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30 SETTEMBRE

ABBIAMO TERMINATO ANCHE LE SARDINE
Secondo Blu gold in Italy, un'inchiesta realizzata da Greenpeace, il pesce azzurro è al collasso. Crollano acciughe e sardine in Adriatico. Blu gold in Italy ha concentrato la sua attenzione su Chioggia che, insieme al vicino porto di Pila di Porto Tolle, è uno dei più importanti in Italia e tra i primi in Mediterraneo per la pesca al pesce azzurro, con una notevole quota della produzione nazionale immessa sul mercato italiano ma anche, in parte, esportata.
Gli ambientalisti spiegano che "il principale metodo di cattura utilizzato è la "volante a coppia". Consiste in una rete sospesa a mezz'acqua trainata contemporaneamente da due imbarcazioni "gemelle". Negli ultimi anni questo sistema di pesca sta tendendo a soppiantare il più tradizionale sistema della "lampara", dove una forte luce concentra i banchi di pesce azzurro attorno alle reti".
L'associazione ambientalista evidenzia che i dati scientifici degli ultimi 40 anni mostrano un declino delle popolazioni di acciughe e sardine in Adriatico, e il rapporto mostra come "il governo italiano nel corso degli anni abbia di fatto promosso un incremento della pressione di pesca su queste popolazioni permettendo un aumento del numero delle imbarcazioni autorizzate, e della stazza delle stesse, anche grazie all'artificio delle licenze di "pesca sperimentale" che di sperimentale non avevano nulla: una vera e propria flotta fantasma che alla fine è stata "regolarizzata". Tutto ciò ha messo a rischio la salvaguardia dei popolamenti ittici e la redditività del settore, mentre il sovra sfruttamento di alici e sardine ha innescato un circolo vizioso: la diminuzione del prodotto ha causato un aumento dei prezzi di mercato stimolando l'incremento della pressione di pesca".
Nell'estratto in italiano di Blu gold in Italy, pubblicato in inglese da Greenpeace nella collana "Ocean Inquirer", si legge che "l'aumento della capacità di pesca nei porti di Chioggia e Pila di Tolle ha attirato l'attenzione della politica e dell'opinione pubblica, senza che le istituzioni, e in particolare il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, siano state in grado di fornire risposte chiare che spiegassero le ragioni dell'aumento della capacità di pesca per le volanti (...) Quel che è certo è che studi recenti dimostrano che nell'Adriatico settentrionale la quantità di acciughe e sardine di grandi dimensioni è diminuita". È lo stesso problema che si evidenzia nel canale di Sicilia, dove operano "volanti a coppia" che, secondo l'Organizzazione dei Produttori della Pesca della Sicilia Occidentale "godono di un'autorizzazione sperimentale rinnovata ormai da 20 anni pescando praticamente tutto l'anno acciughe sotto taglia e compromettendo quindi la capacità riproduttiva della specie".
Greenpeace ha documentato anche il rigetto in mare di acciughe e sardine, soprattutto durante il periodo estivo quando il prezzo di mercato delle specie non è conveniente e sottolinea: "Ovvio che tali rigetti non sono registrati nelle statistiche ufficiali di pesca e che il reale quantitativo totale di pesce azzurro catturato è quindi sottostimato". Il rapporto spiega che "la pesca del pesce azzurro in Veneto costituisce un esempio di cattiva gestione delle risorse ed è solo un "caso studio" di un sistema come quello italiano che, a fronte di una flotta di pesca tra le maggiori in Europa, è noto per la sua riluttanza ad applicare i regolamenti di pesca dell'UE. La storia delle reti pelagiche derivanti d'altura, meglio note come "spadare", lo dimostra: per tale vicenda l'Italia condivide con Panama il poco onorevole primato di essere elencata - nei rapporti 2009 e 2011 pubblicati dal Dipartimento del Commercio Usa - tra gli Stati i cui pescherecci esercitano pesca "pirata". La storia delle spadare continua nonostante l'Italia abbia ricevuto nel corso degli anni contributi economici dall'Unione Europea (che in parte ha dovuto restituire) e nonostante siano in corso procedure d'infrazione che rischiano di costare care al nostro Paese". Secondo Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace "problemi come questi non sono limitati all'Italia e devono essere risolti dalla riforma, in corso, della politica comune della pesca. Per questo Greenpeace chiede ai governi dell'UE e al Parlamento Europeo di concordare nuove leggi per arrivare a una pesca sostenibile. In particolare, è urgente che la Commissione chiarisca qual è il ruolo della "pesca sperimentale" nel nostro e negli altri Paesi comunitari, perché si tratta di un vero e proprio "sommerso" delle attività di pesca, che mina ogni piano di recupero degli stock". Fonte: GreenReport. Il rapporto in lingua italiana è disponibile qui.

28 SETTEMBRE

I DELFINI DEL MEKONG INTRAPPOLATI DALLE GILLNET FISHING
Muoiono i delfini del MekongGillnet fishing
, profonde reti che creano pareti verticali invalicabili per i pesci e non solo. Usate sia in mare che nei fiumi, stanno contribuendo, nel caso del Mekong, all’estinzione del sempre più raro delfino di fiume. Recentemente un gruppo di sei animali sono così rimasti isolati in un'area profonda al confine tra Laos e Cambogia. Non sopravviveranno a lungo, riferiscono dal WWF, il quale chiede al governo del Laos di intervenire urgentemente provvedendo alla rimozione delle reti disposte nelle acque di sua competenza territoriale.
Un centinaio di reti, tutte sistemate nella stessa area e che da sole giustificano buona parte delle morti dei delfini di fiume (nella foto del WWF Cambogia). Un problema che ormai riguarda prevalentemente il Laos visto che la Cambogia ha recentemente promulgato una legge che vieta l’utilizzo di tali reti lungo il corso del fiume più adatto ad ospitare i delfini.
Secondo Gerry Ryan, esperto del WWF, ogni giorno i sei delfini sfidano la morte. Rischiano cioè di rimanere impigliati nelle parti galleggianti.
Si stima che in un tratto di circa 189 chilometri del fiume Mekong, rimangano non più di 85 delfini di fiume. Un tratto ben delimitato tra il Laos meridionale ed il nord est della Cambogia. Una popolazione ormai molto limitata e frammentata. Gruppi di delfini che non comunicano più tra loro. Un nuovo deciso passo sulla via dell’estinzione.
E dire che in entrambi i paesi è in aumento il dolphin-watching, ovvero l’osservazione dei delfini proposta nei viaggi turistici.
"I delfini rappresentano una delle principali attrazioni turistiche e contribuiscono così alla crescita economica – ha riferito Gerry Ryan – Il dolphin-watching, infatti, contribuisce al reddito delle comunità locali che altrimenti si baserebbero su una grama economia basata sulla pesca di sussistenza".
Le gillnet fishing rappresentano in realtà la minaccia più immediata, almeno per quei sei delfini. La pesca illegale e l’uso degli esplosivi completano un quadro preoccupante al quale recentemente si è aggiunta la proposta di costruire un grande molo a Anlung Cheuteal, proprio uno dei luoghi principali per l’osservazione dei delfini nel versante cambogiano del grande fiume.
Viceversa, tra non oltre venti anni, il delfino di fiume scomparirà per sempre dal Mekong. Fonte: GeaPress.
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PROCEDE VELOCEMENTE L'ACIDIFICAZIONE DEGLI OCEANI
Intervenendo al terzo International Symposium on the Ocean in a High-CO2 World, che si conclude oggi a Monterey, in California, Daniela Schmidt, una geologa della School of Earth Sciences dell'Università di Bristol, ha avvertito che "Gli attuali tassi di acidificazione degli oceani sono senza pari nella storia della Terra".
La Schmidt Ha spiegato che "L'acidificazione degli oceani è avvenuta anche in precedenza, a volte con grandi conseguenze per gli ecosistemi marini, ma nel corso degli ultimi 300 milioni anni non si è mai osservato un tasso di acidificazione degli oceani paragonabile a quello in corso. L'evento più simile, avvenuto 55 milioni di anni fa, è stato probabilmente 10 volte più lento del processo attuale. A quel tempo, le specie hanno risposto al riscaldamento, alle piogge acide, al cambiamento nei nutrienti ed alla perdita di ossigeno, gli stessi processi che vediamo oggi nei nostri oceani. I dati geologici mostrano cambiamenti nella distribuzione delle specie, variazioni della composizione delle specie, variazioni della calcificazione e della crescita e in alcuni casi estinzione. I nostri tassi di acidificazione attuali sono senza precedenti nella storia della Terra e conducono la maggior parte degli ecosistemi in un territorio sconosciuto". Fonte e news integrale: GreenReport.
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OCEANO INDIANO, UNA PLACCA TERRESTRE IN FRANTUMI
Al largo dell'Oceano Indiano la crosta terrestre si sta letteralmente spezzando. Ad annunciarlo fragorosamente, sostengono tre studi pubblicati su Nature, è stata la coppia di terremoti di magnitudo rispettivamente 8.7 e 8.2, che l'11 aprile 2012 hanno scosso questa parte del pianeta. Secondo i tre paper infatti, sotto l'Oceano Indiano la placca indo-austrialiana si starebbe spezzando in due parti più piccole, o addirittura in tre e, le scosse, sarebbero state causate proprio dalla tensione accumulata in questo processo di formazione di un nuovo confine. Fonte e news integrale: GalileoNet.
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SOTT'ACQUA CON GOOGLE STREET VIEW
Potete scegliere quindi di visitare la Grande Barriera Corallina, i fondali delle Filippine o quelli delle Hawaii, ripresi grazie alla speciale fotocamera degli scienziati del Catlin Group: una sorta di sommergibile dotato di tre lenti grandangolari in grado di acquisire immagini anche in condizioni di scarsa illuminazione. Ogni lente è in grado di catturare immagini a 24 megapixel ogni 4 secondi.
Le riprese effettuate dal Catlin Seaview Survey non serviranno però solo ad abbellire i panorami di Google Street View. Il monitoraggio delle barriere coralline e dei fondali fa parte di un progetto più ampio, teso a creare una sorta di database sugli ecosistemi marini. Servirà infatti a mettere insieme testimonianze visive per studiare, anche in remoto, le variazioni prodotte sugli ecosistemi dall’ inquinamento, dalla pesca eccessiva e dai cambiamenti climatici sul lungo periodo. Fonte e news integrale: GalileoNet. Vai su Google Street View.

27 SETTEMBRE

UN NUOVO MARCATORE PER "MISURARE" LA BIODIVERSITÀ MARINA
Da oggi catalogare, tassonomicamente parlando, gli organismi viventi è più semplice. Almeno quelli microscopici presenti nei sedimenti marini. È quanto suggerisce uno studio pubblicato su Pnas cui ha preso parte anche l'Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ise-Cnr) di Verbania Pallanza.
La ricerca ha preso in considerazione le proprietà di un marcatore molecolare poco usato finora per l'analisi delle specie animali microscopiche presenti nei sedimenti marini, e lo ha confrontato con quello utilizzato comunemente. Nello specifico gli scienziati hanno paragonato l'indicatore Coi (Citocromo c ossidasi, subunità I) e il 18S, scoprendo che il primo è in grado di stimare la densità e la ricchezza delle specie marine analizzate con maggiore velocità e accuratezza. Per arrivare a questo risultato, i ricercatori hanno analizzato un campione di 12.000 animali microscopici provenienti dai sedimenti marini e dalle spiagge, fra cui anche esemplari di dimensioni inferiori ai due millimetri. "Continuando a utilizzare il 18S si corre il rischio di definire (e quindi preservare) in maniera inappropriata la biodiversità. Il perfezionamento dell’esplorazione dell’ecosistema e la scoperta di una specie, infatti, sono la premessa per impedirne la scomparsa, prevenendo l’azione distruttiva dell'uomo" sottolinea Diego Fontaneto, a capo del gruppo di ricerca, che aggiunge: "Il marcatore molecolare Coi potrà essere utilizzato in combinazione con le tecnologie di sequenziamento Next Generation Sequencing e questo aumenterà sia la risoluzione tassonomica sia la velocità di esplorazione della biodiversità del nostro pianeta, che è in continua evoluzione". Fonte: GalileoNet.
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MARE DI KARA, FUGHE RADIOATTIVE DALLA DISCARICA NUCLEARE RUSSA
Un gruppo di 16 ricercatori russi e norvegesi, che hanno misurato le radiazioni nel Mar di Kara, nella pattumiera atomica sovietica realizzata al largo delle coste dell'arcipelago della Novaja Zemlja, ha scopero perdite di radioattività. Il direttore della Norwegian Radiation Protection Agency (Nrpa), Per Strand, ha confermato la cosa alla Ong ambientalista Bellona, ed ha sottolineato che lo scopo principale della spedizione, tornata ieri in Norvegia "è stato quello di esaminare la possibilità di una reazione a catena incontrollata a bordo del sottomarino nucleare russo K27, che è stato affondato nel 1981, con ancora il combustibile nucleare esaurito nei suoi reattori, come scoria nucleare, in 50 metri d'acqua nella Stepovogo Bay, in Novaja Zemlja, nel Mare di Kara.
La Russia ha dichiarato che non esclude che ci potrebbe essere un'ipotetica possibilità che il combustibile nucleare esaurito nel reattore, in situazioni estreme, potrebbe provocare una reazione a catena incontrollata, che può portare a rilasci di calore e radioattività". Nel 1968 una fuga radioattiva dal reattore del K27 uccise 9 marinai; i sovietici, prima di decidere di sigillare le unità nucleari e affondarlo, cercarono di ripararlo. Il K27 è l'unico sommergibile della sua classe, ed era alimentato da due rattori raffreddati a piombo e bismuto ora solidificati. Questo presenta particolari difficoltà per la rimozione del combustibile di uranio altamente arricchito, dato che le barre di combustibile fanno ormai parte del metallo del reattore stesso, il che significa che non possono essere rimosse con mezzi convenzionali. Il vantaggio di questi reattori raffreddati a metallo liquido era che potevano essere di minori dimensioni. Questo tipo di raffreddamento è stato utilizzato a partire dal 1971 nei 7 sommergibili da attacco sovietici della classe Alfa 705, l'ultimo dei quali commissionato nel 1981. Attualmente sono tutti fuori uso. Fonte e news integrale: GreenReport.
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OMEGA 3, NON PREVENGONO LE PATOLOGIE CARDIACHE
L’associazione che si fa tra gli omega 3, noti anche come acidi grassi essenziali, e la prevenzione delle malattie cardiovascolari, sembra non essere più valida. È quanto emerge in una recente ricerca, anzi una meta-analisi di 20 studi su 68.680 pazienti, pubblicata sul Journal of American Medical Association (JAMA), in cui si sostiene che il consumo regolare di omega 3 non ha un impatto protettivo sulle gravi complicazioni cardiovascolari.
È necessario fare un distinguo. Un conto è parlare di una dieta equilibrata, all’interno della quale ci sono omega 3 forniti da pesce, noci, chia, olio di lino, olio di noci, olio di colza, valeriana… e il consiglio di privilegiare alcuni di questi alimenti per raggiungere i livelli raccomandati in modo da ottimizzare il rapporto omega 6 / omega 3. Fonte e news integrale: IlFattoAlimentare. BiologiaMarina.eu aveva gia riportato una notizia simile, relativa ai presunti (e mai dimostrati) effetti preventivi sulle patologie cardiovascolari.

26 SETTEMBRE

L'ANTENATO DEI CHITONI
Un recente studio, pubblicato sulla rivista Palaeontology, ha ricostruito minuziosamente l'aspetto di due nuove specie di multiplacofori, un gruppo di molluschi che visse tra il Siluriano e il Permiano, considerato alla base della linea filetiche che ha dato origine agli odierni chitoni, o poliplacofori.
Le due specie, risalenti a circa 390 milioni di anni or sono, sono Protobalanus spinicoronatus (sp. nov.), rinvenuta nel nordest dell'Ohio, USA, e Hannestheronia australis (gen. et sp. nov.), proveniente dal Sudafrica. Con la loro conchiglia costituita da 17 piastre separate da tre colonne a formare cinque righe trasversali, il tutto circondato da un fitto reticolo di spine esterne, questi organismi avevano un'organizzazione del corpo unica tra i molluschi.
Lo studio descrive le parentele filogenetiche tra le due specie e gli attuali poliplacofori, confermando il loro status di stem group di questi ultimi ed evidenziando alcuni tratti che, nei due gruppi, si sono evoluti indipendentemente ma in maniera convergente. Fonte: Pikaia a cura di Andrea Romano.

25 SETTEMBRE

PRODOTTI ITTICI: SULL'ETICHETTA NON VERRÀ RIPORTATA LA DATA DI CATTURA
Primo via libera dell’Europarlamento a nuove norme per le etichette dei prodotti ittici freschi, scatenando le critiche del gruppo di socialisti e dei consumatori europei. L’Assemblea di Strasburgo ha infatti modificato la proposta legislativa originaria della Commissione UE, che prevedeva l’obbligo di indicare nell’etichetta del pesce la data di cattura in mare e non quella dello sbarco a terra. Il testo passerà ora all’esame del Consiglio UE. "Il commissario UE alla pesca, Maria Damanaki – ha spiegato il relatore del provvedimento, il conservatore Struan Gallagher – voleva indicare la data di cattura, ma il Parlamento Europeo ha votato contro". Secondo Gallagher infatti "così non viene discriminato nessuno perchè l’indicazione della cattura può essere inserita nella parte 'volontaria' dell’etichetta". Di altro parere Monique Goyens, direttore generale dell’Organizzazione Europea dei Consumatori (BEUC): "I consumatori che vogliono sostenere i pescatori artigianali che sbarcano il loro pescato nel giro di 24 ore, hanno bisogno di conoscere la data in cui viene catturato il pesce fresco. La data di sbarco non ha significato per i consumatori, perchè non aiuta a distinguere il pesce catturato un giorno prima da un piccolo pescatore o diverse settimane prima da un’imbarcazione industriale". "È una vergogna – aggiunge Ulrike Rodust del gruppo dei socialisti – che popolari e liberali non abbiano dato ai consumatori un’informazione piena e trasparente sul pesce fresco". Fonte: Ansa.
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UN DELFINO DI TAIJI TRASFERITO IN UN DELFINARIO
Dopo le uccisioni e i prelievi (in questo caso per i delfinari) dei giorni scorsi, dodici barche adibite alla cattura dei delfini, hanno lasciato la baia di Taiji, nel Giappone sud orientale. Raggiunto il largo hanno individuato un gruppo di una dozzina di delfini e lanciati in acqua i potenti trasmettitori che creano una barriera sonora insopportabile per gli animali, hanno iniziato a spingerli vero la baia. Gli attivisti di Sea Shepherd che stanno presidiando la località portuale dall’alto di una collina (l’accesso e la visione del porticciolo sono impediti da un ingente schieramento di polizia) hanno potuto documentare il rientro delle barche con i delfini imprigionati dal recinto sonoro. Nessuna mattanza, questa volta, evidentemente c’era l’esigenza di catturare prima possibile un delfino per i delfinari. Forse, dice qualcuno, per rimpiazzare la femmina cattura con il suo cucciolo, e morta dopo giorni di agonia nelle vasche galleggianti disposte nella baia. Sta di fatto che alle prime luci dell’alba il branco è stato allontanato da un delfino che è stato, infine, catturato e sistemato in una piccola vasca all’interno di un camion. Finirà in una struttura dove gli verranno impartite le prime forme di addestramento. Fino a poche ore addietro, commentano da Sea Shepherd, era libero nel mare con i suoi compagni. ora, finché vivrà, sarà destinato a passare tutto il resto della sua vita all’interno della vasca di un circo d’acqua. La restante parte del branco, sembrerebbe essere stata liberato. Fonte: GeaPress.
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AVVIO DELLA PRIMA MEGATURBINA EOLICA OFFSHOR
L'utility statale danese Dong Energy Danese ha messo in esercizio la prima turbina eolica di Anholt, che dovrebbe diventare il più grande parco eolico offshore della Danimarca, un gigante da ben 400 megawatt. Il parco eolico, che si trova al largo dell'isola di Anholt, nel Kattegat tra la Danimarca e Svezia, è formato da 111 turbine Siemens, da 3,6 MW ciascuna. La Dong Energy non ha rivelato il costo del progetto, ma le stime sono circa 10 miliardi di corone danesi (1,74 miliardi di dollari). La Dong Energy, che produce petrolio, gas ed elettricità, possiede il 50% dell'impianto eolico offshore ed è l'operatore di Anholt, mentre i fondi pensionistici Pension Denmark e Pka hanno rispettivamente il 30 e il 20% delle quote, acquistate nel marzo 2011, appoggiando così sostanziosamente il progetto della Dong Energy, portando così nuovi tipi di investitori nei progetti di energia eolica offshore.
Entro un anno il gigantesco parco eolico offshore di Anholt verrà terminato e fornirà energia sufficiente per 400.000 famiglie, pari al 4% del consumo energetico della Danimarca. La Danimarca è già leader mondiale dell'energia eolica con circa un quarto della sua energia elettrica prodotta da impianti eolici, ma punta a coprire entro il 2020 la metà dei suoi fabbisogni di energia con impianti eolici, inoltre il governo di sinistra danese (con il consenso dell'opposizione di destra) vuole ottenere il 30% del suo consumo totale di energia da fonti rinnovabili entro il 2020 e Dog Energy sottolinea che "Anholt darà un contributo significativo per questi obiettivi". Fonte: GreenReport.

24 SETTEMBRE

GLI SCHIAVI DEI GAMBERETTI DI ALLEVAMENTO


Immigrati birmani a bordo di pescherecci thailandesi sfruttati al limite dello schiavismo. Le imbarcazioni pescano il cosiddetto "trash fish", prodotto ittico che non ha mercato (o non è particolarmente redditizio), ma che viene utilizzato come mangime per i gamberetti famosi in tutto il mondo. Il documentario dell’Ecologist vale mille parole.
L’industria della pesca thailandese è una delle più importanti al mondo, con un fatturato annuo di 4 miliardi di dollari. La maggior parte del pesce catturato viene surgelato e spedito nelle varie parti del pianeta, un’attività che si regge sull’esport dunque. Ma un altro fronte molto redditizio è la pesca di prodotto che non ha mercato ma utilizzato come mangime per gli allevamenti di gamberetti. Molti dei pescatori su questi battelli provengono dalla Birmania. Secondo lo Human Rights Watch sono più di 250.000. Tra questi la maggior parte lavora senza alcuna tutela, brutalizzati e praticamente schiavizzati. Numerosi sono i casi di malnutrizione, malattie e morti accidentali.
Quindi il mercato dei gamberetti che troviamo nel banco freezer del supermercato, oltre ai già conosciuti problemi di sostenibilità: per costruire le vasche d’allevamento si abbattono le foreste tropicali a mangrovie e utilizzare pesce selvatico per nutrire gamberi d’allevamento non è una pratica particolarmente "amica" degli stock ittici, c’è anche un problema sociale. Una scatola di gamberi surgelati proveniente dalla Thailandia non è buona, né pulita, nemmeno giusta. Fonte: SlowFood. Biologiamarina ha gia parlato degli allevamenti di gamberi in questo articolo.
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PESCE PALLA CREA CERCHI SUL FONDO DEL MARE
Strani cerchi in fondo al mareDurante un'immersione nelle acque di Amami Oshima, Yoji Ookata, esperto sommozzatore e fotografo subacqueo, si è imbattuto in bizzarre formazioni circolari disegnate sul fondale sabbioso, a circa 25 metri di profondità. Queste formazioni circolari, del diametro di 60-70 centimetri, sembravano essere state meticolosamente disegnate sulla sabbia in modo tale da creare creste simmetriche disposte in cerchi concentrici. L'origine di questi "disegni" di straordinaria bellezza, è rimasta per qualche tempo un mistero, fino a quando Ookata ha deciso di scoprire l'artista che si celava dietro a queste opere d'arte di fondale.
Le telecamere di Ookata hanno mostrato che l'artista è un pesce palla che, con l'aiuto di una sola delle sue pinne, lavora notte e giorno per creare queste strutture circolari. Non solo: questi pesci sono stati osservati mentre spaccavano alcune conchiglie con il loro becco per ottenere piccoli frammenti da utilizzare (apparentemente) come decorazione dei disegni.
La località dei disegni nella sabbia, Amami Oshima, è un'isola semi-tropicale che fa parte del gruppo delle Isole Amami, nell'archipelago giapponese di Ryukyu. Tra le specie che popolano quella regione del Pacifico ci sono anche quelle appartenenti alla famiglia dei Tetraodontidae, comunemente noti come pesci palla. Al contrario di quanto si possa essere portati a pensare, non tutti i pesci palla sono velenosi, e non tutti i pesci palla velenosi dispongono di una tossina tale da uccidere un essere umano. In questo caso, tuttavia, non è la tetradotossina ciò che ci interessa, ma la ragione che spinge un pesce palla a creare complicati cerchi nella sabbia.
Per quale motivo un pesce palla dovrebbe prendersi la briga di disegnare nella sabbia forme di questo genere? Come in molti altri strani comportamenti del regno animale, anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una strategia riproduttiva. La femmina di questa particolare specie di pesce palla (specie non specificata, ma pare simile ad un Takifugu vermicularis), infatti, sembra essere ipnoticamente attratta dai disegni nella sabbia; i maschi, quindi, non fanno altro che attrarre una femmina tramite le loro composizioni artistiche e la guidano alla deposizione e fecondazione delle uova al centro del cerchio nella sabbia che hanno appositamente creato.Pesce palla e cerchi in fondo al mare
In genere, la riproduzione della maggior parte delle specie di pesce palla avviene tramite un corteggiamento fisico in cui il maschio espone la propria "mercanzia", guidando nel frattempo la femmina verso un riparo in cui farle deporre le uova.
La specie di pesce palla osservata da Ookata sembra aver elaborato una strategia del tutto differente durante i suoi ultimi 80-100 milioni di anni di evoluzione. La serie di creste che decorano i cerchi non hanno solo una funzione visiva: servono soprattutto per mitigare le correnti oceaniche, proteggendo le uova ed evitando di esporle a potenziali pericoli. Anche le conchiglie frantumate sembrano avere un altro scopo oltre a quello decorativo, visto che potrebbero essere la prima fonte di nutrienti a disposizione dei nascituri. Fonte: DitaDiFulmine.
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FINNING, PORTOGALLO E SPAGNA VOGLIO CONTINUARE
L'attesissimo voto della Commissione Pesca del Parlamento Europeo, su una serie di emendamenti che costituiscono la risposta ad una Proposta della Commissione, volta a rafforzare il divieto europeo di "finning" (taglio delle pinne dello squalo e rigetto della carcassa in mare) si è risolto in modo sconcertante e inconsistente. Secondo Shark Alliance, una coalizione di oltre 100 organizzazioni, tra le quali mote italiane, per la protezione, su base scientifica, delle popolazioni di squali "le votazioni sulla maggior parte degli emendamenti sono passate o sono state rigettate per una manciata di voti ed hanno provocato reazioni contraddittorie sull'ampliamento o la chiusura delle scappatoie che si insinuano nell'applicazione divieto del l finning".
Il 18 settembre, alla vigilia del voto in Commissione Pesca dell'UE, le associazioni italiane che aderiscono alla Shark Alliance avevano inviato un appello degli ambientalisti e del mondo scientifico agli europarlamentari italiani intitolato "Non c'è più tempo, l'Italia faccia la sua parte!".
Le associazioni sottolineavano che "Sei anni di mobilitazione di associazioni ambientaliste e cittadini per salvare gli squali da una caccia indiscriminata, rischiano di essere vanificati dal voto del 19 settembre 2012 in Commissione Pesca del Parlamento Europeo, se passeranno gli emendamenti proposti dalla europarlamentare portoghese Maria do Céu Patrão Neves. I tre membri italiani della Commissione Pesca, Antonello Antinoro (Udc), Crescenzio Rivellini (Pdl) e Guido Milana (Pd) avranno quindi una grande responsabilità: appoggiare le proposte portoghesi che aumentano le scappatoie presenti nell'attuale Regolamento Europeo sul finning oppure introdurre le ulteriori e necessarie limitazioni, come proposto dalla Commissione e come auspicato dalla comunità scientifica, da esperti internazionali e dagli ambientalisti. La proposta salva-squali della Commissione UE prevede di eliminare i permessi speciali (attualmente richiesti ormai solo da Spagna e Portogallo, i Paesi europei maggiormente coinvolti e interessati alla pesca agli squali) che consentono di rimuovere le pinne a bordo dei pescherecci e di sbarcare pinne e carcasse separatamente, stabilendo invece che gli squali vengano sbarcati con le pinne "naturalmente" attaccate al corpo. Un metodo questo, peraltro già utilizzato in vari Paesi (tra cui Stati Uniti e Taiwan), che rafforza e semplifica i controlli, il monitoraggio e la raccolta dati sulle popolazioni di squali, una delle specie più minacciate degli oceani a causa della pesca intensiva e del mercato internazionale delle preziose pinne, vendute anche a 500 euro al chilo per soddisfare soprattutto il mercato asiatico, che considera la zuppa di pinne di pescecane una prelibatezza e uno status symbol".
Nel 2011 la Commissione Europea aveva proposto di non concedere più ai Paesi membri i permessi speciali che consentono ai pescatori di asportare le pinne di squalo a bordo dei pescherecci. Sbarcare gli squali con le pinne attaccate è di gran lunga il modo più semplice e più affidabile per far rispettare i divieti sul finning. Spagna e Portogallo, sono gli unici Stati membri dell'UE che rilasciano ancora questi permessi e proprio un'europarlamentare portoghese, la democristiana Maria do Céu Patrão Neves, ha utilizzato il suo ruolo di relatore per non far adottare i miglioramenti proposti dalla Commissione. La Neves Patrão ha detto esplicitamente che "La portata delle eccezioni dovrebbe essere ridotta, mediante l'emissione di permessi di pesca speciali che permettano l'asportazione delle pinne di squalo solo ai pescherecci congelatori. Inoltre, alcune misure specifiche sono state proposte per rafforzare il controllo del divieto di asportazione delle pinne, compreso l'obbligo di trasbordare carcasse squalo e pinne insieme nello stesso porto, l'obbligo per gli armatori di assumere un organismo indipendente per effettuare controlli nei porti dove le autorità locali non sono in grado di farli e l'obbligo di comandanti delle navi congelatrici di conservare una documentazione dettagliata sulle catture".
Secondo Shark Alliance "Il suo tentativo di ampliare le scappatoie del regolamento sul finning è fallito, ma, in modo contraddittorio, i deputati hanno adottato la sua proposta di testo suggerendo delle eccezioni per la rimozione completa delle pinne di squalo in mare. Alla fine, la maggior parte dei suoi emendamenti più problematici e negativi sono stati respinti, ma la mancanza di chiarezza che c'è stata in aula rappresenta una minaccia per l'adozione finale di un divieto davvero forte contro il finning. La battaglia continua ora nella sessione plenaria del Parlamento e molto probabilmente nei prossimi mei".
Shark Alliance sostiene con forza la proposta di Ali Hood, direttore del settore conservazione di Shark Trust, uno dei membri fondatori della Shark Alliance. Ha ribadito: "Continueremo a sollecitare tutti i parlamentari ad eliminare tempestivamente in plenaria ogni confusione creatasi e ad approvare una rigorosa politica dell'UE contro la rimozione di pinne di squalo in mare, senza eccezioni".
Serena Maso, coordinatrice di Shark Alliance Italia ricorda che "L'Italia peraltro ha già preso una precisa posizione in merito, sia al Consiglio Europeo dei Ministri, sia attraverso la Risoluzione del 2010, e un cambio di rotta sarebbe inaccettabile e non terrebbe conto delle richieste di migliaia di cittadini italiani e europei, che hanno chiaramente espresso la volontà di salvare gli squali dalla mattanza del finning. Terremo le luci puntate sui nostri rappresentanti che, ci auguriamo, faranno la scelta più giusta votando a favore della Proposta della Commissione".
La Commissione Pesca del Parlamento Europeo ha anche affrontato la questione del "'flag hopping", cioè delle navi che cambiano bandiera per aumentare le possibilità di pesca. E la relatrice Isabella Lövin, una verde svedese, ha detto: "Sono felice che la commissione abbia condannato con forza il "'flag hopping", dicendo che alle navi non dovrebbe essere consentito di passare ad una bandiera di comodo e poi subito tornare a una bandiera dell'Unione Europea. I pescherecci UE devono pescare sostenibile per tutto il tempo se vogliono avere il privilegio di pesca nel quadro di accordi di pesca dell'Ue con i paesi terzi". Fonte: GreenReport.
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TORNANO IN MARE 6.000 RICCI
Seimila ricci di mare sono tornati in mare grazie all’intervento della Capitaneria di Porto di Civitavecchia. Tre pescatori sono stati così sanzionati dalla Guardia Costiera per ben 12.000 euro. Stavano pescando ricci di mare in quantitativo di gran lunga superiore a quello consentito dalla legge. Nuovo successo, dunque, in difesa del mare e dei suoi abitanti da parte della Capitaneria di Porto di Civitavecchia. Nello scorso maggio avvenne, infatti, un maxi sequestro di tonno rosso che contribuì a svelare un traffico di grandi proporzioni che vedeva coinvolta una ditta di Catania. Parte del pescato era addirittura diretto in Spagna. Fonte: GeaPress.

22 SETTEMBRE

RECORD DI CESIO RADIOATTIVO NEI PESCI DI FUKUSHINA
Ieri la Tokyo Electric Power Company (Tepco), l'utility che sta gestendo l'agonia della sua centrale nucleare colpita dal terremoto/tsunami dell'11 marzo 2011, ha reso noto che "Eccessivi livelli di cesio radioattivo sono stati rilevati in nove specie di pesci catturati tra il 20 agosto e il 5 settembre, entro un raggio di 20 km della centrale nucleare danneggiata di Fukushima Daiichi". Secondo l'agenzia Kyodo News "Cesio in misura di ben 1.350 becquerel per chilogrammo, è stato trovato, il 5 settembre, nei greenling pescati a 1 km al largo della costa di Minamisoma, nella prefettura di Fukushima. Il livello di cesio era di gran lunga superiore a quello dei 100 becquerel, ritenuti dal governo giapponese come sicuro per il consumo". Il greenling è uno scorpeniforme della famiglia Hexagrammide, molto consumato in Giappone.
La Tepco ha anche detto che "540 becquerel e 390 becquerel di cesio radioattivo per kg, sono stati rilevati rispettivamente nel pesce di scoglio e nelle razze", pescati nelle acque al largo dio Fukushima. Già il 27 agosto la prefettura nord-orientale di Aomori aveva ordinato, per la prima volta dopo il disastro nucleare di Fukushima Daiichi, la sospensione del commercio di merluzzo del Pacifico, pescato ad Hachinohea a causa dell'eccessiva contaminazione da cesio. Mentre il mare giapponese rivela ancora un alto livello di contaminazione, il governo difende la sua decisione di approvare una nuova politica energetica, ma senza il documento redatto da ministri competenti che invitava ad arrestare tutti i reattori nucleari entro il 2030. Fonte e news integrale: GreenReport.
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DAI BATTERI DELLE SPUGNE IMPORTANTI INDIZI SUI BIOFILM
i batteri che colonizzano le spugne prendono delle 'decisioni collettive' sulle azioni da compiere, come ad esempio la formazione di un agglomerato, detto biofilm, per difendersi dagli attacchi esterni. Lo ha scoperto uno studio pubblicato dalla rivista Molecular Biology, che potrebbe aiutare a evitare la formazione di queste 'pellicole', ad esempio sui denti o sugli strumenti chirurgici. Quando un numero sufficiente di batteri si trova in un posto, spiegano gli autori, una serie di segnali cellulari fa si che si adotti un comportamento collettivo in base al 'quorum': quando un numero sufficiente di batteri inizia a formare il biofilm, ad esempio sui denti, gli altri si adeguano ma solo fino a una massa critica.
Lo studio ha infatti scoperto che quando la densità supera un valore di soglia, il sistema di segnali fa si che i microrganismi producano un'appendice, il flagello, che permette loro di 'nuotare via', inibendo la formazione di nuovo biofilm: "Tutto quello che scopriamo sulla comunicazione tra i batteri può essere molto importante per capire come questi diventano patogenici nell’uomo, o come formano biofilm nei denti o nei dispostivi medici – sottolinea Russell Hill dell’Institute of Marine and Environmental Technology di Baltimora – capire questi processi ci può aiutare a controllarli". Fonte: Liquidarea.
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ANCONA, IL TORRENTE DIVENTA NERO
Nella mattinata di ieri, 20 settembre, i Carabinieri del NOE di Ancona hanno ricevuto numerose segnalazioni su quanto stava accadendo a Serra de' Conti: nel torrente Caffarelli scorreva abbondante una sostanza oleosa di colore nero e maleodorante, che andava sempre più espandendosi vistosamente sulla superficie dell’acqua. Il Comune, la Protezione Civile, una ditta specializzata nel settore ambientale e le altre autorità competenti, predisponevano immediatamente un piano di emergenza per contenere gli effetti dell’inquinamento, arginarlo ed evitare soprattutto il conseguente danneggiamento del vicino fiume Misa con le inevitabili dannose conseguenze per l’ambiente e, dunque, per la salute delle persone.
Contemporaneamente due squadre dei Carabinieri del NOE di Ancona, unitamente al personale dell’ARPAM, hanno battuto a fondo l’intera zona, sino a rintracciare gli autori dell’inquinamento. Le indagini immediatamente predisposte, infatti, hanno permesso di appurare che la sostanza oleosa proveniva dagli scarichi di un'azienda che produce materiale per ferramenta, situata nella zona industriale di Serra de' Conti.
Veniva quindi effettuato un accesso alla ditta in questione che permetteva di scoprire la realizzazione di un tombino, occultato da alcuni oggetti, che all’occorrenza veniva utilizzato per scaricarvi illecitamente le emulsioni oleose generate nel processo produttivo aziendale. All’interno dello stesso, infatti, è stata rinvenuta una sostanza liquida molto simile a quella notata scorrere nel torrente Caffarelli.
Per ricondurre l’evento alla ditta coinvolta nella vicenda, i Carabinieri del NOE ed il personale dell’ARPAM hanno utilizzato un materiale tracciante, che ha permesso di ricostruire il percorso della sostanza inquinante dall’azienda stessa sino al corso d’acqua inquinato. In seguito a quanto accertato, il legale rappresentante dell’impresa di Serra de' Conti, un sessantenne della zona, è stato denunciato in stato di libertà alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ancona per attività di gestione illecita di rifiuti speciali pericolosi, immissione di rifiuti nelle acque sotterranee e getto pericoloso di cose. Rischia una pena sino a due anni di arresto e 26.000 euro di ammenda. L’intero impianto di scarico aziendale è stato sottoposto a sequestro penale. La situazione igienica e sanitaria ora è sotto controllo. Fonte: GeaPress.

20 SETTEMBRE

UN UCCELLO DELLE TEMPESTE A LIVORNO
Di sicuro segue le navi, ma cosa facesse in quella della tratta Tangeri-Barcellona-Livorno, ancora non può dirsi. Ci penseranno i Veterinari del CRUMA, lo speciale Ospedale della LIPU riservato agli uccelli marini e non solo, a verificare cosa possa essere successo al piccolo uccello delle Tempeste. Il più piccolo uccello marino d’Europa, precisano alla LIPU, la cui lunghezza totale è di appena 15 centimetri. Nella foto di Cecilia Georgetti è possibile apprezzare, a tal proposito, il raffronto con una moneta di 1 euro.
Un concentrato di delicatezza e resistenza che lo porta ad affrontare, come suggerisce lo stesso nome, anche il mare in avverse condizioni meteorologiche. Di certo, per essersi posato su quella nave, qualcosa che non va deve pur averla. Non è chiaro quando abbia deciso di interrompere i suoi voli in mare. Di sicuro l’equipaggio lo ha rinvenuto venerdì scorso, in piena navigazione. Appena attraccata al porto di Livorno è partita la comunicazione per la LIPU ed attualmente il grazioso uccello delle tempeste è ricoverato al CRUMA. L’ultimo arrivo, sempre di un uccello delle tempeste, risale all’ormai lontano1997. Tanti anni di esperienza e cure altamente specializzate, sopratutto per questo tipo di animali dalla biologia estremamente particolare. Quasi, si potrebbe dire, senza alternativa. Per questo motivo GeaPress ha deciso di aiutare il CRUMA della LIPU, la cui attività si basa esclusivamente sul contributo dei volontari. Chi lo volesse può utilizzare l’apposito form (VEDI PAGINA DEDICATA) messo a disposizione da GeaPress per aiutare i volontari ed i loro ospiti alati e non. Fonte: GeaPress.
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Protetto il delfino di fiume della BoliviaMORALES FIRMA LA LEGGE PER PROTEGGERE I DELFINI DI FIUME
Il presidente della Bolivia, Evo Morales, ha firmato la "Ley de Protección del Bufeo", l'inia, il delfino di acqua dolce del Rio delle Amazzoni (Inia geoffrensis) conosciuto in Brasile come boto. La firma per la salvaguardia, anche in Bolivia, di questa specie di cetaceo in via di estinzione è stata posta da Morales durante la sua visita elettorale a Trinidad, nel dipartimento amazzonico boliviano del Beni. Il presidente indio ha detto: "E' nostro dovere ed anche delle Forze Armate proteggere le specie animali di tutta la Bolivia, partecipando così alla protezione dell'ambiente". Il Bufeo è stato così dichiarato "Patrimonio Natural del Estado Plurinacional".
La sottospecie di delfino rosa boliviano (Inia boliviensis boliviensis) è simile alle altre sottospecie che vivono in Brasile, Perù, Colombia e Venezuela. L'inia amazzonica è uno dei più grandi delfini di fiume, i maschi raggiungono i due metri e mezzo di lunghezza e possono pesare anche 180/200 kg., le femmine sono più piccole e arrivano a pesare 100 kg. Anche per il loro colore rosa, sono animali circondati da leggende e superstizioni e in alcuni fiumi vengono perseguitati.
Evo Morales ha ricordato che "Nel 1995 quando ero confinato a Ramón Darío ogni giorno all'alba vedevo il bufeo, e allora credevo che fosse un pesce".
La specie è minacciata in tutta l'Amazzonia dall'erosione delle sponde dei fiumi, dall'inquinamento e dal disboscamento. La Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Flora and Fauna (Cites) considera l' inia specie vulnerabile a causa della pesca eccessiva nel bacino amazzonico, ma la minaccia principale per il delfino rosa in tutto il suo areale è in realtà la contaminazione da mercurio dei fiumi, causata dai cercatori d'oro illegali. Anche per questo, forse Morales ha assegnato direttamente alle forze armate il compito di difendere l'habitat dei delfini, sapendo che le bande di garimpeiros che si infiltrano dal Brasile negli Stati vicini sono armate fino ai denti ed hanno già sterminato non solo la fauna protetta, ma anche intere tribù indigene, come accaduto recentemente in Venezuela. Fonte: GreenReport.
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PARLAMENTO EU: LICENZA DI TRIVELLARE SOLO SE GARANTITO RISARCIMENTO PER MAREE NERE
Oggi il Parlamento Europeo ha fatto fare un altro passo avanti, che potremmo definire preventivo, al principio "chi inquina paga": la Commissione Ambiente ha approvato con 55 voti a favore e 10 contrari e una mozione che dice che "Le compagnie petrolifere devono essere ritenute responsabili dei costi e di tutti gli eventuali danni ambientali ed avere i mezzi per pagarli, altrimenti non potranno ricevere le licenze per trivellare nelle acque europee".
Il votio, che riguardava il progetto di legge sulla sicurezza delle attività petrolifere e gasiere offshore, mette in grosse difficoltà il governo italiano che si appresta a dare concessioni a piccole compagnie che, come hanno detto e dimostrato, cifre alla mano, ambientalisti e comitati locali, non sarebbero in grado tecnicamente e finanziariamente di far fronte ad una marea nera, soprattutto una in acque profonde come quella che nel Golfo del Messico ha messo in enormi difficoltà un ricchissimo gigante come la BP.
Il relatore, il socialdemocratico lituano, Justas Paleckis, ha rimarcato che "La legislazione dovrà esigere più chiaramente dagli sfruttatori che mettano in campo le garanzie finanziarie necessarie per coprire i costi legati al disinquinamento ed all'indennizzo in caso di grandi incidenti. Questa decisione è conforme ad un principio chiave della legislazione dell'Unione in materia di ambiente e cioè chi inquina paga".
La nuova direttiva UE fisserà le norme minime per la sicurezza petrolifera e gasiera offshore, regolamentando le licenze, i piani di emergenza e lo smantellamento delle piattaforme. Gli operatori saranno costretti a ridurre al minimo possibile i rischi di grandi incidenti.
Gli eurodeputati hanno inasprito il progetto delle disposizione sulle responsabilità e una nota della Commissione Ambiente spiega che "Le autorità degli Stati membri dovranno unicamente concedere licenze per l'esplorazione e lo sfruttamento di petrolio e di gas i mare alle compagnie che hanno una "garanzia finanziaria appropriata" che permetta loro di pagare una bonifica totale o di versare delle indennità nel caso le loro attività comportino alcune conseguenze, in particolare dei danni ambientali. Durante la concessione della licenza, le autorità dovranno tener conto preliminarmente del coinvolgimento delle compagnie in incidenti a livello internazionale, così come della trasparenza e dell'efficacia delle loro reazioni".
I deputati europei dicono che "L'European Maritime Safety Agency (EMSA) dovrà avere un ruolo accresciuto, dei poteri di supervisione per le ispezioni, così come delle capacità per dare dei consigli tecnici e scientifici agli Stati membri aiutarli in caso di marea nera". Fonte: GreenReport.
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COLDIRETTI MARCHE, FINE FERMO PESCA E INGENUE AFFERMAZIONI
Coldiretti Marche: "Si è concluso il 16 settembre scorso il fermo pesca, iniziato lo scorso 6 agosto con i pescherecci che potranno finalmente tornare in mare dopo uno stop di oltre un mese e rifornire di pesce fresco i mercati, la filiera, fino alla ristorazione, dal mare di tutto l’Adriatico. È la Coldiretti a dare la notizia della fine del fermo pesca che ha bloccato le attività della flotta italiana da Pesaro a Bari per favorire il ripopolamento del mare".
"Via libera dunque - sottolinea la Coldiretti - in tutta la riviera a fritture e grigliate a "chilometri zero" realizzate con il pescato locale e meno rischi di ritrovarsi nel piatto, soprattutto al ristorante, prodotto straniero delle stesse specie del nazionale, se non addirittura esotico e spacciato per nostrano". Dopo lo sblocco del fermo pesca tra Trieste e Rimini si tornerà dunque in mare in tutto l’Adriatico, con la pesca a strascico per il pesce bianco da fondo e volante per il pesce azzurro".
"Il fermo pesca ha l’obiettivo di garantire il ripopolamento dei pesci nel mare e "salvare cosi le marinerie dal collasso, dopo un 2011 che ha visto il pescato subire un calo del 38% rispetto al 2010, con un trend comunque in costante calo ormai da anni". È questo un segnale "che forse questa misura così come strutturata ha ormai fatto il suo tempo e deve essere rinnovata - sottolinea Tonino Giardini, responsabile di Coldiretti Impresapesca - per trovare un equilibrio tra la tutela della risorsa, primo obiettivo, e la tutela delle imprese, che forse questa impostazione di fermo, ormai datata con i suoi quasi 30 anni, non riesce a avere".
"Se le flotte dell’Adriatico tornano tutte in mare, continua invece il blocco con i citati sistemi di pesca a traino per lo Ionio ed il mar Tirreno nelle fascia continentale (da Brindisi a Imperia) fino al 2 ottobre". Infine, conclude la Coldiretti "nelle regioni insulari Sardegna e Sicilia l’interruzione ha durata di almeno trenta giorni ma è disposta con provvedimento regionaleautonomo".
[nota di BiologiaMarina.eu: la notizia è tratta dal RestoDelCarlino. La Coldiretti Impresapesca non menziona per nulla il problema della sovrapesaca che, in Adriatico, è ormai conclamato. Non è il fermo pesca biologico a non funzionare, sul quale ci sono certamente margini di miglioramento, ma è purtroppo la pesca eccessiva, che sta portando al collasso l'intero settore, che è sostenuto e si sostiene ancora, con i contributi erogati dalla EU. Dunque sarebbe più corretto affermare "che è l'attuale sistema di pesca a non funzionare" poiché nulla è cambiato, soprattutto in termini di gestione degli stock ittici, rispetto a quasi 70 anni fa, ovvero a partire dal dopoguerra].

19 SETTEMBRE

MAMMONE COME UN'ORCA
Sono poche le specie note in cui si verifica il fenomeno della menopausa, specie in cui le femmine continuano a vivere a lungo dopo aver perso la possibilità di riprodursi. Dopo l’uomo, la specie che detiene il periodo di menopausa più lungo è l’orca (Orcinus orca), con le femmine che sono fertili fino a circa 40 anni, ma che possono anche raggiungere la veneranda età di 90 anni. Come si spiega questo fenomeno? La risposta a questa domanda è da sempre stata un rebus per i biologi di tutto il mondo, ma oggi, dalle pagine di Science, abbiamo un primo spiraglio verso la sua comprensione.
Uno studio condotto da ricercatori delle Università di Exeter e York ha monitorato per 36 anni tutti gli individui di due gruppi sociali che vivono nelle acque dell’Oceano Pacifico, a largo delle coste al confine tra Stati Uniti e Canada. Dai risultati emerge che la presenza delle madri nel gruppo è direttamente associata alle probabilità di sopravvivenza oltre i 30 anni dei propri figli: l’effetto più accentuato si ha sui figli maschi, dal momento che la morte della madre incrementa di ben 14 volte la probabilità di decesso dei figli. L’aspettativa di vita delle figlie femmine, invece, aumenta 'solo' di 3 volte.
Sembra dunque che la presenza della madre sia benefica per la propria prole, traducendosi in un incremento della longevità, quindi delle possibilità di riprodursi nel corso della vita: concorrendo ad aumentare il successo riproduttivo dei propri figli, le madri incrementano anche il proprio, sebbene per via indiretta. La selezione naturale avrebbe dunque favorito quelle madri che, pur non riproducendosi, rimangono accanto ai propri figli favorendone la sopravvivenza e questo, col passare del tempo, avrebbe portato ad un incremento della fase di vita post-riproduttiva delle femmine di orca. Essendo il successo riproduttivo indiretto della madre strettamente legato alla riproduzione della propria prole e considerando che i maschi possono riprodursi fino ad età molto superiori rispetto alle femmine, non stupisce che siano proprio i figli maschi a beneficiarne maggiormente.
Questa strategia, sostengono i ricercatori, potrebbe essere stata favorita dalle insolite abitudini sociali delle orche: questa specie infatti vive in gruppi sociali familiari, formati da una madre e da tutti i suoi figli, sia maschi che femmine, a cui si aggiungono, una volta nati, tutti i figli delle figlie femmine. I figli dei maschi, invece, andranno ad unirsi ai gruppi delle femmine con cui questi si accoppiano (non avvengono mai accoppiamenti tra individui dello stesso gruppo, quindi tra parenti). Sebbene non certamente definitivo, questo studio potrebbe aiutare la comprensione delle cause alla base dell’evoluzione del più lungo periodo post-riproduttivo mai osservato nel regno animale, uomo escluso. Fonte: OggiScienza.
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SHELL, ECCO PERCHÈ HA ABBANDONATO L'ARTICO
La Royal Dutch Shell, dopo la sospensione dell'avvio delle trivellazioni nell'Artico statunitense, ci ha inviato una precisazione nella quale conferma che è "impegnata in un programma pluriennale di perforazione per l'esplorazione di nuove risorse petrolifere e di gas ad alto potenziale nei blocchi offshore dell'Alaska. Importanti progressi sono stati fatti con questo programma, con due navi da perforazione, più di venti navi ausiliarie, un "approved capping stack" ed altre apparecchiature già posizionate per rispondere ad una possibile fuoriuscita di petrolio. Shell continua a dimostrare la forza e la portata dei preparativi nell'Artico".
La multinazionale risponde in realtà alle associazioni ambientaliste statunitensi che avevano gioito per la sua rinuncia alle trivellazioni nell'Artico nel 2012, ma ammette qualche difficoltà: "Nel corso degli ultimi giorni, la Shell ha completato con successo una serie di test del primo Arctic Containment System in assoluto, nel corso del test finale, la cupola di contenimento a bordo del Arctic Challenger è stato danneggiato. E' chiaro che saranno necessari alcuni giorni per riparare e valutare pienamente il funzionamento della cupola. Siamo delusi dal fatto che la cupola non abbia ancora raggiunto i nostri rigorosi standard di accettazione, ma, come abbiamo detto fin dall'inizio, non condurremo nessuna operazione fino a quando non saranno soddisfatti e no saremo pienamente in grado di farlo in modo sicuro". Fonte e news integrale su GreenReport.

18 SETTEMBRE

SEA SHEPHERD, MANDATO DI ARRESTO PER PAUL WATSON DAL GIAPPONE
Il leder di Sea Shepherd, già colpito da una "red notice" dell’Interpol a seguito della richiesta del Costa Rica, è divenuto il destinatario di un nuovo provvedimento, questa volta dietro segnalazione del Giappone. Un fatto che non ha sorpreso granché la stessa Sea Shepherd, sicura che già dietro i fatti contestati con un ritardo di dieci anni dal Costa Rica (la nave di Sea Shepherd è accusata di avere disturbato le attività di alcuni pescatori di squali) si nascondesse in realtà il Giappone.
La red notice non è un mandato di cattura internazionale, ma di fatto rappresenta la comunicazione di un mandato di cattura emesso in questo caso dal Giappone. I "nuovi" fatti risalgono al 2010 e si riferiscono ad uno scontro avuto con una baleniera giapponese.
La vicenda del Capitano Watson, che attualmente risulta irrintracciabile, sarebbe inquadrabile, secondo il suo legale, negli intenti messi in atto dal Giappone per bloccare i successi di Sea Shepherd nel proteggere le balene nel Santuario dell’Oceano Meridionale. Secondo Sea Shepherd c’è proprio il Giappone dietro il primo mandato, quello cioè emesso dal Costa Rica. Fu proprio questo provvedimento a comportare l’arresto di Watson avvenuto lo scorso maggio in Germania.
Intanto, in Giappone, prosegue la strage dei delfini catturati ormai da cinque giorni nel mare di Taiji e bloccati nella baia della cittadina portuale. Il mare, poche ore addietro, si è di nuovo tinto di rosso. Altri delfini sono stati macellati. L’area è interdetta agli attivisti dalle forze di polizia. Dalle colline circostanti, però, si riesce a documentare l’avvenuta strage. Gli animali tenuti ancora in vita sono ormai stremati, dallo stress della detenzione e dalla fame.
Stanno ancora attendendo. La morte, oppure la cattura per essere addestrati in un delfinario. Sembrerebbe, comunque, che un gruppo di delfini sia stato rilasciato. Forti dubbi sulla loro sopravvivenza sono stati espressi da Sea Shepherd. Già in un precedente rilascio è stata, infatti, documentata la morte di alcuni animali stremati dalla cattività loro imposta e dalla mancanza di cibo. Fonte: GeaPress - Altro su SeaShepherd.it.
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LE 100 SPECIE A MAGGIOR RISCHIO DI ESTINZIONE IN UN LIBRO
Bella iniziativa della Zoological Society of London (ZSL) e della International Union for Conservation of Nature (IUCN), che mettono liberamente online un intero libro (122 pagine) che descrive l'elenco delle 100 specie più a rischio di estinzione del mondo. Già dal titolo, che tradotto suonerebbe più o meno come "Inestimabili o senza valore?" si nota l'obiettivo degli autori, quello di focalizzare l'attenzione sulla perdita della biodiversità, una perdita inestimabile in quanto ciascuna specie è il frutto di milioni di anni di evoluzione, che spesso viene sacrificata per lasciar spazio ad attività umane cosiderate più redditizie nel breve periodo. I numeri sono impressionanti e fanno riflettere: la maggior parte delle specie incluse nella lista hanno popolazioni naturali di poche decine o centinaia di individui oppure sono confinate in aree estese solo pochi chilometri quadrati. La lista comprende prevalentemente vertebrati e piante, ma sono inclusi anche alcuni invertebrati, come il granchio d'acqua dolce di Singapore (Johora singaporensis).
Tra i mammiferi, troviamo i due rinoceronti indonesiani, quello di Giava (Rhinoceros sondaicus) e quello di Sumatra (Dicerorhinus sumatrensis), il bradipo pigmeo (Bradypus pygmaeus), il vaquita (Phocoena sinus), alcuni primati, quali il gibbone di Haian (Nomascus hainanus), il murichi settentrionale (Brachyteles hypoxanthus), il prolemure dal naso largo (Prolemur simus), ed altri ancora. Tra i rettili, invece, figurano il camaleonte tarzan (Calumma tarzan), recentemente scoperto in un'area remota del Madagascar, l'iguana della Giamaica (Cyclura collei) e la tartaruga gigante dal guscio molle (Rafetus swinhoei), di cui restano solo 4 esemplari noti tra Vietnam e Cina.
Numerosi anche gli uccelli, tra cui il gambecchio becco a spatola (Eurynorhynchus pygmeus), ormai confinato in alcune regioni della Russia, e l'albatro di Amsterdam (Diomedea amsterdamensis), specie che nidifica solo sul Plateau des Tourbières nell'Isola Amsterdam, localizzata nell'Oceano Indiano meridionale. Nelle parti finali del testo vengono descritte ed elencate, come monito, tutte le specie estinte in tempi storici e, forse come buon auspicio, si parla di quelle che, ad un passo dall'estinzione, si stanno riprendendo grazie ai programmi di conservazione, come il cavallo Przewalski (Equus ferus przewalskii) e la megattera (Megaptera novaeangliae). Quando forse si capirà che la perdita di queste, e purtroppo moltissime altre specie, costituisce un danno irreparabile per l'intera biosfera, quindi anche per l'uomo, forse non ci sarà più bisogno di un monito di questo tipo. Fonte: Pikaia, a cura di Andrea Romano.
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LA DICHIARAZIONE DELL'IUCN A JEJU
Il World Conservation Congress dell'International Union for Conservation of Nature (IUCN), conclusosi il 15 settembre nell'isola sudcoreana di Jeju, ha approvato la dichiarazione "Nature+: Towards a New Era of Conservation, Sustainability and Nature-based Solutions" presentata dal presidente dell'IUCN, dal Ministro dell'Ambiene della Repubbliuca di Corea, dal Governatore della provincia autonoma speciale di Jeju e dal presidente del Korean Organizing Committee:

1 - La conservazione della diversità biologica, alla base stessa di tutta la vita sulla Terra, riveste un'importanza capitale per la vita degli esseri umani. Tuttavia, la diversità biologica, il clima e gli altri limiti del pianeta sono minacciati dalle attività umane e, in particolare, dalla nostra crescita basata sulle energie fossili, affamata di energia e non sostenibile. La nostra generazione ha la responsabilità morale e l'occasione di impedire il più grande deterioramento della diversità biologica e della biosfera della Terra e noi ci impegniamo a contribuire attivamente...Fonte e news integrale su GreenReport.
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LA SHELL RINUNCIA A TRIVELLARE L'ARTICO PER UN ANNO
Royal Dutch Shell ha annunciato che, per quest'anno, non andrà avanti con i piani per trivellare il Mare di Beaufort e il Mare di Chukchi, nell'Artico Usa. Gli statunitensi conoscono quest'area come i mari degli orsi polari perché in quella zona vive tutta la popolazione Usa di orsi bianchi, ma è anche un'area importantissima per la migrazione di balene e beluga. La Shell si è momentaneamente ritirata per le difficoltà tecniche incontrate, per le proteste degli ambientalisti e soprattutto per le condizioni proibitive dell'inverno artico, tra le più estreme e pericolose del pianeta che avrebbero trasformato le trivellazioni in una cosa molto pericolosa.
GreenPeace che contro le trivellazioni della Shell nell'Artico ha fatto numerosi blitz e raccolto due milioni di firme, esulta e ringrazia i suoi attivisti e tutti quelli che hanno chiesto che il gigante petrolifero si fermasse: "Con addosso gli occhi di quasi due milioni di persone, i dirigenti Shell sapevano che qualsiasi errore, anche minimo, non sarebbe passato inosservato. E quello annunciato oggi è stato l'ennesimo. Con 5 miliardi di dollari e 7 anni investiti in un programma fallimentare, gli altri giganti del petrolio si stanno chiedendo se ne vale la pena. Solo pochi giorni fa, la compagnia norvegese Statoil ha dichiarato che, prima di prendere una decisione in merito, avrebbe atteso l'evolversi del piano petrolifero di Shell nell'Artico. Peple have the power! Oggi celebriamo un passo importantissimo per la campagna SaveTheArctic, ma è solo il primo. Per salvare l'Artico dobbiamo trasformarlo in un santuario globale". Fonte e news integrale: GreenReport.

17 SETTEMBRE

A CUBA LA PESCA HA BISOGNO DI SOSTEGNO: VIA AL PROGETTO SOS PESCA
La protezione dell'area marino-costiera e l'uso sostenibile delle risorse ittiche nel sud di Cuba, rappresentano importanti priorità per garantire il miglioramento della qualità della vita delle comunità di pescatori e la sostenibilità della pesca nell'area dei Caraibi. In questa logica ha preso piede, nel sud dalla provincia cubana di Camagüey e Las Tunas, il progetto recentemente presentato a L'Avana: "L'azione - afferma Cecilia Rossi Romanelli, co-direttrice del progetto e rappresentante di Cospe per Cuba e Caraibi - nasce dallo sforzo congiunto di Cospe, Wwf, il Centro Nazionale per le Aree Protette (Cnap) di Cuba e le comunità locali di pescatori, che sono importanti alleate e principali beneficiarie di questa azione. Il progetto, cofinanziato dalla Commissione Europea, sostiene il processo di rafforzamento delle aree protette marino-costiere e contribuisce a detenere il fenomeno della diminuzione delle popolazioni di pesci, proponendo alternative sostenibili di produzione locale, piani di gestione integrata costiera e misure per migliorare le condizioni di vita e sicurezza delle comunità. Fonte e news integrale: GreenReport.
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MARE DI SANGUE A TAIJI
Che le cose iniziassero ad andare storto, si era iniziato a capire domenica mattina dal rafforzamento delle misure di polizia. Nella baia di Taiji, nel Giappone sud orientale, era scattata l’ora fatidica per il centinaio di delfini globicefalo e tursiope intrappolati nei giorni scorsi. La mattanza inizierà presto, avevano riferito gli attivisti di Sea Shepherd. È successo, invece, anche di peggio. I pescatori di delfini ne hanno uccisi una quarantina sul centinaio catturati. La restante parte è rimasta nel mare rosso sangue. Saranno con tutta probabilità macellati oggi, a quattro giorni dalla cattura. Non è chiaro, invece, se altri delfini sono stati catturati per i delfinari, come il cucciolo di globicefalo, catturato assieme alla madre che è morta dopo giorni di agonia.
Cacciatori ed acquirenti, cercano di nascondere i loro misfatti. Non sempre, però, ci riescono e gli attivisti di Sea Shepherd sono riusciti a documentare uno di questi carichi (vedi foto). I delfini macellati vengono venduti nei locali dell'Unione Pescatori. I pezzi, ancora grossolanamente sezionati, vengono disposti in grossi contenitori azzurri.
Dalla baia di Taiji, riferisce Sea Shepherd, fuoriesce invece una lingua di mare rosso. Gli altri delfini attendono lì dentro la loro sorte. Delfinario o macellazione? Intanto, a terra, si pulisce. È il segnale che a breve scatterà la nuova mattanza. Quella del Giappone, però, non è l’unica uccisione di massa di delfini. Fonte: GeaPress.
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PESCA MARE IN ITALY, TANTI DISOCCUPATI E POCO PESCE
Negli ultimi 40 anni, il consumo pro capite di pesce e prodotti della pesca è cresciuto in tutto il mondo dell'80%. In Italia si parla di un incremento del 108%, con un consumo annuo di 20 chilogrammi ciascuno. Ma dopo decenni di pesca intensiva, la quantità di pesce nei mari è drasticamente diminuita. E con l'aumento del prezzo del carburante, in Italia sono calati sia la produzione ittica sia il numero degli occupati nel settore. Che, come spiega a Linkiesta, Corrado Piccinetti, direttore del Laboratorio di Biologia Marina e Pesca di Fano (Pesaro Urbino) e docente di Scienze Biologiche all'Università di Bologna, sono passati dai 35.069 del 2004 ai 28.982 del 2010. Così, nel nostro Paese, aumenta l'importazione dall'estero e cala la produzione. E il 60% del pesce che arriva sulle nostre tavole arriva dall'estero...LEGGI TUTTO.

16 SETTEMBRE

MORTA LA MAMMA DELFINO CATTURATA A TAIJI
È morta la femmina di globicefalo catturata con il suo piccolo nella baia di Taiji, nel Giappone sud orientale. I due cetacei erano stati intercettati alcuni giorni addietro assieme ad un gruppo di altri 28. Tre, erano stati catturati per i delfinari, mentre i rimanenti 25 erano finiti macellati. La femmina non ha retto. I suoi aguzzini l’hanno avvolta in un telo (nella foto di Sea Shepherd). Il piccolo ha continuato a girarle attorno. Finirà, così, solo al chiuso di un delfinario. Le condizioni dell’animale era apparse critiche poco dopo la cattura. Trattata con medicinali, aveva iniziato a disporsi di fianco. Un segnale pessimo, preludio, in molti casi, della morte. Così è stato. Mamma delfino è morta la scorsa notte.
Finiranno invece a breve i circa 100 delfini (in buona parte globicefalo ma anche tursiopi) catturati l’altro ieri a Taiji. Le barche della morte, così vengono chiamate dagli ambientalisti che stanno presidiando la baia, hanno captato il branco a diverse miglia al largo di Taiji. La barriera sonora creata dalla strumentazione in possesso dei pescatori, li ha spinti verso la baia. Bloccata l’entrata con una lunga rete, possono rimanere in attesa anche per due giorni. Avverrà poi la scelta. Delfinario oppure macellazione. L’ora prestabilita è stata ormai fissata. A breve, nella baia di Taiji, inizierà la cattura. In pochi saranno fatti prigionieri. La stragrande maggioranza verrà uccisa. Tutti, compresi mamma delfino con il suo piccolo, fino a pochi giorni addietro erano liberi nel mare. Fonte: GeaPress.
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BRASILE, RAGAZZO UCCISO DA UNO SQUALO
Un ragazzo di 18 anni, Tiago José de Oliveira da Silva , è stato trovato mutilato presso la costa di Pernambuco, nel nord del Brasile. Il ragazzo era scomparso il 26 agosto, mentre si trovava in acqua, presso Xaréu Beach (Enseada dos Corais, secondo altre fonti). Due giorni dopo, il corpo del ragazzo è stato ritrovato presso Itapuama Beach, una spiaggia poco distante.
Secondo l'autopsia, il ragazzo sarebbe morto per dissanguamento, ed era privo della gamba destra. Fonte: JC Online.
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MORIA DI VONGOLE IN LAGUNA
"Oggi abbiamo delineato una strada per fronteggiare la moria di vongole verificatasi nella laguna veneziana, che ha fortemente penalizzato gli operatori; una strada che vogliamo e dobbiamo percorrere assieme, istituzioni, organizzazioni e cooperative del settore, per riportare al più presto quest’ultimo alla normalità". Lo ha detto l’assessore alla pesca del Veneto, Franco Manzato, al termine della lunga riunione per elaborare una strategia d’uscita alla crisi, svoltasi oggi a Ca' Corner di Venezia, per iniziativa del prefetto Domenico Cuttaia, presenti tra gli altri gli assessori provinciale e comunale alla pesca, Giuseppe Canali e Antonio Paruzzolo, rappresentanti della società consortile Gral (Gestione risorse alieutiche lagunari), delle organizzazioni e delle cooperative dei pescatori, del Magistrato alle Acque, delle Direzioni Regionali interessate pesca e sanità aninale, dell’USSL n. 12.
In sostanza, è stato deciso di attivare una cabina di regia sulla questione, nell’ambito del Gral, con la partecipazione delle istituzioni e delle organizzazioni di settore, anche per poter arrivare al più presto alla classificazione di nuove possibili aree da destinare alla pesca/allevamento dei molluschi dopo le morie avvenute in quelle già autorizzate, attribuite all’eccessivo caldo estivo; verificare l’eventuale richiesta di stato di calamità; valutare la possibilità, nell’immediato, di avviare un’azione di "reimmersione", prelevando il seme da aree controllate assieme all’USLL e introducendolo in quelle di allevamento, dove provvedere alla maturazione, al prelievo e alla vendita. Quest’ultima possibilità permetterebbe di avere fra tre mesi prodotto pronto per il mercato, certificato dal punto di vista sanitario a tutela dei consumatori. Lo spostamento dovrà in ogni caso avvenire sotto lo stretto controllo delle autorità sanitarie regionali e locali. Fonte: Regione Veneto.

14 SETTEMBRE

BLOCCATO IL MEGA PESCHERECCIO ABEL TASMAN

Abel Tasman
Credit immagine: News.com.au.

L'Abel Tasman, il mega peschereccio da 142 metri di lunghezza, è ormeggiato al porto di Lincoln, in Australia. Soprannominato "aspirapolvere dei mari", è in grado di trainare una rete da 600 metri di lunghezza per 200 metri di apertura. Nel periodo in cui ha operato, ha praticamente distrutto tutto quello che ha trovato sul suo cammino. Ha catturato indiscriminatamente tartarughe, diverse specie di cetacei e persino balene. E tutto questo ha fatto 'arrabbiare' non solo gli ambientalisti, ma gli stessi pescatori che hanno visto spopolare il loro mare in un tempo assai breve. Dopo numerose proteste, sia di GreenPeace che dei pescatori, il Ministro dell'Ambiente australiano, Tony Burke, è intervenuto con un escamotage, bloccando per due anni l'attività del mega peschereccio, allo scopo di valutare scientificamente i danni reali e presunti apportati dall'enorme nave.
Ovviamente, fortemente contrariate la società armatrice, la Seafish Tasmania, nonché il Commonwealth Fisheries Association (CFA), che parlano di 45 posti di lavoro persi. In realtà, dietro ad un gigante del genere, che ha il permesso di catturare ben 18.000 tonnellate di pesce, ci sono ben altri interessi che, di gran lunga, sovvertono qualsiasi piano di gestione degli stock ittici.
Per fertmare l'Abel Tasman, sono state raccolte, per merito di Paul Oosting del gruppo GetUp (locandina qui sotto), ben 90.000 firme. Fonte: Herald Sun.

Abel Tasman GetUp
A sinistra, l'Abel Tasman. Credit immagine: GreenPeace. A destra, la locandina "Stop the Super Trawler". Credit: GetUp.

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CATTURATI ALTRI CETACEI A TAIJI
Cielo coperto, freddo e pioggia, hanno accolto poche ore addietro decine di globicefali, catturati dalle barche dei pescatori giapponesi. La caccia, questa volta ha fruttato bene e la barriera sonora creata con la strumentazione in uso ai pescatori, ha spinto i poveri animali nella baia di Taiji. La rete che ne ostruirà la fuga è già stata tirata. I delfini, come spesso avviene, vengono lasciati in vita anche per un giorno intero. Nel frattempo si decide sul loro destino. Se più utili ai delfinari oppure a diventare fettine nei supermercati giapponesi. Secondo le prime notizie che arrivano dalla baia, i delfini catturati dovrebbero essere almeno un centinaio.
Il branco è stato captato al largo di Taiji e dopo numerose miglia fatte percorrere fuori rotta grazie al fastidio creato dalla barriera sonora, sono infine entrati alla baia della morte. Segnalate anche alcune femmine con i cuccioli. E' probabile che il grosso branco passerà tutta la notte prigioniero nella baia. Fonte: GeaPress.
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EU, LA PROSPETTIVA PER UNA CRESCITA BLU
Con la comunicazione sulla "Crescita blu" adottata oggi, la Commissione Europea presenta "indicazioni promettenti per la crescita dell'economia e le prospettive di occupazione nei settori marino e marittimo, per contribuire alla ripresa economica europea". In una nota la Commissione sottolinea che "tali settori economici forniscono posti di lavoro per 5.4 milioni di persone e contribuiscono per un valore aggiunto complessivo di circa 500 miliardi di euro, che entro il 2020 dovrebbero diventare rispettivamente 7 milioni e quasi 600 miliardi di euro". Fonte e news integrale: GreenReport.
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I PICCOLI PESCI ALLA BASE DELLA RETE ALIMENTARE VALGONO 16.9 MILIARDI DI DOLLARI
Lo studio The global contribution of forage fish to marine fisheries and ecosystems, realizzato da un team di ricercatori statunitensi, canadesi, britannici, australiani e francesi, conferma ed esalta l'importanza, diretta ed indiretta, dei banchi di piccoli pesci "foraggio" per l'economia mondiale e per l'intero ecosistema marino. Lo studio, appena pubblicato, fornisce per la prima volta l'analisi del valore dei pesci "foraggio", cioè delle specie che formano banchi come sardine, aringhe, e acciughe. I tre tipi di contributi forniti dal pesce foraggio che sono stati presi in considerazione sono: come cattura diretta, come cibo per altri pesci commercialmente importanti e come un anello importante nella catena alimentare degli ecosistemi marini.
Lo studio, ha dimostrato che "questi piccoli pesci contribuiscono alla pesca globali ogni anno per un totale di 16.9 miliardi di dollari, sia come pesca diretta che come cibo per pesci più grandi, che rappresentano il 20% dei valori di cattura globale di tutto l'insieme delle attività di pesca marina". Inoltre, il team internazionale di scienziati, ha trovato che nel 75% dei modelli ecosistemici analizzati, le specie di predatori fortemente dipendenti dai pesci foraggio, come gli uccelli e i mammiferi marini, dipendono per metà o più della loro dieta da questi pesci nel 30% dei casi analizzati, mentre i pesci foraggio rappresentano i tre quarti della dieta per almeno una specie di predatori. Fonte e news integrale: GreenReport.

13 SETTEMBRE

NUOVO E DRAMMATICO VIDEO DA TAIJI, E I PESCATORI MANGIANO CARNE CRUDA DI CETACEI
Dramma nelle acque della baia di Taiji, la città giapponese che ogni anno cattura un migliaio di delfini da destinare alla macellazione e ai delfinari di mezzo mondo. Una femmina di delfino globicefalo, catturata nelle scorse ore, sta molto male. Galleggia malamente, piegata da un lato, mentre il piccolo, anch’esso al chiuso della piccola vasca, le gira attorno (vedi video). Sia la madre che il piccolo potrebbero già essere bruciati dal sole. La madre, e più di recente anche il piccolo, sono stati trattati con dei farmaci ma il rischio, per chi li ha catturati, è di perdere l’ordine di acquisto di un delfinario ancora misterioso. L’area di Taiji appare del tutto recintata, ma da una vicina collina è possibile documentare quanto sta succedendo. La flottiglia di barche incaricate della cattura in mare dei poveri animali, sembra in questi giorni più interessata alla fornitura dei delfinari che non alla macellazione. Meno mattanze, insomma, almeno rispetto ai ritmi noti per il luogo.
Non è chiaro quale sia la strategia, ed un branco di delfini è stato rilasciato, dopo la cattura di sei animali scelti per i delfinari. Un delfino tornato in mare è poi morto appena al largo della baia. Sicuramente lo stress della cattura, commentano da Sea Shepherd. Quelli liberati, forse, non dovevano corrispondere agli standard richiesti. Stamani, poi, la flottiglia è rientrata senza alcuna cattura. Un buon giorno, commentano da Sea Shepherd. Nella baia, al chiuso della vaschetta, continua il dramma di mamma delfino. Fino a poche ore addietro la femmina è stata vista galleggiare su di un lato. Nel luogo anche operatori stranieri che hanno documentato il tutto (vedi video).
Secondo quanto riportato da Sea Shepherd, i pescatori di delfino banchettano, durante la pausa pranzo, con carne cruda di globicefalo (nella foto di Sea Shepherd, qui). Un aspetto, questo, che almeno sotto il profilo della poca cottura del cibo, non deve più meravigliarci, visto il sushi di tonno che ha invaso anche i nostri ristoranti. Fonte: GeaPress.
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STOCK ITTICI SOVRASFRUTTATI, NUOVE NORME E SANZIONI AI PAESI TERZI
Il Parlamento Europeo ha approvato oggi, con 659 voti favorevoli, 11 contrari e 7 astensioni, le nuove norme che autorizzano la Commissione Europea a vietare le importazioni nell'UE di pesce proveniente da stock eccessivamente sfruttati.
"Tali misure - si legge in un comunicato - dovrebbero scoraggiare il sovrasfruttamento di sgombri da parte dell'Islanda e delle Isole Fær Øer".
I deputati hanno anche votato a favore di mozioni perché "la prossima riforma della politica della pesca dovrebbe mirare a renderla più sostenibile".
Il relatore, l'irlandese Pat Gallagher, del Fianna Fáil, che aderisce al gruppo liberaldemocratico, ha detto: "Anche se la normativa può essere applicata contro eventuali paesi terzi, la situazione nel Nord Est Atlantico è d'immediato interesse per tutti noi. L'Islanda ha unilateralmente aumentato la sua cattura sgombri da 363 tonnellate nel 2005, a 147.000 nel 2012. La quota delle Isole Fær Øer per gli sgombri è salita da 27.830 tonnellate nel 2009 a 149.000 tonnellate nel 2012".
Si annuncia una guerra dello sgombro con l'Islanda, che non aderisce all'UE anche se si è candidata, e con le piccole Fær Øer semindipendenti, che però fanno arte della Danimarca, Stato UE a tutti gli effetti. Il nuovo regolamento adottato dagli europarlamentari permette l'utilizzo di sanzioni commerciali " nei confronti dei paesi terzi che consentono una pesca non sostenibile e dei prodotti ittici provenienti da stock d'interesse comune (ad esempio gli stock ittici a disposizione delle flotte sia dei Paesi dell'UE sia dei Paesi terzi, la cui gestione richiede la mutua cooperazione)". Se le sanzioni previste si dimostrassero inefficaci, la Commissione UE potrebbe decidere di adottare misure supplementari: "Ad esempio limitando l'uso dei porti dell'UE alle navi battenti bandiera di un Paese che non rispetta i limiti di pesca o a navi che trasportano nell'UE pesci frutto di sfruttamento eccessivo".
Secondo a legislazione europea "Un paese che permette una pesca 'non sostenibile', è un paese che non riesce a collaborare nella gestione di uno stock d'interesse comune, nel rispetto degli accordi internazionali, e a rispettare i livelli in grado di produrre il massimo rendimento sostenibile (o che non adotti le necessarie misure di gestione della pesca)".
Il Parlamento Europeo ha anche approvato, con 620 voti favorevoli, 27 contrari e 27 astensioni, le disposizioni riguardanti l'organizzazione comune dei mercati nel settore della pesca e dell'acquacoltura "per creare organizzazioni di produttori più forti e adeguatamente finanziate, per controbilanciare il potere dei rivenditori, in vista della prossima riforma della politica comune della pesca. Tali norme obbligheranno inoltre i produttori a migliorare l'informazione al consumatore, con l'introduzione di etichette per i prodotti ittici freschi che indichino, fra l'altro, la data di sbarco". Nel testo si chiede anche che "sia data priorità alla riduzione delle catture accidentali, promuovendo, ad esempio, l'uso di attrezzature da pesca più selettive".
Il relatore, il conservatore scozzese Struan Stevenson, è abbastanza soddisfatto:"Credo che siamo arrivati a una conclusione valida, in quanto questo è la prima di tre relazioni legislative che riformeranno la politica comune della pesca. Penso che ci siano molte indicazioni interessanti in questo pacchetto Ocm che indicano la strada per la nuova politica comune della pesca".
Nella risoluzione sulla riforma della Politica Comune della Pesca si chiede di "migliorare le condizioni per uno sfruttamento sostenibile delle risorse marine, con piani di gestione pluriennali e un preciso calendario".
In un'altra risoluzione sugli obblighi di comunicazione, i deputati europei esortano la Commissione "a sanzionare gli Stati membri che non riescono a fornire dati affidabili, come richiesto dal programma europeo di dati sulla pesca". Fonte: GreenReport.
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Hirondellea gigas, IL GAMBERO DEGLI ABISSI CHE SI NUTRE DI LEGNO
Come può un piccolo gambero che vive a 10.000 metri di profondità sopravvivere in un ambiente quasi totalmente privo di risorse alimentari?
Durante un'immersione nella Fossa delle Marianne, avvenuta nel 2009, un team di biologi marini è stato in grado di recuperare alcuni esemplari di Hirondellea gigas, un piccolo crostaceo simile ad un gambero lungo quasi cinque centimetri.
Le "trappole per gamberi", costituite principalmente da bottiglie di plastica riciclate, furono in grado di catturare quasi 200 esemplari di H. gigas, trasportati in seguito in laboratorio per le analisi. I crostacei Hirondellea gigas non rappresentano una novità assoluta: il primo esemplare fu catturato nel 1978, a 10.476 metri di profondità. Gli esami dei biologi mostrarono che i batteri che vivono all'interno di questa creatura possono crescere sclusivamente a pressioni superiori a 518 atmosfere. Fonte e news integrale: DitaDiFulmine.

12 SETTEMBRE

PRONUNCIA DEL TAR SULL'INQUINAMENTO DELLE ACQUE: INCIDE SUGLI INTERESSI PUBBLICI
Le questioni in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, possono incidere sugli interessi pubblici connessi al regime delle acque pubbliche. Del resto il regime delle acque pubbliche, non è dato solo dalla quantità delle acque che scorre negli alvei dei corsi idrici, ma è strettamente connesso anche alla qualità delle acque. Quindi tali questioni rientrano nella giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque (Tsap).
Lo afferma il Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna (Tar), in riferimento al caso che coinvolge il Consorzio Industriale Provinciale di Nuoro. Il consorzio ha presentato alla Provincia di Nuoro un'istanza per ottenere il rilascio dell'autorizzazione per lo scarico nel fiume Tirso, delle acque reflue provenienti dal depuratore di Ottana. La Provincia rilascia l'autorizzazione, ma con alcune limitazioni.
In particolare, il titolo abilitativo vieta il trattamento di rifiuti liquidi presso l'impianto di depurazione consortile; impone il rispetto di specifici limiti di emissione allo scarico delle acque reflue industriali in uscita dall'impianto di depurazione; vieta lo scarico delle sostanze pericolose p-xilene, IPA, bifenile e cobalto; stabilisce che l'eventuale collettamento all'impianto di depurazione di ulteriori acque reflue industriali, doveva essere comunicato alla Provincia almeno sessanta giorni prima, unitamente ad un dettagliata relazione inerente la compatibilità del refluo con il sistema di trattamento dell'impianto di depurazione; obbliga di effettuare un costante monitoraggio delle acque chimiche contenute nelle vasche di omogeneizzazione/equalizzazione e obbliga di attivare la procedura gestionale, in caso di presenza nelle vasche di concentrazioni di sostanze pericolose superiori ai limiti massimi consentiti; vieta l'utilizzo in agricoltura dei fanghi derivanti dal trattamento di depurazione.
Una serie, dunque, di prescrizioni ritenute dal consorzio illegittime. Perché determinano un sostanziale impedimento al regolare funzionamento del depuratore e determinano la paralisi delle attività domestiche e industriali dell'agglomerato interessato. Fonte e news integrale: GreenReport.
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SENTENZA UE: IL CORSO DI UN FIUME SI PUO' DEVIARE
In base ad un sentenza della Corte di Giustizia Europea, la deviazione del corso di un fiume può essere ammessa, in linea di principio, se ci sono motivazioni di rilevante interesse pubblico come quelle per fini idropotabili o irrigui. Tuttavia nel caso di Siti di importanza comunitaria, qualora non intervengano adeguate misure di compensazione, il progetto può anche essere stoppato.
Il caso da cui è scaturita la sentenza, riguarda un progetto dell'amministrazione greca (in essere da più di vent'anni), che prevede la deviazione parziale dell'Acheloo, un fiume della Grecia occidentale, verso il fiume Pineo, nell'est del paese, e lo sfruttamento del corso superiore di detto fiume in vista della costruzione di alcune dighe. L'Acheloo, è un fiume lungo 220 chilometri e largo quasi 90 metri, che sfocia in mare nel Golfo di Patrasso. Si tratta di uno dei più grandi bacini idrici del paese e costituisce un importantissimo ecosistema fluviale.
Il Pineo invece attraversa la pianura di Tessaglia e sfocia nel Golfo di Salonicco. L'obiettivo del progetto è quello di soddisfare i bisogni di irrigazione della Tessaglia, le esigenze di produzione di energia elettrica e di approvvigionamento di acqua di vari agglomerati urbani di quella regione. Si intuisce, al di là di quelle che possono essere le motivazioni per un simile progetto che realmente non conosciamo, come l'impatto sull'ecosistema fluviale, e sul territorio, circostante sia notevole anche dal punto di vista socio-economico.
Casi emblematici sono quelli della deviazione dei fiumi in Cina per rifornire d'acqua le città, irrigare coltivazioni intensive e produrre energia. Progetti che hanno devastato e assettato grandi territori. Per queste motivazioni, tornando alla Grecia, varie amministrazioni locali e alcune associazioni, agendo contro il ministero dell'Ambiente, hanno chiesto l'annullamento del progetto dinanzi al Consiglio di Stato, che poi si è rivolto alla Corte di Giustizia per chiarire varie questioni riguardanti l'interpretazione del diritto dell'Unione. La Corte ha stabilito, che in linea di principio, la direttiva quadro sull'acqua e la direttiva sulla valutazione dell'impatto ambientale non impediscono il progetto, ma un approfondimento deve essere fatto sulla direttiva habitat (Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche).
"L'elenco dei siti di importanza comunitaria (SIC) per la regione biogeografica mediterranea - spiegano dalla Corte - comprendente, per quanto riguarda la zona interessata, vari laghi e il delta del fiume Acheloo, ha acquisito i propri effetti prima dell'adozione della legge che ha approvato il progetto di parziale deviazione del fiume. Inoltre, nel momento in cui la Grecia ha incluso i siti in questione nella propria proposta di elenco di SIC, essi dovevano costituire l'oggetto di misure di salvaguardia idonee a tutelare il loro interesse ecologico a livello nazionale. Pertanto, la Grecia doveva, anche prima dell'entrata in vigore della decisione che ha stabilito l'elenco dei SIC, vietare gli interventi che rischiassero di compromettere seriamente le caratteristiche ecologiche dei siti suddetti".
Quindi la procedura di valutazione deve garantire che il progetto venga autorizzato nella misura in cui esso non arreca danno all'integrità del sito.
Pertanto, la corte di Giustizia Europea stabilisce che "un progetto di deviazione di acque non necessario alla conservazione di una Zona di Protezione Speciale (ZPS), ma idoneo ad avere incidenze significative su quest'ultima, non può essere autorizzato in assenza di dati attendibili e attuali relativi all'avifauna di questa zona. Inoltre, nel caso in cui un progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica (malgrado le conclusioni negative della valutazione dell'incidenza sul sito, e in assenza di soluzioni alternative), la conoscenza di tale incidenza è indispensabile per bilanciare i suddetti motivi di interesse pubblico con i pregiudizi arrecati al sito, finalizzata a stabilire le misure compensative" necessarie per garantire la tutela della coerenza globale della Rete di Natura 2000.
Quindi per giustificare la realizzazione di un progetto di deviazione di acque che reca pregiudizio all'integrità di un SIC ospitante un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere fatte valere soltanto considerazioni correlate alla salute delle persone e alle conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente.
L'approvvigionamento di acqua potabile potrebbe rientrare, in linea di principio, nel novero delle considerazioni correlate alla salute delle persone, meno palese è il discorso sull'irrigazione dato che è necessario dimostrare che abbia conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente. Ogni singolo caso all'interno della cornice dettata dalla Giurisprudenza europea deve essere assoggettato ad una valutazione peculiare del giudice nazionale, ma la deviazione di un corso di un fiume naturale deve essere possibilmente evitata operando su soluzioni alternative per risolvere le criticità che si sono presentate, questo a nostro giudizio dovrebbe valere sempre e a maggior motivo in un'area protetta. Fonte: GreenReport.

11 SETTEMBRE

UCCISI I PRIMI CETACEI A TAIJI
Strage a Taiji di delfiniSono stati macellati i primi cetacei catturati dai pescherecci di Taiji, nell’omonima baia giapponese. Il numero non è ancora esatto, ma si parla di 20-25 globicefali. Stesso genere, ma di specie diversa, di quelli macellati nelle isole danesi. Del gruppetto di cetacei, tre sono stati catturati per essere trasferiti nei delfinari. Una mattanza, quella di Taiji, che si ripete ogni anno a partire dal mese di settembre e fino alla primavera. A seguito delle manifestazioni internazionali, la baia è attualmente presidiata dalle forze di polizia, sia via terra che via mare. Fatto, questo, che rende difficile appurare il numero esatto di animali uccisi per la carne o prelevati per i delfinari. Una tecnica crudele supportata anche da presunti danni che i cetacei arrecherebbero all’industria della pesca. Un'abitudine alimentare finanche pericolosa anche alla luce non solo dei noti rilievi di mercurio presenti nelle carni di quelli che, in biologia, vengono definiti top predator, ma anche per il probabile tasso radioattivo delle acque delle coste orientali giapponesi, a seguito del disastro di Fukushima.
I gruppi di cetacei in migrazione vengono spinti, grazie ad un muro sonoro che infastidisce gli animali, all’interno della baia di Taiji. Una barca a motore, blocca poi velocemente l’entrata alla baia e i delfini verranno macellati con calma l’indomani. Un bagno di sangue. I delfini ancora in vita, vengono poi finiti sui moli tagliando loro la gola. Nel 2011 hanno trovato così la morte mille cetacei. L’anno prima furono 1216. Fonte: GeaPress. Credit immagine: Jotter Journal.
Petizioni: www.thepetitionsite.com - www.takepart.com/ cove/takeaction. Oppure telefonate all’Ambasciata Giapponese a Roma: 06 487991 / 06 4875329 – Consolato a Milano: 02 6241141.
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LA STRAGE DI GLOBICEFALI ALLE ISOLE FÆR ØER
Tra la Scozia, Norvegia ed Islanda. Con larga autonomia amministrativa, ma facenti parti del Regno di Danimarca. Nelle isole Fær Øer, la tecnica di cattura è molto simile a quella della Baia di Taiji, in Giappone, dove ogni anno vengono uccisi un migliaio di delfini. Anche in Europa, nelle isole Fær Øer, i delfini ed altri cetacei si macellano in loco per essere mangiati. Nelle scorse ore, le prime notizie sulla mattanza in Giappone. Venti, forse venticinque globicefali, bloccati nella baia e macellati. In poco più di due settimane, questa volta nelle Faroe, di globicefali ne sono stati macellati 590. A denunciarlo è un cartello di Associazioni che ha scritto al Primo Ministro del Governo locale. Una mattanza giustificata da una traduzione culinaria locale e da un rito di iniziazione, in barba ai livelli di mercurio che secondo alcuni studi, sarebbero presenti nella carne dei cetacei. Stante i ritmi degli anni scorsi, è probabile che la stagione di caccia nelle Faroe si concluderà con oltre 2.000 cetacei uccisi.
Al Primo Ministro Johannesen, al suo governo ed alla popolazione delle isole Fær Øer, il cartello di Associazioni (Animal Welfare Institute, EIA, Dyrenes Venner, Campaign Whale, Humane Society International, OceanCare, Cetacean Society International, Pro Wildlife and Whale and Dolphin Conservation Society) ha chiesto di porre fine alla caccia, non solo nell’interesse del benessere animali, ma anche in virtù dei danni alla salute umana. Fonte e news integrale: GeaPress.
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NUOVA SPECIE DI CROSTACEO IN ONORE DI BOB MARLEY
Gnathia marleySi chiama Gnathia marley la nuova specie di crostaceo che parassita diverse specie di pesci dei reef corallini dei caraibi. La nuova specie è stata descritta da Paul Sikkel, dell'Arkansas State University. La specie, come afferma Sikkel, è endemica dei Caraibi, "proprio come" Bob Marley, da qui il nome in onore del cantante. Il crostaceo appartiene ad un gruppo di animali parassiti che si nutrono del sangue dei loro ospiti, diffusi sia in acque superficiali che negli abissi.
Il fatto che questo tipo di crostacei parassiti siano così numerosi, a differenza di un tempo, potrebbe avere a che fare con la diminuzione del numero potenziale di ospiti, a causa dell'overfishing e della diminuzione della biodiversità degli ambienti di reef. Credit immagine: John Artim / Arkansas State University.

10 SETTEMBRE

SQUALO BIANCO DI 2 METRI CATTURATO IN CORSICA
La notizia risale a fine agosto. Presso Calvi (Punta Revellata), Haute-Corse Department, in Corsica, è stato catturato uno squalo bianco (Carcharodon carcharias), di circa 2 metri per 100 Kg di peso. Si tratta di un esemplare maschio di giovane età, e della quarta segnalazione/cattura in Mediterraneo, dopo quella del 1 luglio a Capraia, del 3 agosto in Francia e del 5 agosto in Adriatico. Fonte: Groupe de Recherche sur les Requins de Méditerranée.

Sqaulo bianco catturato in Corsica Squalo bianco catturato in Adriatico
Sopra, a sinistra, lo squalo bianco catturato in Corsica a fine agosto (Credit: Toussaint Lunardi), a destra l'esemplare catturato in Adriatico, a largo delle coste del Montenegro, il 5 agosto 2012 (Credit: Anto Baković).

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QUANTO 'PESA' L'OCEANO? PER MISURARE L'AUMENTO DEL LIVELLO DEL MARE
Un team di ricercatori britannici del National Oceanography Centre dell'Università di Southampton e di Newcastle, hanno presentato un'idea per valutare la massa degli oceani mondiali "pesandola" in un unico punto. Attualmente il livello globale dei mari è in aumento di circa 3 mm all'anno, ma le previsioni di aumento nel corso di questo secolo variano da 30 cm ad oltre un metro. Il livello degli oceani potrebbe aumentare in due casi: l'acqua di mare può riscaldarsi e dilatarsi, portando la stessa quantità di acqua ad occupare più spazio; oppure, l'acqua riversata nell'oceano a causa dello scioglimento dei ghiacci terrestri.
Christopher Hughes, che insegna al National Oceanography Centre, spiega: "Abbiamo dimostrato che fare misurazioni accurate del cambiamento di pressione in un unico punto nel Pacifico, permette di estrapolare la massa totale delle acque degli oceani. E sappiamo dove posizionare un tale strumento: nel Pacifico centrale tropicale, dove l'oceano profondo è più tranquillo. Come quando si guarda il riempimento della vasca da bagno: non dovete guardare in prossimità dei rubinetti, dove tutto quello che potete vedere sono spruzzi e vortici, bisogna guardare dall'altra parte, dove l'aumento è lento e costante". Fonte e news integrale su GreenReport [modificato].
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LE TRIVELLE NEI MARI ITALIANI
La caccia all’oro nero nazionale continua. Dopo l’autorizzazione ministeriale firmata da Corrado Clini, che permetterà all’azienda irlandese Petroceltic le trivellazioni al largo delle Isole Tremiti, lo sviluppo degli idrocarburi nazionali prosegue nella Strategia Energetica Nazionale. Stando alle bozze che circolano in questi giorni, ci sono ben 5 zone individuate per le ricerca ed eventuale estrazione del petrolio italiano: val Padana, l’Alto Adriatico, l’Abruzzo, la Basilicata e l’offshore Ibleo. A essere più a rischio sono le acque marine.
Tra le piattaforme già operative e le trivelle in arrivo, la superficie di mare italiano coinvolta è superiore alla Sardegna. A dirlo è il dossier "Trivella Selvaggia" di Legambiente, elaborato a partire dai dati del ministero delle Sviluppo.
Alle nove trivelle già operative in mare potrebbero ben presto aggiungersene circa 70. A oggi 19 permessi di ricerca in mare sono stati rilasciati per una superficie complessiva di oltre 10mila chilometri quadrati, mentre sono ancora in attesa di valutazione 41 richieste di ricerca. Tra la aree più gettonate ci sono soprattutto l’Adriatico centro meridionale, il Canale di Sicilia e il mar Ionio. Ma il gioco vale la candela? Sembrerebbe di no.
Secondo le ultime stime del Ministero dello Sviluppo Economico, nei nostri fondali marini ci solo 10,3 milioni di tonnellate di petrolio, che ai consumi attuali sarebbero sufficienti per il fabbisogno nazionale per appena 7 settimane. Fonte: OggiScienza.
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INVERTEBRATI, A RISCHIO ESTINZIONE UNA SPECIE SU CINQUE
Il rischio più alto di estinzione riguarda le specie di acqua dolce, seguite di stretta misura da quelle terrestri e da quelle marine: è questo il risultato di un'ampia revisione condotta da un gruppo di ricercatori della Zoological Society of London (ZSL), su una lista di più di 12.000 specie di invertebrati inclusi nella Red List of Threatened Species dell'International Union for Conservation of Nature (IUCN). "Gli invertebrati rappresentano quasi l’80 per cento delle specie del mondo e addirittura un quinto di esse potrebbero essere a rischio estinzione - ha sottolineato Ben Collen, coautore del rapporto appena pubblicato - l'investimento necessario per salvarli potrebbe sembrare enorme, ma facendo finta di nulla si arriverà probabilmente a pagare un costo molto più alto". Fonte e news integrale: LeScienze.

07 SETTEMBRE

LA VISIONE ULTRAVIOLETTA DEI GRANCHI
Comodamente seduto su un anemone, il granchio, rimasto immobile fino a quel momento, allunga con sicurezza una chela, afferra del plancton e se lo porta alla bocca. Una scena non particolarmente interessante se non fosse per un dettaglio: siamo circa 500 metri sotto il livello del mare e il mondo qui è quasi completamente al buio. A queste profondità, dove la luce del sole non arriva, la vista dei granchi sarebbe particolarmente sensibile nel blu e nell’ultravioletto, lunghezze d’onda alle quali è possibile apprezzare il fenomeno della bioluminescenza. In questo modo, vedendo un colore più che una forma, i granchi sarebbero dunque in grado di riconoscere gli organismi che si muovono intorno a lui e di discriminare ciò che è cibo commestibile da ciò che non lo è.
"È come se associassero un colore a ogni tipo di cibo", dice Sönke Johnsen, biologo della Duke University, tra gli autori dell’articolo pubblicato online su Journal of Experimental Biology in cui vengono riportati questi risultati. "Il corallo tossico, infatti, produce una bioluminescenza blu-verde mentre il plancton, di cui si cibano, appare blu".
Lo studio è stato effettuato in tre siti marini vicino alle Bahamas grazie all’uso del sommergibile Johnson-Sea-Link. Questo mezzo ha permesso non solo di immortalare in video e immagini il comportamento dei granchi nel loro habitat naturale ma anche di prelevarli dal fondo marino per analizzarli in dettaglio. Grazie a un braccio meccanico, i granchi sono stati infatti gentilmente prelevati e posti in contenitori al buio e a temperatura controllata. Una volta trasportati in superficie, sempre in condizioni ambientali controllate, e portati nel laboratorio interno alla nave d’appoggio, gli animali sono stati sottoposti a una serie di test per registrare la risposta dei loro occhi a diversi stimoli luminosi. Dalle analisi è risultato che tutte le specie analizzate sono particolarmente sensibili alla luce blu e due di queste, Eumunida picta e Gastroptychus spinifer (per chi se ne intende), hanno un secondo picco di sensibilità proprio nell’ultravioletto.
L’idea di una specie di "codice di colori" sembra avere quindi un riscontro nei dati ma siamo ancora nella fase di ipotesi e serviranno altre analisi per confermarla o smentirla. Di certo, questo tipo di ricerche, che a prima vista potrebbero sembrare fini a se stesse, hanno già avuto risvolti pratici. "A volte, queste scoperte possono portare a nuove e utili innovazioni anni dopo", spiega Tamara Frank, biologa della Nova Southeastern University e autrice dello studio. È il caso per esempio del telescopio per raggi X LOBSTER-ISS che, come indicato nel suo stesso nome, è stato sviluppato usando proprio una tecnologia basata sulla vista delle aragoste. Fonte: OggiScienza.
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DA MILANO A CAGLIARI A PESCARE DI FRODO
Nuovo intervento del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione Sardegna, Servizio Ispettorato Ripartimentale di Cagliari, nell’Area Marina Protetta di Villasimius. Dopo i pescatori di frodo fermati lo scorso febbraio (vedi articolo GeaPress), il personale della Base Navale di Villasimius del Corpo Forestale, dopo avere seguito i movimenti di una piccola imbarcazione inizialmente con due persone a bordo, ha fermato nel tardo pomeriggio di ieri quattro pescatori di frodo che, con il loro natante, si erano diretti proprio nell'Area Marina Protetta.
Seguiti sia via mare che via terra. Due persone già a bordo e altre due poi imbarcate una volta raggiunta l’area marina. Appena notati i Forestali, i quattro hanno tentato invano la fuga.
A bordo del natante sono state rinvenuti 55 Kg di pesce appena pescato (5 cernie per complessivi 45 Kg e diverse corvine). Trovati inoltre 2 fucili subacquei, 2 mute con maschere, pinne, una bombola da sub singola ed una a coppia.
Tutto sequestrato e i nominativi dei quattro denunciati, deferiti all’Autorità Giudiziaria. Si tratta di due persone originarie del posto, U.T. 25 anni di Assemini e P.C. 29 anni di Quartu ma residente ad Assemini, e di due milanesi in vacanza. V.A e P.A. entrambe di 20 anni, in vacanza nella zona e coinvolti dai due sardi nella battuta di pesca. Si presume che il pescato era destinato a qualche ristorante ed avrebbe fruttato non meno di € 1.500.
Considerato il Regime vincolistico dell'area marina agli stessi, oltre alla denuncia, sono state contestate diverse violazioni amministrative per complessivi € 6000.ù
L’attività eseguita dalla Base navale di Villasimius si inquadra nel contesto dell’attività istituzionale del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione Sardegna nella tutela e salvaguardia della biodiversità degli ecosistemi, in particolare nelle aree protette dove agisce con reparti specifici. Fonte: GeaPress.
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06 SETTEMBRE

CAPOLEPRE (Lagocephalus lagocephalus) PESCATO A ISOLA DI CAPO RIZZUTO
Un pesce le cui carni sono potenzialmente mortali è stato pescato nei giorni scorsi nelle acque di località Cannelle di Isola Capo Rizzuto. Si tratta di un esemplare di pesce palla, conosciuto come capolepre (Lagocephalus lagocephalus).
A pescarlo, con una lenza a traina, è stato Antonio Tipaldi, che ha notato tra gli ami della sua lenza un pesce mai visto prima. L'esemplare è stato identificato da un veterinario. Si tratta di una specie appartenente alla famiglia dei tetraodontidi capaci di produrre una delle tossine più letali ovvero la tetradotossina. Fonte: IlCrotonese [nota di Biologiamarina.eu: il capolepre (Lagocephalus lagocephalus), è un pesce che, seppur raro, è presente naturalmente nel Mediterraneo. Non è riportato nell'elenco dei pesci tossici, perchè la sua reale pericolosità per ingestione non è stata mai accertata, tuttavia può essere annoverato nell'elenco dei pesci traumatogenici, perchè dotato di una dentatura molto potente].
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SEQUESTRATI 110 TONNETTI ROSSI
A guardali in fotografia sembrano quasi dei grossi sgombri. Ed invece, una volta cresciuti, sarebbero diventati grandssimi. Si tratta di tonno rosso in giovanissima età. Ben 110 esemplari, sequestrati ieri dalla Guardia Costiera di Catania con l’ 11° Centro di Controllo Area Pesca della Direzione Marittima della Sicilia Orientale. L’intervento dei militari è avvenuto a seguito della segnalazione di un avventore dello storico mercato del pesce etneo. I piccoli tonni erano stati posti in commercio da due diversi venditori. Facile, pertanto, immaginare ad una partita del tutto illegale, poi divisa tra più acquirenti per la vendita al dettaglio. Ogni piccolo tonno pesava in media 400 grammi. Una volta adulti, invece, avrebbero potuto pesare fino alla mezza tonnellata. I due venditori, secondo quanto disposto dalla vigente normativa comunitaria e nazionale, sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria. L’attività di controllo lungo la filiera commerciale dei prodotti ittici, da parte dei militari delle Capitanerie di Porto, effettuata sulla base di precise direttive emanate dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, continuerà anche nei prossimi giorni con l’obiettivo di tutelare le specie protette e gli stock ittici, nonché la salute dei consumatori. Fonte: GeaPress.

05 SETTEMBRE

FUSTI TOSSICI GORGONA, CONSEGNATE 4.000 FIRME
Il sindaco di Livorno Alessandro Cosimi, oggi ha ricevuto in Comune Marco Solimano, presidente dell'Arci di Livorno, e Francesco Gazzetti, giornalista di Granducato, che gli hanno consegnato le oltre 4.000 firme, di cittadini livornesi e non, raccolte sotto la petizione "Toglieteli subito". La petizione chiede la totale rimozione dei bidoni tossici caduti il 17 dicembre 2011 nel mare in tempesta, dall'eurocargo Venezia della Grimaldi Line. Cosimi ha definito le firme un "ulteriore stimolo per recuperare tutti i bidoni ancora in mare".
La petizione era molto stringata ma sostanziosa: "Il 17 dicembre 2011 dall'eurocargo Venezia caddero nel mare in tempesta, al largo della Gorgona, 198 bidoni contenenti sostanze chimiche tossiche. Al momento sono stati individuati 95 bidoni che, fortunatamente, verranno ripescati in questi giorni e che si aggiungeranno a quello già recuperato da alcuni pescatori. Ma la vicenda non si può chiudere qua. Fonte e news integrale: GreenReport.
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ADDIO ALLE TROTE?
Le trote scompariranno completamente dai fiumi spagnoli entro il 2100. A lanciare l’allarme è un'analisi curata dai ricercatori del Complutense University of Madrid (UCM), pubblicata sulla rivista Global Change Biology, prima firma la ricercatrice Ana Almodóvar. Le trote comuni sono pesci molto sensibili ai cambiamenti, ai danni del loro habitat, causati dall’inquinamento delle acque, dallo sfruttamento eccessivo delle risorse idriche e dai mutamenti climatici. Secondo i ricercatori spagnoli, entro il 2040 il loro habitat sarà ridotto della metà e la popolazione selvatica si ridurrà gradualmente, fino ad estinguersi del tutto entro la fine del secolo. Fonte e news integrale: EcoBlog.
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UNA MAPPA INTERATTIVA DELLE SPECIE ESTINTE
Negli ultimi 500 anni di attività umana intensiva, siamo stati in grado di estinguere o aver avvicinato all’estinzione 869 specie. Le cause sono sempre le stesse. Prima di tutto la distruzione dell’habitat, piegato alle esigenze umane di occupare sempre maggiore spazio, ma poi anche la caccia, l’inquinamento, le malattie e l’introduzione di specie aliene hanno fatto il resto. Il quotidiano britannico The Guardian ha realizzato un’interessante mappa interattivain cui vengono mostrate le specie che siamo riusciti a perdere definitivamente, quelle a rischio e la distribuzione di questi drammi in tutto il mondo. Fonte: Ecologiae.

03 SETTEMBRE

ESTINTA LA LONTRA GIAPPONESE

Ufficialmente estinta la lontra giapponese. A comunicarlo è l’Agenzia Ambientale Nipponica, la quale ha rilevato come ormai da alcuni decenni il grazioso mustelide non veniva più osservato. A causarne la scomparsa, si pensa sia stata la modifica del suo habitat naturale, indotta soprattutto dalle tecniche colturali.
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ANISAKIS, NUOVI OBBLIGHI
Nuovi obblighi di informazione sul consumo del pesce crudo. Il decreto del Ministero della Salute di prossima emanazione prevede anche l’implementazione dei controlli per commercianti e ristoratori che vendono o somministrano pesce destinato ad essere consumato crudo o praticamente tale. Infatti i trattamenti come marinatura, affumicatura, salagione etc non permettono l’eliminazione di parassiti come l’anisakis, che può causare gravi problemi alla salute. Pertanto i venditori dovranno, oltre ad assolvere agli obblighi di controllo visivo ed abbattimento preventivo già vigenti da anni, anche informare in modo adeguato i consumatori attraverso cartelli esposti nei punti vendita. Eurofishmarket ed il SiVeMP si stanno fortemente impegnando nel contribuire al successo di questo progetto e alla sua promozione a tutti i livelli. Fonte: Eurofishmarket.
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22 BALENE SPIAGGIATE IN FLORIDA
Florida, Fort Pierce: sono ben 22 balene spiaggiate, più o meno contemporaneamente, lungo le spiagge della Florida. Molte sono morte, altre, probabilmente, le seguiranno molto presto. Il comportamento di questi splendidi cetacei resta ancora un mistero, ma un’ipotesi al contempo romantica ed inquietante sta circolando tra gli scienziati che le hanno soccorse. A quanto pare, secondo la loro ricostruzione, una sola di queste ventidue balene si sarebbe staccata dal gruppo per cause ancora sconosciute, avvicinandosi troppo alla spiaggia. Perdendo l’orientamento, ha finito per spiaggiarsi. Le altre ventuno balene l'hanno seguita finendo per spiaggiarsi a loro volta. Forse per spirito di collaborazione o perchè semplicemente era la guida del branco. Fonte: Ecologiae [modificato].
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MOSTRA SULL'ULTIMO PESCATORE 'A STRASCICO' DELL'ISOLA DEL GIGLIO
Una mostra fotografica sull'ultimo pescatore a strascico dell'Isola del Giglio. Quaranta fotografie per raccontare una delle tradizioni ancora presenti sull’isola: quella della pesca a strascico. Una mostra di fotografie a colori impreziosite da testi, inaugurata nella Torre del Saraceno e curata dal fotografo tedesco Wolfang Srèter, con il patrocinio del Comune di Isola del Giglio, che rimarrà aperta fino al 14 settembre. Angelo Depoliti è l'ultimo pescatore a strascico sull'isola del Giglio. Quando nel 2013 la licenza di Angelo sarà scaduta, sull'isola non ci sarà più pesce fresco di paranza, cioè nessuna ''pesca del giorno''. Infatti, tra le normative comunitarie in materia, già il Regolamento CE 1967/2006, cosiddetto 'regolamento mediterraneo', vieta lo strascico entro le tre miglia dalla costa e impone una misura delle maglie delle reti. Del mese di luglio è la proposta di legge della Commissione Europea per gli affari marittimi e la pesca che prevede l’utilizzo di restrizioni su certi tipi di rete. ''Questa mostra ''Nella rete a strascico'' - spiega il sindaco di Isola del Giglio Sergio Ortelli all’Adnkronos - sarà un'autentica sorpresa per i visitatori come lo sarà per i gigliesi che la vorranno vedere perché invita a scoprire un mondo straordinario, quello della pesca in mare, con le sue regole, i suoi orari, le sue paure e insicurezze, i suoi ''nemici''. Nel racconto che accompagna ognuna delle foto c'è, infatti, un preciso atto di denuncia contro un certo mondo burocratico e distante dalla vita e attività quotidiane che ci sentiamo, come Amministrazione comunale non solo di condividere ma anche di sostenere. Il rischio che l'Unione europea, con le sue direttive, imponga stili e modi di comportamento diversi da come sono sempre stati è reale. Sta a noi difendere la nostra cultura se che qualcuno vuole imporcene un'altra. ''Ce lo chiede l'Europa'' va pur bene ma non quando mette a rischio secoli di cultura, storia e tradizioni, che nella nostra isola sono ancora vive e reali. Questa mostra ce le riconsegna nella loro bellezza. Sta a noi difenderle e far sentire la nostra voce. Anche con una mostra fotografica''. Alla fine di agosto del 2010 Srèter ha accompagnato Angelo Depoliti e il suo collaboratore Luca Segato con la macchina fotografica nel loro lavoro sull’Annamaria. Un lavoro che inizia alle 4.30, nell'oscurità, e termina verso le 17.00. Durante la stagione si pesca per cinque giorni a settimana a meno che Bruxelles non imponga un divieto di pesca o che il mare sia troppo mosso. Fonte: AIOL.

02 SETTEMBRE

CAMPAGNA ESTIVA DI MONITORAGGIO CETACEI DELL'ACCADEMIA DEL LEVIATANO
Numerosi avvistamenti estivi di balene nella Sardegna Settentrionale; nel corso della presentazione annuale dei risultati della campagna estiva di monitoraggio cetacei dell’Accademia del Leviatano, sono emerse importanti novità per quanto riguarda la distribuzione dei cetacei nelle acque del Tirreno centrale, delle Bocche di Bonifacio e, per la prima volta quest’anno, anche nel Mediterraneo occidentale, tra la Sardegna, le Baleari e le coste spagnole.
L’Accademia del Leviatano fa parte di un network di ricerca internazionale che utilizza traghetti di linea per monitorare balene e delfini. L’uso del traghetto come piattaforma di osservazione, infatti, permette di effettuare monitoraggi periodici di cetacei e di verificare l’impatto del traffico marittimo, anche in aree di alto mare solitamente difficili da raggiungere con i normali natanti da ricerca.
"Quest’anno - racconta la ricercatrice Stefania Carcassi - abbiamo iniziato a monitorare anche il tratto di mare lungo un transetto che dal nord della Sardegna arriva fino alla Spagna. Ciò ci ha permesso di verificare l’esistenza di un’area, ad ovest dell’isola, dove la frequenza di avvistamento di cetacei, in particolare balenottere, è elevatissima".
Anche nella costa nord est, però, sono numerosissimi gli avvistamenti di balenottere come conferma il responsabile scientifico dell’associazione Luca Marini: "negli ultimi anni la presenza di balenottere nel Tirreno centrale è triplicata rispetto agli anni 90, non abbiamo però elementi per dire se si tratta di uno spostamento da altre aree, cosa più probabile, o di un aumento generale della popolazione di balene".
Francesca Fabiano, ricercatrice sarda appena sbarcata dal traghetto, è invece responsabile della campagna di monitoraggio nelle Bocche di Bonifacio ed informa come: "già dall’anno scorso abbiamo cominciato a monitorare sistematicamente in estate l’area dello stretto, questo per verificare se esiste migrazione di balenottere tra le due aree hot spot di cetacei che sono state individuate; sia pescatori sia comandanti di nave ci hanno portato a conoscenza di avvistamenti di balenottere nel tratto delle Bocche di Bonifacio; senza però un monitoraggio sistematico, come quello realizzato dai traghetti, è difficile quantificare l’abbondanza degli animali".
Vista l’importanza e la sensibilità ecologica dello Stretto, riconosciuto come "Area Marina Particolarmente Sensibile", il responsabile scientifico dell’associazione si augura che presto la Regione Sardegna possa collaborare al progetto contribuendo così a potenziare il monitoraggio. Il monitoraggio avviene grazie alla collaborazione di compagnie come la Corsica-Sardinia Ferries e la Grimaldi Lines, che ospitano i ricercatori a bordo dei traghetti, coinvolgendo anche i passeggeri: infatti, con un po' di pratica si può fare anche whale watching anche da traghetto, basta "pazienza ed occhio allenato" ci conferma Ilaria Campana che dai traghetti studia la distribuzione dello zifio nel Tirreno centrale tra il porto di Civitavecchia e la Sardegna. Il monitoraggio cetacei della Sardegna settentrionale fa parte di una rete internazionale che da Spagna, Francia ed Italia monitora i cetacei dal bordo dei traghetti. All’interno della rete vi sono tra gli altri Pelagos France, ISPRA, Fondazione CIMA, EcoOcean, Associazione Ketos e Fondazione CARICIV.
I dati raccolti da questo network di ricerca per i mari di Spagna, Francia ed Italia serviranno anche ad apportare conoscenze finalizzate ad adottare misure di conservazione e di protezione delle popolazioni di cetacei nel Tirreno e nel mar Ligure. Dal primo gennaio di quest’anno, infatti, grazie al Decreto del Presidente della Repubblica che ha istituito una Zona di Protezione Ecologica, in questa regione di mare le leggi italiane dovranno essere rispettate anche al di fuori del limite territoriale. Segnalazione del 24 agosto 2012 Accademia del Leviatano.
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CIMITERI RADIOATTIVI NELL'OCEANO ARTICO
La Russia ha trasmesso alle autorità norvegesi una serie di documenti nei quali finalmente ammette di aver scaricato per decenni enormi quantità di reattori nucleari dismessi e scorie radioattive nel Mare di Kara, nel Mar Glaciale Artico, a nord della Siberia.
L'associazione ambientalista norvegese - russa Bellona, nel 2011, era entrata in possesso di un'analoga bozza di relazione, preparata dalla Gossoviet della Russia, il Consiglio di Stato, presentata in una riunione dell'agenzia per la sicurezza ambientale presieduta dal l'allora presidente Dmitri Medvedev.
A febbraio il monopolista statale del nucleare russo, Rosatom, ha confermato quei dati e cifre durante un seminario organizzato insieme a Bellona a Mosca.
Bellona "è allarmata per l'estensione delle scorie scaricate dai sovietici, che sono di gran lunga maggiori di quanto precedentemente noto", ma ora sembrano preoccupate anche le stesse autorità russe. Secondo i documenti visti dagli ambientalisti, il catalogo delle scorie nucleari scaricate in mare ai tempi dell'URSS, pubblicato anche dal quotidiano norvegese Aftenposten, comprende circa 17.000 contenitori di rifiuti radioattivi, 19 navi contenenti rifiuti radioattivi, 14 reattori nucleari, di cui 5 che contengono ancora combustibile nucleare esaurito; 735 altri pezzi di macchinari pesanti radioattivamente contaminanti e il sottomarino nucleare K-27 con i suoi due reattori carichi di combustibile nucleare.
Frederic Hauge, presidente di Bellona, spiega che la sua associazione "Ha lavorato su questo problema dal 1992 quando abbiamo rivelato la presenza di rifiuti nucleari pericolosi sul fondo del Mare di Kara. Tuttavia non può essere fatta una contabilità precisa da parte russa, considerando l'ignoranza della Russia sulla portata dei rifiuti radioattivi scaricati". Hauge ha chiesto al ministro degli Esteri norvegese, Jonas Gahr Støre, di presentare al più presto la questione al suo collega russo "Nei colloqui del governo norvegese con quello russo si parla molto di petrolio e gas. Ma questo rapporto dimostra che i reattori nucleari smantellati e le scorie radioattive devono stare molto più in alto nell'ordine del giorno quando i due Paesi si incontrano a livello ufficiale". Fonte e news integrale: GreenReport.
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PANICO A OSTIA PER UNA...VERDESCA
La notizia risale al 22 agosto. Lo squalo nuotava ad appena 10-15 metri dalla battigia dello stabilimento della Marina Militare, a Castelfusano. Il bagnino ha subito allertato i bagnanti, chiedendo a tutti di uscire immediatamente dall’acqua per precauzione. I bagnanti si sono riversati sulla spiaggia, scrutando con inquietudine verso il mare. Lo squalo si è allontanato dopo qualche minuto, spaventato dal trambusto e dall’avvicinarsi del bagnino con il pattino di salvataggio. Sul posto è subito arrivata la Guardia Costiera, prontamente allertata. La specie avvistata, uno squalo verdesca, non è pericolosa per l’uomo. Non attacca a meno che l’uomo non si avvicini troppo, rappresentando una minaccia e diciamo pure che la carne umana non è tra i suoi pasti più graditi. Secondo il luogotenente Adolfo Esposito, comandante della Guardia Costiera di Ostia, gli squali verdesca solitamente non si avvicinano mai così tanto alla riva. Probabilmente è stata la temperatura troppo alta dell’acqua, ben 28 gradi, ad attirarlo.
[nota di BiologiaMarina.eu: numerose testimonianze di un tempo, quando ancora le verdesche erano di casa, soprattutto in Adriatico, indicano che questa specie di squalo, in determinati periodi dell'anno, si avvicinava alla costa, poiché area di nursey e permanenza - durante la stagione estiva - di molte specie di pesci]. Fonte: EcoBlog.