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31 AGOSTO

PESCA ABUSIVA, SEQUESTRI IN TUTTA ITALIA
Tre sequestri, in particolare, tra quelli avvenuti in mare negli ultimi giorni, hanno attirato l’attenzione dei media. Un sequestro per area geografica. Sud, Centro e Nord.
A Taranto, proprio nell’area del Mar Piccolo interessata dai ben noti fenomeni di inquinamento, la Capitaneria di Porto ha sequestrato ben 10 quintali di mitili. L’area del cosiddetto "primo seno", dove è avvenuto il sequestro, è proprio quella ove vige il divieto di movimentazione dei molluschi, a causa della presenza in acqua di diossine e pcb. Un evento, quello dei coltivatori abusivi di mitili, ricorrente. Numerosi e continuati nel tempo, infatti, risultano gli interventi della Guardia Costiera. L’ultimo, quello di oggi, ha coinvolto due unità navali e due autopattuglie. Il conducente del natante è stato deferito all’Autorità Giudiziaria per la violazione dell’Ordinanza di divieto.
In violazione sia delle norme previste in difesa della salute umana ma anche del divieto di pesca generale, è quanto avvenuto nelle scorse ore nei pressi della piattaforma "Giovanna" al largo di Giulianova, in Abruzzo. Ad intervenire il Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Pescara. In mare, infatti, veniva notata una bottiglia di plastica con una insolita posizione di galleggiamento. Di fatto la bottiglia emergeva in verticale e sottosopra, come se qualcosa la tirasse sotto. Legata ad essa, infatti, vi era una cimetta che teneva sott’acqua il corpo di un tonno rosso di 65 chilogrammi. Uno scenario da fumetto, hanno commentato dalla Guardia di Finanza, realizzato da chi, evidentemente, ha voluto occultare il pescato una volta avvista la motovedetta Letizia della Guardia di Finanza. Ignoto l’autore della pesca abusiva. Numerosi spostamenti di uomini e mezzi, invece, erano stati notati già nelle scorse notti nei pressi della foce del fiume Lamone, tra gli abitati di Marina Romea e Casalborsetti, in provincia di Ravenna. Si trattava, con tutta probabilità dei pescatori abusivi di vongole. Questa notte, il risvolto investigativo. Cinque persone fermate tra le 2.30 e le 4.30 di stamane dal personale del Corpo Forestale dello Stato del Comando Provinciale di Ravenna e dell’Ufficio Territoriale di Punta Marina Terme. Controllati, grazie anche all’ausilio dell’Arma dei Carabinieri, tre mezzi. In tutto, 360 chilogrammi di vongole per un importo stimato compreso tra i 2,5 ed i 4 euro al chilo. Un fenomeno, quello della pesca abusiva delle vongole, che, negli ultimi giorni, si è presentato in aumento e che poteva assumere proporzioni preoccupanti, dicono dal Corpo Forestale dello Stato. Facili guadagni a danno del mare ma anche della salute umana. Tale pescato, infatti, non viene ovviamente sottoposto ai controlli sanitari che invece riguardano quanto prelevato dalle barche autorizzate. I pescatori abusivi fermati dalla Forestale sono della zona del ravennate e del vicino ferrarese. Fonte: GeaPress.
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PESCE SCIABOLA NERO, VIETATA LA PESCA IN SPAGNA
La pesca del pesce sciabola nero nelle acque dell'UE e in determinate acque internazionali per le navi spagnole è vietata. Lo stabilisce l'UE con apposito regolamento di esecuzione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Europea del 29 agosto. Il regolamento, non solo vieta l'attività di pesca dello stock alle navi battenti bandiera della Spagna o in esso immatricolate, ma vieta pure la conservazione a bordo, il trasferimento, il trasbordo o lo sbarco delle catture di tale stock. E questo perché il contingente di pesca assegnato per il 2012 allo Stato spagnolo per lo stock di pesce sciabola si è esaurito. E' il regolamento del 2010 che stabilisce per il 2011 e 2012 le possibilità di pesca delle navi dell'UE per gli stock ittici di determinate specie di acque profonde. Ed è sempre il regolamento del 2010 che fissa i contingenti per il 2012. L'Ue, dunque, stabilisce le misure che disciplinano l'accesso alle acque e alle risorse e l'esercizio sostenibile delle attività di pesca, tenendo conto dei pareri scientifici, tecnici ed economici disponibili e segnatamente delle relazioni del Comitato Scientifico, Tecnico ed Economico per la Pesca (Cstep). La finalità della politica comune della pesca, è di garantire lo sfruttamento delle risorse acquatiche viventi in condizioni sostenibili dal punto di vista socioeconomico e ambientale.
E poiché il successo della politica comune della pesca dipende dall'attuazione di un regime di controllo efficace, sono previste una serie di misure europee intese a istituire un regime comunitario di controllo, ispezione ed esecuzione dotato di un approccio globale e integrato conformemente al principio di proporzionalità. Un sistema volto a garantire il rispetto di tutte le norme della politica comune della pesca al fine di consentire lo sfruttamento sostenibile delle risorse acquatiche viventi nell'ambito di una strategia politica globale. Fonte: GreenReport.

28 AGOSTO

MORIA DI PESCI SULL'USCIANA
Nell'articolo pubblicato sull'edizione di Pontedera del quotidiano Il Tirreno del 28 agosto, in merito alla moria di pesci avvenuta nel Canale Usciana, nel quale per il resto si riportano le informazioni fornite con il comunicato ARPAT del 24 agosto, si sottolinea un presunto ritardato intervento di ARPAT. Si ipotizza che ciò sia alla base dell'esclusione [da parte dell'Agenzia] di un possibile sversamento di sostanze inquinanti (idrocarburi), portate via nel frattempo dalla corrente, come causa della moria di pesci, come sarebbe stato ipotizzato invece dal Consorzio di bonifica. Il Dipartimento ARPAT di Pisa precisa quanto segue:

Fonte: GreenReport.

27 AGOSTO

FINE FERMO PESCA IN ADRIATICO
Per le dieci settimane successive all’interruzione temporanea, nell’areale compreso tra Trieste e Bari, l’esercizio dell’attività di pesca con i sistemi a strascico e/o volante è vietato, oltre alle giornate di sabato e domenica e festività, nel giorno di venerdì ed in un altro giorno settimanale, definito dall’armatore e comunicato, anche nel medesimo giorno, all’Autorità Marittima dei porti di base logistica. Non è consentito il recupero di eventuali giornate di inattività causate da condizioni meteomarine avverse. Fonte: EuroFishMarket.

23 AGOSTO

LA PLASTICA UCCIDE GLI ABITANTI DEI MARI
Si stima che 6.4 milioni di tonnellate di rifiuti galleggino ogni anno negli oceani del pianeta. E che ogni anno nel mondo siano prodotti 260 milioni di tonnellate di plastica, di cui circa il 10% finisce in mare. Una quantità che è centuplicata negli ultimi quarant’anni. Oggi, oltre 46.000 pezzi di plastica galleggiano in ogni miglio quadrato di oceano. Nel mar Mediterraneo ci sono circa 3 miliardi di rifiuti galleggianti o addensati sui fondali, di cui il 70-80% è costituito da plastica. I fondali del Mediterraneo presentano la più alta quantità di rifiuti di tutte le coste europee. Buona parte dei rifiuti proviene dalle aree costiere e in particolare dalle attività ricreative: turismo su tutte. L’accumulo di rifiuti sui fondali marini blocca gli scambi gassosi tra i fondali e l’acqua sovrastante: la conseguente assenza di ossigeno (anossia) modifica in maniera sostanziale e spesso distrugge gli ecosistemi. Circa 1 milione di uccelli marini e 100 mila mammiferi marini muoiono a causa dei rifiuti in mare ogni anno. In particolare, la plastica sta intossicando 267 specie animali: 86% delle tartarughe marine, 44% di tutte le specie di uccelli marini e 43% delle specie di mammiferi marini. La plastica è costituita da polimeri sintetici originati dal petrolio e col tempo non si distrugge, ma si scompone in frammenti molto piccoli, perfino più sottili di un capello, chiamati "micro-plastiche": 250 miliardi di micro-particelle di plastica sono presenti sui litorali di Francia, Spagna e Nord-Italia secondo l’ultimo dossier del WWF. Anzi secondo una recente stima della Marina Nazionale francese sarebbero 290 i miliardi di microplastiche che galleggiano nei primi 10 – 15 cm d’acqua del mar Mediterraneo. I frammenti non sono distribuiti in modo omogeneo: le maggiori concentrazioni si hanno intorno all’Isola d’Elba e in Costa Azzurra, ma anche in Corsica e presso l’Arcipelago Toscano. Dato che la maggior parte dei rifiuti non è biodegradabile, ci vorranno decenni o perfino secoli perché i microframmenti di plastica si decompongano completamente: dai 20-30 anni di un cotton-fioc ai 100-1000 anni di un sacchetto di plastica, fino ai 1000 anni di una bottiglia di plastica. I sacchetti di plastica sono la quarta tipologia di rifiuti più frequentemente rinvenuti sulle spiagge del Mediterraneo: in Italia si consumano miliardi di sacchetti di plastica al mese, un quarto di quelli prodotti in tutta Europa. Dal 25 gennaio 2012 nel nostro paese è in vigore un decreto legge che vieta il commercio di sacchetti di plastica in polietilene non riciclabili, ma le prime multe non scatteranno che nel 2014. Fonte e news integrale IlFattoQuotidiano.

18 AGOSTO

CONSERVAZIONE RISORSE ITTICHE, NUOVI POTERI ALLA COMMISSIONE
Per la conservazione delle risorse della pesca, l'UE propone di riclassificatre i poteri della Commissione come poteri delegati e competenze di esecuzione. Il tutto per adeguare il regolamento del 1998 - quello sulla conservazione delle risorse della pesca, attraverso misure tecniche per la protezione del novellame - alle nuove disposizioni del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (Tfue); quindi l'Ue - attraverso un nuovo regolamento che dovrebbe modificare quello del 1998 - propone di conferire alla Commissione il potere di adottare atti delegati concernenti la ripartizione delle regioni in zone geografiche, la modifica delle norme per l'impiego di combinazioni di dimensioni di maglia e la definizione di norme per il calcolo della percentuale di specie bersaglio prelevate da più di un peschereccio, al fine di garantire che tali composizioni delle catture siano rispettate da tutti i pescherecci che partecipano all'operazione di pesca. Inoltre, secondo l'UE, è opportuno che la Commissione sia abilitata a elaborare norme per quanto riguarda le descrizioni tecniche e le modalità di utilizzo dei dispositivi autorizzati che possono essere fissati alla rete da pesca senza ostruirne o ridurne l'effettiva apertura di maglia. Così come ritiene opportuno conferire alla Commissione il potere di adottare misure concernenti le condizioni alle quali determinati pescherecci sono autorizzati a utilizzare sfogliare e il metodo di misurazione della potenza motrice e delle dimensioni degli attrezzi, nonché misure volte a far fronte a eventuali variazioni dello stato di conservazione degli stock ittici con effetto immediato. La Commissione, inoltre, dovrebbe essere abilitata ad adottare atti di esecuzione ossia norme tecniche per la misurazione delle dimensioni di maglia, delle reti a maglia quadrata e dello spessore del filo; norme tecniche per la fabbricazione del materiale delle reti da pesca; norme tecniche per la misurazione della potenza motrice e delle dimensioni degli attrezzi; misure concernenti l'obbligo imposto agli Stati membri di assicurare il rispetto dei massimali di sforzo e misure transitorie nel caso in cui la conservazione degli stock di organismi marini richieda un'azione immediata. Così come dovrebbe essere abilitata a definire l'elenco dei dispositivi che possono ostruire o ridurre l'effettiva apertura di maglia delle reti, a trasmettere gli elenchi dei pescherecci cui è stato rilasciato un permesso speciale per la pesca con sfogliare. Fonte: GreenReport.
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BRACCONIERI DEL MARE ALLE EGADI, MULTE E SEQUESTRI
I bracconieri del mare non si fermano nemmeno a Ferragosto, ma fortunatamente non lo fanno nemmeno le forze dell'ordine. I controlli della Capitaneria di Porto di Favignana, nell'area marina protetta delle Isole Egadi, hanno "beccato" dei bracconieri in due località: Sicchitella e Pozzo Alga, nella zona C dell'area marina protetta, sulla costa settentrionale di Favignana.
I due stavano facendo pesca in apnea con fucile subacqueo, attività vietata in tutta la riserva marina. In un comunicato l'AMP delle Egadi sottolinea che "ad entrambi i contravventori è stata comminata una salatissima sanzione di 4.000 euro, come previsto dal disciplinare integrativo al regolamento, adottato in febbraio dal Comune di Favignana, in qualità di ente gestore dell'Area Marina Protetta Isole Egadi. Agli stessi è stato inoltre imposto il sequestro del fucile e il rientro a terra".
Lucio Antinoro, presidente dell'AMP e sindaco di Favignana, ha detto: "Questo intervento testimonia il crescente livello di collaborazione dell'Area marina protetta con la Capitaneria di Porto di Trapani, che sta svolgendo, pur tra notevoli difficoltà logistiche ed economiche, un lavoro instancabile per assicurare la tutela del mare e la sicurezza di diportisti e bagnanti, soprattutto in questi giorni in cui le isole sono letteralmente prese d'assalto dai turisti. A consolidamento di questa collaborazione, a breve sottoscriveremo con la CP un protocollo di intesa per rifornire di carburante i mezzi impiegati nella sorveglianza dell'Amp".
Il direttore dell'AMP, Stefano Donati, spiega che "La pesca subacquea in apnea è vietata in tutte le aree marine protette italiane e anche alle Egadi questo divieto è scattato solo dal 2010, con il nuovo Regolamento. Purtroppo alcuni utenti, specie quelli non residenti, ancora faticano a conoscere o ad abituarsi alla nuova norma. Non si tratta di una pregiudiziale verso la pesca subacquea in sé, ma dell'adozione di un principio di precauzione per un'attività ancora oggi troppo mal regolamentata a livello nazionale: la legge risale addirittura al 1968, e non esistono dati certi sul numero di pescatori subacquei operanti in Italia. Se si aggiornasse tale legge, allineandola a quella per la caccia, con rilascio di licenza di pesca subacquea e obbligo di censimento dei fucili, forse anche la pesca sub si potrebbe praticare nelle AMP, previa autorizzazione e in modo rigorosamente disciplinato, almeno in zona C. Ma oggi è un rischio che non possiamo correre per non compromettere l'effetto della riserva". Fonte: GreenReport.

17 AGOSTO

NUOVO INDICE PER CAPIRE SE MARI ED OCEANI SONO IN SALUTE
Un team ricercatori statunitensi e canadesi, ha realizzato un nuovo strumento che permette di "capire" lo stato di salute degli oceani del mondo: l'Health Index Ocean, che fornisce la prima valutazione globale dei rapporti tra le regioni marine del pianeta e le comunità umane; l'obiettivo di questo lavoro di squadra, durato due anni, era quello di trovare un modo per confrontare le diverse aree del mare che vengono molto utilizzate dagli esseri umani, e determinare se queste attività antropiche siano sostenibile e se necessitino di migliore gestione. I precedenti studi sulla salute dei mari e degli oceani si basavano sul livello di "pristineness", invece questo indice si basa sui benefici per gli esseri umani derivanti dagli oceani e dalla misura in cui le comunità mantengono un ambiente marino sostenibile. Fonte e news integrale GreenReport.
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SCOMPAIONO I GRANDI MAMMIFERI DALLA FORESTA PLUVIALE ATLANTICA DEL BRASILE
Lo studio Pervasive Defaunation of Forest Remnants in a Tropical Biodiversity Hotspot, pubblicato su PlosOne da un team di ricercatori brasiliani e britannici è molto preoccupante, perché rivela che i grandi mammiferi sono praticamente scomparsi dalla foresta pluviale atlantica del Brasile. Lo studio ha esaminato lo stato di 18 specie di mammiferi in 196 frammenti di foresta, su un totale di 252.669 km quadrati, paragonando le stime delle loro attuali popolazioni con la loro densità prima che i colonizzatori portoghesi sbarcassero in Brasile circa 500 anni fa, quando la foresta si estendeva su 1,2 milioni di Km quadrati, ed era abitata da circa un milione di indios Tupi. Il risultato della colonizzazione è stato che 93% della foresta atlantica è stato convertito ad uso agricolo e che i mammiferi stano scomparendo dai frammenti della foresta almeno due volte più velocemente di quanto si pensasse basandosi su stime precedenti.
Delle oltre 3.500 popolazioni di mammiferi che si pensava vivessero nell'area interessata dallo studio, ne rimangono oggi circa il 22%. Tra le specie estinte localmente ci sono il giaguaro, il tapiro di pianura, il muruqui del nord, il formichiere gigante, tutti presenti solo in aree che vanno dallo 0.5 al 3% delle foreste esaminate, mentre il pecari dalle labbra bianche è stato spazzato via dall'intera foresta atlantica. Solo 3 delle 18 specie studiate, due piccole scimmie e un armadillo, erano ancora presenti su tutta l'area. Fonte e news integrale GreenReport.

15 AGOSTO

IUCN: A RISCHIO ESTINZIONE DELFINO COMUNE, FOCA MONACA E CAPODOGLIO
Foca monaca, capodoglio, delfino comune: tre specie simbolo del Mediterraneo in lotta contro il rischio estinzione. A fare il punto sul loro stato di salute è l’ultimo rapporto dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (Iucn) sui mammiferi marini della regione, al quale ha partecipato un gruppo di esperti italiani dell’Istituto Tethys. La foca monaca resiste, ma secondo lo studio IUCN ha il 50% di possibilità di estinguersi in natura nei prossimi dieci anni. È una specie ormai in pericolo critico: la sua popolazione del Mediterraneo oscilla fra i 350 e 450 individui divisi in diverse colonie, che non superano mai i 50 adulti. "Da più di quindici anni – spiega Giuseppe Notarbartolo di Sciara, presidente dell’Istituto di ricerca Tethys – la foca monaca è nelle stesse condizioni: è una brutta notizia perché non dà segni di recupero, ma la buona notizia è che rimane stabile, anche se ad un livello molto basso. Questo è il segnale che se i governi della regione cominciassero ad attuare misure serie di protezione, la specie potrebbe riprendersi, invece non stanno facendo nulla". La foca monaca è stata avvistata in Nord Adriatico, in Croazia, nelle Egadi, negli ultimi anni anche a Ponza, in Toscana, in Sardegna, ma il nucleo principale è in Grecia (fra Zante, Cefalonia, Lefkada ed Egeo), dove i pescatori continuano ad ucciderla. "La percepiscono come un concorrente per i pochi pesci che sono rimasti" spiega l’esperto.
Il capodoglio è un’altra specie considerata a rischio estinzione, un passo indietro rispetto al livello "critico"della foca monaca. "È in pericolo – afferma Notarbartolo di Sciara – perché va a finire nelle reti pelagiche derivanti usate per la pesca del tonno e del pescespada. Ancora utilizzate in Sud Italia, Marocco e Turchia, anche se da undici anni sono fuorilegge, risultano devastanti per il capodoglio, che facilmente rimane intrappolato". Il capodoglio è più diffuso della foca monaca e vive soprattutto nel Mediterraneo occidentale fra Mar Ligure, Mare delle Baleari, Ionio e a Sud di Creta. Questa specie ha anche un problema di collisioni con le navi, più difficile da risolvere per via del traffico. In pericolo come il capodoglio è il delfino comune: "È scomparso dal suo areale – racconta l’esperto – e resiste nel Mare di Alboran fra la Spagna e il Marocco, alcune zone del Tirreno, lo Stretto di Sicilia, l’Egeo e il Mar di Levante, di fronte alle coste di Israele". Uno dei problemi del delfino comune è che la pesca eccessiva ha esaurito lo stock delle sue prede. "Nella Grecia ionica, ad esempio – spiega Notarbartolo di Sciara – a Mityka, una volta si faceva la festa della sardina. Ora sono state pescate tutte e la sagra si fa con orate da allevamento. I delfini che erano lì se ne sono andati". Di altre specie di cetacei non ci sono dati e quindi sono "non classificate", per questo non risultano a rischio. Secondo l’esperto "foca monaca, capodoglio e delfino comune ancora resistono, ma si rischia di superare la soglia critica. Ovunque si guardi nel Mediterraneo infatti non c’è l’azione di tutela che ci dovrebbe essere". Come nel caso del Santuario dei Cetacei, fra Italia, Principato di Monaco e Francia. "Non c’è – conclude il presidente di Thetys – la volontà politica: ancora non esiste un ente gestore. Non mancano le dichiarazioni di intenti, il problema è l’attuazione degli impegni assunti". Fonte IlFattoQuotidiano.

16 AGOSTO

ISOLE SALOMON, STOP AI PRELIEVI DI DELFINI?
La certezza si avrà solo nel corso del meeting dei rappresentanti dei paesi aderenti alla Convenzione di Washington, che si svolgerà nel marzo 2013 a Bangkok, in Thailandia. L’annuncio, però, ha già fatto molto scalpore dal momento in cui verrebbe a cadere uno dei principali punti di prelievo in mare dei delfini. Le autorità delle Isole Salomon hanno, infatti, dichiarato di volere interdire il prelievo in mare dei cetacei finora destinati alle strutture della cattività acquatica di mezzo mondo.
Una presa di posizione importante, considerate le precarie condizioni economiche di un paese che in diverse forme aveva cercato di arricchirsi con la sfruttamento della fauna selvatica. Sembra che sulla decisione abbia influito il recente scandalo, sollevato dall’Ufficio Traffic, relativo al commercio di decine di migliaia di uccelli dichiarati come nati in cattività ma in realtà provenienti da catture in natura.
L’arcipelago delle Salomon, ancorché privi di allevamenti, sarebbe al centro di un traffico internazionale di fauna selvatica (indirizzato anche all’Europa) proveniente dal sud est asiatico (vedi articolo GeaPress). Ora la decisione sui delfini, giunta a dir poco in maniera inaspettata. Già nello scorso mese di maggio il South Pacific Whale Research Consortium aveva lanciato l’allarme sull’insostenibile numero di delfini esportati (vedi articolo GeaPress). Anni addietro, in Italia, si parlò molto di un nostro connazionale, che aveva lavorato per una nota struttura della cattività acquatica, rintracciato proprio nelle Salomon, durante le battute di caccia ai delfini. Fonte: GeaPress.

14 AGOSTO

TOKELAU, PRIMA NAZIONE 100% SOLARE
Da settembre, Tokelau sarà la prima nazione 100% solare. Composto da tre atolli, Atafu, Fakaofo e Nukunonu, il Paese del Sud del Pacifico occupa una superficie totale di appena 10 km quadrati. A partire da questo autunno, grazie all’impegno del Ministro del Commercio e dell’Industria Neozelandese, ed al supporto dello United Nations Development Programme (UNDP), la sua dipendenza dal diesel cesserà, sostituita da un approvvigionamento 100% solare che coprirà il suo fabbisogno di energia e permetterà alla nazione di raggiungere gli obiettivi sulla riduzione delle emissioni di gas serra. Ad occuparsi di alimentare gli atolli sarà la Powersmart Solar, una compagnia con sede a Mount Maunganui, che ha stipulato un contratto con il Tokelau Renewable Energy Project (TREP). Questo inverno l’energia elettrica arriverà agli abitanti dell’isola da 4.032 pannelli solari, 392 inverter solari e 1.344 batterie, ciascuna del peso di 250 kg. La potenza installata sarà di 1 MW.
Tokelau sarà dunque a tutti gli effetti la prima nazione al mondo completamente solare. C’è, però, da specificare che sugli atolli non ci sono grandi industrie, ci sono in tutto tre automobili e la popolazione totale è di appena 1.400 abitanti. Le isole, ad ogni modo, sono le candidate perfette per la rivoluzione rinnovabile, consentono infatti di testare e lanciare su piccola scala progetti di autosufficienza energetica. Sono ricche di acqua, ben esposte e non hanno grandi richieste di energia. Ne avevamo parlato anche riguardo ad El Hierro, isola 100% autosufficiente che conta su un mix di rinnovabili, idroeolico e solare, per far fronte al suo fabbisogno energetico. L’esperienza di Tokelau si candida ad apripista per gli altri Stati insulari del Pacifico dipendenti dai fossili.
Il Governo stima un risparmio di 12.000 tonnellate di anidirde carbonica nell’intero ciclo di vita del parco solare. Malgrado gli sforzi ammirevoli, Tokelau e le altre isole del Sud del Pacifico subiranno, più di tutti, gli effetti del riscaldamento globale per via dell’innalzamento dei livelli dei mari imputabile alle emissioni di gas serra di origine antropica prodotte su scala globale. Il mondo non è un atollo isolato, non lo è il clima e occorrono comunque azioni su scala globale per scongiurare la scomparsa di queste isole. Fonte: Ecoblog.
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UN MARE DI PLASTICA
Se per un fazzolettino di carta abbandonato in mare, servono tre mesi per decomporsi completamente, per una cannuccia di plastica ci vogliono 20-30 anni, per un accendino da 100 a 1.000 anni e per una bottiglia di plastica più di 1.000.
Ogni anno circa il 10% delle 260 milioni di tonnellate di plastica prodotte finisce in mare: il 20% da navi e piattaforme, l’80% da terra. In totale si tratta di 46mila pezzi di plastica galleggianti in ogni miglio quadrato di oceano, un vero e proprio mare d’immondizia lungo circa 2.700 km.
Secondo i dati raccolti dal WWF nel dossier Spiagge d’Italia: bene comune, affare privato, nel mar Mediterraneo ci sarebbero 3 miliardi di rifiuti galleggianti o addensati sui fondali, di cui il 70-80% costituiti da plastica: sacchetti, bottiglie, sigarette e mozziconi. Per avere un’idea della concentrazione, basta pensare che nel nostro mare, con 2,5 milioni di kmq di superficie, ci sono 500 tonnellate di plastica, mentre nell’Oceano Atlantico, che si estende per oltre 106 kmq, 1.100 tonnellate.
Questi microframmenti di plastica più piccoli di un millimetro possono arrivare fino ai nostri piatti, ingoiati dal plancton, a sua volta mangiato dai pesci. Inoltre queste particelle bloccano gli scambi gassosi tra i fondali e l’acqua sovrastante e la conseguente assenza di ossigeno che si viene a creare modifica in maniera sostanziale e spesso distrugge gli ecosistemi. Fonte: OggiScienza.
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PESCA A PALERMO, ILLEGALITÀ AL 50% - NOTO RISTORANTE DI USTICA SERVIVA CALAMARI E GAMBERI SCADUTI
360 controlli, 99 sanzioni amministrative per un valore complessivo pari a 163.845 euro, 9 sequestri ed un totale di 224 chilogrammi di pescato sequestrato. Il tutto nella città di Palermo e sue immediate vicinanze. Passati a setaccio dagli uomini della Guardia Costiera ben 150 ristoranti. Controllate anche pescherie, ambulanti e grande distribuzione. Quello che colpisce sono le elevate irregolarità relative alla mancata tracciabilità del pescato. Segno questo del probabile fiorire della pesca da diporto, esercitata cioè da pescatori non professionisti e privi, pertanto, degli appositi permessi. Per legge dovrebbero destinare il pescato al consumo personale. Vietata, cioè, la vendita ancorché quanto prelevato in mare è esente da controlli veterinari. Dopo il controllo di ben 158 ristoranti, i risultati sono desolanti. Su undici punti di ristorazione dell’isola di Ustica, ad esempio, oltre il 50% non era in regola con la tracciabilità del pescato, mentre in un noto ristorante dell’isola erano utilizzati gamberi e calamari scaduti nell’ottobre 2011 ed addirittura a febbraio dello stesso anno.
Non vanno meglio le cose nella grande distribuzione. Sebbene i centri controllati siano stati decisamente meno della ristorazione, non può che rilevarsi la notorietà di un supermercato del quartiere palermitano dell’Uditore, che esponeva alla vendita pesce spada affumicato, in realtà scaduto il mese scorso. Ancora più elevato il riscontro da parte degli uomini della Capitaneria di Porto, di problemi sulla filiera del pescato pervenuto nei ristoranti degli hotel. Bel il 75% dei controlli hanno dato, infatti, esito positivo. In tre casi, poi, veniva utilizzato pescato scaduto. Controlli anche nelle località balneari di Palermo. A Mondello e all’Addaura, cinque su quindici controlli hanno rilevato irregolarità sempre sulla filiera. In una nota struttura nel pressi di Capo Gallo era posto in vendita pesce congelato spacciato come fresco. Tonno illegale, invece, in due noti ristoranti dell’Addaura e di viale Regione Siciliana a Palermo.
Irregolarità, sempre sulla tracciabilità, nel 50% dei ristoranti dei lidi balneari controllati ad Isola delle Femmine, Capaci e Sferracavallo. Irregolarità analoghe in due ristoranti delle zone in di Palermo centro. Via Libertà e via Principe di Belmonte. Sanzioni pure a Bagheria, Aspra e Ficarazzi. 50% di irregolarità rilevate anche nei ristoranti etnici con particolare riferimento al sushi, ristoranti cinesi, ristoranti indiani, ristoranti spagnoli. Fonte: GeaPress.
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BILANCIO GOLETTA VERDE, 120 PUNTI INQUINATI, IN MEDIA UNO OGNI 62 KM
Oggi Goletta Verde ha presentato la sintesi del bilancio finale della sua crociera 2012 alla ricerca di abusi ed inquinamenti lungo le coste italiane. L'imbarcazione di Legambiente sottolinea che "Sono 120 i campioni risultati fuori legge, uno ogni 62 km di costa, su un totale di 205 analisi microbiologiche effettuate dal laboratorio mobili". I prelievi risultati fortemente inquinati, con concentrazioni di batteri di origine fecale pari ad almeno il doppio dei limiti di legge, sono 100". Ancora una volta in fondo alla classifica del mare pulito ci sono la Calabria e la Campania, rispettivamente con 19 e 14 punti inquinati, ma e sorprendentemente la Liguria delle molte Bandiere Blu della FEE a piazzarsi seconda della classifica del mare inquinato, con 15 prelievi oltre i limiti di legge. In Liguria c'è anche l'unico capoluogo di provincia italiano, Imperia, a non avere ancora un depuratore. Il Lazio conferma la quarta posizione dello scorso anno con 13 punti inquinati su 15, uno ogni 28 km di costa.
Le regioni più virtuose si confermano Sardegna e Toscana, rispettivamente con un campione inquinato ogni 433 e 200 km di costa. seguite dall'Emilia Romagna, dove i biologi di Goletta Verde hanno registrato solo 1 valore fuori norma in tutta la costa, anche grazie alla "complicità" dei fiumi in secca che non hanno consentito di poter approfondire l'apporto solito di inquinamento batteriologico proveniente dai comuni dell'entroterra, attraverso i corsi d'acqua.
Anche il Veneto è risultato in buona salute con un solo campione risultato fortemente inquinato, prelevato alla foce di un fiume, in tutti i suoi 159 km di costa. Secondo le elaborazioni di Legambiente su dati Istat, la mancata o inadeguata depurazione dei reflui fognari riguarda ancora 24 milioni di abitanti, che scaricano direttamente in mare o indirettamente attraverso fiumi e canali utilizzati come vere e proprie fognature: "Le regioni peggiori per numero di abitanti senza adeguata depurazione sono Sicilia, Lazio e Lombardia", dice il Cigno Verde. Fonte e news integrale GreenReport - vedere anche IlFattoQuotidiano.

12 AGOSTO

ACQUA, LA MAPPA DELLE ZONE A RISCHIO - NATURE: CONSUMI ORMAI INSOSTENIBILI
È l’elemento cui si associa l’esistenza stessa della vita. Ma rischia di trasformarsi, al pari di petrolio, terrorismo e proliferazione delle armi nucleari, in causa di conflitti e morte. La domanda di acqua è diventata sempre più insostenibile in molte zone del pianeta. La conferma arriva dalle pagine della rivista Nature, grazie a un team di idrogeologi canadesi della McGill University di Montreal. Nel loro studio gli scienziati hanno calcolato che più di un quinto della popolazione mondiale vive in zone in cui il consumo di acqua, soprattutto per attività agricole, è ormai più veloce della capacità del pianeta di rigenerarne le riserve. Riserve che spesso non rispettano i confini tra gli stati e rischiano, pertanto, di diventare oggetto di accesi contrasti tra i paesi interessati al loro sfruttamento. Per questo in molti documenti d’intelligence che illustrano gli scenari geopolitici più pericolosi per il futuro del pianeta, "l’oro blu" acquista sempre più un posto di rilievo.
"L’uso eccessivo delle riserve idriche del pianeta può portare a una drastica riduzione dell’acqua disponibile sia per dissetare le popolazioni sia per i raccolti che forniscono il cibo necessario al loro sostentamento", afferma su Nature Tom Gleeson, idrogeologo a capo del gruppo di ricerca canadese. A conferma dell’allarme lanciato dagli scienziati, il recente rapporto dell’Unesco dal titolo "La gestione dell’acqua in condizioni d’incertezza e di rischio", sottolinea che "India, Cina e Stati Uniti da sole utilizzano un terzo dell’acqua adoperata ogni anno nel pianeta". E la stessa FAO - l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura – stima che per sfamare una persona servono attualmente dai duemila ai cinquemila litri d’acqua al giorno. Fonte e news integrale su IlFattoQuotidiano.

10 AGOSTO

CORALLI: STRATEGIE DI ADATTAMENTO
Non c’è solo l’effetto serra. L’anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera contribuisce anche ad acidificare le acque degli oceani, ovvero ad abbassarne il valore del pH. Un cambiamento che potrebbe avere effetti importanti, in alcuni casi disastrosi sull’ecosistema marino, a cui alcuni organismi rispondono sviluppando strategie di adattamento.
È il caso di alcuni tipi di coralli, come spiega un team di ricercatori in uno studio su Nature Climate Change, cui ha preso parte anche l’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ismar-Cnr).
A spiegare la strategia di difesa contro l’acidificazione dei mari è Paolo Montagna, dell’Ismar-Cnr , che ha preso parte allo studio: "I coralli si dividono tra quelli che producono uno scheletro aragonitico e quelli che lo costruiscono sotto forma di calcite, due diverse fasi mineralogiche del carbonato di calcio. Utilizzando gli isotopi del boro, siamo riusciti a quantificare la differenza tra il pH dell’ambiente marino e quello interno dei coralli, scoprendo che i coralli aragonitici, ad esempio del genere Acropora o Porites, hanno meccanismi biologici di autoregolazione che permettono di aumentare il pH interno, proteggendosi in questo modo dai cambiamenti dell’ambiente".
Come raccontano gli scienziati, malgrado alcune specie siano in grado di rispondere alle variazioni di pH, altre non lo sono. E se le previsioni per i prossimi anni dovessero rivelarsi esatte (con il pH delle acque che da 8.1 potrebbe scendere anche a 7,7 nel 2100), gli effetti sugli altri coralli e altri organismi come alghe calcaree e il plancton calcareo, sarebbero disastrosi, spiega ancora Montagna: "Il mare è un ecosistema complesso: se le specie che fissano il carbonio nei loro scheletri iniziano a diminuire, la capacità del mare di assorbire l’anidride carbonica e contrastare l’effetto serra diminuirà". Senza contare che il problema dell’acidificazione è solo uno dei fattori che influenzano l’ecosistema marino. Vanno infatti considerati anche gli effetti prodotti da stress termici, l’inquinamento e la pesca eccessiva sulla salute degli organismi e dei loro ambienti. Fonte: GalileoNet.

09 AGOSTO

PAUL WATSON DI SEA SHEPHERD RICERCATO DALL'INTERPOL

Paul Watson

Arriva dall’Interpol (la foto sopra) il mandato di ricerca (o cattura?) internazionale per Paul Watson, il mitico capitano fondatore di Sea Shepherd. Il Capitano, pirata secondo altri, ha lasciato la Germania lo scorso 22 luglio dopo essere stato per 70 giorni agli arresti domiciliari in Germania, per un luogo sconosciuto, come riferisce il comunicato di Sea Shepherd.
Il Costa Rica, qualche mese fa, aveva chiesto alla Germania prima l’arresto e poi l’estradizione di Watson, per sottoporlo a processo a causa di fatti avvenuti in mare nel 2002, durante le riprese del documentario Sharkwater sulla pratica del finning. L’accusa é di "violazione del traffico navale" e Paul Watson fu rilasciato su cauzione da 250.000 euro qualche settimana dopo, sotto le pressioni internazionali degli ambientalisti e di diversi europarlamentari Verdi.
Il Capitano ha sempre sostenuto di temere il processo in Costa Rica non per le conseguenze legali ma perché si teme che una volta nel paese sudamericano sia poi il Giappone a voler chiedere la sua estradizione, per processarlo contro le pratiche adottate per difendere le balene dalla caccia. La richiesta dell’Interpol arriva a seguito di una segnalazione del Costa Rica che ha revisionato i capi d’accusa in disastro aereo e uso improprio di cannone a acqua, peraltro secondo l’accusa proprio registrato nelle immagini del documentario pluripremiato. Ha detto Susan Hartland direttore di Sea Shepherd: "Il Giappone sta guidando la rappresaglia per le nostre campagne di successo che impediscono loro di cacciare le balene nel Santuario dell’Oceano Meridionale. Li si è esposta la loro vergogna a causa del rifiuto di fermare il massacro". Fonte: EcoBlog.

08 AGOSTO

ADDIO ALLA RISERVA DELLO ZINGARO
La Riserva dello Zingaro non c’è più, ovvero quei 7 Km quadrati di riserva naturale a picco sul mare, in provincia di Trapani, tra i paesi di San Vito Lo Capo e Castellammare, sono stati distrutti dalle fiamme che da una decina di giorni devastano la Sicilia. Colpa dello scirocco, del caldo e della mancata gestione del territorio, ma sopratutto colpa di chi gli incendi li appicca di proposito, ossia dolosi.
Il desolante paesaggio lo potete vedere qui, nella foto scattata da Carlo Ottaviano per twitter. Le colline sono tutte bruciate e completamente prive di vegetazione. Il bilancio di questa stagione di incendi in Sicilia conta già due decessi e un ferito grave: il forestale di 42 anni di Castronovo di Sicilia, morto mentre spegneva le fiamme, e un anziano di Castellana Sicula, che ha accusato un malore e poi è deceduto mentre spegneva gli incendi vicino la sua casa.
Matteo Rizzo il sindaco di San Vito Lo Capo, è affranto e ha spiegato che l’incendio si è spento da solo, quando oramai non c’era più nulla da bruciare: "Siamo rimasti soli a fronteggiare l’emergenza con i Vigili del Fuoco, il personale della Protezione Civile e della Forestale cui va il mio plauso. Non sono intervenuti Canadair, nè altri mezzi aerei, gli unici che avrebbero potuto fermare le fiamme. Le nostre richieste sono cadute nel vuoto.
Il fronte delle fiamme ora è tra Collesano e Piana degli Albanesi. Spiega Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia: "La Sicilia brucia da oriente ad occidente e questo vuol dire che da un lato sono certamente aumentati gli incendi dolosi, dall’altro l’incapacità, peraltro registrata anche negli anni scorsi, di tenere sotto controllo e di fermare in tempo i troppi incendi che, partendo dalle aree agricole, percorrono decine di chilometri fino a perderne il controllo. Ci ritroviamo, quindi, a denunciare sempre la solita mancanza di una politica seria di prevenzione e l’assenza di coordinamento tra tutti i soggetti, che si dovrebbe occupare dell’emergenza: dai comuni alla Forestale alla Protezione Civile. Questo significa il totale fallimento del settore forestale in cui la politica ha riversato enormi quantità di risorse. Insieme al patrimonio boschivo, in fiamme, quindi, anche i milioni di euro bruciati dalla politica regionale". Fonte: Ecoblog.

07 AGOSTO

MARCHE, BLITZ DI GOLETTA VERDE AL SAN BARTOLO
Dopo aver denunciato il consumo di suolo nella Marche, Goletta Verde con un blitz ha puntato i riflettori sul Parco Naturale Monte San Bartolo, un gioiello naturale che è a rischio dell'assalto del cemento. "Fermare l'assalto alla zona del Parco Naturale Monte San Bartolo che da terra e da mare è minacciato dal cemento - dicono gli ambientalisti -. Rimarcare con decisione il no all'ampliamento del Porto di Vallugola e bloccare subito la trasformazione Baia Vallugola dove si prevedono 4000 mq di parcheggio e la realizzazione di un "chiosco" di 400 mq. Le associazioni ambientaliste si chiedono cosa accadrà ancora nel territorio, considerato che questa nuova colata di cemento è consentita dalla previsione urbanistica del Piano del Parco".
Il primo progetto contestato dal blitz di Goletta Verde, è stato fortunatamente archiviato, grazie alla forte opposizione della società civile, la conferenza dei servizi, infatti, ha dato esito favorevole ai ricorsi avversi del comitato Vallugola Terra Nostra. Il progetto consisteva nell'ampliamento del Porto di Vallugola che prevedeva spazi di attracco per 239 imbarcazioni da 8 a 30 metri per le quali sarebbe stato necessario scavare ulteriormente i fondali dove ora sono di pochi metri, per renderli idonei ad ospitare questo tipo di barche più grandi. Si prevedeva anche la costruzione di una massicciata a protezione delle banchine di ancoraggio e il terrazzamento del monte con una strada a doppia corsia per tutta la lunghezza del porto, parcheggi nel lato monte e una rotatoria, altri parcheggi (250 posti-auto) che si sarebbero congiunti con il percorso pedonale dalle stesse dimensioni (fino l'ultima punta del monte), magazzini, uffici, foresterie e alloggi.
Enzo Frulla, presidente del circolo Legambiente Pesaro, ha spiegato: "Siamo qui oggi per denunciare l'attacco alla nostra costa che da anni si perpetua ma che ultimamente sta interessando il tratto tra Gabicce Mare e Pesaro, in particolare nella zona del colle San Bartolo. Nonostante la zona ricada all'interno del Parco Naturale Monte San Bartolo, essendo una località a forte valenza turistica, è ultimamente molto ambita da chi vorrebbe trasformare il paesaggio per fini privati, in evidente contrasto con principi di salvaguardia, di rispetto e di tutela che quell'area necessita. Ci riferiamo in particolare, al progetto di realizzazione di un parcheggio e di un chiosco-ristorante a Vallugola, nonché alla minaccia al momento scongiurata del prospetto di ampliamento del Porto che li ricade, nel comune di Gabicce Mare. Il problema più recente, è la costruzione del chiosco, del parcheggio e degli allacci per i camper che si trova nel versante del parco del comune di Pesaro. Cogliamo l'occasione della presenza della Goletta Verde, per ribadire il nostro appello accorato alle istituzioni, alla Soprintendenza e all'Ente Parco, affinché non venga lasciato campo libero alla distruzione dell'area del Parco e che ogni progetto che preveda colate di cemento a discapito dell'integrità del patrimonio naturale venga definitivamente bloccato". Fonte e news integrale su GreenReport.
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07 AGOSTO

INCREDIBILE SCOPERTA NELLA GROTTA DEL TEPUI IN VENEZUELA
La nuova coproduzione The Dark: Nature's Nighttime World di BBC, Discovery Channel e Terra Mater TV ha mandato in onda l'incredibile filmato di un grillo che nuota sott'acqua in una grotta, la Cueva Akopan, di un remoto tepui, in Venezuela (http://www.bbc.co.uk/programmes/p00wxf96). Tepui è una parola di origini "pemon", un ceppo di popolazioni indigene del nord dell'Amazzonia, e vuol dire "casa degli spiriti" o "casa degli dei", e viene usata per indicare le alte montagne che sorgono nella foresta amazzonica nordorientale. L'incredibile scoperta si deve ad una precedente spedizione di un team di ricercatori dell'associazione italiana La Venta, che aveva notato, durante la prima esplorazione in assoluto della grotta del Tepui, la presenza di un insolito pesce gatto giallo. L'associazione La Venta è un gruppo di ricerca che elabora, organizza e gestisce progetti esplorativi di tipo geografico, con particolare interesse verso il mondo sotterraneo che, come si legge nel suo sito "Affronta queste ricerche in modo multi-disciplinare, con lo sviluppo di idee originali e la sperimentazione di nuove metodologie di ricerca e divulgazione. Per far questo utilizza le risorse umane e tecniche che ha maturato in due decenni di ricerche svolte in contesti straordinari, fra foreste pluviali, profondità dei ghiacciai, montagne remote e infiniti labirinti sotterranei".
George McGavin e la troupe della BBC che gira The Dark: Nature's Nighttime World si sono uniti agli italiani quando sono ritornati alla grotta e si sono imbattuti nell'ennesima meraviglia della storia evolutiva del nostro pianeta, qualcosa di mai visto: oltre al pesce gatto sono stati trovate altre due "nuove" specie: un opilione senza occhi ed il grillo palombaro. Riferendosi al grillo nuotatore, McGavin spiega su BBC Nature: "Abbiamo denominato circa un milione di specie di insetti e ce ne sono quasi certamente 5 - 8 milioni non descritte. E' la cosa più incredibile che abbia mai visto. Nuota sott'acqua e usa le sue zampe anteriori come un corretto nuotatore e scalcia fuori con le sue zampe posteriori. E' stato semplicemente fantastico".
Il grillo subacqueo è giallastro ed ha solo resti degli occhi, nell'habitat completamente buio in cui vive la vista non serve. Il pesce gatto invece è un pesce troglobio scoperto nel 2009 nel fiume della Cueva Akopan, si tratta dell'unico pesce conosciuto in un tepui; una nuova specie, si sposta servendosi di grandi organi sensibili sulla parte anteriore del capo. I ricercatori sottolineano: "Si pensa che milioni di anni fa gli antenati del pesce gatto dovessero vivere nelle acque della pianura dalla quale si è formata la grotta". Per McGavin "Quello che originariamente era un pesce gatto, forse di un lago, è diventato improvvisamente un pesce gatto isolato in queste aree sotterranee nascoste". Fonte e news integrale su GreenReport.
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CATTURATO SQUALO IN ADRIATICO, ALTRO ESEMPLARE FILMATO IN FRANCIA
Uno squalo bianco (Carcharodon carcharias) di 2.17 metri di lunghezza, è stato catturato accidentalmente da un peschereccio a 30 Km a largo di Bra, in Montenegro. La notizia risale al 5 agosto scorso.
Una segnalazione arriva invece dalla Francia, Saint Tropez, dove un altro esemplare di squalo bianco è stato filmato, il 3 agosto scorso, da Stéphane Pellegrin, a soli 300 metri dalla linea di costa (video).

Squalo bianco catturato in Adriatico
Credit: Anto Baković.

03 AGOSTO

TONNO ROSSO, CHIUSURA DELLA PESCA SPORTIVA
Il Decreto Direttoriale del 31 luglio 2012, dispone la chiusura definitiva della corrente campagna di pesca del tonno rosso per il sistema pesca sportiva (SPOR); l’esercizio dell’attività può essere effettuato solo mediante la tecnica del cosiddetto "catch/release". Fonte: Eurofishmarket.
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LAMPEDUSA, AUTORIZZATO LO STRASCICO
Il DM del 26 Luglio 2012, autorizza fino al 31 dicembre 2012 all’utilizzo di tutti gli attrezzi ricompresi nel sistema di pesca a strascico, in aggiunta a quelli consentiti in licenza, alle imbarcazioni dell’isola di Lampedusa riportate in allegato; rimangono valide le disposizioni relative alle interruzioni temporanee obbligatorie. Fonte: Eurofishmarket.

01 AGOSTO

PRIMA LE DONNE E POI I BAMBINI...LA VERA LEGGE DEL MARE
Prima le donne e i bambini: fine di una leggenda marinara.
Su una nave che affonda c'è poco spazio per la galanteria e l’immagine romantica di uomini valorosi, che cedono il posto a donne e bambini sulle scialuppe di salvataggio, mentre la nave scompare negli abissi marini; è buona solo per colossal hollywoodiani.
Insomma, quando di mezzo c’è la vita, l’unica regola che conta è quella di salvare la propria. E allora, nella sventura di un naufragio, chi ha maggiori possibilità di trovare posto su una scialuppa di salvataggio? La risposta va contro le comuni credenze sul comportamento umano in caso di pericolo. Le maggiori chance di salvarsi ce l’hanno nell’ordine: l’equipaggio, il capitano, gli uomini, le donne e, per ultimi, i bambini.
Ce lo dice uno studio apparso sulla rivista scientifica americana Proceedings of the National Academy of Sciences, in cui Mikael Elinder e Oscar Erixson, della Università di Uppsala, in Svezia, hanno ricostruito gli eventi di 18 disastri avvenuti tra il 1852 ed il 2011. Una serie di sciagure che hanno coinvolto più di 15.000 persone, tra equipaggio e passeggeri. Fonte e news integrale: OggiScienza.
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VIETATA LA PESCA DELLA MANTA GIGANTE
Il Reg. UE 692/2012 aggiunge tra le specie di cui è vietata la pesca, la conservazione a bordo, il trasbordo e lo sbarco alle navi UE anche la manta gigante (Manta birostris), modificando i Regg. UE 43 e 44 del 2012. Fonte: Eurofishmarket.
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FERMO PESCA 2012, SICILIA E SARDEGNA FAVORITE
Per le navi, per le quali la licenza autorizza al sistema strascico e/o volante, iscritte nei compartimenti marittimi della regione Sardegna e della regione Sicilia, l’interruzione temporanea obbligatoria della pesca ha durata di almeno trenta giorni consecutivi, nel rispetto dei periodi di cui ai piani di gestione, la cui decorrenza è disposta con provvedimento regionale (articolo 2 comma 4 del DM 28-06-2012). Per tale possibilità le Organizzazioni di Produttori della Pesca di Mazara, Trapani e Marsala, ringraziano l’On. Scilla e l’assessore Aiello.