Protetta, continuano purtroppo a verificarsi casi di violazione delle interdizioni alla pesca e attività di pesca illegale; in particolare ciò ha maggiore risonanza se fatto ad opera di imbarcazioni di dimensioni rilevanti e operanti con attrezzi di maggiore impatto come le reti a strascico.
Soprattutto, questi episodi si verificano quando le condizioni meteorologiche sono sfavorevoli, proprio come si è verificato anche nei giorni scorsi, e con la scusa di cercare riparo sotto costa, questi pescatori "furbetti" approfittano dell'occasione per effettuare bordate di pesca sotto costa, non legali, in piena area marina protetta. Sapendo anche che difficilmente i mezzi delle forze dell'ordine possono uscire per le attività di sorveglianza. I dati dei tracciati Blue Box (il Blue Box è uno strumento obbligatorio per legge sulle imbarcazioni da pesca oltre una certa lunghezza fuori tutto che ne registra la posizione e la velocità durante la battuta di pesca e le trasmette alle competenti autorità), confermano i numerosi transiti illegali e le violazioni, molti addirittura compiuti all'interno della zona A. Dai dati ufficiali acquisiti dall'AMP dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto, recentemente trasmessi dal Sindaco Antinoro all'Assessorato Ambiente della Regione Sicilia, riguardanti il periodo compreso tra il mese di gennaio 2011 e il mese di luglio 2012, risultano infatti:

Un simile strumento che consente di conoscere per ogni imbarcazione il dettaglio della uscita effettuata, è molto importante e utile, ma solo se poi comunque l'informazione acquisita, qualora confermasse una violazione di legge, venisse convertita in sanzione per quella imbarcazione. Fonte e news integrale: GreenReport.
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CONTAMINANTI NEI MUSCOLI DEGLI SQUALI BIANCHI
Dal Centro Studi Squali dell'Aquarium Mondo Marino di Massa Marittima, arrivano pessime notizie sulla salute dei grandi squali bianchi. Un rilevamento su 15 animali, condotto in collaborazione con i ricercatori dell’Università della Calabria, di Siena, di Bologna, di Stellenbosch, in Sudafrica, ha infatti mostrato la presenza a livello muscolare, di alti livelli di contaminanti ambientali e la probabile presenza di proteine femminili in organismi maschili ed immaturi. I dati sono stati presentati il mese scorso a Milano in occasioni del Congresso Internazionale dell'European Elasmobranch Association.
Nello studio i ricercatori hanno individuato la presenza in particolare di contaminanti lipoaffini xenobiotici quali Ddt (diclorodifeniltricloroetano), Pcb (policlorobifenili) ed Hcb (esaclorobenzene), banditi dalla Convenzione di Stoccolma sui Contaminanti Organici Persistenti. Inoltre valori osservati sono almeno 100 volte superiori a quelli rilevati in un più piccolo studio realizzato nel 2005.
Per la prima volta inoltre gli studiosi hanno ricercato tracce di idrocarburi policiclici aromatici, componenti tossici del petrolio, riscontrando livelli alti in funzione del grande traffico petrolifero presente. È stata rilevata inoltre, sulle biopsie cutanee di tre squali sessualmente immaturi (maschio, femmina e non determinato) la presenza di proteine in grado di reagire con un anticorpo specifico per la vitellogenina, una proteina normalmente presente solo nelle femmine di vertebrati ovipari.
Secondo gli studiosi, questo risultato potrebbe costituire un campanello di allarme sulla presenza di effetti estrogenici legati alla contaminazione da sostanze come quelle rilevate, conosciute anche come endocrine disrupting chemicals (Edcs) in questa specie. Fonte: GalileoNet.

18 DICEMBRE

E LE PINNE DIVENNERO ZAMPE
In natura le grandi rivoluzioni possono arrivare anche dai piccoli cambiamenti. E, secondo quanto riporta una ricerca pubblicata sulla rivista Developmental Cell, anche la colonizzazione della terraferma da parte dei vertebrati sarebbe andata così. Per sviluppare gli arti a partire dalle pinne dei pesci, ai vertebrati, sarebbe infatti bastata l'aggiunta di una piccola parte di Dna in grado di regolare l'espressione genica. Gli scienziati, guidati da Renata Freitas dell'Università spagnola Pablo de Olavide, sono arrivati a questa conclusione studiando gli effetti di un gene noto come Hoxd13, fra i responsabili della differenziazione dei tessuti. Introducendone una copia extra in un embrione di pesce zebra, i ricercatori hanno osservato due effetti: la riduzione del tessuto della pinna e allo stesso tempo una maggiore produzione di cartilagine. In sostanza, qualcosa che comincia a somigliare più a un arto che alla pinna stessa.
Che sia stato davvero un effetto di questo tipo a trasformare i pesci in tetrapodi, i primi vertebrati in grado di camminare sulla terraferma? Per capirlo i ricercatori hanno fatto ricorso a un elemento genetico di controllo in grado di regolare l'attivazione di Hoxd13 negli arti di embrioni di topo, e che è invece assente nei pesci. Innestandolo nel pesce zebra si è scoperto che esso era in grado di potenziare l'espressione del relativo gene nella parte più esterna della pinna, mimando gli effetti dell'addizione di copie extra. Un risultato che, secondo gli scienziati, conferma l'importanza di questo meccanismo - l'aumento dell'espressione di una porzione genica, in un modo (con copie extra) o nell'altro (attraverso il guadagno di una porzione di Dna regolatore) - nell'evoluzione delle pinne in arti come organi di locomozione.
Secondo José Luis Gómez-Skarmeta, uno degli autori del lavoro, la scoperta aiuta a comprendere il potere che la modifica dell'espressione dei geni ha nello sviluppo del nostro corpo, ma potrebbe anche avere effetti rilevanti anche sulla ricerca medica. Come ricorda lo stesso ricercatore, infatti: "Diverse malattie genetiche sono associate con un'errata formazione degli arti durante il loro sviluppo. Se per esempio i geni coinvolti in questo processo non funzionano in modo corretto, possono verificarsi patologie come la sindattilia o la sindrome mano-piede-genitale". Fonte: GalileoNet.
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NO ALLA SHELL NELLO IONIO
Guerra aperta sulle coste dell'alto Ionio, tra il colosso petrolifero Shell e molte associazioni ambientaliste che di petrolio non vogliono più sentir parlare: la multinazionale sonderà, dal gennaio 2013, i fondali marini ionici alla ricerca di petrolio e sono in tanti a non poterne più: chilometri e chilometri di costa incontaminata che rischiano di essere deturpate irreparabilmente, sostengono cittadini, associazioni ambientaliste e attivisti, che questa mattina hanno promosso una manifestazione a Policoro (MT) per protestare contro le nuove possibili trivellazioni nello Ionio.
La manifestazione, che ha coinvolto buona parte delle realtà pugliesi, lucane e calabresi che affacciano sullo Ionio (sono circa 50 comuni, 6 province e 3 regioni), è stata organizzata con il sostegno del FAI (Fondo Ambiente Italiano), ma anche di associazioni come Greenpeace, Legambiente, Wwf, Federparchi ed Ola Ambientalista, senza escludere Anci, Coldiretti, Confagricoltura, C.I.A., Copagri, Amea, alcune sigle sindacali e persino scuole pubbliche "preoccupate" per i mari italiani.
"Multinazionali come la Shell e la Appenine Energy srl (ma le richieste sono arrivate anche da Eni, Northem Petroleum, Enel Longanesi) hanno inviato ai vari comuni della costa ionica e alle regioni interessate, le relative istanze per la ricerca di gas e idrocarburi. Scelte energetiche di dubbia efficacia che contrastano nettamente con la vocazione di un territorio che ha regalato Cultura alle popolazioni antiche e suscitato il prestigio e l’onore di quelle moderne; un vero e proprio assalto al mare, alla sua biodiversità al suo impatto naturalistico, ma anche al turismo e all’agricoltura di queste terre, indispensabili fonti per l’economia delle Regioni del Mezzogiorno d’Italia", sostengono i promotori della manifestazione di questa mattina a Policoro, che hanno ricordato i rischi per suolo e sottosuolo, legati alle attività estrattive: dall’esplorazione dei pozzi alla trivellazione degli stessi, dalla lavorazione degli idrocarburi fino agli ormai certificati rischi per l’ambiente e la rete alimentare, dovuti all’uso di sostanze tossiche (ne è chiaro e fulgido esempio lo stato delle acque del lago di Pietra del Pertusillo). Secondo Legambiente Calabria, queste nuove esplorazioni rappresentano l’ennesimo "sacco" delle ricchezze del Sud, che non si conclude solo con lo sfruttamento intenso delle risorse naturali, ma anche con un abbandono del territorio e delle minime tutele che ad esso vanno garantite: "L’ennesima forzatura, un atto coloniale nell'atteggiamento e scellerato nel merito, che impone al Paese la via delle fonti fossili, ritardando così una scelta decisiva per il futuro: quella delle rinnovabili. È indubbio che le attività della Shell mettono a repentaglio i due principali comparti economici di una vasta area del Sud: l’agricoltura e il turismo. Senza dimenticare il rischio per l’inestimabile patrimonio di biodiversità e scorci dall’altissimo valore paesaggistico/naturalistico, come la Secca di Amendolara, candidata a ottenere il riconoscimento Unesco". Fonte: Ecoblog.
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CARBURANTI NAVI MENO INQUINANTI
I carburanti delle navi che viaggiano nei mari europei saranno sempre meno inquinanti, a vantaggio della salute e dell'ambiente. Lo prevede la nuova direttiva UE entrata oggi in vigore, che riduce progressivamente il tenore massimo di zolfo dei combustibili per uso marittimo dall'attuale 3.5% allo 0.5% entro gennaio 2020. In alcuni ecosistemi molto fragili, come il Mar Baltico e il Mare del Nord, compreso il Canale della Manica, il tenore massimo di zolfo sarà ridotto allo 0.1% già nel 2015. ''Il miglioramento della qualità dell'aria - spiega Janez Potocnik, commissario UE all'ambiente - costituisce una sfida ambientale a lungo termine. C'è voluto del tempo, ma ora è coinvolto anche il settore marittimo.
In alternativa ai combustibili a basso tenore di zolfo, le navi nell'UE possono ricorrere a sistemi di depurazione dei gas di scarico o navi a gas naturale liquefatto (Gnl). Progetti ecologici per il trasporto marittimo possono chiedere finanziamenti ai programmi europei TEN-T e Marco Polo, oltre che alla Banca Europea per gli Investimenti (BEI), mentre la Commissione UE ha incoraggiato l'uso di Gnl. Gli stati membri sono tenuti a modificare la legislazione in vigore sulla qualita' dei carburanti per uso marittimo entro il 17 aprile 2014 al piu' tardi, per allinearla con la nuova direttiva. Fonte: Ansa.

17 DICEMBRE

SANTUARIO DEGLI SQUALI ALLE ISOLE COOK
Le Isole Cook, nel Pacifico meridionale, hanno istituito nelle loro acque un santuario degli squali, il più grande al mondo. La catena di Isole (20 mila abitanti) ha proclamato un santuario di 1.9 milioni di km quadrati, contiguo a quello stabilito la settimana scorsa dalla vicina Polinesia francese. Si realizza così un'area protetta per i grandi predatori, in cui sono proibiti la pesca, il possesso e la vendita di prodotti di squali, che arriva in totale a 6.7 milioni di km quadrati, quasi quanto l'Australia.
''Siamo orgogliosi come isolani delle Cook, di offrire la nostra intera zona economica esclusiva come santuario degli squali'', ha detto il Ministro delle Risorse Marine, Teina Bishop. ''Ci uniamo ai nostri vicini nel Pacifico nel proteggere questo animale, che è vitale per la salute dei nostri oceani e per la nostra cultura'', ha aggiunto. La pesca eccessiva di questi predatori al vertice della rete alimentare ne compromette la complessità. E circa un terzo delle specie di squali oceanici compare nella 'lista rossa', riconosciuta internazionalmente, delle specie minacciate.
Altre nazioni arcipelago, che hanno istituito santuari degli squali nelle proprie acque, includono le Isole Marshall, Palau e Tokelau nel Pacifico e, inoltre, le Maldive, le Bahamas e Honduras. Come in altri casi, l'iniziativa delle Isole Cook ha avuto il sostegno dell'organizzazione ambientalista Pew Environment Group, che promuove il coinvolgimento delle nazioni-isola data la vasta estensione delle loro acque territoriali. ''Questa è una notizia che da speranza per gli squali del mondo e per gli sforzi per proteggerli'', dichiara in un comunicato la direttrice di Pew per la conservazione degli squali, Jill Hepp. ''Siamo felici che le Isole Cook siano divenute parte di questo movimento globale, in un periodo in cui tante popolazioni di squali sono minacciate'', aggiunge. Fonte: Ansa.
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SVELATA LA BIOLOGIA DI UN CROSTACEO FOSSILE
Perfettamente conservato anche nelle sue parti molli, un piccolo crostaceo fossile, un ostracode, vissuto 425 milioni di anni fa, ha permesso a un gruppo di ricercatori di ricostruire le strutture interne di questo antico animale, riservando non poche sorprese. Come spiega un articolo pubblicato sui Proceedings of The Royal Society B, gli ostracodi sono una delle classi di animali maggiormente rappresentate nella documentazione fossile di tutto il mondo. Tuttavia, di questi piccoli crostacei ancor oggi molto diffusi (fra specie viventi e fossili se ne contano oltre 33.000), si ritrovano in genere solamente le due conchiglie che ne proteggevano il corpo.
Gli ostracodi scoperti in un sito dello Herefordshire alcuni anni or sono, si sono invece fossilizzati integralmente perché sono stati ricoperti in brevissimo tempo da una intensa caduta di cenere vulcanica, che interessò quello che nel periodo Siluriano era una insenatura di un mare tropicale. Gli esemplari scoperti, spiega David Siveter, dell'Università di Leicester, primo firmatario dell'articolo, "rappresentano un genere e una specie nuove per la scienza, Pauline avibella. Il genere prende il nome in ricordo di una persona per me speciale, mentre il nome di specie avibella, ossia uccello meraviglioso, è dovuto alla suggestiva somiglianza di una caratteristica importante del guscio all'ala di un uccello".
Per definire la struttura interna dell'ostracode i ricercatori sono ricorsi a una tecnica di ricostruzione virtuale, asportando progressivamente dal campione - lungo complessivamente 10 millimetri - strati dello spessore di 20 micron, e fotografando ogni volta il risultato. Le 500 immagini così ottenute sono poi state ricomposte con un apposito software che ha permesso di identificare disposizione e forma dei diversi organi e strutture.
Osservando la ricostruzione in 3D delle strutture biologiche interne, i ricercatori hanno scoperto che gli esemplari andavano attribuiti a un gruppo di ostracosi differente da quello l'avrebbero assegnato osservando solo forma della conchiglia. Fonte: LeScienze.
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INDIGENI INVESTIGATORI AMBIENTALI
La Federación de Comunidades Nativas del Río Corrientes (Feconaco) è una combattiva organizzazione indigena che rappresenta i popoli Achuar, Urarina e Quichua che vivono nella foresta a nord del Perù, vicino alla frontiera dell'Ecuador e che denuncia: "Noi, popoli indigeni dell'area, stiamo soffrendo da 40 anni causa la contaminazione delle acque da parte delle compagnie petrolifere che lavorano nel nostro territorio, sversando greggio, acqua di produzione ed altri elementi tossici nei nostri fiumi".
Ma la Feconaco non si è arresa ed ha cominciato a monitorare le attività petrolifere nel bacino del Río Corrientes e a pubblicare, anche su internet, dettagliati rapporti, con foto ed informazioni sui nuovi sversamenti di petrolio e su altri impatti ambientali. "Noi Achuares, kichwas e Urarinas, esigiamo rispetto per le nostre vite, per le piante e gli animali - dice Sandi Mucushua, presidente della Fenaco presentando il Programa de Vigilancia Territorial Ambiental - Se qui segniamo una pietra miliare nella lotta dei popoli indigeni contro l'inquinamento da idrocarburi e l'abbandono dello Stato, è perché ci prendiamo la responsabilità di dimostrare e riferire al Perù e al mondo che ci stanno uccidendo con il cosiddetto sviluppo dell'oro nero. E lottiamo ancora, mentre le istituzioni statali dicono che va tutto bene, noi popoli ancestrali del Corrientes, vi presentiamo il nostro lavoro di 5 anni di monitoraggio". Fonte e news integrale: GreenReport.

14 DICEMBRE

GRANDE SQUALO BIANCO CATTURATO ED UCCISO A FUCILATE IN TUNISIA
Uno squalo bianco è stato catturato ed ucciso a fucilate da un pescatore tunisino, a circa 140 Km a sud di Tunisi, il 3 dicembre scorso. Apprendiamo la notizia solo ora e non abbiamo trovato riscontri sino alla pubblicazione di un video su youtube, visionabile qui sotto.
Lo squalo sembra sia stato catturato con l'utilizzo illegale di reti da pesca per il tonno, per il quale attualmente vige, nel Mediterraneo, il divieto assoluto di cattura.
Non siamo sicuri, ma dalle immagini si intravede la possibilità che lo squalo sia una femmina gravida.


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PESCA DELL'ARINGA VIETATA AI PESCHERECCI TEDESCHI
La pesca dell'aringa nelle acque UE, nelle acque norvegesi e nelle acque internazionali è vietata per le navi battenti bandiera tedesca. In particolare è vietato conservare a bordo, trasferire, trasbordare o sbarcare le catture di tale stock. E questo perché il contingente di pesca assegnato per il 2012 alla Germania per lo stock di aringa è esaurito dal 21 novembre 2012. Lo stabilisce l'UE con apposito regolamento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Europea di oggi. Sulla base delle informazioni fornite dagli stati membri o di sua propria iniziativa, la Commissione Europea quando constata che le possibilità di pesca di cui dispone l'Unione Europea, uno Stato membro o un gruppo di Stati membri, sono considerate esaurite per uno o più attrezzi o flotte pescherecce, ne informa gli Stati membri interessati. E ne vieta le attività di pesca per la zona in questione, gli attrezzi, lo stock, i gruppi di stock o la flotta coinvolti in queste attività di pesca specifiche. Del resto la Politica Comune della Pesca, mira a garantire la redditività a lungo termine del settore della pesca attraverso lo sfruttamento sostenibile delle risorse acquatiche, nel rispetto del principio precauzionale. E lo testimoniano alcuni regolamenti in materia.
Il regolamento del 2009 (il numero 1224) istituisce un regime di controllo comunitario, di ispezione ed esecuzione per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca. Un regime che si applica a tutte le attività rientranti nella politica comune della pesca praticate sul territorio degli Stati membri o nelle acque comunitarie o da pescherecci comunitari. Le attività nelle acque marittime dei territori e di alcuni paesi d'oltremare sono assimilate a quelle praticate nelle acque marittime di paesi terzi. Il regolamento del 2012, invece stabilisce, per il 2012, le possibilità di pesca concesse nelle acque Ue e, per le navi Ue, in determinate acque non appartenenti all'Ue, per alcuni stock ittici e gruppi di stock ittici che sono oggetto di negoziati o accordi internazionali. Fonte: GreenReport.
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TEST GENETICI SULLE PINNE RECISE DI SQUALO, ANCHE MARTELLO E MOLTISSIMI SQUALI ABISSALI
Pubblicati i test genetici effettuati su un campione di 59 pinne recise (shark finning), appartenenti a diverse specie di squalo. Come si osserva nell'immagine sottostante, pur essendo riportati i nomi anglosassoni, sono presenti diverse specie tra cui due di squalo martello e molte, la maggioranza, di squali di profondità. L'analisi è stata effettuata dalla Vancouver Animal Defense League: rapporto in pdf disponibile qui.

Test genetici pinne squalo
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13 DICEMBRE

TAIJI, PROSSIMA STRAGE DI CETACEI
Dopo una stagione più calma rispetto agli anni passati, sembra che nella baia di Taiji, nel Giappone sud orientale, si voglia ora recuperare il tempo perduto. Alle non molte centinaia di delfini catturati in quasi due mesi di caccia (la quota stabilita per la stagione 2012-2013 è di 2089 animali appartenenti a sette diverse specie), in poco più di 48 ore sono stati catturati circa 200 animali, tra tursiopi e stenelle. L’ultimo gruppo, pari a circa 100 tursiopi (vedi foto Sea Shepherd), è stato condotto nella baia solo poche ore addietro. Domani inizierà la mattanza. Uccisione per alimentare il mercato della carne di delfino, o catture per i delfinari. Già nelle scorse ore il mare di Taiji si era colorato di rosso e, dalle colline circostanti, i militanti di Sea Shepherd hanno tentato di lanciare l’allarme al mondo intero. I macellai, però, continuano la loro opera trasportando fin sotto costa i poveri animali prima di macellarli. Una strage che avviene ogni anno, sia in Giappone ma anche in Europa (vedi articolo GeaPress). Anzi è proprio di poche ore addietro, tanto per rimanere in tema di cetacei macellati, che in un negozio turistico della capitale danese, è stata rinvenuta carne e grasso di balena destinati all’alimentazione umana (vedi articolo GeaPress). Una pericolosa assuefazione alla violenza, mostrata sotto forma di festa anche ai bambini. Perché meravigliarsi, allora, di vedere un bambino europeo giocare nel mare rosso sangue, con un feto di delfino (vedi articolo GeaPress)?. Fonte: GeaPress.
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PARASSITI PATOGENI CON UN PASSATO DA...ALGHE
Alcuni fra i più temibili parassiti moderni - fra cui il plasmodio della malaria, l'agente eziologico della toxoplasmosi e i criptosporidi, all'origine di gravi forme di diarrea infatile - sono protozoi che discendono da antichissime alghe flagellate: la scoperta, realizzata da alcuni ricercatori delle Università della Georgia, negli Stati Uniti e dell'Università di Montpellier, in Francia, oltre a chiarire l'albero filogenetico di un importante gruppo di protozoi, quello degli Apicomplexa, può indicare una nuova linea di attacco contro queste patologie, che si dimostrano particolarmente resistenti all'eradicazione.
All'origine della difficoltà di trattare adeguatamente i parassiti del subphylum degli Apicomplexa, vi sono due ragioni: essendo eucarioti, e quindi più simili alle cellule umane dei batteri, è difficile trovare trattamenti che uccidano il parassita senza danneggiare le cellule dell'ospite; inoltre, per la maggior parte del suo ciclo vitale, il parassita alberga all'interno delle cellule ospiti umane, riuscendo così a eludere il rilevamento da parte del sistema immunitario. Gli Apicomplexa devono il loro nome a una particolare struttura, detta complesso apicale, che è un sistema di fibrille microtubulari presente a un'estremità della cellula parassita, che consente al patogeno di penetrare all'interno di una cellula ospite - dove poi si moltiplica e si divide - nel giro di un secondo o poco più.
Nel nuovo studio, pubblicato sulla rivista online PLoS Biology, Maria E. Francia e colleghi hanno scoperto che questa struttura apicale è ciò che resta di quello che nelle alghe da cui discendono era il flagello (la struttura che i flagellati utilizzano per spostarsi), riconvertito ad altri scopi. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che è proprio sfruttando le fibrille del complesso apicale che il parassita riesce a interferire con il macchinario molecolare della cellula ospite, a produrre migliaia di proprie cellule figlie e, soprattutto, a distribuire fra esse in modo corretto il materiale genetico.
Confrontando la struttura molecolare dei flagelli di alghe contemporanee e di Toxoplasma gondii, i ricercatori hanno poi puntato l'attenzione su due delle proteine che costituiscono l'apparato apicale dei parassiti, chiamate TgSFA2 e TgSFA3, scoprendo che eliminandole o bloccandone la funzionalità, il parassita è ancora in grado di penetrare nella cellula ospite, ma non riesce più a distribuire il nuovo materiale genetico alle cellule figlie. In questo modo si blocca completamente la replicazione del parassita, rendendolo sostanzialmente innocuo. Fonte: LeScienze.

12 DICEMBRE

SEA SHEPHERD, NAVE GIAPPONESE CONTRO IL ...GIAPPONE
Una ex baleniera giapponese acquistata segretamente, è l'ultima aggiunta alla flotta di protesta del gruppo ambientalista Sea Shepherd, che come ogni estate australe si prepara a ostacolare con operazioni di guerriglia le baleniere giapponesi nell'Oceano Antartico. L'unità di 56 metri, che oggi ha gettato l'ancora a Hobart in Tasmania, usata in passato come "nave di ricerca" per la caccia alle balene nel Pacifico settentrionale, è stata acquisita tramite intermediari dal gruppo che l'ha ribattezzata Sam Simon, in onore del co-creatore della serie The Simpson, appassionato animalista, che ha sborsato circa 1.6 milioni di euro. La nave è stata riadattata e ora porta l'emblema di Sea Shepherd. La parola 'research' è stata ridipinta in lettere cubitali, in scherno alle baleniere giapponesi. Si unirà alle altre navi, Steve Irwin, Brigitte Bardot e Bob Barker, che con a bordo 120 volontari saranno attrezzate con droni per meglio rintracciare le baleniere. La flotta giapponese ha già preso il largo per una stagione di caccia ridotta presso l'Antartide, che si prevede inizierà a fine dicembre. Parlando da una località nel Pacifico, il leader degli eco-pirati Paul Watson, che non partecipa alla campagna perchè latitante ricercato dal Costarica, in seguito a un incidente legato ad azioni contro la pesca degli squali, si è detto certo che questa sarà l'ultima stagione di caccia. Fonte: Ansa.
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PESCE SILURO COME LE ORCHE: ESCE DALL'ACQUA PER CATTURARE LE SUE PREDE
Le strategie messe in atto dai predatori per catture ed uccidere le proprie prede sono spesso affascinanti ed estremamente fantasiose, in particolare quando la caccia avviene al confine tra due ecosistemi incredibilmente diversi come l'acqua e le terre emerse. Chi può non rimanere affascinato di fronte alle immagini dei pesci arcieri (Toxodes jaculatrix) che letteralmente sparano agli insetti fuori dall'acqua (video) oppure a quelle delle orche (Orcinus orca), che si tuffano sulla spiaggia e catturano le disorientate otarie (video)?
Un comportamento simile come quello adottato dalle orche, estremamente complesso ed elaborato ma allo stesso tempo molto rischioso, presuppone elevate capacità cognitive oltre che un'eccellente coordinazione neuromotoria. Nonostante questo, una strategia predatoria del tutto simile è stata documentata in Europa centrale, nelle acque del fiume della Francia meridionale Tarn, e riguarda una delle specie che ha recentemente invaso le acque interne francesi (e anche quelle dell'Italia settentrionale), il siluro (Silurus glanis). Come si vede da questo video che mostra la sequenza dell'attacco, i siluri sono stati ripetutamente osservati cacciare, in modo analogo a quello delle orche: solo le prede sono diverse (e non potrebbe essere altrimenti!) in quanto si tratta di uccelli, in particolare piccioni (Columba livia), che si trovavano su piccole spiagge sabbiose per abbeverarsi. Uno studio, pubblicato su Plos One, ha documentato ben 45 attacchi del predatore, che nel 28% dei casi sono andati a buon fine con il grosso pesce che consumava l'ignara preda. Lo studio mostra anche che, tramite analisi di isotopi del carbonio, la variabilità dell'apporto di uccelli nella dieta dei siluri varia enormemente da individuo ad individuo, con alcuni pesci che sembrano maggiormente specializzati nella caccia fuori dall'acqua. In questi casi, gli uccelli costituiscono fino al 50% della dieta dei siluri. Un ulteriore aspetto interessante è che questo comportamento non è mai stato osservato nell'areale naturale della specie (i fiumi dell'Europa dell'est) e sembra dunque essere comparso nella popolazione alloctona in presenza delle nuove condizioni ambientali, probabilmente in risposta all'abbondanza di una nuova potenziale fonte di cibo. Fonte: Pikaia, a cura di Andrea Romano.
Julien Cucherousset , ricercatore della Università di Tolosa (Francia) ha soprannominato il siluro francese con il nome di orca di acqua dolce. Ha evidenziato, inoltre, che gli individui che cacciano i piccioni sono tutti di piccole dimensioni, probabilmente perchè in competizioni con conspecifici molto più grandi e più abili a catturare prede usuali, come pesci e piccoli anfibi. Cucherousset ha studiato questi pesci durante l'estate del 2011, filmando ben 54 attacchi, 1/4 dei quali hanno portato ad una spettacolare ed efficace cattura della preda. Contributo originale: Freshwater Killer Whales”: Beaching Behavior of an Alien Fish to Hunt Land Birds.
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ADRIATIC EFFECT SNOW NELL'ADRIATICO CENTRALE

Adriatic Effect Snow

La sigla L.E.S. è l'acronimo di Lake Effect Snow, che descrive un tipo di evento nevoso caratteristico del Bacino dei Grandi Laghi del Nord America, con coinvolgimento in particolar modo degli Stati di New York, Michigan e l'Ontario. In parole povere quest'effetto neve si manifesta quando aria artica irrompe sui vasti bacini lacustri, sollevando in maniera repentina e violenta, l'aria più tiepida ed umida presente in superficie. Si assiste così alla rapida genesi di nubi cumuliformi, talvolta consistenti, capaci di scaricare rovesci di neve localmente intensi lungo le coste sopravvento e nell'immediato entroterra. Vi sono alcune aree maggiormente favorite da questo fenomeno per l'orografia. Ci riferiamo in particolare alla Catena Montuosa degli Appalachi, che esalta ulteriormente con lo stau l'aria gelida che si umidifica sul versante americano del Lago Ontario, accentuando le nevicate a nord/ovest di New York tra Buffalo, Rochester e Syracuse.
Un fenomeno del tutto simile a quello americano avviene anche in casa nostra, esattamente sul Mar Adriatico, bacino marittimo esposto alle irruzioni d'aria fredda da nord o da nord/est. L'ultimo evento significativo di questo tipo risale a metà dicembre del 2010, quando masse d'aria molto fredda nei bassi strati, originariamente secche, nell'attraversare il Mar Adriatico hanno scalzato l'aria più tiepida dalla superficie, costretta così al repentino sollevamento con la conseguente creazione di quelle turbolenze atte alla formazione di nubi con conseguenti fenomeni nevosi lungo la fascia costiera delle aree esposte, dalla Romagna fino ai settori più settentrionali della Puglia. Quest'evento, accaduto circa due anni, fa ha messo in luce quello che è capace di fare il Mar Adriatico quando arriva l'irruzione "giusta" di masse d'aria gelida.
Maggiore è la differenza di temperatura tra l'aria fredda in arrivo e la superficie del mare, maggiori sono i contrasti che determinano la genesi di nuvolosità e fenomeni. Al resto pensa l'orografia, come sempre determinante sulla distribuzione dei fenomeni spesso molto irregolari e così può accadere come intense nevicate si manifestino anche in modo localizzato rispetto a zone immediatamente vicine. Fonte: MeteoGiornale.

10 DICEMBRE

ISDE, ACQUA CONTAMINATA DIVENTA POTABILE PER DECRETO
La normativa che regola la potabilità delle acque, potrebbe presto diventare meno restrittiva. Le modifiche al Decreto Legislativo 31/2001 - riguardante la qualità delle acque destinate al consumo umano -, proposte dallo schema di decreto messo a punto dai Ministeri della Salute e dell’Ambiente, consentirebbero infatti di erogare come potabile acqua contaminata da sostanze tossiche e cancerogene. Questo l’allarme lanciato dall’Isde (International Society of Doctors for the Environment)-Italia.
Il decreto interministeriale, in base anche a quanto raccomandato lo scorso luglio dal Consiglio Superiore di Sanità, adotta un nuovo valore di parametro, quello per la microcistina-LR, un tipo di tossina d’acqua dolce prodotta dalle fioriture di alghe nocive. Fenomeno in costante aumento a causa dei cambiamenti climatici, "ma anche perché questi corpi idrici, per lo più laghi - spiega a la dottoressa Antonella Litta, referente dell’Isde-Italia -, non vengono quasi mai tutelati". Può succedere così che nei laghi o negli invasi artificiali, da cui si prelevano le acque destinate al consumo umano - come ad esempio i laghi di Vico, Garda e Occhito - finiscano scarichi abusivi e soprattutto i fertilizzanti derivanti dalle attività agricole. In sostanza crescono rigogliosi gli ortaggi ed anche le alghe rosse. Certo, prima di arrivare nelle case dei cittadini, le acque subiscono i necessari processi di potabilizzazione e filtrazione. Non sempre però gli appositi meccanismi funzionano come dovrebbero, spesso proprio a causa delle numerose esplosioni di fioriture. I filtri, intasati, di conseguenza riescono soltanto a ridurre la presenza delle microcistine, ma non ad eliminarla del tutto. Fonte e news integrale IlFattoQuotidiano.
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BOLOGNA, ATTIVISTI NELLA RETE PER SALVARE I PESCI
Chi pensa ai pesci? Non parlano, non ridono, non piangono. Come potrebbero, sott’acqua nessuno li vede. Magari nel piatto, già morti dopo essere stati strappati dal mare o dai fiumi, pigiati nella rete a morire senza più ossigeno disciolto nell’acqua, che non c’è più. Eppure un cane nella camera a gas, senza ossigeno, genera pietà e rabbia. La sofferenza dei pesci non è espressiva. Anzi vederli saltellare agonizzanti diventa sinonimo di freschezza, quasi fossero contenti di arrivare così in padella. E dire che poco tempo addietro, una ditta di tonno in scatola, per pubblicizzare il suo prodotto, inscenò un funerale. Al tonno, ovviamente.
Evidentemente a qualcuno faceva venire fame. Poco o per nulla empatici. Poco o nulla cani o gatti, insomma. Oggi, però, i pesci sono andati di scena nella piazza del Nettuno a Bologna. Ci hanno pensato gli attivisti di essereAnimali, in occasione della prossima Giornata Internazionale per i Diritti degli Animali. Impigliati ed ammassati nella rete, come i pesci. Forse così qualcuno capirà. Una iniziativa coraggiosa, sul piano della comunicazione, dal momento in cui ai pesci quasi nessuno pensa. Pesci ma anche crostacei o molluschi.
La pesca, riferiscono da essereAnimali, è oggi praticata con metodi intensivi in ogni parte del mondo, ed è la causa della scomparsa di un gran numero di specie e di un sempre crescente inquinamento dei mari. Secondo i militanti animalisti, si stima che siano oramai stati consumati il 57% delle riserve marine di pesca ed il 90% dei grandi pesci. Fonte e news integrale: GeaPress.
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SPIAGGE E LOBBIES ITALIANE
Dobbiamo augurarci che la Comunità Europea ci voglia bene e non emani le sanzioni per infrazione alla normativa comunitaria in materia di concessione delle aree demaniali, inserita nella legge di stabilità. Ma se così non fosse, i parlamentari che hanno votato o voteranno la legge e i balneari, che sono una lobby di tutto rispetto, come dimostra quel voto parlamentare bipartisan, si dovranno accollare quelle multe. Non si vuole fare guerra ad una categoria, ma non si comprende perché ci debba essere chi rispetta le regole nazionali e comunitarie, e se sbaglia paga, e chi deve essere sostenuto nel non rispettarle scaricando le possibili sanzioni sull'intera collettività.
Sicuramente non è facile trovare una soluzione, ma sicuramente c'è: la si trova se ognuno la smette di tirare queste benedette spiagge solo dalla propria parte. Proviamo allora a ragionare:

Insomma, non sembra difficile lanciare delle idee per trovare una qualche soluzione e gestire il problema senza incorrere in dolorose sanzioni, per questo però ci piacerebbe sentire la voce e le giustificazioni dei politici, anche se è evidente che la prossimità della campagna elettorale è come una pistola alla loro tempia. Però, siamo sicuri che un paese possa crescere se si gestiscono le risorse in questo modo? Non credo, e purtroppo questo è solo un esempio; tanto per non sentirci soli infatti basta ricordare come è gestito il patrimonio immobiliare pubblico, spesso nascosto dietro gli usi ministeriali o d'istituto che non sempre sono tali e che neanche "i professori o tecnici" riescono a vedere. Ovvero, povera Italia! Fonte: GreenReport.
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SEQUESTRO DI VONGOLE AL PORTO DI PESCARA
I controlli effettuati quotidianamente dal personale della Capitaneria di Porto, volti ad assicurare il rispetto delle norme a tutela delle specie ittiche, hanno portato al sequestro di più di mezza tonnellata di vongole, avvenuto nel primo pomeriggio nel porto di Pescara. Il sequestro, con relativa sanzione amministrativa pecuniaria, è stato effettuato a carico di una imbarcazione locale per violazioni connesse al quantitativo massimo giornaliero di vongole sbarcato, fissato dall’ordinanza n. 71/2012 della Capitaneria di Porto di Pescara, limite questo ampiamente superato dall’imbarcazione in questione. Fonte: GeaPress.
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MULTATA SANT'ANNA BioBottle, MESSAGGI PUBBLICITARI NON VERITIERI
Nonostante la green economy stia mano a mano conquistando fette di pubblico sempre più ampie, la comunicazione ambientale di qualità registra in Italia ancora un grande deficit, e non solo sui mezzi di informazione tradizionali, ma anche e soprattutto per quanto riguarda la pubblicità. Rientra in questo campo la condanna da parte dell'Agcm - Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato nei confronti della Fonti di Vinadio S.p.A., attiva nella produzione e commercializzazione di bevande analcoliche con i marchi Sant'Anna. 30.000 euro di multa - si legge nella sentenza - da versare in conseguenza di una "non corretta rappresentazione delle caratteristiche ambientali della bottiglia "BioBottle", con riguardo al risparmio di petrolio e alla riduzione di emissioni di anidride carbonica connessi alla sua produzione".
Così, si accendono di nuovo i riflettori sulle bottiglie a marchio Sant'Anna lanciate nel 2008, caratterizzate per essere composte non dal tradizionale Pet delle bottiglie, ma da Pla (acido polilattico) realizzato dalla fermentazione del mais, biodegradabile in 80 giorni. Fonte e news integrale: GreenReport.

07 DICEMBRE

COME SI SVILUPPANO I FIUMI?
Come mai i fiumi si diramano in una complessa rete di rivoli intricati e sottili? Sembra una domanda banale, ma non lo è. Sebbene il fenomeno sia noto da tempo, nessuno è mai riuscito a comprendere esattamente in che modo si possano creare ramificazioni tanto raffinate e complesse. Ora però, uno studio pubblicato su Nature sembra aver trovato una soluzione al mistero. Un gruppo guidato da Taylor Perron del MIT, ha creato un modello matematico che analizza le interazioni di due fra i principali fenomeni che coinvolgono suolo e acqua – incisione e reptazione – scoprendo in quali esatte condizioni si formano le diramazioni.
Il fenomeno dell'incisione avviene quando l'acqua cade su un terreno inclinato, spiegano gli scienziati, tende a defluire verso le zone più a valle, erodendo le superfici che trova sulla propria strada. Si formano allora dei ruscelli, che "cibandosi" gli uni degli altri crescono fino a diventare affluenti veri e propri. D'altro canto, questo meccanismo è "bilanciato" dalla reptazione, ovvero il lento smottamento a valle del suolo a opera della gravità, che riempie i buchi causati dall'erosione: la formazione di rivoli d'acqua viene allora rallentata. In sostanza, si tratta di due fenomeni opposti: il primo tende a scavare solchi nel suolo e il secondo a riempirli. Fonte e news integrale: GalileoNet.
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FORTE SCOSSA DI TERREMOTO IN GIAPPONE E TSUNAMI DI UN METRO
Una forte scossa di terremoto, di magnitudo 7.4 secondo l'americana Usgs (7.3 per la Japan Meteorological Agency), è stata registrata oggi nel nord est del Giappone. Le autorità hanno lanciato l'allerta tsunami. Uno tsunami con altezza massima di circa un metro è stato registrato alle 18.02 locali (le 10.02 in Italia) nella città di Ishinomaki, nella prefettura di Miyagi, quella considerata più minacciata con l'ipotesi di maremoti fino a 2 metri. La tv pubblica giapponese, la Nhk, che ha avviato una diretta, ha messo in guardia dal rischio che, come accaduto a marzo 2011, le onde anomale potrebbero ripetersi più volte, anche a distanza di tempo l'una dall'altra. La prefettura di Miyagi fu coinvolta dal sisma e dallo tsunami dell'11 marzo 2011. L'allerta tsunami è solo locale e non riguarda il resto del Pacifico. Lo ha riferito il servizio geologico degli Stati Uniti (Usgs). Fonte: Ansa.
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ACQUACOLTURA SOSTENIBILE, LE LINEE GUIDA DELLA COMMISSIONE EUROPEA
La maggior parte degli stock ittici selvatici sono attualmente in prossimità o al di sopra dei limiti di sfruttamento sostenibile: è anche tramite l'acquacoltura, adesso, che si tenta di tamponare questo trend negativo. In Europa, però, l'acquacoltura è un'attività economica importante in molte regioni costiere e continentali, ma è rimasta stabile negli ultimi anni, in netto contrasto con la tendenza del resto del mondo. La riforma della politica comune della pesca mira dunque a sviluppare appieno il potenziale dell'acquacoltura europea in linea con gli obiettivi di Europa 2020: la sostenibilità, la sicurezza alimentare, la crescita dell'occupazione. All'interno di questo ampio contesto, la Commissione Europea ha pubblicato le nuove linee guida per migliorare la comprensione di come l'acquacoltura possa essere portata avanti all'interno di Natura 2000, la rete europea di zone naturali protette che comprende il 18% della superficie dell'UE e più di 217 000 km² dei suoi mari.
Janez Potočnik, Commissario Europeo per l'Ambiente, ha descritto il documento come "uno strumento utile per migliorare la comprensione tra gli operatori economici, le autorità pubbliche, gestori di siti e gli organismi di conservazione della natura. Il documento consentirà loro di progettare un'acquacoltura sostenibile che soddisfi i loro obiettivi di produzione, nel rispetto i valori ecologici delle aree Natura 2000». Le linee guida Guidance on Aquaculture and Natura 2000 - Sustainable Aquaculture Activities in the Context of the Natura 2000 Network, passano dunque in rassegna i potenziali impatti dei principali sistemi di acquacoltura sulla natura e la fauna selvatica, con particolare attenzione ai metodi e agli strumenti di valutazione alla luce degli obiettivi di conservazione dei siti. Le linee guida spiegano come questi rischi debbano essere valutati caso per caso e come possano essere ridotti al minimo, o evitati del tutto. Il documento sottolinea quindi i vantaggi della pianificazione strategica, in cui le esigenze di conservazione della natura e le esigenze di sviluppo dell'acquacoltura sono presi in considerazione in modo integrato. Maria Damanaki, Commissario Europeo Responsabile per la Pesca e la Politica Marittima ha detto: "L'acquacoltura ha un ruolo importante in Europa per l'accesso alle risorse alimentari - ha precisato Maria Damanaki, commissario europeo responsabile per la Pesca e la politica marittima - e vi è la necessità di svilupparla in modo ecologicamente sostenibile. Questo documento può contribuire a raggiungere tale obiettivo". Fonte: GreenReport.

06 DICEMBRE

Megalocoelacanthus, IL NUOVO CELACANTO GIGANTE
I celacanti sono da sempre dipinti come un gruppo di organismi che durante l'evoluzione ha avuto poche modifiche anatomiche. Dalla loro nomea di animali noiosamente sempre uguali è immancabilmente derivato il mito popolare, per cui i celacanti sono i fossili viventi per definizione. Tuttavia, nel mondo paleontologico questo mito è stato duramente abbattuto diverse volte grazie alla scoperta dei celacanti paleozoici, come Miguashaia, Holopterygius o Allenypterus, la cui morfologia è indubbiamente molto diversa da quella della famosa Latimeria. Se consideriamo l’intero record fossile dei celacanti, infatti, essi ci appaiano un gruppo abbastanza eterogeneo, che durante la sua storia evolutiva ha sperimentato diversi adattamenti morfologici ed ecologici.
A parte l’attuale Latimeria, i celacanti la cui forma può essere paragonata a quella della standard "latimeriforme" sono tutti vissuti nel Mesozoico. I celacanti mesozoici sono raggruppabili in due gruppi distinti, Mawsoniidae, con un cranio lungo, basso  e ampio, e Latimeriidae, con un cranio invece più corto, tozzo, e stretto. Nel Mesozoico, sembra che i celacanti siano cambiati più per le proporzioni anatomiche dei vari elementi scheletrici e per le dimensioni corporee, che per vere e proprie modifiche strutturali. In particolare, anche i celacanti furono ingolositi dalla moda del momenti e nel Cretaceo "concentrarono i loro sforzi" in un considerevole aumento di dimensioni. Un bell’esempio di questo episodio è stato pubblicato sull’ultimo numero di Plos One.
Dutel et al. ridescrivono i resti di Megalocoelacanthus dobiei, un celacanto gigante del Cretaceo superiore (descritto la prima volta nel 1994). I fossili di questo animale provengono da strati del Campaniano inferiore di Kansas (Niobrara Formation, forme più nota per i fossili di dinosauri quali Niobrarasaurus) e Alabama (Blufftown Formation). L’olotipo proviene dall’Alabama e consiste in vari elementi del cranio e della zona branchiale, mentre i fossili del Kansas, descritti per la prima volta qui, consistono in un cranio completo di mascelle e molto ben conservato. Il ritrovamento di questo nuovo esemplare e lo studio di Dutel et al. ha permesso di ricostruire meglio l’anatomia di Megalocoelacanthus e di entrare in possesso di nuovi dati utili per la comprensione della filogenesi e dell’ecologia del gruppo.
Primo, Megalocoelacanthus è uno dei più grandi celacanti noti, con una lunghezza stimata media che supera i tre metri e mezzo (ma è possibile che raggiungessero anche i 4.5 metri di lunghezza!), dimensioni simili ad altre specie mesozoiche del gruppo, come Mawsonia e Axelrodichthys. Una caratteristiche che accomuna queste forme giganti è la presenza di mascelle sdentate e uno degli interrogativi principali dei paleontologi riguarda la possibile origine comune o meno di questa caratteristica, e dunque la necessità di riunire in un unico gruppo monofiletico le forme giganti sdentate, oppure la possibilità che queste si siano evolute in maniera indipendente in linee diverse. Le analisi filogenetiche di Dutel et al., pongono Megalocoelacanthus all’interno di Latimeriidae, suggerendo che l’assenza di denti si è evolutiva indipendentemente in diverse linee, sia in Latimeriidae (includendo la nuova specie), sia in Mawsoniidae (qui l'albero filogenetico). La presenza di due diversi morfologie di crani all’interno dei celacanti mesozoici e lo sviluppo di taxa sdentati in entrambi i gruppi evidenzia l’importanza dello studio di queste anatomie nell’individuazione delle strategie alimentari di questi animali.
Megalocoelacanthus è rinvenuto in luoghi con caratteristiche paleoambientali molto varie. Il record fossile della specie suggerisce che fosse un taxa abbastanza comune, nonostante sia poco frequentemente riconosciuto nei siti fossiliferi e dunque la sua distribuzione sia probabilmente sottostimata.
Il ritrovamento di questo taxa in ambienti sia di acqua profonda che di acqua bassa indica che esso fosse probabilmente molto adattabile e che potesse vivere anche in acque con diversità di salinità molto alta.
In un discorso generale è possibile notare come le forme giganti siano state trovate sia in ambiente francamente non marino, come Mawsonia (dulciaquicolo o paralico) sia in ambiente strettamente marino, come Trachymetopon (un celacanto del giurassico superiore tedesco), che, infine, in entrambi gli ambienti, come il nostro Megalocoelacanthus.
Ciò potrebbe far pensare che l’evoluzione di forme sdentate e/o giganti in almeno due differenti linee filogenetiche sia stata correlata a motivi ecologici e trofici. Fonte: Pikaia, a cura di Marco Castiello.
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I GHIACCIAI? SI SCIOLGONO DAVVERO
Se ne sente parlare da anni, ma fino a oggi i risultati degli studi scientifici erano stati contraddittori. Eppure conoscere lo stato di salute dei ghiacciai è fondamentale per poter predire gli effetti del cambiamento climatico sull'innalzamento delle acque. Uno studio pubblicato su Science, il più accurato mai realizzato, riordina oggi i risultati di oltre 20 anni di osservazioni, dimostrando che i ghiacciai si stanno sciogliendo per davvero e a un ritmo sempre più veloce.
La scoperta è frutto del lavoro di un'équipe internazionale di 47 esperti, guidata da Andrew Shepherd, dell'Università di Leeds. Il progetto, denominato Ice Sheet Mass Balance Inter-comparison Exercise (Imbie), è basato sull'analisi dei dati provenienti da 10 diverse missioni satellitari, che i ricercatori hanno confrontato, cercando cosi di mettere insieme tutte le informazioni. Finora sono stati usati tre metodi di misurazione: il primo consiste nell'utilizzare i modelli climatici e le osservazioni sul campo per calcolare la diminuzione di ghiaccio, mentre gli altri due usano satelliti capaci di misurare l'altezza e la forza di attrazione gravitazionale dei ghiacciai e calcolare in questo modo il loro volume.
I tre metodi hanno punti di forza e debolezze specifici, e fino a oggi avevano portato a risultati divergenti. A partire dal 1989, infatti, sono state pubblicate almeno 29 diverse stime di quanto lo scioglimento dei ghiacci stesse contribuendo all'innalzamento delle acque, con risultati che variavano da 1.9 a 0.2 mm annui. Alcune ricerche sembravano addirittura dimostrare che a livello globale i ghiacciai non si stessero effettivamente sciogliendo. Comparando i risultati dei tre diversi metodi, i ricercatori sono riusciti a perfezionare il calcolo, arrivando finalmente a una stima condivisa: una media di 0,59 mm all'anno dal '92 a oggi, per un totale di circa 11.1 mm. Lo scioglimento dei ghiacciai è dunque responsabile di circa un quinto dell'aumento registrato nel livello delle acque, che in totale è stato circa di 3.3 mm per anno.
"Il successo di questa iniziativa si deve alla cooperazione della comunità scientifica internazionale, e all'aiuto delle nostre agenzie spaziali, Nasa e Esa, che ci hanno fornito dei satelliti muniti di sensori estremamente precisi", ha commentato Shepard.
"Senza questi sforzi comuni, non saremmo oggi in grado di dire con precisione alla gente in che modo sono mutate le masse di ghiaccio della terra, ponendo in questo modo fine a lunghi anni di incertezza". La situazione, spiegano gli scienziati, è diversa ai due poli. Se in Antartide la velocità di scioglimento dai primi anni '90 a oggi è aumentata circa del 50%, in Groenlandia va anche peggio, con una velocità addirittura quintuplicata.
"Non si sa ancora con sicurezza per quale motivo la velocità di scioglimento stia continuando ad aumentare", commenta Ian Joughin, glaciologo dell'Università di Washington e coautore dello studio. "Stiamo iniziando solo adesso a creare un archivio di dati osservazionali per i ghiacciai, ma con l'aumentare del periodo di osservazioni migliorerà anche la precisione delle nostre previsioni". Fonte: GalileoNet.
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COREA DEL SUD, STOP ALLA CACCIA ALLE BALENE
Moby Dick può nuotare tranquilla: nelle acque della Corea del Sud, non ci sarà più nessun Capitan Achab con gli occhi a mandorla a minacciarla. Seul ha deciso formalmente di rinunciare ai suoi piani per la ripresa della caccia alle balene, anche se solo per fini scientifici e di osservazione di questi grossi mammiferi. La notizia è stata accolta con grande soddisfazione dalle associazioni animaliste, in particolare da Greenpeace. Il testa a testa è andato avanti mesi: dallo scorso mese di luglio quando Seoul fece sapere di stare pianificando la ripresa di questo tipo di attività.
Da allora oltre 100.000 persone da tutto il mondo hanno mandato messaggi alle autorità coreane, al primo ministro soprattutto, per chiedergli di recedere. Secondo gli animalisti, infatti, dietro a presunti fini scientifici si nascondono scopi di natura commerciale, che vanno contro l'esigenza primaria di proteggere questa specie.
''La voce della gente della Corea e del mondo intero è stata ascoltata dal governo di Seoul'', ha dichiarato Jeonghee Han di Greenpeace per l'Asia orientale. ''Il mondo intero è contro la caccia alle balene - ha aggiunto l'attivista di Greepeace, John Frizzell - anche quando è travestita da ricerca scientifica.
La decisione della Corea del Sud di ascoltare il popolo e la comunità internazionale rappresenta una grande vittoria per la sopravvivenza di questi animali''. In base alle regole della Commissione Internazionale per la Caccia alle Balene (IWC, International Whaling Commission) la Corea del Sud, se realmente avesse avuto intenzione di riprendere la caccia, avrebbe dovuto presentare una proposta formale entro il 3 dicembre, cosa che non è avvenuta. Funzionari coreani hanno poi confermato che la decisione di non andare avanti con il piano è stata presa alcuni giorni fa. Dal 1986 esiste una moratoria internazionale per la caccia alle balene ma, paesi come la Corea, ma anche il Giappone e la Russia, hanno proseguito a cacciarle, uccidendo ogni anno migliaia di esemplari di questi animali per scopi scientifici, spesso motivando la caccia con la spiegazione che il numero delle balene inficia la pesca. Questi paesi, tra l'altro, consentono il consumo di carne di balena, che viene venduta normalmente nei mercati e ai ristoranti, dopo che l'animale è stato ucciso, ufficialmente per motivi ''di studio''. La Corea del Sud ha una lunga tradizione legata alle balene, avendo in Ulsan, nel sud est del paese, la capitale di questa mattanza che va avanti da secoli. Fonte: Ansa.

05 DICEMBRE

FIUMI E LAGHI EUROPEI MALCONCI
Nel suo ultimo rapporto sulle acque pubblicato di recente, l'Agenzia Europea per l'Ambiente (AEA), ha mostrato un quadro piuttosto preoccupante per i fiumi ed i laghi europei: il 63% degli habitat nelle acque dolci d'Europa infatti, viene classificato con uno stato di conservazione "sfavorevole". Ciò significa, tradotto, che laghi e fiumi europei non se la passano molto bene e che le previsioni future non possono certo dirsi incoraggianti: analizzando le proiezioni al 2015 infatti, l’'AEA sottolinea che la metà (48%) di laghi, fiumi, torrenti e falde acquifere del Vecchio Continente, non saranno in buone condizioni sotto tutti i punti di vista: qualitativo e quantitativo.
L'inquinamento che deriva dai fertilizzanti agricoli e lo spreco (dovuto sia all'uso umano che alle perdite di rete idrica), sono i due principali fattori del cattivo stato delle acque europee, anche se anche i cambiamenti climatici stanno garantendo un certo margine di incidenza sul problema, sempre più ampio. Il problema centrale è legato ai nitrati contenuti nei fertilizzanti agricoli che, nel lungo periodo, avvelenano letteralmente le acque: al ritmo attuale, sostiene l'AEA, nei prossimi decenni i valori dei nitrati sono destinati a crescere esponenzialmente; buone notizie invece sull'inquinamento da ammoniaca e fosfati, il rapida riduzione grazie ad una maggiore efficienza nella depurazione dei reflui: il 92% dei siti balneabili infatti, nel corso del 2011, hanno rispettato tutti gli standard minimi.
Gli sprechi sono invece un co-fattore importante sul cattivo stato di salute delle acque: l'agricoltura e i privati utilizzano infatti acqua "in maniera inefficiente", aggravando inoltre il problema dell'approvvigionamento (alla base del problema infatti esiste un'esigenza idrica superiore alle risorse, che aggrava il cosiddetto "stress idrico" nei periodi di maggior siccità).
Ed è proprio la siccità un altro fattore d’incidenza: in particolare l’Europa del Sud, sopratutto la cinta mediterranea, negli ultimi anni ha registrato periodi di siccità più lunghi e più intensi del solito, mentre nel Nord Europa sta diventando più frequente il fenomeno alluvioni, prevalentemente a causa di una maggiore presenza di cemento nelle aree più esposte al fenomeno. E' proprio il cemento un altro fattore di forte incidenza sul problema della qualità delle acque dolci europee: il cambiamento dello "status idromorfologico" dei corpi idrici è un problema per il 52% delle acque superficiali. AEA fa presente che il settore energetico, agricolo ed alimentare, sono quelli su cui intervenire può risolvere una buona parte del problema idrico in Europa: secondo l’agenzia UE, i futuri pagamenti della Politica Agricola Comune agli agricoltori (Pac) dovrebbero tenere conto della gestione dell’acqua, a partire dall'irrigazione, ma anche il settore energetico necessita più attenzione (ad esempio, sulla produzione di biocarburanti, che può essere fortemente "idrovora"). Fonte: Ecoblog.
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ACQUA ALL'ARSENICO, DAL 1° GENNAIO SENZA ACQUA POTABILE 128 MILA ABITAZIONI
L’acqua del referendum dello scorso anno era un "bene comune": un fiume di persone che si sono entusiasticamente recate a votare per le quattro consultazioni e che, quasi plebiscitariamente, hanno confermato fermamente che l’acqua deve essere pubblica, oggi devono fare i conti con la rete idrica italiana, tra le più scadenti d’Europa. Un caso emblematico è quello della Tuscia, la zona dell'Alto Lazio, che vede capoluogo Viterbo e che conta oltre 400mila persone: dal 1 gennaio 2013 infatti, 128.000 abitazioni resteranno senza acqua potabile, una cosa che trascina di fatto l’evoluzione della civiltà italiana in un baratro profondo: come può essere possibile questo?. Fonte e news integrale: Ecoblog.

03 DICEMBRE

LA PESCA ITALIANA SI CONFRONTA A CAORLE
I 37 Gruppi di Azione Costiera (GAC) italiani, si ritroveranno tutti assieme per la prima volta oggi e domani a Caorle, in provincia di Venezia, per confrontarsi sulle azioni da realizzare con i finanziamenti comunitari finalizzati allo sviluppo delle aree che hanno nella pesca la loro principale attività economico produttiva. L'iniziativa è organizzata dalla Regione del Veneto per il tramite del Gruppo d’Azione Costiera Veneziano VeGAC, in collaborazione con la Direzione Generale della Pesca Marittima e Acquacoltura del Ministero Politiche delle Agricole, per un confronto nazionale sull’attuazione del cosiddetto Asse IV e del Fondo Europeo per la Pesca (FEP), che mette a disposizione le risorse per cofinanziare la realizzazione di specifici piani d'area. I lavori, che si concluderanno nella mattinata di martedì, si svolgeranno nel Centro Civico di Caorle, in Piazza Vescovado, con inizio alle 9.30 di lunedì 3 dicembre. Nella prima giornata interverranno l'Assessore alla Pesca del Veneto Franco Manzato (coordinatore pro tempore del Distretto di Pesca Alto Adriatico) e i tecnici della DG Mare della Commissione Europea sui risultati del periodo di programmazione in scadenza e i risultati per quello prossimo 2014-2020. Nel pomeriggio sono in programma due laboratori, dedicati a "Gestione dei Piani di Sviluppo Locale" e "diversificazione, integrazione tra settori e competitività".
Nella mattinata conclusiva verranno invece affrontati il Sistema Informativo della Pesca e dell’Acquacoltura; l’attuazione in Italia dell’Asse IV; le buone prassi per l’attuazione dei Piani di Sviluppo Locale. I GAC sono gruppi di partenariato pubblico-privato che insistono nelle aree costiere dipendenti dalla pesca, costituiti da rappresentanti del settore peschereccio, di enti pubblici e di altri comparti locali rilevanti sotto l’aspetto socioeconomico e ambientale. Questi organismi devono elaborare ed attuare Piani di Sviluppo Locale finalizzati al rafforzamento strategico della filiera ittica, per la cui realizzazione è previsto il sostegno finanziario dell'Unione Europea. Fonte: Rivista il Pesce.
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SEA SHEPHERD ZERO TOLERANCE
"Zero tolerance, zero cruelty, zero kills" è il nuovo grido di battaglia di Sea Shepherd, da anni impegnati in spericolate operazioni di disturbo delle navi baleniere giapponesi. Dopo il buon risultato della scorsa stagione (2011-2012), finita in anticipo per il Giappone e con un bottino fortemente ridotto - "solo" 267 balene su 900 catture autorizzate - gli animalisti alzano il tiro: quest'anno nessun cetaceo dovrà cadere sotto gli arpioni del Sol Levante. Dal 1987, anno in cui è entrato in vigore il divieto di caccia alle balene, il Giappone rivendica il diritto di catturare cetacei "per scopi scientifici", ottenendo quote di caccia nonostante le perplessità di molti scienziati e le prove ormai evidenti che lo studio della biologia marina è un mero pretesto per rifornire il lucroso mercato della carne di balena, considerata una prelibatezza e venduta a peso d’oro in Giappone.
Quest'anno, per la prima volta, Sea Shephered - forte di quattro navi, tre droni, un elicottero e 120 membri d’equipaggio - affronterà le navi baleniere appena salpate, nel Pacifico meridionale, per poterle tenere lontane dal Santuario delle Balene nell’Oceano Antartico. A guidare le operazioni, dal rifugio segreto in cui vive da quando lo scorso luglio si è reso latitante per evitare l’estradizione in Giappone, il sessantenne capitano Paul Watson, fondatore di Sea Shepherd. In avanscoperta va la Brigitte Bardot, un trimarano di 35 metri che dovrà intercettare la Nisshin Maru, l'ammiraglia della flotta giapponese che ospita le carcasse degli animali catturati. Pronte a intervenire, la Bob Barker, una vecchia baleniera di 52 metri riconvertita alla causa animalista, la Steve Irwin, un peschereccio di 53 metri che solca i mari alla velocità di 16 nodi, e una quarta, segretissima imbarcazione donata a Sea Shepherd dal produttore dei "Simpson", Sam Simon. Comunque vada nel Pacifico, quella sul mare non è l’unica battaglia in cui dovranno impegnarsi i giapponesi, in difesa degli interessi balenieri. Pochi giorni fa, anche la Nuova Zelanda, che finora aveva sostenuto la via diplomatica per convincere il Sol Levante a rinunciare all'attività baleniera, è formalmente scesa in campo accanto all’Australia, che già nel 2012 si era rivolta alla Corte Internazionale dell'Aia accusando il Giappone di praticare la caccia commerciale in violazione del trattato internazionale. Stretta tra due fronti, la lobby baleniera nipponica potrebbe avere i giorni contati. Fonte: GalileoNet.

01 DICEMBRE

PESCA ILLEGALE E DIRITTO INTERNAZIONALE DEL LAVORO
Sarà presentata a Mazara del Vallo, oggi, una ricerca realizzata dalla Uilapesca e dal Cres (il centro studi della Uila) con il contributo della Direzione Generale Pesca del Mipaaf, sul tema "pesca illegale e diritto internazionale del lavoro". La ricerca ha analizzato, da un lato, normative e accordi internazionali in materia di Pesca illegale; dall’altro le convenzioni ILO in materia di "lavoro decente" e, soprattutto, la Convenzione C 188 sul lavoro nella pesca, approvata nel 2007. Si parlerà, in particolare, della decisione del consiglio dell'Unione Europea che, nel 2010, ha autorizzato i paesi membri a ratificare tale convenzione, nell'interesse dell'Unione, entro il prossimo 31 dicembre 2012. La ricerca ha anche evidenziato come, a livello internazionale, sia stato finora sottovalutato il legame profondo che esiste tra la gestione delle risorse e i diritti delle persone che vivono di queste risorse. La conseguenza è che, a tutt'oggi, nessuna normativa o accordo internazionale pone in relazione i temi della pesca illegale (o della pesca responsabile) con il concetto di "lavoro decente" e con il rispetto delle convenzioni Ilo sul lavoro. Nel 2011, tale nesso è stato suggerito in una risoluzione del Parlamento UE (paragrafo 19), nei seguenti termini: "il Parlamento sottolinea l’esigenza di assicurare che i paesi terzi con i quali lUE abbia un accordo di pesca, applichino le norme Ilo in materia di diritti del lavoro, in particolare quelli concernenti il dumping sociale causato dalla pesca IUU".
Nelle conclusioni della ricerca, la Uilapesca sostiene che se non si affronta la questione del lavoro illegale, nessuna legislazione riuscirà mai a sradicare la pesca illegale. Da qui, la richiesta, rivolta al governo italiano, di proporre nelle sedi internazionali appropriate, l’introduzione di un legame tra pesca illegale e rispetto delle convenzioni Ilo in materia di lavoro. Fonte: Aiol.
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SQUALI, ATTACCO FATALE IN MESSICO
Cárdenas García, 32 anni, ha perso la vita presso Altata Beach, Navolato (Sinaloa Coast), in Messico. Non è ben chiara la dinamica dell'evento, come non è nota la specie di squalo che ha aggredito il giovane. Si tratta comunque di una zona in cui gli attacchi sono rari, poiché non frequentano la baia, mente in mare aperto sono presenti squali bianchi e mako.
La vittima è stata soccorsa ancora in vita, ma è deceduta in seguito a forte emorragia.
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PESCA IN ACQUE PROFONDE: AUMENTO DELLE QUOTE
Il 29 novembre, il Consiglio dell’UE ha aumentato il totale ammissibile di catture (TAC) 2013-14 per le specie che vivono tra i 400 e i 1.500 metri di profondità. Si tratta di specie a crescita lenta e a vita media molto lunga, due fattori che li rendono particolarmente vulnerabili alle attività di pesca.
Dopo lunghe discussioni e consultazioni, il Consiglio ha raggiunto un accordo basato principalmente sulla consulenza scientifica, con l’obiettivo di raggiungere, quando possibile un rendimento massimo sostenibile nel 2015 e la revisione delle TAC caso per caso. Nel corso della riunione odierna, il Consiglio ha anche avuto uno scambio di opinioni sulle consultazioni annuali tra l’UE e la Norvegia nel quadro dell’accordo bilaterale e ha deciso di formare un comitato tecnico che valuterà le questioni tecniche di alcuni paesi. Fonte: EuroFishMarket.
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PROGETTO LIFE P.A.R.C., COME PROTEGGERE E SALVARE I PESCI DEL VARA E DEL MAGRA
Il 4 dicembre 2012, alle ore 9.00, nella sala consiliare del Comune di Sarzana, si terrà il Convegno Il progetto LIFE P.A.R.C. per la tutela della biodiversità, il rafforzamento delle aree protette e le politiche di sistema. La giornata, organizzata dal Parco di Montemarcello-Magra, Regione Liguria, Provincia della Spezia e Legambiente, costituisce l'evento conclusivo di un progetto, iniziato nel dicembre 2009, che ha visto la realizzazione di studi ed interventi a tutela della biodiversità fluviale in alcune aree dei fiumi Magra e Vara. Petromyzon And River Continuity (P.a.r.c.) è un progetto finanziato dall'Unione Europea nell'ambito del Life+ 2007, promosso dall'Ente Parco di Montemarcello-Magra in collaborazione con la Regione Liguria, la Provincia della Spezia, il Dipartimento per lo Studio del Territorio e delle Risorse dell'Università degli Studi di Genova e Legambiente, il cui principale obiettivo è quello del miglioramento della conservazione della lampreda di mare, della cheppia, del vairone, della Rovella e del barbo all'interno del Parco Naturale Regionale di Montemarcello-Magra. Il Parc spiega: "Lungo il corso dei fiumi Magra e Vara queste specie sono minacciate da interventi quali escavazioni in alveo, cementificazione delle sponde, sbarramenti o inquinamento che mettono a rischio l'ecosistema, insieme al bracconaggio ed alle attività di pesca illegale". Fonte e news integrale: GreenReport.
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QUANTO È ANTICO IL CRAND CANYON?
Potrebbero esserci stati persino i dinosauri, a sbirciare dai bordi appena nati del Grand Canyon. Una ricerca  pubblicata su Scienceipotizza infatti che la data di nascita della spettacolare gola, in Arizona, possa essere spostata indietro di diverse decine di milioni di anni. Le teorie più accreditate, fino a questo momento, avevano fissato la formazione fra i 5 e i 6 milioni di anni fa per la maggior parte del complesso: eppure nuove evidenze indicano che la gola sarebbe stata scavata - da un antenato del fiume Colorado - già 70 milioni di anni fa, durante il Cretaceo.
Gli autori – Rebecca Flowers dell'Università del Colorado, Boulder e Kenneth Farley del Caltech - sono arrivati a questa conclusione studiando le quantità e la distribuzione degli isotopi di elio in un minerale conosciuto come apatite. L'isotopo elio-4, infatti, fin quando rimane sotto la superficie, ad alte temperature, si diffonde. Ma man mano che le rocce affiorano - come risultato dell'erosione - le temperature scendono e l'elio rimane imprigionato nei minerali, accumulandosi. In questo modo, confrontando i livelli dell'elio-4 con quelli di elio-3 (le cui concentrazioni invece rimangono stabili) è possibile risalire al tempo in cui le rocce prese in esame si sono raffreddate e, quindi, emerse.
Flowers e Farley hanno testato questa tecnica prima sulla parte est del canyon, ottenendo risultati coerenti con le loro ricerche passate, che facevano risalire l'origine di quella zona del complesso a circa 50 milioni di anni fa. Gli scienziati si sono poi dedicati all'analisi delle porzioni profonde della parte ovest, in cui hanno trovato tracce di erosione risalenti a 70 milioni di anni fa. Ma non solo: secondo i ricercatori è appunto in questo periodo che la maggior parte del canyon sarebbe stato scavato. Eppure, malgrado i risultati dello studio, l'età del Grand Canyon resta ancora un argomento di dibattito tra i geologi, sempre più interessati al problema cui è stato dedicato un numero crescente di studi negli ultimi anni. Flowers a tal proposito afferma: “Questa tecnica ci consente di stabilire, rispetto al passato, l'età di molte più rocce. Il che però non cancella l'esistenza di molte informazioni in contrasto fra loro sull'età del Gran Canyon. Gli scienziati, d'altra parte, dibattono sulla sua origine da più di 150 anni, e ci aspettiamo che la nostra interpretazione dia origine a una discussione molto intensa. Spero che essa servirà anche a motivare ancora più ricercatori. Forse così si riuscirà a risolvere il problema". Fonte: GalileoNet.